Prospettive per una valle
(scritto nel 1999)
Lettura: spessore-weight(2), impegno-effort(1), disimpegno-entertainment(2)
I primi anni del XX secolo videro una popolazione formazzina decisamente diminuita rispetto ai secoli precedenti. La povertà costringeva all’emigrazione e nella valle non si era ancora affermata alcuna forma di turismo. Allorché fu deciso di sfruttare proprio le immense potenzialità idroelettriche di questa valle, i progetti furono salutati con grande calore dalla popolazione che vedeva finalmente la possibilità di lavorare. Ai primi impianti seguirono opere ancora più grandiose, una fortuna per l’economia locale. Dalle attività agricolo-pastorali si passò ad un lavoro specializzato, quindi ben pagato. Questa euforia durò parecchi decenni, ma adesso qualcuno comincia a leggere questo fenomeno storico con occhi diversi. È vero che la nascita dell’industria in valle fece arrestare l’emigrazione, ma le «opere pubbliche» causarono un grave disequilibrio naturale. In pochi anni vaste superfici a pascolo e paesini come Morasco erano stati invasi, l’acqua di superficie captata ovunque; il Toce era diventato un ruscello e la sua famosa cascata era più solo occasionale. Dappertutto si vedono canali di derivazione, calcestruzzo di dighe ed elettrodotti. In più, i posti lavoro sono stati ridotti grazie all’automazione progressiva e i nuovi disoccupati faticano a ritrovare un sempre più difficile inserimento. Sempre l’automazione ha impedito che si verificasse una seconda ondata di occupazione per la costruzione del metanodotto europeo che passa proprio sotto il Griespass. E così, per lavorare, i formazzini continuano a violentare i fianchi della propria valle con le sempre più devastanti cave di serizzo…
È soprattutto d’inverno che la Val Formazza s’è fatta conoscere nella moltitudine delle altre proposte alpine. D’estate la montagna è assai diversa, la presenza dei numerosi laghi artificiali un po’ più ingombrante perché più visibile, ma in linea generale si può dire che si tratta di una montagna in genere rilassante, con elevazioni anche rilevate.
La Val Formazza, punta estrema della Regione Piemonte, s’incunea in territorio svizzero tra i cantoni del Vallese e del Ticino nel cuore delle Alpi Lepontine. Le svizzere Val Bedretto, alta valle del Ròdano e Binntal la delimitano a nord, mentre a ovest è la conca dell’Alpe Dévero a segnarne il confine. Non ancora toccata dal turismo di massa, è una delle più belle zone montane dell’arco alpino.
Le tradizioni e le tipiche costruzioni in legno, testimoniano ancora oggi in maniera del tutto originale, le origini walser delle genti di Formazza. La notevole estensione del territorio, gli interessi naturalistici e culturali, l’abbondante innevamento, la varietà di itinerari e l’assenza totale di impianti di risalita fanno pensare che sia ancora ben lontano il giorno in cui le valli saranno del tutto colonizzate dalla «valorizzazione» turistica. Qui non c’è alcun problema di sovraffollamento, lo scialpinismo si attiene alla tradizione e siamo ben lontani dai problemi di altre valli, dove l’ammassarsi degli appassionati provoca la ricerca della differenziazione. La tendenza, anche extraalpina, sembrerebbe il graduale abbandono dello sci da discesa classico a favore di altre forme di discesa. In alcune località sciistiche, per esempio quelle scandinave, il numero degli snowboarder ha superato ormai quello degli sciatori. In Italia il fenomeno è più contenuto: un 15% degli sportivi usa la tavola; questa percentuale però è costituita per un 67% da giovani con età compresa tra i 14 ed i 23 anni. Quale sarà il ruolo dello sci tradizionale nei prossimi tre/cinque anni non si può facilmente prevedere. Tutto lascia credere che lo sci tradizionale ridurrà ulteriormente la sua percentuale nel totale dei frequentatori, ma si esclude che questa riduzione sia frenata (o magari vi sia perfino un’inversione di tendenza) a causa di una nuova e imprevedibile moda, qualcosa che vada oltre il carving o il telemark ma che si pratichi comunque con due sci ai piedi.
Al fine di identificare il tipo di mercato cui indirizzare l’offerta delle stazioni sciistiche, una recente ricerca ha raggruppato gli sciatori in diverse categorie in base alla loro età, professione, durata della vacanza, richiesta di servizi. L’analisi di queste informazioni sulla composizione della popolazione mondiale degli sciatori evidenzia che la componente over 60 sta crescendo e logicamente la stessa categoria dispone di maggiori possibilità economiche per lo svago. A questa tendenza si affianca lo sviluppo di nuove attrezzature e sport invernali (snowboard, carving, telemark…) sostenuti prevalentemente dalla componente giovanile (in Italia l’88% degli snowboarder ha meno di 30 anni). Questa contrapposizione difficilmente si potrà risolvere: gli ultrasessantenni non sono attirati a praticare sport non tradizionali. E il motivo è la superiore preparazione atletica che le nuove attività pretendono o sembrano pretendere. A meno che per novità non s’intenda anche la marcia con le racchette da neve. Lo scialpinismo si pone al di fuori di questa evoluzione, perché rimane comunque un’attività faticosa per chi non l’ha mai affrontata, spesso appare inavvicinabile.
