Riusciremo a sopravvivere a 50 gradi?

Riusciremo a sopravvivere a 50 gradi?
di Carlo Crovella

Si brucia troppo combustibile fossile per produrre energia. Anche le auto elettriche, spacciate come il toccasana sul tema, utilizzano energia ancora in gran parte prodotta bruciando petrolio, carbone e gas.

Andando avanti così, in pochissimo tempo, renderemo invivibili molti spazi del Pianeta Terra. Ipotizzare una Pianura Padana con una temperatura che, per sei mesi l’anno, stazionerà sui 50 gradi centigradi significa di fatto non poterci più vivere come siamo sempre stati abituati a fare. O addirittura non poterci più vivere in assoluto: siccità prolungata, black out continui (per i troppi condizionatori in funzione), attività produttiva, ospedali e trasporti in tilt, disagi di ogni tipo. A tutto ciò vanno aggiunti i fenomeni naturali (inondazioni, frane, tempeste di vento, …) sempre più numerosi, imprevedibili e devastanti.

Luca Mercalli

Per contrastare il cambiamento climatico devon esser presi dei provvedimenti planetari, il che significa che i cosiddetti “grandi” della Terra si devono mettere d’accordo. Sono pessimista sul tema. Si tratta di una di quelle battaglie di principio che vengono portate avanti per decenni e non avranno mai una vera soluzione: lotta alla mafia, contrasto all’evasione fiscale, estirpare la mortalità infantile nel terzo e quarto mondo.

Per lo meno, sono battaglie che sfuggono al condizionamento da parte del singolo cittadino. Forse, mettendoci tutti insieme, noi singoli cittadini possiamo fare una pressione politica sulle nostre autorità, affinché battano i pugni sul tavolo nei relativi summit. Ma si troveranno di fronte i rappresentanti degli interessi contrapposti, cioè cinesi, indiani, americani e perfino russi, cui non interessa un fico secco di ridurre le emissioni di CO2.

Per me l’unica soluzione ragionevolmente perseguibile è la combinazione fra due trend comportamentali: accompagnare, in modo fisiologico e non cruento, la dinamica demografica in calo (per avere meno individui che premono sul pianeta) e ridurre drasticamente i consumi individuali.

Infatti dobbiamo convincerci che occorre tornare ad uno stile di vita più tranquillo, più sobrio, molto meno sprecone: meno viaggi, meno turnover di cellulari, auto, gadget, ma anche di vestiti, di scarpe e di attrezzatura sportiva; mangiare cibo più semplice e soprattutto a chilometro zero (rinunciamo al sushi o al thailandese, lasciamoli là, a casa loro). Beviamo dalle nostre sorgenti, evitiamo di far viaggiare per l’intero stivale carovane di TIR pieni di bottiglie di acqua minerale.

In sintesi, dobbiamo tornare quanto meno allo stile di vita “pre globalizzazione”: tutti ci abbiamo creduto, nella globalizzazione, (mi ci metto anche io…), ed eravamo in buona fede. Ora, col senno di poi, la globalizzazione è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso nel processo di rapido utilizzo delle risorse del pianeta: così rapido che da “utilizzo” si è passati a “spreco incontrollato”. Visto che l’errore di credere nella globalizzazione come il “plus” della vita lo abbiamo focalizzato, seppur a posteriori, evitiamo di perseverare nello stesso errore, cioè torniamo indietro.

Saremo più poveri di oggi? Certo, ma almeno avremo qualche chance in più di continuare a vivere. Soprattutto di continuare a vivere a casa nostra.

Se non ci convinciamo, i cinquanta gradi centigradi ci arrostiranno tutti in breve tempo. Chi non è ancora persuaso, legga cosa prevede il noto meteorologo Luca Mercalli.

Caldo torrido, Mercalli smonta le fake news
(“Ma quali ‘corsi e ricorsi’. La causa è la combustione di petrolio, carbone e gas. Ed è provato”)
di Luisella Gaita
(pubblicato su ilfattoquotidiano.it il 18 luglio 2023)

“Le ondate di calore degli ultimi anni e di questi giorni hanno una sola ragione: il riscaldamento globale. Il segnale è chiaro”.

Cicli climatici? “Stupidaggini: ci sono alcune ragioni fisiche per cui avvengono i cicli climatici, ma in questo momento l’unica ragione alla base di un aumento delle temperature di tale portata è la combustione di petrolio, carbone e gas”.

