Obbligati al rimborso del soccorso perché senza pile?

Obbligati al rimborso del soccorso perché senza pile?

Il Cascatone del Pisgana è una maestosa colata glaciale in ambiente davvero selvaggio. Con la base posta a circa 2100 m è raggiungibile da Pontedilegno in due orette di avvicinamento. Alta circa 250 metri, per l’esposizione a nord-ovest presenta spesso ghiaccio perfetto nella più grande esposizione. Le difficoltà sono di III, 3. Vedi scala difficoltà per le cascate di ghiaccio.
Il 20 dicembre 2015 due amici di Vestone (BS), vista la bella domenica e l’assenza di neve, hanno deciso di avventurarsi nella risalita di questa bella cascata. Delle previste sette lunghezze di corda necessarie, tre sono andate regolarmente. Poi a più di 100 metri dal suolo, qualcosa è andato storto e gli alpinisti si sono trovati in seria difficoltà, tanto da dover richiedere un aiuto esterno. Non erano infatti più in grado di proseguire né di tornare indietro: nel frattempo la temperatura cominciava ad abbassarsi e il buio sopraggiungeva.

Il Cascatone del Pisgana. Foto: Michele Cisana
Val Narcanello - Ghost 4 - Copia

Verso le 17 la macchina dei soccorsi si è così messa in moto. Dopo l’avvicinamento con i fuoristrada all’area dove i due erano bloccati e un’ora e mezza di cammino, gli uomini del soccorso della V Delegazione Bresciana del CNSAS hanno cominciato a loro volta la scalata sulla ripida parete di ghiaccio per prestare soccorso ai malcapitati e riportarli a valle.

Durante le manovre di calata i due giovani, seppur visibilmente intirizziti, hanno collaborato con i soccorritori. Vista la complessità delle operazioni e le molte ore passate al gelo dai due alpinisti, sul posto è intervenuto anche un elicottero di soccorso della Rega, abilitato al volo notturno e partito dalla Svizzera.

L’intervento è durato molte ore ed ha richiesto l’ausilio di una ventina di soccorritori, appartenenti alle stazioni di Soccorso Alpino di Ponte di Legno, Temù ed Edolo, oltre ad una squadra del Soccorso Alpino della Guardia di Finanza.

Le operazioni di soccorso si sono concluse soltanto a notte inoltrata, fortunatamente senza gravi conseguenze per i due alpinisti.

Non sono ben chiare al momento le cause della loro impossibilità di proseguire o di calarsi.

Un classico intervento da soccorso alpino, nel senso che in casi del genere è richiesta elevatissima specializzazione e doti alpinistiche non comuni – osserva Pierangelo Mazzucchelli, delegato della V Zona Bresciana, che aggiunge: – le nostre squadre intervenute erano composte perciò da personale professionalmente preparato grazie anche ai numerosi corsi che svolgiamo durante l’anno, e tutti hanno dato il massimo. Bisogna tenere conto che hanno veramente operato in condizioni estreme: al buio hanno risalito, e poi ridisceso, per quattro tiri, più di 100 metri, una cascata di ghiaccio.

Abbiamo raggiunto i due ragazzi in difficoltà soltanto verso le 21 – spiega invece la guida alpina Guido Salvettidopo averli rincuorati ed esserci accertati delle loro condizioni, piano piano li abbiamo calati fino alla base della cascata.

E’ importante osservare che la ricognizione dell’elicottero del Rega è durata soltanto un quarto d’ora per evitare possibili incidenti.
Salvetti spiega: – Via radio attraverso la centrale operativa, abbiamo fatto allontanare il velivolo perché era troppo elevato il rischio che il rumore dei motori e delle pale facesse staccare qualche pezzo di ghiaccio. L’elicottero è atterrato in uno spiazzo poco distante e quando siamo giunti alla base della cascata ha preso a bordo i due giovani trasportandoli a Pontedilegno.
In virtù della recente legge, i due alpinisti – se il loro comportamento sarà giudicato imprudente – dovranno versare un ticket a parziale rimborso dei costi di soccorso, «amplificati» dalle tariffe orarie applicate dal Rega. La spesa della spedizione di salvataggio di domenica si aggira sui 6 mila euro.

Dice Guido Salvetti: – Cascate come questa che hanno tempi di avvicinamento molto lunghi, certamente non sono da sottovalutare le poche ore di luce a disposizione perché l’oscurità cala presto e, prevedendo di far tardi, quello che non dovrebbe mancare nello zaino, naturalmente assieme a corde, moschettoni, piccozze e ramponi, sono delle lampade frontali, in modo da poter rientrare autonomamente anche in condizioni di totale buio.

Per la cordata di Vestone si sta annunciando un ticket «salato».

Considerazioni
A proposito della libertà di avventura, di cui spesso trattiamo in questo Blog, risulta ogni giorno più evidente che per poter avere dei “colpevoli” non occorre affatto una legge che prescriva degli obblighi: infatti basta che un comportamento possa essere ritenuto imprudente (o simili).

Così non è necessario l’obbligo del kit da ferrata: chi avrà un incidente e verrà sorpreso senza le attrezzature “canoniche” dovrà sopportare le conseguenze giudiziarie di questa sua scelta anche senza una legge apposita.

Allo stesso modo la legge non prescrive (per ora) la pila nello zaino ma la prescrive o consiglia (c’è differenza?) l’uso alpinistico, il quale finisce per essere… legge. Anche, sempre a esempio, il Google Maps Trek non lo prescrive la legge (per ora): quando qualcuno che non ne è dotato si perderà, che cosa (di giuridico) gli succederà?

Sul Cascatone del Pisgana. Foto: Michele Cisana
Val Narcanello - Pisgana 2 - Copia


 

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Obbligati al rimborso del soccorso perché senza pile? ultima modifica: 2015-12-28T05:58:34+01:00 da GognaBlog

38 pensieri su “Obbligati al rimborso del soccorso perché senza pile?”

