Abbiamo pensato che è doveroso pubblicare un post al riguardo della restrizione alla frequentazione dei parchi dell’Italia Centrale, restrizione che probabilmente sarebbe meglio definire divieto tout court. Non siamo dell’opinione che la chiusura totale ad alpinisti ed escursionisti sia LA soluzione per la salvaguardia della fauna… ci sembra piuttosto una sorta di persecuzione atta solo a far vedere chi comanda presso altri ambienti, ben oltre ogni logica conservativa.
Questa sembra essere un problema tipico soprattutto dell’Italia Centrale, in quanto al Nord scalate ed escursioni si praticano in zone che in stragrande maggioranza non ricadono in riserva integrale. Normalmente l’alpinismo è qualificato sport eco-sostenibile, seppur il concetto sia un poco vago in quanto qualsiasi attività dell’uomo ha un certo impatto.
A giudicare dalla mancanza di reazioni, e a dispetto del fatto che l’alpinismo è un’attività molto secondaria, sembra che anche le sezioni del CAI siano asservite ai parchi. Un esempio? Sulle montagne sopra Cassino un incendio sei anni fa ha bruciato una pineta, ora il sentiero è pericoloso per le piante abbattute o in bilico sul pendii. Il parco ha “chiuso” quel versante (tra l’altro il più bello e ricco di storia della zona) ed è contrario a che il CAI intervenga per risistemarlo.
Oltre ogni logica conservativa
(il problema della frequentazione dei parchi in Italia Centrale)
di Cristiano Iurisci
Parco nazionale dei Monti Sibillini
Parco nazionale del Gran Sasso e dei Monti della Laga
Parco nazionale della Maiella
Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise (PNALM)
Considerando che, almeno stando alle leggi e quindi sulla carta, la quasi totalità aree protette integrali è sovrapponibile alle aree dove è possibile fare alpinismo, questo di fatto è vietato in quasi tutto l’Appennino Centrale. Dimenticavamo infatti le riserve regionali del Velino e del Sirente: anche qui, ad oggi, alpinismo e scialpinismo sono vietati (parzialmente nel Velino e totalmente nel Sirente).
—————————————————————————————————————————-Dopo queste note esplicative sulla situazione dei parchi in Italia Centrale, riporto a titolo esemplificativo della difficoltà di dialogo con le autorità dei parchi il seguente scambio epistolare tra il sottoscritto e Luciano Sammarone, direttore del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.
Sammarone, in seguito alla mia richiesta di un incontro per discutere su possibili “deroghe”, ha risposto:
“Gentile Iurisci, scusi se riscontro con un po’ di ritardo la sua mail: questa era una PEC, che non evado direttamente dalla mia postazione. Ecco il motivo per il quale le ho chiesto un indirizzo di posta ordinario. Nel merito di quanto chiede:
[…]
2. Sull’attività alpinistica invece ci sono non pochi problemi perché mi permetto di dissentire dalla sua visione che minimizza il problema, riducendolo a poche unità che svolgerebbero l’attività e quindi ridotto sarebbe il disturbo conseguente. Quello che risulta a lei non è la realtà e soprattutto non può sapere lei se e quante persone si sono avventurate sulle pareti interessate dagli itinerari alpinistici, sia in estate sia in inverno: il Parco non è un luna park. DEVONO esserci aree in cui la Natura fa a meno delle persone, e DEVONO esserci aree in cui le persone stanno lontane dalla Natura, possibilmente 365 giorni l’anno. E inoltre, per esperienza diretta, sono abbastanza certo che quegli itinerari una volta ufficializzati, sarebbero meta di un numero certamente maggiore di alpinisti. Con le conseguenze facilmente immaginabili.
Non me ne voglia, ma davvero io ho l’obbligo di porre un freno all’accesso in montagna, seppure della parte che potremmo considerare meno impattante di chi la frequenta. Per questo, se e quando vorrà, basterà una sua richiesta per svolgere un uscita su quegli itinerari, anche solo motivandola a livello sperimentale, e stia certo che avrà il mio ok ad andare. In inverno come in estate, a valere come una tantum. Ma niente di più. Per il resto ritengo di dover lasciare le cose come sono.
Cordiali saluti, Luciano Sammarone”.
Al direttore Sammarone così ho risposto:
Buonasera, dalla chiacchierata fatta per le scale dell’Hotel non mi era sembrato così “chiuso” a riguardo… aveva dato disponibilità all’ascolto e alla sensibilizzazione del problema. Riguardo la frequentazione alpinistica, questa diviene alta solo se l’accesso è comodo: al Parco comodo non lo ò mai… di conseguenza iI numero dei frequentatori rimarrà sempre e comunque basso e, proprio per andare incontro a quello che lei scrive, ovvero per monitorare la situazione e perché non si superino certi numeri, si chiedeva ufficialmente l’attivazione di un numero chiuso mensile di partecipanti, in relazione all’impatto complessivo di una certa parete, sommatoria dell’impatto durante la scalata, durante l’avvicinamento e durante la discesa.
E questo numero chiuso può essere differente per ogni itinerario richiesto (parliamo di solo 6 itinerari). Non me ne voglia, ma la sua chiusura è, a mio avviso, sbrigativa e un poco semplicistica. Vietare per vietare è chiaramente facile, gestire lo è sicuramente meno, io le sto chiedendo di “gestire” come fanno in altre aree protette, e se lei vuole rimango a disposizione per ulteriori chiarimenti . Con questo non voglio dire che il parco sbaglia o meno, ma regolare l’ingresso mi pareva una soluzione che andasse bene da entrambi i punti di vista, soprattutto per il fatto che le aree interessate in estate sono al di fuori delle aree integrali e, riguardo a quelle invernali, solo alcune sono in aree integrali ma certamente non nel loro “cuore”. […]
Ho fatto il ricercatore per anni e il mio aggettivo “semplicistica” è relativo a questo… la natura è da tutelare ovunque, ma l’uomo non si può cacciare, l’uomo (per gli animali) è un animale come un altro… e se non compete per il cibo, per la tana, e se non teme di essere predato o ucciso, viene considerato come un altro essere vivente bipede o quadrupede. Ovviamente, ai suoi occhi, è la mia conclusione a essere “semplicistica”. Non sto cercando giustificazioni alla mia attività… sto cercando un punto di incontro. Ora la saluto con stima aspettando una mail più aperta alla discussione e alla soluzione del problema.
Con stima, Cristiano lurisci.
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@ 79
Tutto vero, ma cosa facciamo quando ognuno vuole fare il cazzo che vuole in un parco, e pretende di essere l’unico portatore della ragione sana ?
.
Facciamo una riunione di condominio permanente fra gli anarchici o fissiamo delle regole ?
Rispondo da cittadino, da frequentatore della montagna, da professionista che con la montagna ci lavora, avendo lavorato/collaborato o interfacciato con le pubbliche amministrazioni e le aree protette d’Italia. In alcune zone l’incapacità degli Enti, dovuta a incompetenza, mancanza di visione, alla costante diminuzione di fondi viene tamponata con le chiusure e i divieti, non si è nemmeno capaci a copiare le buone pratiche. Sono tollerate pratiche selvagge e dannose, che portano lucro, a discapito di chi porta avanti un vivere sano della montagna ma non porta denaro. I divieti valgono dove i soldi che si perdono sono di meno o meglio ancora se ci si fa guadagnare qualcuno. Il concetto che la montagna è di tutti mi trova d’accordo in maniera parziale. La montagna negli ultimi anni ha visto precipitarsi ogni tipo di soggetto, che sono gli stessi che vivono in maniera selvaggia le città o le spiagge. Questo non deve giustificare una incapacità gestionale. Io so andare in montagna da solo, ma a volte guardandomi intorno mi sono dovuto ricredere sugli accessi permessi solo con personale autorizzato. 1) In molti casi le aree protette sono mal gestite o non gestite. 2) Esiste il problema di chi va in montagna e di come ci va.Nessun luogo è di tutti, un luogo è più mio, rispetto a chi si comporta in maniera incivile e irrispettosa. La politica delle riserve è la stessa politica che viviamo da ‘cittadini’ e in montagna siamo i cittadini che siamo nella vita.
A me pare che molti dei vostri interventi siano viziati da pregiudizi ideologici o difese corporative, in questo caso della casta degli alpinisti. E’ molto più semplice e professionalmente conveniente per il direttore di un parco cedere alle pressioni politiche o di gruppi di cittadini, che arroccarsi nella difesa ad oltranza di un ambiente naturale sempre più minacciato dalla presenza umana.
Esempi di parchi naturali sconciati irrimediabilmente dall’azione dei loro direttori ce ne sono fin troppi (uno per tutti: il Parco di Porto Conte ad Alghero). Lasciamo che per una volta un parco naturale sia ciò che deve essere, un Santuario.