Il climatologo e divulgatore scientifico Luca Mercalli, spiega a ilfattoquotidiano.it cosa sta provocando il caldo torrido (anche) di questi giorni e cosa significa in termini di riscaldamento globale, smontando anche alcune fake news sui cambiamenti climatici.

“Stiamo vedendo cose mai viste: l’estate più calda della storia d’Europa è stata, almeno finora, quella del 2022, con oltre 60mila vittime” aggiunge, ricordando la stima dei ricercatori dell’Instituto de Salud Global di Barcellona, autori di un recente articolo pubblicato su Nature Medicine.

Quello del 2022 è stato un record anche per l’Italia al pari, però, di quello registrato nel 2003. “Ma per altri Paesi è stata davvero la prima volta. Basti pensare che l’anno scorso ci sono stati 40 gradi anche a Londra” spiega Mercalli. E l’estate 2023, finora, non promette bene.

Ci spiega che cosa sta accadendo in questa settimana?
“Il caldo torrido è dovuto a un grosso anticiclone africano, quindi area calda che arriva dal Sahara. Tutto il Mediterraneo è sotto l’influenza di questa bolla di aria africana. Fa caldo in Spagna, in Marocco, Algeria, Grecia e Italia, dove avvolge tutto il Nord Italia, arrivando più o meno fino alle Alpi. Qui, entra in contatto con l’aria più fresca del Nord Europa. Ed è per questo che le temperature sono salite anche a Milano, ma meno. I dati di lunedì sono 43-44 gradi tra Sicilia, Sardegna e buona parte del Sud e via via a scendere fino ai 38-39 gradi della Pianura Padana”.

Cosa dobbiamo aspettarci per le prossime settimana?
“Questa situazione a Nord si spegne venerdì, 21 luglio, mentre al Centro-Sud va avanti almeno fino al 25 luglio. Se parliamo delle estati più calde d’Europa, non possiamo ancora dire se supereremo il record del 2022, perché non abbiamo i dati complessivi dell’intera stagione, anche se gli ingredienti ci sono tutti”.

Ci sono, però, altri dati che riguardano l’intero Pianeta?
“Dal 3 al 10 luglio 2023 si è registrata la settimana più calda della Terra. Parliamo, va sottolineato, dell’intero pianeta: aria, atmosfera e oceani misurati con tutti gli strumenti disponibili nel mondo, dalle stazioni meteorologiche alle boe. E questo è il dato più importante, perché ci fa dire che tutto il Pianeta si sta riscaldando e, ovviamente, a livello locale ci sono queste ondate di caldo che oggi sono da noi e domani sono da un’altra parte. In questo momento, per esempio, ci sono anche in California e Cina. Quest’ultima ha registrato 50 gradi, temperatura che dovrebbe essere raggiunta anche in California in questi giorni.

Sul riscaldamento globale una serie di convinzioni e fake news rischiano di rendere meno chiaro il problema e rallentare la battaglia per affrontare la crisi climatica. Basta la percezione di un giugno più fresco, come avvenuto in Italia, per confondere le idee sulla strada che il Pianeta ha imboccato…
“Le nostre percezioni non sono come quelle dei termometri, sono mediate da tanti altri aspetti psicologici. Infatti, il mese di giugno l’abbiamo percepito come fresco, perché era molto nuvoloso e pioveva spesso, ma in realtà è stato l’undicesimo più caldo in duecento anni. Il fatto è che se in un mese si registrano ogni giorno i 30 gradi, viene percepito come normale, nella media, mentre se nello stesso mese in un giorno si arriva a 50 gradi, è quella la traccia che rimane. Il giudizio sulle estati calde, però, lo fanno i termometri e non la percezione delle persone”.

Non deve confondere, quindi, neppure la nevicata a Johannesburg, dopo undici anni.
“È avvenuto in Sudafrica, dove è inverno perché parliamo di Emisfero Sud. La settimana scorsa sono caduti due centimetri di neve: una nevicata che si verifica più o meno ogni dieci anni. Ma non è che un piccolo fenomeno locale, per altro in un inverno australe, sia in contrasto con il riscaldamento globale”.

