Vittorio Marzano contro Massimo Putzu. Il “proprietario” denuncia la guida ed è battaglia legale: «L’isola è di tutti».
Stop al trekking su Tavolara?
(il caso in discussione davanti al giudice di pace di Olbia)
di Andrea Busia
(pubblicato su L’Unione sarda)
Basta vie ferrate a Tavolara, basta escursioni sino a Punta Cannone. Il proprietario del novanta per cento della montagna che sorge in mezzo al mare, Vittorio Marzano, attende una risposta dal Giudice di Pace di Olbia per mettere fine alle calate in corda, alle escursioni e alle scalate. Marzano ha portato davanti al giudice la guida olbiese Massimo Putzu, chiedendo che venga verificato se ha commesso il reato di occupazione di terreno privato a scopo di lucro. Putzu è ormai noto agli appassionati di trekking di tutta Europa per le escursioni organizzate a Tavolara. Marzano, assistito dall’avvocato Antonio Asara, ha fornito alla Procura di Tempio un corposo dossier con foto e post estrapolati dai social. La tesi della proprietà può essere sintetizzata in questo modo: le attività di trekking a Tavolara non sono mai state autorizzate, anzi non c’è mai stata una richiesta da parte di Putzu. Inoltre, sono pericolose e Marzano ritiene che in caso di incidenti potrebbe essere chiamato a rispondere di quanto avviene nei suoi terreni.
«Scalano la mia isola»
Il tutto è raccontato nel fascicolo del procedimento penale che il 7 dicembre approderà davanti al Giudice di Pace di Olbia, Emilio Floris. La contestazione di invasione dei terreni privati è a carico di Massimo Putzu. I fatti risalgono a qualche anno fa, ma il dato rilevante non è tanto l’accertamento della responsabilità della guida. Sia la proprietà che Putzu (e con altri operatori e migliaia di appassionati di trekking) attendono la decisione del Giudice di Pace per mettere un punto fermo sullo “status” giuridico di Tavolara. Marzano ovviamente non ha avuto nessun problema a dimostrare quanto afferma. L’imprenditore romano, dopo avere documentato titoli di proprietà e il passaggio di migliaia di persone sui sentieri dell’isola, dice: «Le attività escursionistiche vengono svolte sulle aree private. Non mi è mai stato chiesto alcun permesso».
«Tavolara è di tutti»
Putzu è difeso dall’avvocata Edi Baldino, lei stessa appassionata di trekking e più volte impegnata su tratti di ferrata tra i più impegnativi in Sardegna. Dice la legale della guida olbiese: «In effetti questa è l’occasione per mettere a fuoco alcune questioni che interessano operatori professionali e tanti appassionati. Tavolara è un monumento naturale e già questo, come ha stabilito la Corte di Cassazione, determina la prevalenza degli interessi pubblici. Inoltre sono più di cinquant’anni che i sentieri vengono utilizzati per le escursioni, è evidente che esiste un diritto consolidato alla fruibilità pubblica. Inoltre un escursionista come può sapere e capire che sta attraversando un’area privata? Il tema vero però è un altro, il Comune di Olbia dovrebbe intervenire per stabilire una volta per tutte che Tavolara è un patrimonio di tutti».
Il commento
della Redazione
Il fatto che presto i Marzano abbiano il governo dalla loro parte è forse l’unica cosa che ci preoccupa, perchè hanno sbagliato il capo d’imputazione: ancora ancora violazione di terreno, ma occupazione, proprio non ci siamo, nessuno se non in casi eccezionali ha mai dormito lì. La famiglia Marzano non è l’unica proprietaria dell’isola, camminando non si salta alcuna recinzione che indica il passaggio dalla proprietà di Bertoleoni alla loro. Inoltre l’unico sentiero presente viene usato da più di 20 anni e quindi esiste una servitù di passaggio.
Occorre anche sapere che in Italia, l’articolo 842 del Codice Civile consente ai cacciatori l’ingresso nei terreni privati senza dover chiedere il consenso ai legittimi proprietari. Cacciatori sì, escursionisti no?