La correzione della distonia “due pesi e due misure” deve vertere sulla correzione del lato negativo (=troppe autorizzazioni lesive dell’ambiente, ad es troppe cave in apuane) e non sulla cancellazione di divieto a tutela di flora/fauna. Io NON sono un esperto zoologo, ma (sempre fra i commenti dell’articolo del novembre 2022) ne ho letto uno in cui si afferma che di orso marsicano esistono solo più 50 esemplari in tutto. Assumiamolo come vero (cmq non saranno tantissimi di più): ebbene la tutela di tale specie giustifica eventuali divieti e quindi conseguenti “sacrifici” a carico di alpinisti/scialpinisti. Sia chiaro che questi ultimi non sono privati del tutto del piacere di praticare l’attività di loro gradimento, semplicemente non possono praticarla “proprio lì”, ma basta che si spostino di 100 km, forse anche meno, e possono fare tutta la montagna che vogliono.
Vietare sempre e comunque è molto più facile che trovare una strada comune. Inoltre per certi “ambienti/istituzioni/poteri” è una bella forma pubblicitaria usare la bandiera dell’ambientalismo a protezione dei poveri animali. E’ anche un ottimo e furbo modo di sviare l’attenzione da altre problematiche.
Si vieta l’arrampicata su una determinata parete perchè ci nidifica l’aquila, che va giustamente salvaguardata perchè gli arrampicatori non è che hanno dei diritti di precedenza. Ma allo stesso tempo non si pongono limiti alla DISTRUZIONE della montagna a suon di mine e buldozzer, e alla sua aggressione con infrastrutture sempre più invadenti. Ma questa è economia, quindi giustificata.
Due pesi e due misure, si tende sempre a colpire il più debole, è FACILE.
Magari mi sbaglio, ma ho la netta impressione che in faccende di questo genere, gran parte della spiegazione vada cercata nel fatto che, come diceva uno che se ne intendeva, “c’e’ sempre uno piu’ puro che ti epura”. In altri termini, movimenti si opinione con forti motivazioni di tipo ideologico/filosofico, come indubbiamente l’ecologismo e ambientalismo contemporanei, finiscono sempre per essere dominati dai fanatici massimalisti, quelli che “rifiutano i compromessi” in nome dell’ Idea. E siccome vietare e’ molto ma molto piu’ facile che non fare davvero, e non richiede intelligenza ne’ fantasia o impegno, i suddetti fanatici agiscono ib base al principio ” per cominciare vietiamo tutto, poi si vedra’”.
Per l’altra parte della spiegazione, un altro che se ne intendeva disse “Il segreto per governare gli Italiani consiste nel permettere ai piccoli burocrati di abusare del loro potere”
Il direttore (come l’Amministratore Delegato di un’azienda e addirittura il Premier di un paese) difficilmente è libero di agire a sua totale discrezione, o addirittura “contro” il parere e la volontà dei suoi “azionisti”. Se in loco dominasse l’opinione dei vari Iurisci, si riverserebbe sui vari politici che, direttamente o indirettamente (cioè attraverso organi e figure intermedie, non conosco lo Statuto di quello specifico parco) nominano il Direttore. Poiché è emerso (mi pare dalle stesso parole di Iurisci) che a tale specifico direttore, che ha piglio da “sceriffo”, è stato rinnovato il mandato di recente, io ne concludo che il suo agire sia quanto meno accettato da suoi “azionisti”. Sennò, a scadenza di mandato, avrebbero scelto un’altra persona, con un’impostazione diametralmente opposta. E questo è un punto. Il secondo punto si basa su una mia sensazione “a naso” (ma in 40 anni abbondanti di lavoro, con trattative a volte anche molto complesse ecc, io ho abbondantemente sperimentato che il mio naso ci azzecca abbastanza…), a naso, dicevo, penso che non solo gli azionisti del parco accettino per quieto vivere il fare prefettizio del suddetto Direttore, ma forse lo hanno confermato proprio perché lui è così (=prefettizio) e quindi si sobbarca il ruolo di front man, cioè di “diga” che contrasta le grane che gli piantano Iurisci & C.
Queste mie sensazioni hanno rilievo giuridico? NO! Il rilievo giuridico delle delibere del parco lo si va a scoprire facendo apposita azione giuridica (secondo me un ricorso al TAR, essendo atti di un ente pubblico,. però potrei sbagliarmi…). Guarda caso (a meno che io mi sia perso un pezzo del racconto…) l’unica azione che non risulta esser stata intrapresa da Iurisci & C. Anziché sgonfiare a destra e a manca (dai CAI locali alle procure di mezza Italia, che evidentemente NON hanno risposto perché non risulta che ci siano rilievi penali nell’agire del Parco, ma al limite di giustizia amministrativa=TAR), facciano questo benedetto esposto al TAR, che, per quello che mi risulta, può essere firmato da un SINGOLO cittadino, per cui non è necessario nemmeno raccogliere centinaia di migliaia di firme… Sarà curioso, per puro interesse giuridico, di leggere le motivazioni della eventuale sentenza del TAR, in un senso o nell’altro.
“Sul punto specifico …
mi sa che ci son specifiche “cose” sotterranee…
Cioè ci sono ruggini locali, forse addirittura personal…
Personalmente lo scritto di Pier Paolo Mori appare più un accanimento nei confronti dei vertici del PNALM …
Il “mondo” ATES si è consolidata una nomea un po’ discutibile
ma questa protesta sembra più una accusa personale che altro”
Perdonami, ma dopo aver sfrondato tutte le tue personalissime e indimostrate illazioni, il succo del tuo discorso è solo:
“il Direttore dal cipiglio “prefettizio” è stato scelto e di recente confermato (ergo piace agli “azionisti del parco”, sennò lo avrebbero mandato a casa…) “
ma questo non vuol dire proprio nulla, non da alcuna manleva e non significa che può fare quello che vuole e non possa essere criticato.
Anche se tu (e magari anche lui) siete convinti del contrario.
Eh sì…..è vero…..il problema della costruzione del consenso e delle alleanze non riguarda solo chi governa ma anche chi vuole gestire efficacemente l’opposizione e portare a casa risultati concreti non limitandosi a fare testimonianza, cosa nobile ma poco incisiva sul breve e medio periodo, o peggio sfogare il suo risentimento verso ciò che non condivide, cosa umana e comprensibile ma poco utile per la “causa”. Problematica questa dell’opposizione efficace e delle sue forme già emersa nella discussione su altre battaglie “ambientaliste”. A volte si perde non tanto per la “cattiveria” dell’avversario ma a causa dei propri errori e del proprio irrefrenabile amore per essere sempre in minoranza e dicendo questo sento un forte ronzio nell’orecchio che mi ricorda qualcosa che non riesco purtroppo a focalizzare 😀
Sul punto specifico (che, ripeto, osservo da Torino, quindi da centinaia di km), mi sa che ci son specifiche “cose” sotterranee che travalicano il tema ideologico nel suo complesso. Cioè ci sono ruggini locali, forse addirittura personali, sulle quali è imprudente costruire dei ragionamenti ideologici. Estrapolo alcune frasi dai commenti (non miei) dell’articolo del novembre 2022:
1) Personalmente lo scritto di Pier Paolo Mori appare più un accanimento nei confronti dei vertici del PNALM piuttosto che altro; rimanendo in Abruzzo solo per “esplorare” gli altri tre parchi potrebbe non bastare una vita e non ci sono solamente quello…
2) Chiaro, alcuni divieti possono essere superflui ed esagerati, ma questa protesta sembra più una accusa personale che altro.
Il “mondo” ATES, l’associazione di cui fanno parte i portabandiera di questa battaglia contro il Parco, si è consolidata una nomea un po’ discutibile, ovvero di mixare esigenze privati con bandiere ideologiche. La famosa risposta del CAI Abruzzo, il “capriccio”, consiste appunto nel voler cocciutamente pretendere di praticare alpinismo/scialpinismo proprio “lì”, proprio in quelle specifiche aree, spesso riserve integrali, senza esser disposti a fare 100 km per praticare montagna un po’ più in là. Sbaglierò, ma il Direttore dal cipiglio “prefettizio” è stato scelto e di recente confermato (ergo piace agli “azionisti del parco”, sennò lo avrebbero mandato a casa…) proprio perché deve sobbarcarsi il ruolo di rude “front man” nei confronti di una campagna che ormai ha stufato un po’ la platea di quelle zone (e non solo), a giudicare da quanto si legge. I diversi attacchi al CAI a tutti i livelli sanno di pregiudizio aprioristico e hanno minato profondamente la credibilità pubblica dei personaggi. Non pochi fan iniziali si sono poi distaccati dal progetto dell’associazione proprio al seguito di svariate vicende più o meno così.