  1. 38

    Lo spunto, forse, più importante, da un punto di vista di utilizzo a pagamento del soccorso alpino (uso il termine utilizzo perché intendo vederla dalla parte opposta ovvero da parte di chi invia l’intervento) è dato nel racconto di Andrea G., per quanto riguarda la richiesta di intervento dell’elicottero, che appare forzato e senza senso se non quello di contribuire a rimpinguare le casse della REGA (pare dalle notizie ufficiali che sia stato un elicottero svizzero ad alzarsi in volo) e dell’ente mediatore. Perché non intervenire con un elicottero della vicinissima base trentina, che anche senza grandi parametri di valutaizone si sa avere un costo inferiore, non riesco a capirlo… e anche questo sarebbe un punto da discutere…
    Ma il punto cruciale è che dal momento in cui gli interventi saranno completamente a pagamento il soccoso tradizionale potrà chiudere i battenti, perché “Tanto se lo pagano!” e per ogni cazzata si vedrà volare l’elicottero ed a questo punto mi pare di capire che volerà quello che si è saputo “vendere” meglio…
    Nel 2009 eravamo tre Guide Alpine con tre gruppi di 5 persone ciascuno, a scendere la famosa Val de Mezdì con gli sci. Nel mezzo della discesa incappammo in un gruppetto di amici, uno dei quali era caduto e si era probabilmente rotto una gamba. Come da protocollo usuale tra le Guide, un collega (pure tecnico di soccorso) si interessò all’infotunato mentre gli altri due scesero a valle con tutti e tre i gruppi. Al telefono il collega specificò bene le condizioni dell’infortunato ed il luogo dell’accaduto richiedendo l’intervento dell’elicottero. Quindici minuti dopo era ancora lì ad aspettare e questo perché l’operatore invece di far partire l’elisoccorso aveva “ben pensato” di allertare dapprima i capi stazione delle diverse stazioni CNSAS sul territorio, per un’improbabile operazione di soccorso via terra, cosa che ovviamente allungava enormemente i tempi, specie in piena stagione sciistica. Alla fine dopo un’altra chiamata del collega che si impose, arrivò l’elicottero dopo pochi minuti. Il soccorso alpino non era a pagamento e questo probabilmente fu il criterio che spinse l’operatore a prendersi responsabilità che comunque non gli competevano (la Guida in quel caso era responsabile della direzione visto che già a sua discrezione aveva valutato sul campo che fosse necessario un intervento in tempi stretti) per evitare l’intervento più costoso!
    Ora, quali sono i criteri oggi per stabilre cosa fare e cosa non fare?
    “Tanto se lo pagano!” appare il criterio più probabile, quindi augurare buona montagna mi sa di paradossale!

  2. 37
    Marco Lanzavecchia says:

    Personalmente non sono del tutto contrario a far pagare il soccorso in alcune occasioni. Ma il criterio dirimente per me non dovrebbe essere la meccanica dell’incidente, assai difficile da giudicare, soprattutto da non alpinisti, ma la possibilità di autosoccorso più o meno praticata. L’incidente da cui ha preso avvio la discussione è stato una fatalità non derivata da nessun errore o inesperienza particolare (nell’incastrasi delle corde il diavolo ci mette la coda) e la situazione era tale che chiamare il soccorso era saggio e giustificato. Magari un incastro corde su una parete di quattro tiri a mezzora dal fondovalle con entrambi i capi disponibili… se uno chiama il soccorso mi verrebbe da chiedergli se non conosce l’uso dei nodi autobloccanti… e non poteva fare almeno un tentativo di togliersi dalle curve da solo. Ho visto partire il soccorso ed usare l’elicottero per una caviglia slogata all’Antimedale. Magari l’incidente era stato pura fatalità e non provocato da imperizia… ma un paio di doppie su fittoni si fanno anche con una caviglia slogata… e dieci minuti di sentiero saltellando appoggiati al socio pure. E dalla macchina in dieci minuti sei al PS del Manzoni… Just my five.

  3. 36

    Conosco Andrea e conosco le sue imprese, specie di sci estremo, che farebbero rizzare i peli del culo a moltissimi di quelli che hanno fatto, come sempre, morali a cazzo…!
    Non sapevo che fosse lui il protagonista (è un po che non ci si incontra…) ma malgrado le sue capacità ed esperienze estreme, non cambia il concetto, che chiunque potrebbe incappare in situazioni al limite.
    I media è sempre più chiaro che, per risparmiare, diano da mangiare a scribacchini da 4 soldi (e anche meno di 4 soldi a volte, visto che spesso la grammatica è un optional…) e per vendere scrivano titoloni sensazionali ed inventino storie…
    Ciò che almeno in questo ambiente dovrebbe essere basilare per chi lo frequenta, è la SOLIDARIETA’ e l’assenza di schemi, imposti da una sempre maggiore smania di controllo superiore e questo concetto dovrebbe essere (era) espresso nei confronti di chiunque, “bravo” o “meno bravo” , poltronisti a parte… quelli non ne hanno bisogno…!

  4. 35
    Marcello Cominetti says:

    Quanto riportato da Andrea.G, secondo me, basta a chiudere la questione e a chiarire ogni dubbio.
    Ma ci sarà sempre chi non sarà d’accordo e da casa sentenzierà come già si é visto in molti dei post precedenti.
    Andrea.G. Buone scalate!

  5. 34
    ANDREA G. says:

    Salve a tutti, sono la persona che assieme al mio compagno di cordata è stata recuperata quel giorno sul Cascatone del Pisgana.
    Sono amareggiato per quello che è stato scritto sul giornale “Bresciaoggi” e dopo preso e divulgato su altri giornali mantenendo la stessa versione amplificata, ma si sa che i giornalisti vogliono più che altro scrivere qualcosa che può perlomeno dare più visibilità al loro articolo.
    Volevo specificare che noi quel giorno eravamo in possesso delle pile frontali (una in parete e una in uno zaino ai piedi della cascata, più due telefoni di ultima generazione completamente carichi e dotati anch’essi di illuminazione).
    Quello che ha detto Guido Salvetti, sentito anche telefonicamente più volte come altri dei suoi colleghi, era solo un avvertimento generale e non assolutamente riguardante al nostro caso, come altre cose che ha detto riguardante la sicurezza in montagna. Ma purtroppo il giornalista ha preso le dichiarazioni sue e per mettere un po’ di pepe le ha distorte.
    Anche nel rapportino del recupero si parla solo ed esclusivamente di recupero per corda incastrata.
    Noi la cascata l’avevamo fatta tutta e non eravamo fermi al terzo tiro senza sapere più cosa fare.
    Il problema lo abbiamo avuto alla nostra seconda discesa in doppia dove ci si è incastrata la corda e abbiamo valutato troppo pericoloso salire a recuperarla viste le condizioni (corde completamente bagnate, zuppe e poi ghiacciate, come anche noi lo eravamo); per di più bisognava salire a riprenderla facendo almeno 8 metri in libera.
    Allora lì scatta qualcosa, la rischiamo mettendo a repentaglio la nostra vita o chiamiamo i soccorsi?
    Io ho fatto molte scalate e prime discese estreme e non mi ritengo un novellino e inesperto, ma bisogna anche essere lucidi nei momenti più difficili e prendere certe decisioni che ti garantiscono di portare SEMPRE la pelle a casa.
    Non vale mai la pena rischiare la vita per nessuna cosa al mondo. Dopo, dietro a un computer o al bar, sono tutti fenomeni a giudicare ma io e il mio amico siamo contenti della decisione che abbiamo preso e siamo ancora qua a raccontarla.
    In altre condizioni avremmo potuto fare qualcosa di più ma in quel momento abbiamo deciso di agire per garantire la nostra sicurezza.
    Il famoso elicottero poi non è stato richiesto da nessuno e tanto meno dai tecnici del soccorso alpino i quali hanno detto più volte al dottore, del quale ora non voglio fare il nome, che non serviva assolutamente, perché stavamo bene, e sarebbe stato molto pericoloso per la sicurezza di tutti. Mentre il famoso dottore ha voluto mandarlo comunque. Un genio!!!!
    Noi comunque siamo soci CAI e godiamo di una assicurazione che copre spese di soccorso fino a 25.000 €.
    Non scrivo molto bene ma spero di essere stato sufficientemente chiaro e non voglio aggiungere altri dettagli alla vicenda.
    In primis, mi complimento con i soccorritori per l’altissimo livello di preparazione che hanno! MOSTRI !
    E ricordatevi che chiamare i soccorsi quando ormai ci si è fatti male o è morto qualcuno è troppo tardi! Qualche volta è meglio mettere da parte l’orgoglio arrivando a casa con le proprie gambe ovviamente facendo tesoro delle proprie esperienze…
    Andrea Gabrieli

  6. 33
    Marco Benetton says:

    Paolo, l’ unico patentino che ci vorrebbe è quello del BUON SENSO, cosa che ultimamente latita in ogni dove.
    Se un (ormai ex) tecnico CNSAS con 40 anni di esperienza e oltre 50 persone chiuse nei sacchi mi dice che 3/4 degli interventi che ha fatto in vita sua sono stati dovuti a carenza di buon senso, vuol dire che l’ unico vero cambiamento da fare sta nella zucca della gente, che ormai abituata ad avere solo diritti, e soprattutto abituata ad avere sempre qualcuno che pensa (e agisce) al posto suo e gli para il culo, lascia il cervello sul comodino e va a fare le cose senza pensarci

  7. 32
    paolo panzeri says:

    A quando il patentino di alpinista?
    Chi non avrà il patentino e vorrà essere soccorso mentre pratica alpinismo dovrà sempre pagare tutto.
    Sarebbe molto più semplice.
    Ma il patentino di alpinista dovrebbe essere rilasciato da alpinisti che praticano alpinismo di medio alto livello.
    Gli altri che insegnano o soccorrono o fanno escursioni o appartengono a strutture burocratiche certificate verrebbero esclusi dai comitati di valutazione.
    Per i non alpinisti tutto sarebbe più facile: pagherebbero ticket sempre.
    Arriveremo fin qui?
    Se si vuole tenere in piedi la baracca probabilmente penso di sì.

  8. 31
    Leonardo Bizzaro says:

    Mi aggiungo in ritardo ai tanti commenti a proposito di un argomento sul quale ho scritto di recente su SkiAlper. L’assicurazione al Cai, di cui scrive Roberto Schenone, non ti mette al riparo dal pagamento di un soccorso. Se questo è giudicato “inidoneo” dal responsabile dell’intervento, l’assicurazione non paga, così come avviene per gli incidenti stradali. Non lo avrebbe fatto già negli anni scorsi, tanto meno lo farà adesso a fronte del numero sempre crescente di province autonome e regioni che hanno introdotto il soccorso a pagamento. E’ vero che abbiamo di solito a che fare con esperti che dovrebbero saper valutare la necessità o no di un intervento, ma la normativa finora entrata in vigore in diverse regioni fa esplicito riferimento al ricovero in ospedale, come condizione necessaria per il pagamento. Lascio alla fantasia di chi legge le mille e mille possibilità in cui l’intervento si rende necessario pur non avendo un ricovero come destinazione finale.
    Non credo infine che dietro questo cambiamento di mentalità ci sia il recondito pensiero di arrivare a un compenso per i soccorritori. Mi sembrerebbe il male minore. Temo invece che si tratti di una banale questione di coperture finanziarie di assessorati alla sanità (e/o alla protezione civile) allo sbando dopo tanti anni di sperperi.

  9. 30
    massimo ginesi says:

    Caro Alessandro

    Il concetto di colpa applicata all’alpinismo è tema molto complesso ed interessante. Mi è capitato di occuparmene in passato, quando ancora mi dilettavo di soccorso e corsi di arrampicata, tenendo lezioni agli istruttori e ai c.d. volontari ed esaminando i pochi casi di incidenti alpinistici arrivati all’esame dei Tribunali.

    In realtà il vero problema è che in diritto l’elemento della colpa (mutuata dal diritto penale ma applicabile sostanzialmente anche , mutatis mutandis, al diritto civile) è assai articolato e molto più complesso della semplice prevedibilità ed evitabilità, oltre ad essere a sua volta frazionato in una serie di condotte a diverso contenuto (colpa generica, specifica, inosservanza di norme, etc).

    La disamina accurata di tali aspetti legati alla attività alpinistica potrebbe essere di grande interesse anche se la mia conclusione è sempre stata di grande scetticismo poiché spesso è impossibile voler trovare necessariamente un colpevole in un incidente in montagna.

    Più che di prevedibilità ed evitabilità a me sembrerebbe interessante parlare di esigibilità.

    I Giudici in questi casi si rivolgono ad un consulente tecnico (tendenzialmente una guida) che gli dice che cosa si sarebbe dovuto fare in quel contesto.