Le pretese della famiglia Marzano sono sempre state e sono un sopruso bello e buono. Gli accompagnatori escursionistici come Massimo Putzu accompagnano tante persone, ma in un anno ci sono centinaia di appassionati che salgono in autonomia. E’ giusto che tutto ciò sia ancora possibile, non si può privare la comunità di usufruire di un bene del genere, il comune dovrebbe prenderne atto e comportarsi di conseguenza.
Cogliamo l’occasione per invitare i lettori, se hanno particolari competenze, a dare consigli legali, sicuramente ben accetti alla peraltro già competente difesa. Maggiori dettagli su Tavolara e sulla sua situazione si possono avere in Il Re di Tavolara – 1 e Il Re di Tavolara – 2.
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Credo che manchino alcuni elementi per inquadrare meglio il problema, i Marzano non comprarono da poveri analfabeti raggirandoli, come qualcuno insinua, ma dai Tamponi, proprietari tra l’altro anche dell’isola di Molara della quale sembra a nessuno freghi niente. Ciò avvenne alla fine degli anni ‘20. Successivamente vennero espropriati per motivi di superiore interesse nazionale della parte che si affaccia sul mare aperto. La c.d strada militare è anche essa di proprietà dei Marzano, non essendo mai stata espropriata, ed infatti è chiusa da un cancello con affisso un cartello che recita proprietà privata. Dunque non ci sono appropriazioni indebite e/o soprusi dietro l’attuale situazione dell’Isola ma un semplice atto di compravendita tra il Cav. Vittorio Emanuele Marzano e una delle più facoltose famiglie della Sardegna. Una volta compreso questo si capisce meglio anche il resto
Concordo sul fatto che non disponiamo di informazioni più precise s processo imminente, stante un articolo molto scarno. Ma infatti del processo a me personalmente non mi importa nulla. Per spirito di servizio mi sono fatto promotore di informazioni generali non tanto sul procesdo imminente, quanto sul tema piu’ ampio dell’intromissione di escursionisti in proprietà private al fine di effettuare gite, cioè attività di tempo libero. Trovo che ci sia un contrasto insanabile fra l’inviolabilità della proprietà privata in generale (quindi non solo quelle dei Marzano sull’isola) e la finalità ludica con la quale si vorrebbe esser legittimati a violarla. Io sto con i proprietari. Pero’ qui ho voluto dare due cenni sugli istituti che potrebbero esser coinvolti in casi del genere, sempre partendo dal caso di specie come punto di riferimento originario. L’altro giorno, mi pare al commento 14, ho scritto di mio pugno, con l’obiettivo specifico di esser semplice per esser capito da tutti i lettori. Sapevo che avrei fatto storcere il naso ai giuristi puri, ma le due cose sono incompatibili. D’altra parte questo non è un blog di giuristi. In quell’occasione ho deliberatamente scartato l’ipotesi di esproprio di beni privati per finalità pubbliche perché io continuo a esser convinto che non sia possibile ne’ “giusto” espropriare una proprietà privata per esigenze escursionistiche o per far godere a tutti le bellezze naturali: ho già detto che allora dovremmo espropriare tutte le ville della Costa Smeralda. Siccome Ginesi, mi pare al commento 31, ha fatto un riferimento a questo specifico risvolto, stamattina mi sono fatto parte attiva per fornire ai lettori del blog ulteriori approfondimenti su tale risvolto, prelevando una nota da un sito giuridico (che non è wikipedia), cioè un testo scritto da giuristi in modo tale che giuristi non avessero di che estorcere il naso. Il tutto per dare ai lettori gli strumenti per farsi un’idea di questo tipo generale di problemi. Ho già detto che non mi interessa né il caso Tavolara né il destino di Putzu. Prevedo invece che si intensificheranno i casi del genere per un fattore che ho già accennato. Ovvero proveniamo da decenni in cui i terreni in montagna sono stati progressivamente abbandonati, i proprietari sono magari diventati 20 oppure 30 per questioni di eredità, per cui non badano ai terreni e noi tutti ci siamo abituati a camminare per monti e per valli senza vincoli, senza recinti, senza divieti. Temo che i tempi stiano cambiando: il riscaldamento globale spostera’ sempre più in alto l’attività agricola e molti terreni privati verranno nuovamente vietati al transito in quanto proprietà private destinate alle coltivazioni oppure saranno sfruttati dai legittimi proprietari per attività turistiche individuali. Quindi dobbiamo entrate bella logica che i sentieri del futuro faranno lo slalom fra terreni privati e che intere zone saranno vietate all’accesso pubblico. Da qui contenziosi e polemiche. Il problema si intensificherà in quantità e diversificazione di tipologie e dovremo abituarci a saperlo gestire. Disporre di un’infarinatura di base, adatta a qualsiasi individuo anche se non giurista di professione, per elaborare le proprie mosse sara’ sempre più di attualità. Se non vi interessa il tema, saltate a pie’ pari. Certo che se anche in futuro ragionerete con slogan anni ’70 del tipo “abbattiamo i privilegi”, quelli che andranno a sbattere sarete voi.