Caro Pasini, il mio intervento era estremizzato e provocatorio, ma fino a un certo punto. Che le regole siano fatte (anche) per essere infrante è parte della natura umana e non di una specificità tutta italiana. Se mi dici che il buon senso e l’equilibrio concertato delle scelte politiche dovrebbe essere il motore delle azioni, posso essere d’accordo, ma chi stabilisce che -relativamente all’accesso ad un parco- gli arrampicatori hanno più diritto di una famiglia o di un biker ad entrarci? o di una influencer? Potrebbe vigere un numero chiuso a rotazione, una settimana per categoria o albo professionale o guilda medievale… a me pare che tutti sarebbero scontentati, ma soprattutto che si perderebbe di vista l’interesse primario, che non è degli esseri umani, ma della flora e della fauna che compongono il parco.
Allora, meglio il divieto assoluto; e i più ardimentosi (o più pirla, se preferisci) provino passare sotto il cancello!
“ma è mai possibile che sono secoli che siamo dentro questa logica e non riusciamo ad uscirne? …Siamo davvero condannati a questo continuo duello…Il gioco prima o poi si interromperà…o e’ ormai parte della nostra cultura e del nostro costume?”
E’ sicuramente parte della nostra cultura e del nostro costume, ma si interromperà prima o poi.
Anzi a voler ben guardare si è già interrotto (o mitigato almeno) tante volte in molte situazioni diverse.
A Roma e a Napoli non suonano più il claxon come succedeva 40 fa (e come succedeva 60 anni fa anche a Milano peraltro: “vengo a prenderti stasera…suono il claxon scendi giù”)
Nessuno sputa in tram anche senza cartello o piscia sui muri delle case in città.
Però finché ci saranno limiti e divieti stupidi e irragionevoli ci sarà chi li viola; limiti e divieti stupidi e irragionevoli che sono la conseguenza naturale di una società che crede di favorire l’autodisciplina con divieti, controllo e repressione.
Migheli. Mah…francamente non sono tanto d’accordo. La soluzione che proponi mi sembra così profondamente italiana, pubbliche virtù e vizi privati. Certo è la classica strategia di adattamento con la quale tiriamo avanti, individualmente e collettivamente , ma non è il massimo dal punto di vista educativo. Qui da me ci sono due sentieri chiusi dal Parco dopo un incidente mortale e 20 soccorsi in due anni. Qualche settimana fa all’arrivo di uno dei due ho incontrato un gruppo di simpatici trail runner piemontesi che avevo incrociato su un percorso dalle loro parti. Ci siamo riconosciuti, grandi cordialità, poi sommessamente chiedo se erano passati dal sentiero chiuso. Felici come bambini che hanno mangiato i biscotti chiusi nell’armadio dalla mamma, ma solo per finta, perché così devono fare per ruolo le mamme, mi hanno detto che non solo lo avevano fatto ma pure l’altro e pure l’accesso ad un terzo luogo chiuso. Non ho detto niente ma evidentemente l’occhio perplesso mi ha tradito: “Ma dai Roberto, lo sai meglio di noi che lo fanno solo per pararsi il sedere non c’è nessun reale pericolo per gente esperta”. Che dire? Ho taciuto, complice, anzi come Franti, l’infame, ho sorriso , perché avevano in parte ragione e anch’io sono un po’ arrabbiato con il Parco che non ha fatto niente finora per affrontare il problema se non mettere i cartelli senza decidere se togliere le catene del tutto o mettere a norma i percorsi. Però poi ho pensato: ma è mai possibile che sono secoli che siamo dentro questa logica e non riusciamo ad uscirne: da un lato un’autorita’ dalla credibilità compromessa e con scarsa credibilità e dall’altro una società civile, e parlo anche della parte più normale e per bene, che ha un approccio diciamo lasco e personalizzato alle regole? E mi ci metto anch’io dentro, sia chiaro. Siamo davvero condannati a questo continuo duello, anzi più che un duello alla Conrad mi sembra il fumetto dello struzzo e del coyote? Il gioco prima o poi si interromperà, almeno in luoghi definiti e su questioni specifiche o e’ ormai parte della nostra cultura e del nostro costume? Ecco anche la vicenda di cui stiamo parlando mi sembra rischiera’ di finire con un giro sempre della stessa giostra, ma forse mi sono stavolta fatto prendere da pessimismo della ragione.
Questa “storia”come tante simili purtroppo fa venire in mente il vecio proverbio veneto ;
Ladro piciol no sta’robàr …
Che al ladro grando te fa picàr!
Pensare all acqua inquinata di Veneto e Piemonte dai PFOA e PFAS descritta da poco qui su GB o alle vicine cave fate notare da Benassi fa inca##are di brutto.
Pur con tutto l amore e il rispetto che ho e “devo” alla natura ,in certe cose la mediazione e le ragioni di ogni parte sono l attore principale, mentre qui si vedono applicare leggi in forma Napoleonica e Borbonica assieme.
Una cooperazione tra Ente e fruitori senzienti e consapevoli è da sperare avvenga per il prossimo futuro.
Mi sfugge il motivo di tanta polemica. Ognuno qui faccia il suo mestiere. Bene fa il direttore dell’ente parco a inibire qualsiasi forma di antropizzazione, senza distinguo fra attività o persone, illustri o meno che siano. E bene farebbero gli arrampicatori, se ne sentono la necessità, a infrangere i divieti, nello spirito libertario che li contraddistingue ed assumendosene i rischi senza tanti piagnistei pubblici.
Qualche anno fa ho ripetuto la via Oliva a Pianarella, nel settore interdetto all’arrampicata. Mi è andata bene; e mi sono doppiamente divertito.
Volevo scrivere: una estensione di 100 milioni di kmq.
Il problema Scilla-Cariddi, in generale, esiste eccome e sono anni che, anche qui sul Blog, lo sto sottolineando: io temo che il destino sia segnato nella direzione repressiva. Sul punto specifico, anche io sono distantissimo e sono almeno 20 anni, forse di più, che non metto piede in quelle terre. Inoltre non conosco nessuno dei personaggi coinvolti. Ciò che mi colpi al tempo del precedente articolo e che mi ha nuovamente colpito ora, è la sensazione che un gruppo (quanto grande? boh) stia battendo a destra e a manca per creare una “pressione sociale” a carico del Parco, ma così facendo innesca effetti boomerang. Per quello che risulta, tutti i soggetti cui si sono rivolti (compresi vari livelli del CAI) alla fine si sono defilati da un eventuale appoggio a tali rivendicazioni e, viceversa, il Parco ha reagito irrigidendosi ancor di più. Un commento del passato articolo (nov 2022) diceva che i citati divieti nel PNALM sono sempre esistiti, solo che ora (=già allora) li si fa rispettare di più… Una considerazione pratica è che tale parco, per quanto non piccolissimo, non ha una estensione di 100.000 km… insomma il “diritto” di praticare alpinismo/scialpinismo, oltre a non aver connotati giuridici, non è della serie “posso praticarli dietro casa”. Ci si può anche spostare. Io sono un “buogianen” torinese e ora, con l’età e varie grane di salute, sono anche pigrissimo (per cui faccio 40-50 km da casa per effettuare uscite in montagna), ma in tempi più brillanti non battevo ciglio a fare anche 200-250 km (andata e altrettanti al ritorno) per compiere una escursione in sci o una ascensione… Quindi ci può stare che questi signori facciamo spostamenti di 100-200 km per le loro uscite in montagna, se ciò si accompagna a un minor intrusione antropica nel parco e in particolare nelle riserve integrali, il tutto per una maggior salvaguardia di flora/fauna. Per cui stiamo prudenti di fronte allo sbandierato “diritto all’alpinismo”, che deve avere un senso logico, oltre alla considerazione che non ha un fondamento giuridico.
Difficile capire da fuori come stanno davvero le cose. Leggendo comunque la premessa al testo sembra che la redazione non consideri un “capriccio” la richiesta e che l’abbia pubblicata perché solleva il tema generale di come gestire la protezione di aree di particolare pregio tra la Scilla della chiusura totale e la Cariddi del puntare sulla capacità di autoregolazione. Un tema scottante in diverse zone. Sembra di capire che nel caso in questione si sia scelta la soluzione della chiusura forse senza tentare un coinvolgimento e una comunicazione chiara e persuasiva cose importanti anche nell’esercizio di una leadership “direttiva”. Però, ripeto, è difficile capire da lontano. Certo il problema c’è e richiede da parte delle Direzioni dei Parchi capacità gestionali notevoli anche di costruzione del consenso, unite a libertà dai condizionamenti di ogni genere, magari pure ispirati da buone intenzioni.