    Il problema è che se la velocità di un proiettile, il suo angolo di incidenza o il moto di due veicoli possono essere determinati con regole scientifiche e, di conseguenza, anche le colpe di chi quel proiettile ha sparato o quella auto ha condotto, non esistono regole scientifiche che mi dicano cosa devo fare alle 21 di sera al terzo tiro di una cascata.

    Possiamo fare, seduti qui davanti al computer, tutte le riflessioni più ovvie sul fatto che uno che va a fare una salita di quel tipo e non riesce a scendere – arrivato a cento metri da terra pur non essendosi infortunato – è semplicemente uno che non doveva andare a fare quella via e dunque, un imprudente, e l’imprudenza è una delle forme della colpa, insieme alla negligenza e all’imperizia.

    Ma oggi, che per questioni di soldi legate al costo dei soccorsi, si vogliono affinare e applicare in maniera oggettiva quelle categorie ad una attività che non ha né norme ne regole scientifiche io trovo che si rischi di incappare in un meccanismo assai perverso e pericoloso.

    Dunque avrebbe assai più senso una norma secca: il soccorso è a pagamento sempre (norma che non condivido, perché il soccorso – ovunque – non solo in montagna è una delle prime regole di solidarietà sociale e perché mettere lo spauracchio di una gabella potrebbe anche indurre a comportamenti pericolosi pur di non pagare) oppure non lo è mai (tesi più sensata, che ha una serie di motivi che alcuni già hanno messo in luce).

    Ovvio che poi gli abusi, se qualcuno va a fare il pilone del Brouillard in maglietta, scarpette, zainetto leggero e chiama per farsi andare a prendere in vetta, possono essere colpiti senza scomodare il diritto e la colpa.

    Poiché il tuo blog spesso lancia spunti assai interessanti ed innovativi, il tema potrebbe essere diversamente articolato, ripreso ed elaborato per diventare qualcosa di più di una semplice discussione.

    Poiché in montagna vado per diletto ma di diritto mi occupo professionalmente sono disponibile a condividere le mie riflessioni e conoscenze professionali sul punto.

    mg

  10. 29
    Alessandro Gogna says:

    Nei commenti finora arrivati nessuno (direi salvo per implicito Stefano Michelazzi) ha colto l’aspetto sostanziale segnalato dal post, che era quello del come e da parte di chi si formino le norme (gli obblighi); l’individuazione di essi (su sinistri altrui…) da parte dei praticanti stessi porta ad aumentare il rischio di responsabilità legali, anche “a catena” (quanti altri se ne possono aggiungere!) e inavvertitamente.
    I criteri giuridici tradizionali di “colpa” sono quelli della prevedibilità ed evitabilità (ma non bastano e a volte eccedono); la tendenza contemporanea della magistratura è quella di appoggiarsi a un’elencazione specifica di materiali e/o tecniche consigliati e/o di uso normale.
    Gli alpinisti dovrebbero ragionarci.

  11. 28
    Modeste Alture says:

    Dal sito del soccorso alpino svizzero “Il finanziamento del SAS è garantito dai contributi di istituzioni pubbliche quali comuni e cantoni e dai contributi alle spese d’esercizio da parte delle organizzazioni della fondazione, nonché dalla fatturazione diretta degli interventi e da donazioni, successioni o lasciti”. Questo giusto per precisione e per chi parla e straparla di “non gravare sulla collettività”, posto che comuni e cantoni sono istituzioni pubbliche. Ovviamente qualsiasi servizio universale grava per definizione sulla collettività, che collettivamente se ne deve fare carico… in Svizzera non è così, eppure il carico sulla collettività esiste ovviamente lo stesso.
    Modeste Alture, da facebook 29 dicembre 2015 ore 16.27

  12. 27
    Marco Benetton says:

    Aggiungo, pochi mesi fa sono stato ad un passo dal dover chiamare il soccorso perché (come al solito da solo) mi sono incasinato lungo un canale completamente franato nella foga di cercare un vecchio sentiero di guerra abbandonato da quasi un secolo… mi ero incrodato come un imbecille su un canale della consistenza della sabbia, na porcheria che veniva giú tutto, fortunatamente all’ ultimo tentativo sono riuscito a passare, ma ero ormai rassegnato a dover chiamare il soccorso e a doverlo pagare visto che non era stata la montagna a franarmi addosso ma ero stato io a sottovalutare il percorso…
    Avessi dovuto chiamarli, MAI mi sarei sognato di inveire per il pagamento, ma zitto e, come diciamo in Veneto, SCANTABAUCHI

  13. 26
    Marco Benetton says:

    Mmmmm scusate, ultimamente si fa un gran parlare di montagna e libertà, ma secondo me il concetto di libertà si sta un po’ troppo confondendo con “libertà di essere irresponsabili”…
    .
    Non faccio riferimento a questo episodio, mi basta vedere quanto trovato negll’ ultimo paio d’ anni, quando in nome della libertà si è arrivati a giustificare chi è morto assiderato a 3000 metri in braghette e mezze maniche, o chi si è perso perché è venuto buio, o chi si è fatto recuperare perché era finito in mezzo alla neve con le scarpe da ginnastica e non riusciva piú a venirne fuori…
    .
    se questa è libertà…. io la chiamo solo idiozia…
    .
    un conto é una scarica che ti arriva addosso, un canale che ti frana sotto i piedi e l’ unica cosa su cui fare protezione era lo spirito santo, altro paio di maniche è andarsi a incasinare perché si sopravvalutano le proprie capacità o si sottovalutano le condizioni meteo/ambientali…
    .
    Libertà, libertà, libertà, bellissimo parolone (di gran moda da qualche decennio a questa parte) con cui riempirsi la bocca, e la responsabilità (soprattutto verso sè stessi) dove la mettiamo?
    PUFF sparita
    Prima di smenarla con il diritto di avere sempre il soccorso gratis (e qua ci sta una grattata in basso) pensiamo invece alla libertà di tornare sempre a casa sulle nostre gambe, che sapere che c’è qualcuno che ti viene a parare il culo quando vai in merda fa piacere (a me per primo, e altra grattata in basso!) ma non deve essere alibi per fare le cose senza pensarci o con superficialità.
    .
    E non tiratemi fuori la cavolata degli incidenti stradali, visto che vengono applicate multe, ritiri (o revoche) della patente ed eventuali sequestri (o confische) dei mezzi, e sono a pagamento sia il carro attrezzi (magia) sia il parcheggio del mezzo nei depositi giudiziari…

    ecco, visto che molti si sono lamentati del mio nascondermi dietro ad un nickname, adesso mi sono nascosto dietro al mio nome di battesimo, diventando un fantasma visto che cercando in rete ‘non esisto” mentre col nick che uso di solito si trova qualche trip-report in giro 😉

  14. 25
    Daniele Caielli says:

    Allora mi scuso per essermi infervorato!
    In primo luogo tuttavia metterei l’accettazione del rischio di non essere soccorsi con tempi “cittadini”, con tutte le conseguenze del caso.