tra l’altro, dallo scarno articolo, risulta che si tratti di processo penale, plausibilmente per la violazione di cui all’art. 633 c.p., per cui tutta la fava e la rava su usucapione e dintorni proposta dal sommo vate giuridico di questo blog e dalla sua progenie conta come il due di briscola: gli aspetti civilistici potrebbero qualificare indirettamente la condotta delle parti, ma il processo penale comporta accertamenti affatto diversi rispetto ad eventuale causa civile e perviene ad un giudizio sulla colpevolezza dell’imputato in forza di un elemento oggettivo e soggettivo che ben possono avere rilevanza autonoma rispetto ai risvolti sottesi – sotto il profilo civilistico – alla titolarità e gestione dei beni immobili coinvolti.
Previsioni del tempo per la serata: probabili grandinate.
Ho chiesto un parere a un amico di mio cugino, sposato in seconde nozze con una ragazza madre di una figlia che ha appena dato un esame di diritto in quinta ragioneria, riferisce con certezza che ha ragione Crovella.
Crovella, sei pregato non far dire all’avvocato Ginesi cose che non ha detto. Semmai imputale a Tua figlia, (cui mi pare tu non stia rendendo un gran servizio).
Non mi interessano le risse, nè mi interessa interloquire con uno che pubblica bugiardini pensando di essere un primario di neurochirurgia.
Il diritto è una scienza complessa, la materia dei diritti reali è una delle più complesse di quella scienza, ciò che mi premeva sottolineare è che è sciocco sproloquiare su un caso che ha già un approdo giudiziario e di cui non si conoscono ne petitum ne causa petendi, che inevitabilmente qualificano la domanda (e che possono essere compresi appieno solo leggendo le carte).
Nulla sappiamo neanche del motivo del contendere né della qualificazione dei beni coinvolti. quindi è assolutamente inutile spingersi a formulare ipotesi, anche se in un paese in cui i processi si fanno in tv in orripilanti trasmissioni in cui sedicenti esperti confezionano tesi sulla pelle delle persone coinvolte, spesso senza conoscere nulla, non mi stupisce che sul blog spari le sue tesi spietate un sedicente esperto di diritto civile per jus sanguinis e per frequentazione di consigli di amministrazione, beandosi con estratti che neanche al primo anno di università sono esposti in modo tanto schematico e insulso.
Se però Crovella e i suoi lettori si divertono così, buon per loro.
Il problema, che andrebbe analizzato conoscendo preventivamente l’assetto giuridico dei luoghi (che mi pare poco abbia a che vedere con la rpofessione esercitata dalla sedicente guida sarda), ritengo sia comuqnue diverso dai problemi che coinvolgono le apuane (per rispondere a pasini), che invece vedono concessioni di coltivazione (sic) su agri pubblici.
In ogni caso, de jure codendo, e anche al fine di trovare una applicazione concreta all’art. 42 della Costituzione, il problema di beni di rilevante interesse paesaggistico in mano a privati è interessante tema di discussione che non può essere banalizzato con tre schemi sulla proprietà tirati già da wikipedia.
Purtroppo ad oggi, in molti settori, mi pare vinca il soldo e non una lettura del diritto di proprietà più orientato alla funzione sociale.
E’ questione che ho studiato in apssato perchè me ne ero occuopato per una nota associazione quando vi fu il boom dell’eolico e ogni crinale sembrava destinato a diventare un ventilatore, e me ne sono ri-occupato di recente insieme ad una grande persona che sta lottando per le apuane (e sembra un pò anche contro i mulini a vento… purtroppo).
potrebbe essere un tema interessante da sviluppare in un apposito articolo.