Sono andato a rileggere velocemente la discussione segnalata da Crovella. Segnalo a mia volta, dentro quella discussione, l’intervento di Pier Paolo Mori nr. 58, che condivido, e il nr. 59 di Paolo Gallese, che mi permetto, in parte, di riproporre: “Se da un lato i parchi hanno una funzione tecnica precisa, di conservazione e salvaguardia, dall’altro dovrebbero avere anche l’importante funzione culturale di avvicinare e stimolare il pubblico ad una sensibilità, ad un sentimento di appartenenza. Ma è anche vero che questi sentimenti, che hanno anche la funzione fondamentale di farci percepire il senso e l’impatto delle nostre azioni in ambito antropico, li si può stimolare efficacemente facendo toccare con mano, andando in quei luoghi“.
Questo è il punto, e si sposa bene secondo me con quanto scrive al 58 Mori: “Ci devono essere i divieti che è indispensabile che ci siano, e gli itinerari vietati possono anche cambiare di anno in anno, il resto deve essere libero”.
interessante anche l’offerta, da parte di Mori e dell’associazione ATES, di fare gratuitamente un “lavoro di individuazione di itinerari consentiti e vietati, così importante” che “ l’Ente Parco NON fa”. Questo potrebbe essere una di quelle forme di autogestione (operate dagli appassionati, monitorate dalle istituzioni) di ispirazione anarchica, di cui parlavo più sotto.
manca la prima parte del mio odierno intervento, che risultava “in fase di moderazione”. Se tecnicamente non recuperabile, la sintetizzo: ho impressione che il direttore sia stato scelto proprio per il suo fare “prefettizio” in quanto ci vuoel che funzioni da diga di fronte alle pressioni dei certi piantagrane. Le ruggini in area sono di antica data, e se ne è già parlato sul blog nel novembre 2022: https://gognablog.sherpa-gate.com/divieto-di-scialpinismo-nel-parco-nazionale-dabruzzo-a-quando-gli-altri/ . riguardava un altro personaggio, ma sempre esponente dell’associazione ATES di cui Iurisci risultava co-fondatore. Cristino Iurisci (definitosi co-fondatore di ATES) inserì alcuni commenti, in cui racconta che si era rivolto al Presidente del CAI regionale Abruzzo, il quale gli ha risposto, a nome dell’intero OTTO, che la problematica sollevata è un “capriccio” e che alpinismo/scialpinismo non hanno connotati di diritto giuridico e quindi devono piegare il capo di fronte a diritti o esigenze SUPERIORI, come la salvaguardia dell’ambiente naturale (flora/fauna). Da qui il seguito…
Iurisci raccontava inoltre che si era anche rivolto all’allora neoeletto PG Montani, ma, dopo una prima apertura a trattare il tema, non è chiaro che risposta ufficiale alla fine abbia avuto. Pare che quelli di ATES abbian inviato esposti e mezza Italia, comprese anche le Procure della Repubblica per ipotesi di reato da parte del Parco nelle varie autorizzazioni ad alberghetti e rifugi (evidente tentativo di mettere sotto pressione il Parco). Da altri commenti di allora esce quindi l’idea, generica ma non del tutto campata in aria, che quelli di ATES abbian maturato fama di piantagrane anche perché pare a volte coinvolti in prima persona, tipo che sono stati beccati nelle riserve integrali con cani da caccia liberi (cioè NO guinzaglio), laddove in tali riserve i cani sono vietati anche se al guinzaglio ecc.. L’unica cosa che io avevo suggerito loro (novembre 2022), cioè di rivolgersi a un avvocato amministrativista per verificare l’impugnabilità (presumo al TAR) delle delibere del Parco, non emerge, né allora né oggi: o non l’hanno fatta (ma cosa aspettano?) o invece sono andati dall’amministrativista, ma costui ha detto che non ci sono gli estremi dell’impugnazione, per cui ora stanno belli zitti su tema. Insomma: ben venga un confronto fra le istituzioni competenti e i cittadini, ma prima di “aprire” incondizionatamente l’effettivo dibattito in loco oltre ai ruoli istituzionali (Parco, ecc) ci andrei molto piano e verificherei prudentemente la “fondatezza” dei vari personaggi.
Sono stato zitto per alcuni giorni perché ero curioso di verificare l’evoluzione dei commenti senza il condizionamento di miei interventi. Ma ritengo sia ora di ricordare ai lettori del Blog alcuni fatti pregressi. Premetto che “parlo” da Torino (cioè da centinaia di km di distanza), che sono più di 20 anni che non metto piede in quelle terre e che NON conosco minimamente le persone coinvolte in entrambi gli schieramenti. Detto ciò, io ho l’impressione che il citato Direttore (che mi pare recentemente “confermato” per un altro mandato) sia stato scelto, da chi di dovere, proprio per il suo stile “prefettizio”. Nel senso che vogliono che ci sia una “diga” che argini le pressioni dei “piantagrane” che girano in zona. Le ruggini da quelle parti sono piuttosto antiche e qui sul Blog se ne parlò già nel novembre 2022 (https://gognablog.sherpa-gate.com/divieto-di-scialpinismo-nel-parco-nazionale-dabruzzo-a-quando-gli-altri/). Il personaggio là coinvolto, tal Mori, si definiva esponente dell’associazione ATES (particolare che lo lega a Iurisci). Fra i commenti in coda a quell’articolo vi sono anche gli interventi di tal Cristino Iurisci (che aggiunge: iscritto al CAI da 1996 (?!?) e co-fondatore di ATES) il quale racconta che in precedenza si era perfino rivolto al Presidente del CAI Abruzzo, ma costui, a nome dell’OTTO competente, gli ha risposto che la problematica sollevata da Iurisci è solo un “capriccio” e che alpinismo/scialpinismo non costituiscono un diritto giuridico, per cui sono legittimati ma solo se non in conflitto con diritti SUPERIORI quali quello relativo alla salvaguardia dell’ambiente (flora/fauna). CONT.
Caro Buzz e altri interlocutori locali, il vostro sincero amore per il PNALM e le vostre parole così convincenti sulla sua bellezza mi hanno profondamente toccato. Non conosco il Parco, grave mancanza, e ho deciso di venire a visitarlo questa primavera, in punta di piedi e spero senza disturbare, magari con qualche amico. Oggi stesso ho ordinato carte e guide. Sono sicuro che i vostri interventi hanno avuto lo stesso effetto anche su altri lettori. Non so se questo sia una cosa positiva ma è la inevitabile conseguenza quando condividiamo il nostro amore per qualche luogo. Qualcuno dice in proposito che bisognerebbe tacere per proteggere ciò che amiamo ma io non sono d’accordo. Sono per carattere più incline alla condivisione sperando, ottimisticamente, che la generosa condivisione induca anche un po’ di rispetto e reciprocità. Saluti e grazie per ciò che ci avete trasmesso, a prescindere da come finirà la questione amministrativa, una piccola bega umana in fondo rispetto alla meraviglia del mondo naturale che dobbiamo difendere con le unghie e con i denti anche dal nostro a volte inconscio egotismo.
Francamente, sono estremamente diviso sulla questione.
Tante volte, girovagando nei sentieri del PNALM, ho pensato con vera gratitudine a chi cento anni fa, in un contesto storico sociale enormemente diverso ha avuto il coraggio, e la perseveranza, di immaginare il parco.
Ho viaggiato in regioni stupende letteralmente devastate da industrie boschive, condotte idrauliche, cave, strade, tunnel, residence, impianti di varia natura.
E, giuro, vedere i boschi, le valli, i fiumi, gli animali nel Pnalm, a volte mi commuove, per quanto è fragile quel mondo, considerato tutto ciò che lo circonda.
La mia indole assolutamente anarchica che odia ogni tipo di divieto e ancora di più l’autorità costituita, che quasi sempre si rivela stolida e arrogante, cozza con questo sentimento che mi dice che DEVO fare un passo indietro. Che TUTTI, dobbiamo fare un passo indietro.
Penso alle rimostranze nel tempo di chiunque si opponeva al Parco… che fermavano lo sviluppo, i pascoli, l’edilizia, l’industria, il guadagno e il benessere di centinaia di persone che consideravano se stesse l’eccezione, quando era in ballo il loro interesse. Ovvero quel tipico comportamento che “fate quello che volete basta che non rompete i coglioni a me”.
Ci indignamo per l’abuso dell’altro e chiudiamo un occhio per il nostro piccolo “che vuoi che sia?”
Amo la natura, amo gli animali liberi, gli alberi, l’acqua, la roccia. Ma sono un uomo e noi uomini dove arriviamo distruggiamo.
No, uno solo non fa danno. O ne fa poco e la natura lo ripara velocemente. In tanti siamo, come ogni altro animale, una tragedia.
Poche capre al pascolo fanno pochi danni. Tante capre desertificano. E’ così per ogni specie. Noi attualmente siamo la più perniciosa. Riconoscerlo non può non significare che una forte censura morale contro il se stesso che vorrebbe solo essere libero, come lo sono stati i nostri progenitori, animale fra gli animali, nella natura.