Eppure, spesso, intense precipitazioni e alluvioni sono terreni fertili per il negazionismo climatico.
“Bisogna fare una distinzione tra il caldo estremo e le alluvioni. Queste ultime hanno diverse cause. Quando parliamo di ondate di calore il segnale, invece, è univoco: è dovuto al riscaldamento globale. Il caldo, poi, ha dei riflessi anche sulle piogge e ne genera l’aumento in alcune circostanze e la diminuzione in altre. Quindi, per intenderci, non è che l’alluvione in Emilia Romagna sia colpa del riscaldamento globale, ma l’alluvione è stata intensificata dal riscaldamento globale e gli effetti di quanto accaduto sono anche frutto di cementificazione e cattivo uso del territorio. Le alluvioni climatiche esistono da sempre, basti pensare a quella di Firenze del ’66 e a quella di Sarno. Ma il cambiamento climatico ci mette una sua piccola parte per peggiorare la situazione. Invece questo caldo è nuovo, inedito”.

Che cosa intende per ‘inedito’?
“Che queste temperature e questa frequenza delle ondate di calore non hanno eguali negli ultimi duecento anni, ossia da quando abbiamo i dati. Ma, da una serie di indagini, come quelle sui ghiacciai, sappiamo che non c’erano neanche prima. E queste indagini ci dicono che le ultime annate sono le più calde di sempre. La settimana iniziata dal 3 luglio è stata la più calda almeno degli ultimi due secoli, considerando che i dati dei satelliti meteorologici sono disponibili dal 1979, sono stati confrontati con quelli degli osservatori precedenti. È un dato importante, che dovrebbe far riflettere”.

Eppure, anche di fronte al caldo torrido e ai record, si sente ripetere il tormentone “non c’è alcun riscaldamento, si tratta di fenomeni che avvengono con una certa ciclicità”. Ma è davvero così?
“Sono stupidaggini. Non si tratta di cicli. I climatologi fanno proprio questo, cercano di capire perché cambiano le stagioni o le temperature. I cicli esistono nel clima, ma devono avere una ragione, che può essere nel sole, nella posizione dell’orbita della terra attorno al Sole o, talora, nelle correnti a ciclo oceaniche. Ci sono alcune ragioni fisiche per cui avvengono i cicli climatici. Ecco, in questo momento queste ragioni non stanno operando, mentre quella che sta operando è una forzatura indotta dall’attività umana, ossia la combustione di petrolio, carbone e gas. E questo non è un ciclo naturale, perché sono escluse le cause naturali che in questo momento non ci sono: il Sole è tranquillo, non è che fa più caldo perché il Sole è diventato più violento, l’asse terrestre è stabile, l’orbita terrestre sappiamo come si comporta e ci vorranno 50mila anni perché arrivi una glaciazione. Quindi, in questo momento, il caldo è frutto delle emissioni di CO2 dell’umanità, cosa che sappiamo da cent’anni”.

Riecco la domanda di prima, ma con un orizzonte a lungo termine. Cosa dobbiamo aspettarci per i prossimi anni o decenni?
“Semplice. La temperatura continuerà a salire. Le ondate di calore diventeranno più frequenti e più intense. Vuol dire che se adesso arriveremo a 45 gradi, tra qualche anno si arriverà a 50 gradi. La temperatura più calda della storia del clima d’Italia sono i 48,8 gradi di Siracusa registrati l’11 agosto del 2021, record termico italiano ed europeo. Se in questi giorni superassimo quella temperatura, avremmo addirittura un nuovo record assoluto. Ma, comunque, pian piano questi numeri diventeranno sempre più alti e ci saranno sempre più giorni di caldo estremo. In pratica l’estate di dilaterà e gli inverni diventeranno sempre meno freddi”.

Siamo preparati?
“Purtroppo no. Anche l’Italia ha un Piano di adattamento ai cambiamenti climatici che sostanzialmente è come se fosse ancora nei cassetti del ministero. La gente non sa nulla, mentre tutti dovremmo conoscere quello che sta accadendo alla perfezione. Anche perché il Mediterraneo è una delle zone al mondo più esposte ai cambiamenti climatici. Da noi, poi, c’è tutto: i ghiacciai sulle Alpi, che solo nel corso dell’estate dello scorso anno hanno perso il 6% di ghiaccio, incendi boschivi, siccità, alluvioni e l’aumento dei livelli del mare che minaccia Venezia (che rischia a fine secolo di avere quasi un metro di mare in più) e il delta del Po’. Un problema gigantesco, perché è permanente. E il Mose servirà per qualche decennio, ma non potrà farcela con aumenti di tale portata. L’Accordo di Parigi dice una cosa molto chiara: se azzeriamo le emissioni entro il 2050, l’aumento della temperatura rispetto ai livelli preindustriali si fermerà a 2 gradi, se non facciamo niente proseguirà fino a 5 all’orizzonte del 2100. Non possiamo tornare indietro, ma possiamo ridurre il danno futuro ed evitare di andare oltre i 2 gradi, perché questo condannerebbe le future generazioni a vivere in un pianeta ostile”.