Prima conoscere, poi capire, e alla fine sentenziare, lasciando amgari lo studio e la stesura del rpovevdimento a chi si occupa sceintificamente di quella materia.
perché se basta un parente nel ramo e una frequenza laterale per scrivere trattati specialistici, vi informo che io ho fatto il tecnico di elissocorso per 30 anni, ho un cugino ortopedico e dunque posso consigliare ottime terapie sui menischi.
Chissà perché certi scenari e udienze mi fan venire in mente Leone e i suoi film dove una pistola ed un fucile si trovano di fronte e chissà chi vince…mah.
“In questo scenario, già uno o addirittura due passi “avanti” allo stato dell’arte,”
ah già, dimenticavo: tu sei così avanti che se ti volti di scatto vedi il futuro…
ma di solito vai a sbattere contro un palo che non hai visto.
@45 Invece sei tu che prendi Roma per Toma, alla grande. Per poter discolpare Putzu (in quanto cittadino e non come professionista perché quel suo risvolto pare “opaco”…) il suo legale fa riferimento al concetto che Tavolara è di tutti (leggi sopra). Anche l’Avvocato Ginesi mi pare che abbia scritto (commento 31) che il punto cardine sia l’attitudine del luogo a ricoprire un ruolo di interesse pubblico. Pare proprio che la linea difensiva respingerà le accuse di violazione di proprietà elaborandosi su questo principio.
A parte la prossima udienza, la faccenda ha un carattere più generale. Per mettere una pietra definitiva sopra alla questione, gli interessati potrebbe dare seguito ad una specifica azione giuridica, volta a trasformare le proprietà di Marzano in beni privati ad uso pubblico. In questo scenario, già uno o addirittura due passi “avanti” allo stato dell’arte, ho fornito ai lettori del blog le informazioni di poco fa. In questo modo i lettori possono farsi un’idea più congrua della situazione e delle due posizioni in gioco.
Chi non sa “leggere” i fenomeni, chiaro che pensa che io sia fuori strada, ma in realtà sono sul pezzo, molto sul pezzo.
“Marzano ha portato davanti al giudice la guida olbiese Massimo Putzu…ha fornito alla Procura di Tempio un corposo dossier con foto e post… La tesi della proprietà può essere sintetizzata in questo modo: le attività di trekking a Tavolara non sono mai state autorizzate …Inoltre, sono pericolose e Marzano ritiene che in caso di incidenti potrebbe essere chiamato a rispondere di quanto avviene nei suoi terreni.”
“La contestazione di invasione dei terreni privati è a carico di Massimo Putzu….il dato rilevante non è tanto l’accertamento della responsabilità della guida. “
Tanto per cambiare Crovella, hai capito il contrario di quello che c’è scritto nell’articolo e tratto conclusioni indebite
@41 molto interessante quello che riporti, ma esclusivamente sul piano storico. Sul piano giuridico è irrilevante: se i titoli che presentano i Marzano sono inattaccabili, non conta nulla come e perché si sia formata la proprietà, ovvero se costituisca o meno un “privilegio ingiustificato” o un originario accaparramento “border-line” della proprietà. Ripeto: se i titoli sono legittimi, la proprietà è legittima. Chi pensa che, con l’attuale azione giuridica, si “sanerà” un ingiustificato privilegio del passato è, giuridicamente parlando, completamente fuori strada (questa sì che è una cazzata, altro che le mie osservazioni). Ho già detto che lo stato di diritto si basa sul rispetto dei diritti altrui. Se la proprietà dei Marzano è comprovata da inattaccabili titoli, essa è inattaccabile. Oppure se i titoli sono giuridicamente attaccabili, non si comprende come mai non siano già stati attaccati. E’ evidente che i legali. tentando altre strade, hanno escluso quella, da cui deriva che non esiste un privilegio, ma una proprietà legittima e inattaccabile.