Però ogni tanto ci casco e vado nelle zone vietate. Vado fuori sentiero. Una vocina mi dice: che fastidio posso dare? non lascio segni. E forse è vero e mi autoassolvo.
Ma non me la sento di andare a cercare una mediazione che istituzionalizzi la mia presenza, e quindi quella di altre centinaia di aventi diritto.
Nei parchi è giusto che esistano le riserve integrali.
Poi se qualche riottoso ogni tanto ci va, a suo rischio e pericolo, e senza sbandierarlo… si godrà gli ultimi spazi di libertà.
Difficile condensare tutto in poche righe (ho scritto di più nel post FB di C. Iurisci).Restando nel PNALM, credo che gli esperti potrebbero dare il “placet” all’alpinismo (lì praticamente solo invernale) e scialpinismo in zona Monti della Meta, unico areale in cui mi sento di dire che non si corre il rischio di disturbare l’orso (sopratt. nella parte più a sud, ossia META-Tartaro) e il camoscio ormai non corre pericoli (vd. flussi di escurs-turisti su M Amaro di Opi, V di Rose).Altrove bisogna fare i conti con la popolazione di orso (tane storiche monitorate) che è poi uno dei motivi per cui possiamo ancora ammirare le meraviglie naturali del PNALM.Se si è riusciti a suo tempo a evitare che la CAMOSCIARA diventasse un ammasso di villette montane o di residence, non credo che persone che “non portano soldi” (escursionisti, scialpinisti e alpinisti) riusciranno a metterci piede e, pur conscio delle bellezze alpinistiche che quelle pareti riservano, nell’era dei social e del “tutti a fare quel canale dov’è andato X Y”, credo sia meglio così.Apertura a numero chiuso o a sorte la vedo dura se non impossibile da gestire lì !Ma un dialogo andrebbe sempre (man)tenuto, proprio per non dare l’idea di essere troppo dittatoriali nella gestione.Però fare i conti con appassionati di vari settori/sport, non è certo facile, e oggi, al di là delle gestioni particolari dell’ Ente Parco e degli altri Parchi, la stessa tutela della Natura è a rischio, visto l’andazzo delle politiche pro Natura, Ambiente e Parchi…
Su questo posso convenire con te, Cristiano, infatti mi piacerebbe che il parco si esponesse quantomeno con delle motivazioni ben specifiche riguardo il divieto su una certa zona – come il monte Meta che citi, anche perché quest’ultimo mi sembra che sia, in realtà, abbastanza frequentato nei suoi canali nord (sempre relativamente alla pratica alpinismo che come giustamente dici è sicuramente molto meno praticata di altre) in maniera da dare una connotazione precisa al divieto e magari cercare di regolare degli accessi che tanto vengono fatti comunque oppure dare un buon motivo a chi vorrebbe andare di rispettare il divieto. Io non ho né la risposta a questa nostra perplessità né la responsabilità di proteggere l’integrità del parco, per cui non sento di espormi. Ad ogni modo, la mia riflessione era abbastanza generica e voleva dare un punto di vista diverso sul senso dell’ “andare in montagna” , indipendentemente che sia alpinismo, escursionismo etc., ossia quello per cui ogni nostra attività ha un impatto, seppur minimo, che può talvolta non essere accettabile, soprattutto quando la nostra non è una presenza sporadica ma diventa una presenza costante. È quindi importante capire che il nostro è un rapporto di “dare e avere”, lasciare incontaminati degli spazi per poter godere di altri, soprattutto ora che i frequentatori della montagna stanno aumentando. Dei tanti arrampicatori da falesia prima o poi qualcuno cercherà le pareti ed è importante che abbia ben chiaro questo concetto, tanto quanto fargli capire che non troverà spit ogni tre metri… Proprio perché le montagne non sono un luna park e noi, tra falesie, piste da sci, pascoli e strade ci prendiamo già parecchio spazio. Il dialogo comunque è sempre una buona cosa e spero che tu possa avere il confronto con Sammarone.
in Apuane possono anche mine e ruspe.
Elio conosco la problematica che lei dice e che si può riassumere in N° frequantatori per impatto personale…quindi una classifica, una stima spannometrica sarebbe teoricamente possibile…ma il discorso diventa più strano se si considera che scalare la nord del meta sia Vietato mentre il paso dei monaci no, mentre è chiaro che la fauna sta al passo dei monaci e non alla nord del Meta. Per cui il divieto è diciamo abbastanza assurdo. Quindi se il 10% delle ersone che vanno al passo dei monaci sono alpinisti, il 25% scialpinisti e il resto escursionisti ciaspolatori…come la mettiamo il divieto di scalare a 240m lineari dal passo e che si torna al passo per scendere oppure si scende per il canale centrale a 400m dal passo per poi in 100m tornare al sentiero e tutto in ambiente aperto? Di questo si vuole discutere, di necessità di divieto, di logica di divieto e nono di divieto per vietare? il fotografo invece vuole “scovare” la fauna…credo che non serva altro per spiegare…l’alpinista scala le pareti…la fauna sta in valle? troviamo un accordo sul sentiero accesso che non passi per quella valle! non vietare una parete dove sulla cresta passa un sentiero ufficiale e si vieta di scalare il suo prospieciente versante nord giusto perchè il confine passa li..cmq ne potremmo parlare per ore…ci vuole pianificazione a accordo…per ogni catergoria…i cani possono, i cavalli pure…gli alpinisti no. Qui è il punto
Buonasera a tutti,
frequento il pnalm come escursionista fin da ragazzino e di recente ho sviluppato il mio interesse per la frequentazione alpinistica delle montagne. Il problema in oggetto non è esclusiva dell’alpinismo: si presenta nel pnalm pressoché per qualsiasi attività. Per chi segue pagine e blog inerenti alla frequentazione della montagna sono molteplici le istanze riguardanti le libertà limitate: escursionisti, escursionisti con cani al seguito, Mountain bikers, scialpinisti, raccoglitori, escursionisti a cavallo, fotografi. Ognuna di queste categorie reclama la libertà di frequentazione dei territori, vantandone il basso impatto rispetto ad altre ben meno discrete e più dannose. Dunque il problema che si pone a chi gestisce il parco è quello di regolare un flusso di persone, negli ultimi anni, crescente. Non so a quali specifiche aree si riferisca Iurisci ma bisogna raccontare a chi non conosce questi posti che il pnalm è un territorio molto diverso, molto più integro dal punto di vista del suo stato originale, rispetto ad altre zone (es. Sirente-Velino, Gran Sasso) quindi l’interdizione totale, a chiunque e quindi anche agli alpinisti, di alcune zone può essere una scelta comprensibile e, a mio parere, giusta. Sul fatto che l’uomo sia visto dagli animali come un altro animale, non sono d’accordo ma a supporto di questa affermazione ho solo la mia esperienza e lascerei valutazioni più autorevoli agli addetti ai lavori di conservazione e tutela della fauna. Ben venga il confronto su soluzioni di numero chiuso per specifiche aree ma credo che amare la montagna significhi anche accettare il fatto che alcuni posti possano rimanere proprietà esclusiva di cielo, vento, piante, rocce e animali, e non conoscere mai l’uomo!
Buone scalate
l’Italia è il paese della cementificazione, dove si consuma più suolo all’insegna della crescita economia ad ogni costo, senza guardare in faccia alle coseguenza, e poi si sbandiera la chiusura ad alpinisti ed escursionisti per proteggere la natura. Siamo un paese di merda. Si colpiscono sempre i piu deboli. Basta guardare le Apuane.
“nel precedente incontro con il direttore…chiedevo la disponibilità ad un incontro che era stato accettato. Tale incontro è stato procrastinato fino alla sua rielezione, avvenuta la quale, annullato con quella mail che avete letto.”
Perfettamente in linea con l’idea che mi ero fatto di uno che scrive “ma tu non ti preoccupare”…la tipica gestione che deriva regolarmente dal ritenere inevitabili le restrizioni e le imposizioni dall’alto e da quelli che le amano, le auspicano e le invocano.
Che dire, temo che vi rimanga solo la denuncia pubblica, l’opposizione o la trasgressione!
Virzi’ & Iurisci. Quello che voi dite sembrerebbe appunto confermare la percezione di uno stile manageriale un po’ “prefettizio”, stile che effettivamente qualche direttore di Parco applica, anche se magari uno stile un po’ più partecipativo (non di certo assembleare) potrebbe essere più adatto alle circostanze. Ma cosa possiamo saperne noi? Bisognerebbe forse anche sentire cosa dice la Direzione tirata in ballo. Magari legge quello che avete scritto qui e interviene, come si fa appunto sui quotidiani e questo è un quotidiano. Sarebbe interessante anche per altri, non per polemica ma per informazione e comprensione di un problema come quello delle chiusure che si pone anche altrove.