  15. 24
    MAURIZIO BABINI says:

    grazie , quello che mi serviva era il terzo punto. era sottointeso che i primi due fossero stati rispettati.

  16. 23
    Daniele Caielli says:

    Maurizio, si fa come si è sempre fatto è come ogni alpinista dovrebbe sapere!!!!!
    1) si lascia detto dove si va, se non si rientra chi ci aspetta allerterà i soccorsi
    2) segnale internazionale di richiesta di soccorso (mai abrogato) devo dirlo qui? Va bene ma la cosa mi fa incazzare: tre richiami (visivi o uditivi) ogni 20sec. (Tre al minuto), pausa di un minuto, ripetere. Chiunque colga questi segnali DEVE rispondere con un segnale dello stesso tipo ogni 10 secondi (sei al minuto) ed attivarsi per i soccorsi.
    3) per fugare ogni fisima dotarsi di personal locator beacon (PLB) che, appoggiandosi sul sistema mondiale cospas-sarsat è svincolato dalla rete gsm, previo abbonamento si verrà soccorsi ovunque.

  17. 22
    MAURIZIO BABINI says:

    Tralasciando il problema , se sia giusto pagare o meno , vorrei sapere , in casi come questi dove devi fare 2 ore di cammino per arrivare , e quindi ci si è inoltrati in ambiente isolato , se come succede a me che il cellulare non prende nemmeno al parcheggio dove lascio l’ auto , come faccio a chiamare i soccorsi? dalle parti di quella cascata c’ è un ripetitore per cellulari?

  18. 21
    Alberto Benassi says:

    Si fanno pagare gli alpinisti perchè, agli occhi della società, fanno un’attività inutile, pericolosa e assurda.

    Morire sul lavoro invece è scusabile perchè lavorare si deve.

    Morire sulla strada in un incidente è altrettanto scusabile perchè nonostante i limiti di velocità si permette di costruire macchine che fanno i 300 all’ora.

    Morire di cancro da fumo è altrettanto scusabile perchè con la vendita delle sigarette lo stato ci prende un sacco di soldi. Comunque ha l’attenzione di avvertirti che il fumo fa male. Quindi la scelta è tua.

    Anche morire in montagna è una tua scelta, ma non scusabile come quella di morire di cancro da fumo………

  19. 20
    Lorenzo Lunardi says:

    Personalmente ritengo che la professionalità, oltre che con gli studi, la si acquisisce sopratutto con l’esperienza e, nel farla, sicuramente bisogna mettere in conto qualche errore. Questi errori sono a costo zero se da soli riusciamo a trovare il rimedio altrimenti bisogna pagare lo scotto per l’intervento di un “professionista”.
    Se questi due amici fossero riusciti ad uscire a completare la scalata, nessuno sarebbe qui a chiedersi se avevano l’equipaggiamento in ordine, probabilmente ci sarebbe più di qualcuno che si complimentava con loro per la salita effettuata.

    Per quanto riguarda il pagamento dei soccorsi non dimentichiamo che questi già gravano sul portafoglio degli italiani con finanziamenti pubblici, inoltre ogni intervento contribuisce ad aumentarne considerevolmente i costi.
    Rimane il dubbio amletico: se mi trovo in difficoltà (per qualsiasi causa) ancorché tutto intero, chiamo subito il soccorso che poi mi chiede un rimborso, o tento ostinatamente di cavarmela in ogni caso, così se mi andasse male, (dicasi ferito o morto) non sborserei niente, tutto andrebbe a carico della società?
    Non vorrei che lo spettro di dover sborsare qualche centinaio o più di Euro, inducesse nelle persone lo stimolo di tentare ad ogni costo; magari risparmieremo qualche intervento ma credo che troveremo qualche lapide in più sparsa per le montagne.

  20. 19
    dani1967 says:

    Condividendo quanto detto da Andrea Rossi, io mi chiedo una cosa. Ma tutti quelli che in questo o altri siti si mettono su una cattedra dando degli impreparati agli altri, sono usciti dalla pancia di mamma con un patentino da Guida ? Non hanno mai passato una fase della vita in cui hanno compito sonore sciocchezze da cui è poi nata l’esperienza che ha loro permesso di andare in montagna con più consapevolezza ? Io ho sempre pensato che il confine tra una stupidaggine e una grande impresa è sempre piuttosto sottile, per cui sono reticente a mettermi su una qualsiasi cattedra, ed è per questo che queste rivalse economiche a mio avviso lasciano il tempo che trovano. Certo, ci sono casi estremi in cui sono quantomai necessarie, ma non mi allargherei più di tanto. Cosa diversa pensare che lo stato debba essere una assicurazione in perdita a prescindere, sopratutto quando questa assicurazione per il singolo rischia di diventare troppo onerosa. Se assicurarmi permette di avere un Soccorso migliore e con più mezzi, penso che potrebbe essere un dovere civico assicurarmi, ma in un senso ben differente rispetto al controllo della mia preparazione alpinistica o un obbligo imperativo.
    A proposito, mi è capitato di conoscere degli attuali affermati professionisti quando erano giovanissimi e alle prime armi, e, come tutti gli esseri umani, anche loro facevano le loro ingenuità. E’ così che si cresce.