Al fine di fornire ai lettori informazioni aggiuntive e ancor più specifiche, ho investito ulteriore tempo (“rubandolo” al lavoro). Ho recuperato una nota relativa alla destinazione ad uso pubblico di una proprietà privata. Non ne avevo parlato con mia figlia, ieri, dando per scontato che la finalità del “divertimento” degli escursionisti non può esser considerato un interesse pubblico di carattere generale. Questo concetto mi pare che dovrebbe esser riferito a principi di ben maggior importanza: una strada statale, una base militare strategica (vedi accennato esproprio ad opera della NATO-di cui io non ho riscontri…), il passaggio di infrastrutture varie (cavi telefonici, condutture del gas…), ecc ecc ecc. Resto della mia idea sul punto, perché gli escursionisti non hanno “solo” quel particolare luogo per concretizzare il loro passione e possono quindi andare in mille altri luoghi. Tuttavia la mia posizione è irrilevante: toccherà ai legali di parte attrice dimostrare la fondatezza della loro richiesta, facendola eventualmente rientrare – in modo convincente – in un “interesse generale”. A giudicare dall’allegata nota (recuperata in siti giuridici), il caso di specie potrebbe rientrare in quella che qui sotto viene chiamata “dicatio ad patriam”: nella spiegazione della stessa (punto b), però, la si descrive come una servitù che matura perché il proprietario “mette un proprio bene a disposizione della collettività”. Non mi pare il caso in questione, visto che i Marzano oppongono rifiuto. Restano inalterati i principi base già precisati: indennizzo dovuto alla proprietà e responsabilità della manutenzione a carico dei soggetti (anche pubblici, principalmente il Comune) che acquisiscono il diritto di godimento del bene. Prima di agire in giudizio, io avrei verificato oltre ogni dubbio che il Comune sia disposto ad accollarsi la manutenzione e la implicita responsabilità in caso di futuro infortunio. Non sono così sicuro che il sindaco sia al corrente dell’effettiva situazione. Cordiali saluti.
Spazi privati ad uso pubblico
La proprietà privata di un’area non esclude il suo eventuale uso pubblico quando questo avvenga da soggetti titolari di un interesse pubblico di carattere generale. Si pensi alla servitù di passaggio, alla dicatio ad patriam, e all’usucapione. Inoltre: chi si occuperà della manutenzione del bene?
Come si costituisce una servitù di uso pubblico?
Oltre che ex lege, la costituzione della servitù prediale pubblica può avvenire, secondo la regola dell’art. 1032, II comma c.c., attraverso atti negoziali di diritto comune, o attraverso un’espropriazione o, altresì, per provvedimento giurisdizionale. In questi ultimi due casi sarà dovuta al privato un’indennità. Infatti l’espropriazione per pubblica utilità è un istituto giuridico che consente allo stato di trasferire la proprietà privata di un bene nella sfera giuridica propria o di altri quando c’è un interesse pubblico. Tale sacrificio subito dal soggetto espropriato viene ricompensato con una indennità
Spazi privati ad uso pubblico
Pertanto per area privata ad uso pubblico si intende l’apertura alla circolazione di un numero indeterminato di persone, e cioè la possibilità giuridicamente lecita di accesso all’area da parte del pubblico (Cass. Civ., Sez. I, sent. n. 5414 del 07.05.1992).
Come si sottopone un bene privato ad uso pubblico?
Affinché un’area possa ritenersi sottoposta ad un uso pubblico è necessario, oltreché l’intrinseca idoneità del bene, che l’uso avvenga ad opera di una collettività indeterminata di persone e per soddisfare un pubblico e generale interesse. Ad esempio, se si è proprietari di una limitata porzione privata di via, ciò non impedisce la natura complessivamente pubblica della strada e soprattutto non vale ad escludere o mettere in discussione l’utilizzazione ad un uso pubblico indiscriminato della strada stessa.
Un bene di proprietà di un soggetto privato può essere sottoposto ad uso della collettività. Si pensi ad esempio alla servitù di passaggio per una strada privata, alla dicatio ad patriam, alla convenzione edilizia, e all’usucapione.