Ciao Cristiano ,Io penso che il “numero chiuso” faccia nascere un po’ di problemi quando si entra nel pratico nascono una serie di domande : quanti entrano , chi lo decide e in base a che cosa , possono arrampicare , trapanare o spaventare i rapaci , il merito è un costo in euro o una lunga lista di attesa , chi sono i “ranger” del parco che controllano che quelli che entrano si comportino bene davvero e chi li retribuisce ?Una volta in Engadina al Mont Musella abbiamo sciato su un’area protetta che in teoria era da circunnavigare , ricordo che a un mio amico è partito da sotto i piedi un bellissimo gallo forcello che , penso , avrebbe evitato volentieri spavento e solette.
Per Roberto, da noi solo su una parete dei Sibilini c’è il numero chiuso, altrove zero. se considerate che la legge impone di non uscire dal sentiero nei parchi e il 70% delle montagne sono parco in appennino centrale (sicuramente in abruzzo), e che il ghiaccio e la neve sono all’interno per oltre l’80% è chiaro che l’alpinismo è vietato tout cort. Il numero chiuso era una possibilità, un suggerimento, un’inizio discussione. Faci la risdchiesta di discussione pure al presidente attuale CAI ma, dopo un iniziale interesse fini col dire che era una questione personale, che le necessità ambientali sono al di sopra di interessi personali. E qiu, tutti i CAI locali mi bollarono per anarchico e antiambientalista
Il problema principale, che non mi sembra emergere chiaramente, è l’inverno, quando ad uno scialpinista risulta difficile (a meno di non sciare con il GPS in mano) seguire il percorso dei sentieri sottostanti il manto nevoso. Questo esatto problema ho sottoposto a Sammarone in una occasione pubblica lo scorso anno, ma non ho ricevuto risposta pratica. Per il resto, come scrive Cristiano, nessuno auspica anarchia totale, ma buon senso (e sicuramente non particolarismi e richieste non ufficiali) da parte di tutti.
Per Matteo, nel precedente incontro con il direttore (di persona, ed è l’incontro a cui si riferisce la mail citata), alludevo al fatto che il pericolo reale è il prodotto fra la probabilità che avvenga e il suo impatto…per cui siccome gli alpinisti sono pochi (storicamente pochi), se l’impatto è paragonabile a quello di un escursionista, l’impatto è pressoché minimo, o forse trascurabile. Ma siccome chi sono io per dirlo, chiedevo la disponibilità ad un incontro che era stato accettato. Tale incontro è stato procrastinato fino alla sua rielezione, avvenuta la quale, annullato con quella mail che avete letto.
Se vogliamo tornare al caso specifico su cui però da fuori non ha molto senso parlare possiamo dire che numero chiuso e/o frequentazioni controllate sono soluzioni utilizzate in varie riserve integrali, come si è detto. Forse li’ da voi pensano che non siano applicabili se non per singoli individui a domanda. Il perché di questa posizione lo sapete voi, forse. Noi qui possiamo solo prendere spunto per cosa fare in altre situazioni simili. Ecco perché siamo andati sulle tematiche che stanno a monte, non per svicolare.
Ciao Cristiano, temo di essere quello che ha tirato fuori per primo quella che tu chiami la questione filosofica, ma non l’ho fatto per dire Quazzi vostri, anzi.
La mia intenzione era semmai sottolineare che il “ragionevole” discorso del responsabile del Parco era un po’ inficiato dalla sua assicurazione a te che, aumma-aumma, tu avresti potuto continuare ad andare. Il che mette in una luce diciamo un po’ sospetta anche tutto il resto del suo discorso e le ragioni reali di un’esclusione piuttosto forzata.
Francamente anche la tua proposta del numero chiuso mi pare fin esagerata (di che numeri stiamo parlando?), ma non mi esprimo e non mi avventuro sul terreno pratico, perché le vostre zone mi sono pressoché sconosciute essendo stato una sola volta ad arrampicare al Corno Piccolo (peraltro: rientra nelle zone proibite?)
buon pomeriggio a tutti, sono lurisci l’autore della richiesta al parco. Ho letto tutte le vostre divagazioni che ho trovato interessanti e di un livello culturale alto. La questione filosofica che alcuni hanno fatto e che è alla base del 70% dei messaggi non crea soluzioni, come a rimarcare che essendo il problema non suo, è un non problema e va trattato a livello filosofico. il problema invece, c’è eccome. Se voi alle Alpi aveste un problema simile credo che non stavate a fare filosofia ma eravate già scesi sul campo. Non ho chiesto anarchia o tutte le implicazioni filosofiche della parola. Ho chiesto numero chiuso.
A prescindere dal caso specifico, in linea generale non sempre chi governa un Parco lo governa bene e il modo in cui sono nominati gli organi dirigenti può risentire di pressioni forti non sempre orientate alla tutela dell’ambiente, soprattutto nei parchi regionali, più forse che in quelli nazionali. Quindi un buon controllo e stimolo esterno non guasta: anche al Principe illuminato ogni tanto si spegne la lampadina e uno scrollone può servire. In ogni caso tra una gestione “prefettizia” che in alcune situazioni come già detto può funzionare come rimedio a situazioni compromesse e una gestione “assembleare” o troppo prona agli interessi locali ci sono livelli intermedi.
Lasciamo lavorare gli organici dei parchi, dai direttori ai funzionari ai guardia parco. Sanno quello che fanno e soprattutto sanno quello che deve essere fatto nelle singole situazioni. Se toppano, chi di dovere li sostituirà. Ma pensare a parchi cin stile anatra zoppa (cioè con organici nominati ma frenati nelle loro decisioni) equivale a non avere i parchi. Idem se ipotizziamo mega assemblee permanenti alla continua (ma infruttuosa) ricerca di decisioni “condivise”. Se non si voglio i parchi perché “rompono”, allora (anziché questi tentativi di annacquare i loro poteri decisionali) si dica chiaramente e pubblicamente che non si vogliono i parchi, e poi vediamo come reagirà l’opinione pubblica, specie del fronte ambientalista.
“Gli anarchici li han sempre bastonati..”F.G.
“Gli anarchici gli han sempre bastonati…”F.G.
“Spesso il Luciano Sammarone della situazione è proprio quello che evita che alcuni travalichino a danno di altri.”
No di certo finché non fa pubblica ammenda per aver scritto:
“se e quando vorrà, basterà una sua richiesta…anche solo motivandola a livello sperimentale, e stia certo che avrà il mio ok ad andare.”
perché questa frase sottintende proprio il privilegio e l’ingiustizia del potere senza controllo.
Expo. Non sono in grado di entrare nel merito di questa questione specifica. Quello che vedo è che l’autore del pezzo e Matteo nel suo commento hanno sentito odore di gestione “prefettizia” del Parco. Magari a torto, però è una modalita’ che spesso mi è capitato di vedere anche dove opero io. Per carità, è una modalità che puo’ avere anche dei meriti in certi contesti dove la società civile locale e’ degradata, ma forse non l’unica.
il che è giustissimo, Expo: il problema nasce per l’appunto dove qualcuno si allarga troppo (gli Elon Musk della situazione, e tutti i loro piccoli emuli vorrei-ma-non-posso che si accontentano delle corsie di emergenza delle nostre strade). Il commento nr. 33 (complimenti Pasini!) è molto importante, e potrebbe essere il punto di partenza per una discussione interessante. Da non liquidare col solito buonsenso da uomini qualunque.
Ciao Genoria ,Io non so che cosa abbia voluto dire Bakunin , lo intuisco solo alla lontana , ma penso che il socialismo non sia l’unico regime politico che coniuga libertà ed universalità di diritti..A me piace quella frase che suona “Il limite della mia libertà è la libertà degli altri” , e il confine a volte è labile.Spesso il Luciano Sammarone della situazione è proprio quello che evita che alcuni travalichino a danno di altri.
Sembra lontano dal tema parchi e aree protette e su come gestirle ma non lo e’. Le idee che ispirano le soluzioni pratiche hanno radici e vanno portate alla luce. Anche se mi sarei schierato con Marx e non con Proudhon, bisogna riconoscere, soprattutto alla luce dei mostri statalisti poi venuti fuori all’insegna del marxismo, che l’dea del mutualismo, strettamente intrecciata alle origini del pensiero anarchico, contiene una dimensione utopistica e si è spesso schiantata miseramente contro la componente predatoria della nostra specie. Tuttavia, almeno come sogno e speranza di decentramento, di riduzione del potere dello Stato, di piccole comunità solidali e autorganizzazione non è da buttare via e da sperimentare con buon senso anche a proposito dei temi ambientali e di protezione della natura dei quali anche qui si parla. Anche perché senza sogni non si vive e le miserie del quotidiano ti affondano nella mente e nell’anima.