  21. 18
    Giuseppe Penotti says:

    @Giando.
    In linea di massima io non sono fra i fautori del soccorso a pagamento. Anche perché appartengo alla schiera di quelli che citi e che in gioventù qualche cavolata legata all’inesperienza se la sono fatta… 😉
    Però Buzz che conosco e apprezzo per la sua provocatoria lucidità di ragionamento scrive una cosa corretta; nella libertà di assumersi dei rischi in montagna ci sta anche il rischio di dover pagare una quota di soccorso.
    Dobbiamo essere tutti un minimo pragmatici perché il rischio di trovarci in una realtà fatta di divieti e di interventi di soccorso indiscriminatamente a pagamento è sempre più probabile,
    Vero che il motociclista o l’automobilista imprudente non pagano l’intervento di soccorso ma è un paragone imperfetto
    Se vai un Pronto Soccorso per qualche problema di salute c’è un triage che stabilisce e valuta il tuo livello di urgenza o di gravità. E se ci sei per una indigestione di panettone il ticket lo paghi tutto….

  22. 17
    GIANDO says:

    A tutti coloro i quali ritengono che sia giusto pagare i soccorsi, soprattutto se montanari navigati (non necessariamente alpinisti di punta), mi piacerebbe porre un semplice quesito: perchè ritenete sia giusto pagare!
    Mi piacerebbe una volta tanto sentire delle valide argomentazioni a supporto di tale affermazione perché in circa due anni di frequentazione di questo blog non ho ancora letto delle considerazioni che vadano oltre al pregiudizio.
    Più volte Fulvio Turviani, che fino ad ora non si è espresso, è intervenuto su quest’aspetto evidenziando che relativamente ad altre tipologie di incidenti nulla viene fatto pagare. Allora qual è la ratio? Ci sarà nel retrocranio dei sostenitori del pagamento dei soccorsi alpini un qualcosa che li spinge a dire che per tali interventi si debba pagare mentre per quelli stradali no. Mi piacerebbe che una volta per tutte venisse messo sul piatto questo qualcosa ma non buttato lì alla porco giuda come se fosse la prima cosa che viene in mente bensì come frutto di un ragionamento di ampio respiro.
    Ho però la sensazione che a parte gli irriducibili che vorrebbero far pagare qualsiasi cosa, e che, pertanto, dimostrerebbero almeno una certa coerenza, la stragrande maggioranza farebbe fatica ad argomentare perchè il problema, ne sono convinto, è che per molti vale il principio punitivo in base al quale se fai il cazzone devi pagare, dimenticando che i cazzoni li abbiamo fatti probabilmente tutti (che è senza peccato scagli la prima pietra) e ci è andata bene.
    A me piacerebbe sapere quante persone che scrivono su questo blog non hanno mai arrampicato slegate oppure quante sono sempre andate in montagna senza dimenticare nulla. Secondo me poche, forse nessuna, anzi sono arciconvinto che i migliori sono probabilmente quelli che hanno fatto più cazzate e se sono diventati bravi forse è proprio perchè le hanno fatte e hanno fatto tesoro delle loro esperienze.

  23. 16
    Alberto Benassi says:

    se non ti porti la frontale nemmeno una maglia visto che è inverno e fa buio presto e non fa proprio caldo , più che inesperto sei un idiota.

  24. 15
    marco madama says:

    ma chi si schianta in moto a duecento all’ora e tenuto a pagare le spese di soccorso per comportamento imprudente. dopo anni nei quali l’elisoccorso è stato usato anche per soccorsi banali , solo per giustificare una spesa enorme , perchè quello che conta nelle statistiche sono i numeri e non la qualità,adesso si corre ai ripari con una legge fatta male.siamo italiani.

  25. 14
    Buzz says:

    Non credo che ogni cosa che accade debba necessariamente essere “caso esemplare” su cui impostare battaglie di principio.
    Perché d’accordo la libertà di rischiare in montagna ma basta aggiungere, nel novero dei rischi possibili, anche quello di dover pagare i soccorsi se fai stupidaggini e la questione è abbastanza risolta.

    Senza entrare nel merito, perché bisogna conoscere con precisioni i fatti e anche le considerazioni dei protagonisti, per poterlo fare, dico in generale che se uno va in montagna c’è un minimo di dotazione da portarsi dietro.
    Tale dotazione non è fissa e varia da individuo a individuo – perché sappiamo bene che paradossalmente è proprio quello più esperto che potrà permettersi a ragion veduta il minor corredo – e quindi è difficile da stabilire “per legge”… ma tuttavia esiste… e a volte si, potrebbe essere assolutamente giusto, che qualcuno che va a fare una cascata senza portarsi nemmeno un pile o una frontale paghi i costi del soccorso.

  26. 13
    Roberto Schenone says:

    Comunque iscriversi al CAI o farsi una polizza assicurativa non mi sembra una grossa limitazione alle libertà personali.
    Chi fa cascate di ghiaccio ha addosso migliaia di euro di materiale. 50 euro di iscrizione al CAI se le può permettere.

  27. 12
    Alberto Benassi says:

    l’esperienza la si fa sulla propria pelle, anche sbagliando.
    Non ho fatto corsi, ho guardato e ascoltato chi aveva più esperienza di me, ho letto libri e poi sono andato. Io ho fatto così e sono contento di avere fatto così.
    Ho rischiato? Si ho rischiato! Ma ci ho messo anche il cervello. Non mi hanno mai detto: “a volte la sosta si presenta anche senza la catena” come invece ho sentito dire a una ragazza che non sapeva a cosa servivano i due chiodi che aveva davanti agli occhi.
    Al corso che aveva fatto gli avevano fatto sempre vedere soste con catene…….
    A volte sono riuscito a fare quello che volevo. altre invece no e ho rinunciato per poi ritornare.
    Ho sbagliato? si certo che ho sbagliato e sicuramente sono stato anche fortunato ha tornare sempre con le mie gambe .
    Certamente non sono mai andato in montagna a fare cose più difficili delle mie possibilità tanto c’è il celluare . Anche perché quando ho iniziato io il cellulare non c’era ancora. Quindi ho imparato ha non farci affidamento.
    Comunque il rischio fa parte del gioco e chi non rischia non rosica in alpinismo.
    Il mio primo libro di montagna è stato “Passione di roccia ” un libro di un alpinista tedesco Martin Schliebler ” INCONTRO AL RISCHIO CON CODA PICCOZZA E CINEPRESA”

    Quanto a metter a repentaglio la vita dei soccorritori. Anche loro, prima di essere soccorritori, sono alpinisti. O almeno dovrebbero esserlo. Inoltre nessuno li obbliga a fare questo servizio.