Analizziamole una ad una:
a) Servitù: la servitù di passaggio è una limitazione imposta a un fondo (detto fondo servente) per l’utilità di un altro fondo (detto fondo dominante) che appartiene a un altro proprietario. Un caso tipico è quello di un terreno precluso alla pubblica via. Il proprietario, per potere entrare e uscire dal suo fondo, è costretto all’attraversamento del terreno di un vicino, sul quale il giudice o le parti contrattualmente imporranno una servitù di passaggio.
b) Dicatio ad patriam: ossia il modo di costituzione di una servitù di uso pubblico mediante il comportamento del proprietario che mette un proprio bene a disposizione della collettività.
c) Convezione edilizia: un accordo tra imprese costruttrici private e Comuni.
d) Usucapione ventennale: modo di acquisto della proprietà di una cosa o di altro diritto reale di godimento su di essa, mediante il possesso della cosa stessa per un periodo di tempo stabilito dalla legge.
I problemi nella gestione del bene privato ad uso pubblico
Una volta che un bene di proprietà privata è assoggettato ad un uso di pubblica utilità, possono sorgere problematiche relative alla gestione del medesimo bene: problemi di costi, spese di manutenzione ordinaria e/o straordinaria. Chi deve sostenere i costi della messa in sicurezza?
Dato che il bene è privato ma l’utilizzo è di pubblica utilità, una volta individuati i criteri che permettono di definire titolarità e funzione del bene stesso (come ad esempio una strada), si possono individuare i soggetti cui spettano la cura e la manutenzione, nonché le forme in cui questo incombente viene esercitato.
Analizziamo il caso specifico della strada di proprietà privata. Ancora oggi per la loro gestione la normativa specifica del nostro ordinamento è affidata al D.L.Lgt. n. 1446/1918 (tuttora vigente per effetto del d.lgs. n. 179/2009 che lo ha espunto dall’elenco delle abrogazioni allegato al d.I. n. 200/2008, conv. in legge n. 9/2009). Tale provvedimento disciplina la possibilità, per gli utenti di tali strade, di costituirsi in consorzi per consentirne la gestione, manutenzione e ricostruzione con una ripartizione di costi tra i soggetti consorziati. Il procedimento di costituzione e la natura stessa del Consorzio sono differenziati a seconda che la via privata sia soggetta, o meno, a pubblico transito.
Per il caso di vie private non destinate al pubblico transito, la costituzione del consorzio è facoltativa (art. 1 D.L. Lgt. 1 settembre 1918, n. 1446); Trattandosi di strada privata non destinata all’uso pubblico, il Comune non è tenuto ad una partecipazione economica nel Consorzio, ma ha la facoltà di concorrere alle spese solo per opere di sistemazione o ricostruzione (esclusa quindi la manutenzione), in misura non eccedente il quinto della spesa.
Il senso dell’istituto è in sostanza quello di coinvolgere nella gestione della strada anche quei soggetti che, pur non proprietari, la utilizzano. Evidentemente, se gli utilizzatori coincidono con i proprietari, o addirittura si tratta di un’unica persona, la complessa procedura di costituzione del consorzio, facoltativa, non ha ragion d’essere. In tal caso la manutenzione della strada ricadrà esclusivamente sui proprietari della stessa.
Se invece la strada privata è soggetta al pubblico transito la costituzione di consorzio per la manutenzione, sistemazione e ricostruzione della via vicinale è obbligatoria (art. 14 L. 12 febbraio 1958, n. 126).
Si precisa inoltre che il Comune, in questi casi, è obbligatoriamente tenuto a concorrere nelle spese di manutenzione, sistemazione e ricostruzione delle vie vicinali soggette al pubblico transito in misura variabile da un quinto alla metà della spesa, secondo il grado di importanza della strada. Il Comune partecipa altresì alle decisioni del consorzio, con voto proporzionale alla misura del concorso.
Va infine ricordato che i consorzi per la gestione di strade vicinali soggette a uso pubblico assumono inoltre natura di enti pubblici e ad essi si applicano le norme sulla contrattualistica pubblica, a differenza dei consorzi per la gestione di strade ad uso privato, che hanno natura di soggetti privati (Cass. civ. Sez. I, 13 ottobre 2014, n. 21593).
Crovella. Grazie del suggerimento. Era un’ipotesi alla quale avevamo pensato poi per la ragioni che dici tu ci siano fermati. Poiché il Comune è interessato (rendere la discesa più facile avrebbe implicazioni turistiche importanti) puntiamo in quella direzione ma non è semplice. Stiamo pensando anche all’ipotesi di una donazione attraverso una raccolta di fondi. Certo poi il Comune diventa responsabile.