Expo, per concludere l’interessante divagazione, ti propongo questa citazione: “La libertà senza socialismo è privilegio, ingiustizia; il socialismo senza libertà è schiavitù, barbarie” (Bakunin). Sostituiamo socialismo con tutela dell’ambiente: la libertà (di praticare l’alpinismo) senza tutela dell’ambiente è privilegio, ingiustizia; la tutela dell’ambiente senza libertà è barbarie. Che ne dici?
Expo (28), allora bisogna combattere l’ignoranza e l’egoismo. Però per favore non chiamare “anarchico” un ignorante che pensa solo a se stesso e al proprio privilegio, a discapito di tutti gli altri o dell’ambiente naturale.
🙂
Ciao Expo: i vocabolari non li hanno scritti gli anarchici, Carducci non era anarchico 🙂 la colpa è sua
@ 26 Genoria.L’ignoranza ha innumerevoli forme , noi abbiamo vissuto bene durante il covid la forma della dietrologia antiscientifica spacciata per :”libertà” ; immagino solo quanti furbetti avrebbero la loro “scusante privata” per andare a fare danni in un’area protetta , esattamente come quelli che superano la coda in corsia di emergenza.
Già Genoria , le basi sono importanti , specialmente quando si vuole descrivere qualcosa.Una volta a Messina ho visto due automobilisti litigare e menarsi : uno stava percorrendo regolarmente un senso unico , quell’altro veniva contromano , ma sosteneva di avere ragione perchè aveva imboccato il contromano per primo e suonando il clacson….Io i parchi , il traffico , e tante altre cose li preferisco gestiti da regole..anarchìa s. f. [dal gr. ἀναρχία, comp. di ἀν- priv. e tema di ἄρχω «comandare»]. – 1. Mancanza di governo, come stato di fatto, sia per assenza di un valido potere a causa di rivoluzioni, sia per inefficienza dell’esercizio del potere da parte di coloro che ne sono investiti: instaurare, far cessare, reprimere l’a.; periodo di anarchia. Per estens., disordine, confusione, stato di un luogo dove ciascuno agisce a suo arbitrio e senza ordine o regola: che a. in quell’ufficio!; in quella casa c’è la più completa a.; tutto il trecento parve, e fu veramente, a. (Carducci). 2. In senso storico-politico, dottrina che propugna l’abolizione di ogni governo sull’individuo e, soprattutto, l’abolizione dello stato, da attuare eliminando o riducendo al minimo il potere centrale dell’autorità; sviluppatosi nella 2a metà del sec. 19°, il movimento anarchico (che fu soprattutto guidato da M. Bakunin e da P. Kropotkin) sostiene un estremo decentramento dei poteri amministrativi della società, affinché i lavoratori possano organizzare da sé la proprietà e l’amministrazione dei mezzi di produzione.
Pasini, può darsi che la deriva di certi gruppi sedicenti anarchici giustifichi, ad un certo punto, il disprezzo. Ma parlare in maniera generica di “anarchia” per descrivere la furbata (quindi usando l’accezione dispregiativa del termine) è improprio: certo, per uno Iurisci che scrive pubblicamente all’autorità, ci sono magari 100 anonimi furbi che, semplicemente, entrano nelle aree vietate fregandosene del divieto, però lo fanno per ignoranza. Se qualcuno gli spiegasse che così facendo stanno distruggendo l’ambiente che amano frequentare, lo farebbero lo stesso? Magari si aprirebbe un dibattito (sano) su quale possa essere, effettivamente, l’impatto di uno scialpinista (per fare un esempio) su quell’ambiente, e comunque dubito che tutti continuerebbero a fare i furbi senza, come minimo, fermarsi un attimo a pensare. E magari si scoprirebbe che l’autorità di turno non ha argomenti logici per difendere il divieto, lo fa perché deve e applica una prassi di aperture una tantum non basate sulla logica della tutela dell’ambiente, che probabilmente non conosce, ma basate su logiche di favore, clientelari, disponendo di un potere effettivo ma quasi privo di competenze specifiche, che gli consente di farlo. È esattamente il motivo per cui gli anarchici finiscono con l’odiarlo, il potere.
Genoria. Hai fatto benissimo a ricordare le basi culturali del movimento anarchico, così come storicamente si è sviluppato. L’ aggettivo “anarchico”ha poi assunto un significato dispregiativo, sinonimo di bombarolo, ribelle, frustrato, senza regole…..un po’ per colpa degli stessi “anarchici” un po’ perché diffamare fa sempre comodo alla propaganda.
Se non sbaglio in alcune riserve integrali in giro per il mondo sono consentiti ingressi accompagnati e “in punta di piedi” per esempio solo con imbarcazioni a vela o kayak. Certo in questa soluzione di accesso “pulito” o quasi e controllato ad aree protette ci possono essere elementi di privilegio economico per poterne usufruire però potrebbe essere una soluzione da sperimentare, anche perché una formula “in punta di piedi” austera ed a prezzi accettabili potrebbe selezionare un pubblico veramente motivato.
State usando la parola “anarchia” nell’accezione sbagliata. Anarchia significa letteralmente senza potere, non significa disordine, ed è particolarmente sbagliato l’esempio di “quelli beccati a superare nella corsia d’emergenza” (Expo, 19), nel senso che quello è proprio il contrario del comportamento anarchico: se sei anarchico non salti la coda, anzi, ti metti in coda spontaneamente senza bisogno dell’intervento di autorità che ti costringano a farlo. Il principio anarchico più importante, del resto, è l’auto-organizzazione. E venendo all’articolo qui sopra e alla situazione che descrive, se è vero quanto riportato dall’autore, di un vero e proprio eccesso di divieti, con poliziotti alle porte delle aree vietate che, apparentemente, hanno il potere di decidere chi entra e chi no come “una tantum” sulla base di non si capisce cosa (la simpatia?), questo è un caso dove si potrebbe invece provare con un po’ di sana anarchia, e vedere cosa succede. In questo modo: informare, prima di tutto, sensibilizzare gli appassionati sulla necessità di non abusare dell’ambiente che amano; creare sistemi di auto-regolazione del numero di accessi (per esempio registri online); limitare a poche aree, bene individuate, il regime di riserva integrale, spiegando bene e pubblicamente il motivo (ricerca scientifica? tutela di specie particolarmente a rischio?) dell’istituzione di tali restrizioni. È vero che i parchi non sono “luna park”, però è anche vero (spero di non sbagliare) che sono stati istituiti come forma di conservazione di un bene destinato alla fruizione (cosciente) di tutti.
Se incominciamo a introdurre distinguo fra l’opinione di un bravo alpinista e l’opinione di un altro alpinista, magari non bravo in quanto illustra sconosciuti amatoriale della domenica, entriamo in un ginepraio ideologico da cui non se ne esce. I direttori dei parchi non sono nominati “ad minchiam” e cmq devono rendere conto a chi li ha nominati. Questi ultimi, se scontenti, possono non rinnovargli il mandato, al termine delle stesso, oppure addirittura spingerlo alle dimissioni, “sfiduciandolo”. Non mi sembra che sia il caso di nessun direttore di parchi attualmente in carica in tutta Italia. Non frequento la zona, e quindi parlo solo per quello che leggo e/o che mi riferiscono vari miei conoscenti, ma a me pare che in quel particolare territorio ci sia molto insofferenza di base verso le restrizioni che inevitabilmente un qualsiasi parco prima o poi mette in atto.
“Probabilmente è a conoscenza…”
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“Fai il bravo…”
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Intanto gli ha detto picche e ha fatto rispettare le regole senza scorciatoie.
Expo come al solito hai capito roma per toma.
Iurisci non chiede assolutamente l’anarchia d’accesso, ma contesta la chiusura totale e indiscriminata.
Il direttore del parco, che probabilmente è a conoscenza del suo valore alpinistico, ha provato con il classico “fà il bravo, non disturbare e vedrai che avrai la tua caramellina”.
Metodo che io stigmatizzo e denuncio, sia che sia di destra sia che sia di sinistra Albert. Qui in particolare ho solo rimarcato che i sostenitori senza se e senza ma del direttore del parco sono due i due principali esponenti della destra più becera; non ho riferito alcuna appartenenza politica al direttore, al parco o a chissà chi altro, che ignoro.
A merito di Iurisci ascrivo anche che abbia continuato a denunciare l’assurdo e inutile ukase e non si sia italianamente curato del suo particulare aderendo alle sottintese profferte del direttore.
@ Roberto De Stefani
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Siamo su un blog di alpinisti, non ho difficoltà a comprendere che a tutti noi piaccia la natura , anche al di la’ delle nostre performances alpinistiche.