  28. 11
    sergio63 says:

    ragazzi occhio che oramai conviene “seminare” qualche chiodo ma tornar giù con le proprie gambe… 🙂

    in quanto alle modalità di farsi esperienza…nella civiltà finta che sta entrando andrà di corsi e patentini obbligatori, non c’è dubbio…io son contento di essermela fatta per tentativi ed errori…d’altronde avevi voglia negli anni ’80 a farti insegnare ad andare in cascata da esperti che non c’erano…ma tanto da qui in avanti “fuori via” non si potrà più andare…

  29. 10
    Daniele Caielli says:

    Pagheranno. Lo scopo è quello di rimborsare i soccorritori, ormai non voglio più nascondere questo mio sospetto. Le parole del delegato CNSAS che riporto lo lasciano capire. «– Un classico intervento da soccorso alpino, nel senso che in casi del genere è richiesta elevatissima specializzazione e doti alpinistiche non comuni – osserva Pierangelo Mazzucchelli, delegato della V Zona Bresciana, che aggiunge: – le nostre squadre intervenute erano composte perciò da personale PROFESSIONALMENTE preparato grazie anche ai numerosi corsi che svolgiamo durante l’anno, e tutti hanno dato il massimo. Bisogna tenere conto che hanno veramente operato in condizioni estreme: al buio hanno risalito, e poi ridisceso, per quattro tiri, più di 100 metri, una cascata di ghiaccio.». Niente da fare, pagheremo. La campagna mediatica contro i distratti sta andando a gonfie vele. Se ci fosse realmente interesse a limitare comportamenti errati si parlerebbe di SANZIONI (vedi esempi di guida in stato di “ubriachezza”) ma non si è intrapresa questa via perché non farebbe guadagnare.

  30. 9
    jacopo says:

    con pile e senza portafoglio
    o
    con portafoglio senza pile?

    non c’è dubbio che i secondi sono molto più simpatici

  31. 8
    Antonio Arioti says:

    In una società dove il benessere viene misurato in termini di PIL risulta assolutamente normale ragionare in termini puramente economici: produttività, costi, ricavi, ecc..
    L’essere umano viene visto come produttore e consumatore e, quindi, va preservato in quanto tale. In parte tutto ciò ha dei lati positivi, nei secoli passati la vita aveva minor valore rispetto, per esempio, ai beni materiali perché, se ci pensiamo un attimo, fare dei figli richiede minor impegno ed è pure piacevole mentre produrre beni e servizi secondo la metodologia fordiana risulta spesso frustrante.
    Quindi, anche se può sembrare un discorso cinico, l’essere umano di oggi ha un valore quasi esclusivamente in termini produttivi, tanto che se non si rientra in questi parametri si viene emarginati a calci in culo (se non hai un lavoro non produci e non consumi, pertanto non sei nessuno).
    E’ evidente che in quest’ottica l’avventuriero, l’amante del rischio, trova spazio solamente se non rompe i coglioni, se mantiene inalterato il suo stato di produttore-consumatore. Se ti esponi al rischio e non lo sai gestire sei fonte di costi e, quindi, devi pagare. Questa in sintesi è la logica perversa a cui tutti o quasi, a seconda delle situazioni, soggiaciamo.
    Invece nel correre dei rischi c’è anche un aspetto formativo. Propongo tre frasi celebri di altrettanti personaggi famosi:
    – “Quando si elimina il rischio dalla propria vita non resta molto” (Sigmund Freud);
    – “Coloro che non hanno mai rischiato riescono solo a scorgere la sconfitta degli altri (Paulo Coelho);
    – “Chi non rischia nulla non fa nulla, non ha nulla e non è nulla. Può evitare le sofferenze e l’angoscia, ma non può imparare, sentire, cambiare, crescere, progredire, vivere o amare. È uno schiavo, incatenato dalle sue certezze o dalle sue assuefazioni” (Leo Buscaglia).
    Potremmo citarne altre ma il succo del discorso è che senza correre rischi l’uomo non sarebbe andato da nessuna parte, probabilmente si sarebbe estinto.
    Chi va in montagna accetta il rischio e chi lo soccorre pure (con ciò non voglio dire che si debba procedere alla cazzo, la prudenza e l’attrezzatura adeguata aiutano sebbene non siano tutto). Ma tutto ciò non è visto di buon occhio perchè toglie risorse produttive al mercato o meglio le mette a rischio. Poi però le banche cercano di infinocchiare i clienti facendogli correre dei rischi bestiali, ma questo rientra perfettamente nel gioco di una società il cui unico Dio è diventato il PIL.
    Se volessimo uscire da questo pantano bisognerebbe anche iniziare a ragionare in termini di solidarietà del tipo “io faccio qualcosa per te e tu la fai per me”, lasciando fuori il denaro che non va ovviamente eliminato (almeno per ora, fra mille anni si vedrà). Il rapporto soccorso-soccorritore è di tipo simbiotico, il primo esiste in funzione del secondo e viceversa, ciascuno consente all’altro di realizzare in parte sè stesso. Io credo che molti soccorritori imprechino contro i babbei che si espongono ai rischi, però in fondo in fondo del soccorso ne hanno fatto una ragione di vita e ciò dovrebbe essere visto come una bellissima cosa da non svilire con una sanzione pecuniaria che a qualche bigotto darà la sensazione di esistere e di contare qualcosa.
    Ma poi intermini di costi di cosa parliamo? Qual è l’impatto pro capite dei costi del soccorso? Forse pesa di più sul bilancio familiare l’obolo a qualche barbone seduto sui gradini di una chiesa.

  32. 7
    GIANDO says:

    Sottoscrivo quanto postato da Stefano Michelazzi.

  33. 6
    Guido Azzalea says:

    Tutti e dico tutti possiamo avere un problema durante una gita.Non mi pare che se qst 2 avessero avuto le pile avrebbero risolto la situazione.Basta recarsi a Cogne per Qlc giorno e vedere che il 50 per cento dei cascatisti parte alle 6 del mattino e torna dalla Valnontej quando è’ buio.Qst mi fa pensare alla scarsa esperienza e preparazione,tanto piu’ che qst’anno le cascate sono più difficili a causa del poco ghiaccio e delle temperature alte.