Piccolissima storia della tanto amata proprietà privata in Sardegna;quando il regno piemontese favorì la p.privata nella colonia sarda per farla uscire dall’ arretratezza si istituirono le “chiudende” anche altresì dette “serradas a muru” il che provocò una corsa e un appropriamento di tutti i terreni comprese le isole minori e coste , cosa che fa ancora girare i cosiddetti a molti sardi non arrivati in tempo o senza soldi per pagare le chiusure ,la proprietà privata questa sconosciuta entrava cosi’ a scatenare faide e liti tra famiglie dove prima erano applicati secolari codici barbaricini.
Sull isola negli anni ’60 studi legali si sono arricchiti con le cause tra proprietà regalo/i visto che c è un presunto Re del isola e un conte Marzano.
Solo per dire quanto da distante partano le “questioni” su questo scoglione.
Sanj
Costituite una cooperativa o una SRL o anche un’associazione, il tutto fra privati cittadini interessati, e poi con quella ragione sociale acquistate il terreno dagli attuali proprietari. Probabilmente lo comprerete per un tozzo di pane.: dalle ns parti si calcola al massimo 1 euro a mq, spesso anche molto molto meno (0,50 euro/mq). Pensateci bene, però: dall’acquisto in poi avrete la responsabilità della manutenzione periodica e ogni eventuale incidente derivante da vs eventuale negligenza in merito (però con con il comprovato nesso causale da dimostrare in giudizio) comporta per il danneggiato il diritto a chiedervi risarcimento.
Le risse non le trovo un modo interessante per investire il proprio tempo. Ognuno ha i suoi gusti e passatempi. Il caso Tavolara (per la parte relativa alla proprietà) è interessante per le sue implicazioni pratiche anche in altre situazioni. Ovviamente sono cose diverse attraversare un terreno privato non segnalato e andare a metterci ad esempio delle corde fisse o dei gradini. Nel caso capitato al nostro gruppo avrenno dovuto gradinare un pendio privato, una volta coltivato a grano, mettendoci in un punto anche un corrimano. Abbiamo fatto una visura catastale e ci siamo fermati: 21 eredi e due emigrati all’estero. Passare di lì consentirebbe di risolvere un problema importante di discesa che oggi espone gli escursionisti meno esperti a qualche pericolo. Una strada che stiamo percorrendo è quella di far acquistare il terreno al comune, ma c’è un problema di soldi. Se qualcuno ha suggerimenti costruttivi sarebbero molto graditi. Grazie
Nota: nel commento 37, leggasi @33 e non @34. Ciao
@34 Invece è così. La questione è più generale e va molto oltre il caso della Tavolara (tra l’altro ti suggerisco di aggiornarti perché – con il vento che spira attualmente – se continui a ragionare dicendo che sono scempiaggini le affermazioni come le mie, rischi di essere completamente al di fuori del mondo attuale). Il concetto è molto semplice: se vuoi vivere in un modello socio-politico-giuridico in cui sia accettato da tutti il principio di poter violare la proprietà altrui, trasferisciti in un qualsiasi Paese del Terzo Mondo. Lì entri ed esci dalle proprietà altrui, ma il contesto complessivo è quello del Terzo Mondo. Cioè: hai gli ospedali, i trasporti, la legalità, i servizi, l’istruzione, ecc ecc ecc… del Terzo Mondo.
Se viceversa vuoi vivere in un modello sociale evoluto, da Paese occidentale e imperniato sullo Stato di diritto, è imprescindibile il dovere di accettare e rispettare le regole dello Stato di diritto. Queste ultime sono in genere condensate in espliciti testi di leggi o in una generale impostazione che garantisce i diritti, anche nella spicciola quotidianità (es se ti fai male hai ospedali a disposizione), ma il tutto si regge sul reciproco rispetto dei diritti altrui. Pertanto il diritto reale di proprietà, particolarmente tutelato dalla normativa degli Stati di diritto, non può essere violato a meno che ci siano sentenze che lo limitano, ma tali sentenze arrivano dai Tribunali e non da convinzioni di singoli cittadini (anche raggruppati in una collettività).