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Nemmeno ho nulla contro questo Jurisci , che non so chi sia.
La mia critica sull'”anarchia” è la critica a chi vuole aggirare ogni restrizione pro domo sua , senza accorgersi che anche lui fa danno…e questo per qualsiasi cosa , come quelli beccati a superare la coda sulla corsia di emergenza, che asseriscono di non fare alcun danno , perché in quel momento non ci sono ambulanze che devono passare.
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Equilibrio ok , non puoi chiudere tutte le pareti di una zona , ma qualche sacrificio lo possiamo fare anche noi.
@Expo, Cristiano Iurisci é uno degli esimi esponenti dell’Alpinismo con la A maiuscola del centro Italia, compagno di cordata del compianto Daniele Nardi e autore di alcune delle più belle guide alpinistiche degli Appennini.
In appennino, ci dobbiamo confrontare ogni giorno dell’anno con queste chiusure totali ed immotivate e visto che ci viviamo in queste zone, almeno vorremmo trovare un punto d’incontro, non mi sembra così strano.
Animale: Relativo agli esseri animati, quindi al loro corpo in quanto vivente e funzionante.
Lo sa? Credo di essere un animale anche io, e credo di avere lo stesso diritto di usufruire di luoghi verdi solitari e incontaminati al pari degli altri animali, o forse in quanto bipedi umani dobbiamo essere relegati in città?
Ci pensi, una via di mezzo, anche a numero chiuso, questo solo ha chiesto il Signor Iurisci, nessuna anarchia. Buona serata
@ Marco
Concordo.
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Sarei uno di quelli che si incazzano per le restrizioni all’accesso , ma penso sia giusta un’apertura di credito per chi fa un lavoro difficile e sottovalutato.
Meglio parchi gestiti così che parchi solo di nome dove proliferano VASP inutili e progettualità puntate alla “valorizzazione” con tanto di comprensori e vari luna park per il guadagno dei soliti noti locali. Nello specifico bisogna poi vedere quanto l’influenza antropica dei secoli passati abbia influenzato la biodiversità specifica nel caso singolo dell’area protetta… Tutto è molto più complesso di quanto appaia.
Egr.Sig.Matteo se fosse facile incasellare i comportamenti discutibili in un brand politico, destrorso,sarebbe auspicabile in quanto facilmente rimediabile.Invece si ritrova pari analogo in cultori del sinistrorso pensiero e di pari uguale in coloro che se ne fregano dei primi due.L’italica superficialità di franza o spagna purchè se magna o sono la sorella di James Senese,fantastico,la ritroviamo nella nostra storia,gli alleati erano i nostri nemici diventati amici per combattere i nostri nemici non più alleati.Si faccia una risata,siamo in Italia,altro che candid camera.Buone cose.
l’arrampicatore “allineato” e “amico” troverà anche meno folla.
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Manco fosse un compagno di merende…
Che poi a che minchia sarà allineato questo Cristiano Jurisci , che anzi sta criticando l’amministrazione del parco…
Sebastiano:
La “speleooca” che è stata salvata recentemente, era lì, in una grotta inesplorata, per motivi di studio, in questo caso blasfemamente detto lavoro.
Non oso immaginare la quantità di immondizia che è rimasta in grotta, ripeto “inesplorata”, dopo l’intervento. Soprattutto deiezioni umane.
Le grotte inesplorata sono rimasti gli unici ambienti incontaminati del globo.
Forse sarebbe bene non entrarci anche per motivi di studio!!!
Si, Expo, appunto, una tantum, che in Italia diventa sempre unum tantum.
Chi dico io, se fa il bravo.
Proprio la logica di potere della vostra destra…
Fischi e fiaschi: uno dice Torino, e l’altro, ben prima di avere capito, risponde sicuro : “tombino !”.
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Per questo, se e quando vorrà, basterà una sua richiesta per svolgere un uscita su quegli itinerari, anche solo motivandola a livello sperimentale, e stia certo che avrà il mio ok ad andare. In inverno come in estate, a valere come una tantum. Ma niente di più
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l’arrampicatore “allineato” e “amico” troverà anche meno folla.
L’importante è non disturbare il manovratore e vedrai che poi tu potrai anche andare.
E’ meglio per tutti, la natura è salvaguardata, c’è ordine e rispetto per chi comanda e l’arrampicatore “allineato” e “amico” troverà anche meno folla.
Si, è proprio la filosofia della destra e di quelli come te.
ma “condivise” da chi? dai frequentatori del luogo? abituali? anche occasionali’ stranieri? la farsa della democrazia diretta, in stile M5s, è ormai acqua passata.
Se uno viene nominato “responsabile” di qualche cosa (dal presidente del consiglio all’amministratore Delegato di un’azienda, all’amministratore del condominio, al direttore di un parco, ecc ecc ecc) è perché la responsabilità decisionale è in capo a lui. Sennò che responsabile è? al massimo, periodicamente rende conto del suo operato (comprese le sue “decisioni”) a chi di dovere. Il direttore del parco avrà i suoi referenti cui render conto, ma non sono i frequentatori del parco.
Non so se sono scelte rispettabili o meno, però dovrebbero essere discusse e possibilmente condivise.
Quando però il responsabile di quelle scelte si permette di scrivere “se e quando vorrà, basterà una sua richiesta…e stia certo che avrà il mio ok ad andare” allora per me quelle scelte perdono ogni rispettabilità e diventano assolutamente discutibili!
Posso dire che sono scelte rispettabili? I parchi sono per proteggere territori, flore e faune uniche e tutte differenti, non per i diletti umani, attività assolutamente inutili. Salvo attività di studio e ricerca (esempio botanica, zoologia, geologia, speleologia ecc…). Avremo meno posti dove arrampicare? Amen.
Poi questa generalizzazione sui parchi non mi piace per nulla. Le loro diversità dovrebbero essere messe sotto studio per poter effettivamente dire se una attività umana possa essere nociva o no.
Oltre al discorso del “Eh ma tanto noi arrampicatori siamo pochi, non diamo fastidio” che mi risulta estremamente infantile.
Le Riserve Integrali sono delle frazioni dei parchi naturali dove e’ vietato il transito dell’uomo per ragioni di tutela.
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Come prevedibile ( esiste la stessa questione nel Parco della Val grande in Piemonte e nelle aree di protezione integrale del Monte Baldo in Veneto) , questa cosa non sta bene a chi ha una mentalità anarchica :”Ognuno fa come crede , e poi le cose andranno benissimo e la colpa sarà del responsabile , non certo io..”.
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Io credo che un network di aree di protezione integrale farebbe solo bene alle montagne, il problema con l’alpinismo è che se rendi riserva integrale tutta una montagna , la gente non può arrampicare sul sentiero…
Se i parchi tradiscono la funzione per cui sono stati creati, per offrire agli uomini uno spazio di bellezza e libertà, tanto vale sopprimerli.
“Per questo, se e quando vorrà, basterà una sua richiesta…e stia certo che avrà il mio ok ad andare. In inverno come in estate, a valere come una tantum.”
Sammarone è la perfetta incarnazione del tipico modo di fare italiano: sta bravo, non disturbare chi comanda, chi conta, non fare casino.
Sottomettiti, chiedi per favore e vedrai che per te chiudiamo un occhio.
Aumma-aumma.
Vi ricorda qualcosa?
E’ chiaro che l’ideale sarebbe una maturazione di ogni singolo individuo per cui, se del caso, ciascuno arriva ad autolimitarsi nel frequentare certi ambienti naturali fino all’autoesclusione definitiva. Purtroppo non è così, forse neppure nelle “civilissime” società angolosassoni e del nord Europa luterano, figuriamoci in Italia che da millenni è il regno del “tarallucci e vino”. Per cui a un certo punto le restrizioni imposte dall’alto sono inevitabili, perché debbono agire dove non arriva l’autodisciplina individuale. Io non sono un sostenitore per principio delle restrizioni, in ogni campo dell’esistenza, ma, piuttosto che la baraonda all’italiana, meglio una legislazione severa e castrante. l’alternativa è semplicissima: che ciascuno cresca nell’autodisiplina individuale. Hanno voglia gli italiani di percorrere questo “faticoso” cammino? A naso direi di no, la realtà (in tutti i campi) questo insegna. Ergo, dove la situazione oggettiva degenera, aspettatevi sempre maggiori restrizioni. in montagna come nella vita quotidiana. Ma non è colpa delle legge, piuttosto è colpa dei cittadini che NON si impegnano a maturare individualmente e ad assumere comportamenti autodisciplinati.
A parte che Sammarone è un carabiniere, mi pare che la sua posizione sia l’esito del degenero psicotico dell’antiumanesimo standard di questo blog: infatti c’è subito qualcuno d’accordo
La penso come Sammarone.