14
Riusciremo a sopravvivere a 50 gradi? ultima modifica: 2023-08-15T05:57:00+02:00 da GognaBlog

Scopri di più da GognaBlog

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.

205 pensieri su “Riusciremo a sopravvivere a 50 gradi?”

  1. La sintesi del bollettino Copernicus relativo a Settembre 2023 è la seguente.
    Globalmente, settembre 2023 è stato:
     
    – 0.93°C più caldo delle medie di settembre nel periodo 1991-2020
     
    – il settembre più caldo della serie di dati a disposizione e 0.5°C più caldo del settembre 2020, il secondo settembre più caldo in assoluto presente nella serie di dati
     
    – circa 1.75°C più caldo rispetto alla media preindustriale (1850-1900)
     
    – il più anomalo mese (positivamente) rispetto a qualsiasi altro mese dell’anno presente nel dataset
     
    E’ interessante notare come facendo una classifica dei 30 mesi più caldi presenti nel dataset Copernicus, 4 di questi sono nel 2023, ed in particolare luglio (primo in classifica), agosto (secondo), giugno (ottavo), e settembre (diciottesimo). Dei 30 mesi presenti in questa classifica, 29 sono i mesi estivi (giugno, luglio ed agosto);  l’unico non estivo è settembre 2023.

  2. Se come sostiene qualcuno il riscaldamento è un ciclo naturale, non c’è nulla che non possiamo fare se non adattarci a consumare meno. Se invece è colpa nostra possiamo intervenire, e se qualcuno aumenta i consumi è giusto e saggio che noi li si diminuisca. In fondo il  benessere occidentale lo abbiamo fondato su elevati consumi quando gli orientali non ne facevano. Ho sempre considerato scellerato il detto mal comune mezzo gaudio 

  3. Per chi è ancora interessato, la sintesi del bollettino Copernicus relativo ad Agosto 2023 è la seguente (cercare “copernicus august 2023” con motore di ricerca):
    globalmente, l’agosto 2023 è stato:
     
    – 0.71°C più caldo che le medie di agosto nel periodo 1991-2020
     
    – l’agosto più caldo della serie di dati a disposizione e 0.31°C più caldo dell’agosto 2016, il secondo agosto più caldo in assoluto presente nella serie di dati
     
    – circa 1.5°C più caldo rispetto alla media preindustriale (1850-1900)
     
    E’ presente, nella descrizione del mese fatta dai ragazzi di Copernicus, anche il passaggio di cui si è discusso qui e che rientra esemplarmente nel cherry picking scientifico (ed è la cosa di cui mi interessa maggiormente parlare, poiché applicabile all’intera produzione scientifica). Lo riporto permettendomi solamente la traduzione: “temperature inferiori alla media del periodo (non più di 1 grado) sono state registrate in parte degli Stati Uniti occidentali e sul Canada nordorientale.”
    E’ sufficiente scaricare la carta mondiale (in formato PDF) relativa alle anomalie di temperatura di agosto 2023 per notare la fascia in azzurrino (più fresco della media) su questa zona del mondo che ha animato, come spesso capita, le fantasie di alcuni.
     
    Sempre sul bollettino Copernicus è possibile leggere la sintesi dell’estate meteorologica (giugno-agosto) 2023:
     
    – globalmente l’estate 2023 è stata la più calda di sempre realtivamente ai dati disponibili con grande margine (0.66°C sopra la media delle estati 1991-2020)
     
    – in Europa l’estate 2023 non è stata la più calda in assoluto, ed è risultata essere la quinta estate più calda in assoluto (dopo quelle del 2022, 2021, 2018, 2010)
     
    Anche per l’estate 2023 è presente l’interessante commento relativo alle regioni in cui la temperatura è stata inferiore alla media stagionale (e visibile sulla carta mondiale delle anomalie stagionali): “le regioni in cui la temperatura stagionale è stata al di sotto della media includono il Pakistan, parte del settore settentrionale degli Stati Uniti, il Nunavut orientale, la parte centrale del Brasile, e piccoli pezzetti di Africa ed Asia.”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.