Altro spauracchio per il popolo degli sciatori è la possibile limitazione degli utenti degli impianti di risalita, cioè l’introduzione di piste a numero chiuso: ma neppure questa minaccia riesce a smuovere la fiducia incrollabile che la maggior parte ha nei propri diritti al divertimento. Non sarà certo questa ipotesi ad aumentare il numero degli appassionati di scialpinismo. Poi dipende se questo numero chiuso debba essere sporadico oppure ad applicazione massiccia. Nel primo caso credo non succederebbe nulla al di là di qualche velleitaria protesta singola. La seconda ipotesi (che vedo comunque per il momento assai improbabile) provocherebbe grandi dibattiti che però alla fine non cambierebbero le decisioni dei responsabili. Se una stazione sciistica decide questo passo importante, possiamo stare tranquilli che sia una decisione ben meditata e quindi lo fa cautelandosi con la propria clientela fedele e magari trovando modo di farsene un vanto.
A proposito di nuove tendenze, si registra anche la nascita di strutture per lo sci indoor. A Tokyo una gigantesca struttura ha grande successo di pubblico. C’è da chiedersi se queste innovazioni avranno sviluppo e se avranno effetti sullo sci outdoor. Mi viene da pensare che lo sci indoor potrebbe seguire la strada seguita dall’arrampicata sportiva, una strada che è caratterizzata da due elementi: a) fitness (arrampicare, o sciare, per allenamento e per la forma fisica di fine giornata lavorativa); b) competizione (con la neve finta si può garantire una competizione davvero uguale per tutti i partecipanti… e poi si potrebbero inventare nuove formule di gara, di sicuro meno spettacolari di quelle in montagna, ma forse più appassionanti a livello di scommesse e di tifo (è già successo qualcosa del genere per il fondo).
Ma, per tornare allo sviluppo dei centri sciistici, se una stazione si assume un qualunque impegno deve avere per sostenerlo nel tempo un’energia di fondo almeno solidale con l’idea: e per assicurare con rapidità e regolarità la comunicazione degli impegni assunti, la campagna deve dotarsi di un’immagine forte. La creazione di questa immagine passa per un progetto che sia di alto profilo e soprattutto transnazionale. Deve permettere ai valori tradizionalmente autentici di un’imprenditoria turistica di accordarsi con i temi portatori attuali.
L’avanzare della tecnica, delle veloci vie di comunicazione da una parte e del tempo libero dall’altro ha permesso progressi spettacolari che hanno rivoluzionato l’uomo moderno: ma ha fatto nascere pure un sentimento di prudenza.
L’uomo ha preso coscienza di quanto la tecnica sia importante per il benessere e la comodità di tutti. Al fine di assicurare la qualità duratura delle offerte e la buona utilizzazione di esse, tecnica e qualità gestionale devono essere permanentemente avanti. Più che mai quindi l’innovazione è un tema attuale che si declina tramite una ricerca a tutto campo.
L’accelerazione permanente di benessere e tempo libero hanno portato ad attualità il concetto di Ambiente. Ieri appena sullo sfondo, oggi l’Ambiente ha pari dignità con l’Uomo per l’avvenire del pianeta. La causa dell’Ambiente non è discorso filosofico o idea: si traduce sempre più in termini scientifici e pratici, di comportamento concreto. La ricerca di idee da vendere o comprare per nuovi comportamenti è quindi una cauzione sempre più importante: cauzione economica per gli imprenditori turistici e per gli addetti alla comunicazione, cauzione morale per il grande pubblico che si appassiona alla causa.
Soggetto di tutti i fantasmi, le promesse e le inquietudini, il XXI secolo appena iniziato sottolinea una domanda, trasversale a tutte le altre e quasi sostitutiva ad una religione, comune alle società occidentali. Se scienza e spiritualità dovessero mai incontrarsi veramente la nuova religione dei tempi moderni dice che sarà per l’incontro di frontiera tra tecnica e sentimento della natura.
Obiettivo chiave per una stazione turistica che abbia fatto delle scelte valide per il futuro è quello di trasmettere il suo impegno ambientale non come condizionamento delle attività proprie e del pubblico bensì come opportunità di sviluppo positivo.
Il messaggio comunicazionale avrà tanta più forza, quanto più riuscirà a trasmettere lo sforzo sostenuto da quella gestione del turismo per la soluzione dei grandi e piccoli problemi collegati alla qualità della vita.
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