  34. 5

    Condivido le parole di Andrea Rossi.
    E’ vero come scrive Marco Ghidini che poca esperienza e poca preparazione possono essere le cause di un inconveniente come questo e che come guide alpine promuoviamo corsi formativi di varia natura, i quali dovrebbero essere utili proprio per assorbire quelle esperienze, almeno di base, che ci permettano di evitare fattori di rischio , i quali in realtà non dovrebbero esserci (se il rischio zero non esiste non vuol dire che debba esistere il rischio 110%…). Sul modo di intendere la formazione alpinistica in Italia ci sarebbe da scrivere un articolo tutto per sè e ne uscirebbero, credo, opinioni inquietanti…
    Ma rimanendo in tema, mi fa sempre rizzare i peli, leggere commenti del tipo: “Gli sta bene così imparano!”, “Basta fare una polizza assicurativa!”, “Mettono a repentasglio l’incolumità dei soccorritori!” e quella che invece mi fa proprio ribollire il sangue… “Sono spese per la comunità!”
    Ora, di economisti, ormai si sa, è pieno il Paaese, il 90% degli italiani sa bene cosa fare per equilibrare il bilancio pubblico, per rendere tutti più ricchi, per creare benessere, ciò che a me da ignorante in termini di economia dello Stato italiano sfugge, è come mai tutta questa saccenza non sta producendo che tagli alla spesa pubblica ed una retrocessione economica a livelli da terzo mondo (o quasi)…
    Direi che cominciare a pensare (esercizio fine e difficile), che probabilmente di ciò che ci sta succedendo attorno capiamo poco o niente anche perché sfugge come logica, ai normali canoni di gestione familiare o comunitaria, sarebbe probabilmente un bel passo avanti.
    Ovviamente questo porterebbe ad un pensiero meno economico (a me fan girare le balle migliaia di agenti dei corpi di polizia, dalla statale alla locale, che paghiamo a stipendio fisso, utilizzati ogni domenica e festivo per sorvegliare i tifosi allo stadio, piuttosto che 4 soldi per un elicottero…!) e più pratico-solidale.
    Obbligare a fare polizze assicurative, come obbligare all’uso del kit da ferrata e via discorrendo, non fa altro che alimentare un sistema di limitazione delle libertà personali oltre che alimentare le tasche di imprenditori privati grazie a decreti pubblici e magari sarebbe ora di capire che ci stiamo legando le mani da soli oltre che svuotando le tasche!
    I soccorritori volontari o meno, hanno fatto una scelta, inserendosi in quell’organizzazione, non sono stati obbligati da nessuno, quindi se non intendono rischiare, il campo di bocce del circolo pensionati accetta chiunque…!
    I due malcapitati mi auguro abbiano già capita la lezione anche senza dover per questo infierire, formarsi dovrebbe divenire un fattore culturale ma non è sanzionando le persone che si forma cultura, solitamente questo causa soltanto rabbia e frustrazione!!!

  35. 4
    Marco Ghidini says:

    Caro Andrea Rossi, ora mando le condizioni reali del cascatone del Pisgana: http://www.on-ice.it/onice/onice_view_report.php?type=4&id=5647.
    Nelle Foto che Alessandro ha allegato all’articolo sono immagini di repertorio. Nelle normali condizioni la Cascata, presenta delle difficoltà di 3°/WI3 ma forse nello stato attuale le difficoltà aumentano! Il mio accenno alla poca esperienza non stà solo al fatto che un alpinista abbia più o meno le capacità di salire un determinato grado di difficoltà, ma anche a capire se l’escursione da fare, la scalata da intraprendere sia in condizioni! Questa esperienza possiamo averla in due modi: andare tanto in montagna e buttarci a “c…o” su degli itinerari che non conosciamo ( Trekking,Scalata su roccia, ghiaccio ect.) e sperare di tornare sempre a casa o altrimenti farci istruire da persone capaci che abbiano buona esperienza se non Ottima!! Quindi: Affrontare quella cascata non in condizioni normali, partendo tardi, senza frontale, magari senza l’ausilio del nostro attrezzo per creare un abalacow ( scusate se ho sbagliato nel scriverlo) ect.. Si anche per me è giusto che paghino! P.S. Non sono una Guida alpina e non voglio farmi pubblicità:

  36. 3
    Andrea Rossi says:

    Io non sarei così pragmatico, e’ bene ricordare ai piu’, che spesso in montagna si possono riscontrare incidenti determinati da più fattori, se cominciamo col dire che la colpa è della inesperienza, allora avremo un, effetto “gatto che si mangia la coda”, perché è noto che per esperienza si intende uno stato di conoscenza risultante, dal vissuto di molteplici esperienze, non sempre proprio ortodosse, anche chi ha commentato prima di me credo sia passato da questo stadio, questa credo volesse essere la “provocazione” intelligente, dell’articolo, insomma dire e’ giusto che paghino, o che ci sono assicurazioni, non mi sembra il modo più corretto per valutare un episodio al quale sarebbe mancata una lampadina. Nell’articolo non si accenna al motivo della incapacita’ a proseguire, Poi tutto il merito alla bravura e alla tecnica dei soccorritori, che sono sicuramente insostituibili, ma. Non dimentichiamo che essi oltre alla loro abnegazione al pericolo, sono stati formati spesso a spese della comunita, un tempo bastava far parte del Sodalizio, e per sodalizio io ho sempre inteso una famiglia che quando c’era da aiutare qualcuno non andava tanto per il sottile. Scusate ma questo e’ il mio punto di vista.

  37. 2
    Marco Ghidini says:

    Sicuramente la poca esperienza e la poca preparazione ha permesso che tutto questo sia potuto accadere… Dobbiamo metterci in testa che forse quei corsi che le nostre guide alpine continuano a publicizzare non sono solo per arricchire loro stessi!!

  38. 1
    maurizio scala says:

    giustissimo che paghino, del resto basta fare una polizza assicurativa che copra il rischio
    e’ evidente a tutti che l alpinismo e’ un’attivita’ che comporta dei rischi, quindi chi la pratica deve essere molto scrupoloso e preparato, ossia deve prevedere i rischi e la possibilita’ che le cose vadano storte (ex diventa buio e serve ol frontalino)
    in questo modo si porta a casa la pelle e non si fanno rischiare i soccorritori, oltre alle spese che i soccirsi inevitabilmente comportano (uomini, mezzi, materiale..)

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