Infine il diritto di proprietà se adeguatamente provato (come pare nel caso di specie, attraverso i “titoli” idonei) non è un “privilegio”. Chi ragiona così è completamente nell’errore.
Mi spiace contraddire chi mi accusa di affermare cazzate, ma mi sono anche consultato con mia figlia che svolge la professione legale in uno studio torinese e concorda con le mie riflessioni. Si vede che al foro di La Spezia si seguono orientamenti giurisprudenziali differenti dal Foro di Torino, nel quale nopi siamo abituati ad agire e ragionare.
In ogni caso avevo messo il cappello introduttivo (commento n. 14), dicendo che a titolo personale non sono un giurista in senso stretto, ma mastico il diritto civile per deformazione professionale quasi 40ennale. Ho fornito semplicemente degli spunti di riflessione, poteva essere interessante perfezionarli grazie all’intervento “costruttivo” dei giuristi: limitarsi a sbraitare, con il solito astio inconcludente, che “sparo cazzate” non fornisce valore aggiunto ai lettori.
A titolo personale, con tutte le precisazioni collegate alla mia non perfetta natura di giurista in senso stretto, non trovo che il caso di specie possa rientrare fra quelli di “pubblica utilità”: si tratta di permettere agli escursionisti la concretizzazione del divertimento (cosa che si può fare in migliaia di altri luoghi) o di consentire il pubblico godimento di una bellezza naturale. A naso non mi paiono elementi giuridicamente rilevanti. Ho già detto che allora si potrebbero espropriare tutte le ville della Costa Smeralda o quele di Courmayeur con vista diretta sul Monte Bianco dall’Aiguille Noire alle Grandes Jorasses. Ipotesi da URSS breznieviana: non convive con il nostro modello.
Nello specifico, nel commento 14 ho espresso delle riflessioni al concetto di usucapione in senso stretto (cioè usucapione della proprietà completa), perché tale termine (usucapione) è stato esplicitamente utilizzato nel testo soprastante. Potrebbe forse essere più adeguato alla fattispecie il concetto di “servitù di passaggio”, per cui aggiungo in calce alcune note che ho tirato giù da una rapidissima ricerca in siti giuridici. Le note più che per il caso di specie (Tavolara) servono per capire che ha diritto a richiederle la servitù di passaggio (mediante adeguata azione giuridica) il proprietario di un fondo cosiddetto “dominante”. Ovvero il proprietario di un fondo cui non si può accedere se non attraversando il fondo “servente” (in questo caso di proprietà dei Marzano). Nel caso di specie, però, manca il proprietario del fondo dominante. Anche se Putzu acquistasse, domani mattina, un terreno a monte delle proprietà dei Marzano (senza altra possibilità oggettiva di accesso se non attraverso i fondi di Marzano) dovrebbe lasciar trascorre i prossimi 20 anni, senza contestazione dei Marzano, prima di reclamare la servitù di passaggio attraverso esplicita azione giuridica (che, per la cronaca, sarebbe riservata solo a lui – anche in termini di accompagnatore di gruppi, laddove scatta però il tema della sua presunta illegittimità a svolgere detta attività professionale – e non all’indistinta moltitudine degli escursionisti).
Prima di lasciare spazio agli appunti sulla servitù di passaggio, mi permetto due precisazioni:
1) Se il bene è davvero di pubblica utilità, stupisce che l’azione legale non sia già da tempo stata intrapresa da enti pubblici e/o territoriali, che rappresentano appunto la collettività e gli interessi collettivi. A me puzza che un singolo (peraltro viziato – come pare dalle segnalazioni – da presunto illegittimo esercizio della sua attività) si consideri l’ “avvocato del popolo” e agisca a reclamare i diritti “di tutti”… Allora la domanda è: come mai la Regione Sardegna, che tra l’altro ha anche potere legislativo (e potrebbe affrontare e forse risolvere la questione a quel livello) non è ancora intervenuta in modo risolutivo?
2) Per quanto riguarda il concetto generale (in tutto il territorio nazionale) dell’attraversamento di terreni i di proprietà privata, è appurato che da decenni in montagna i legittimi proprietari si disinteressano dei loro campi e implicitamente tollerano l’altrui passaggio, ma questo non incide minimamente sul loro diritto di proprietà e sulle connesse responsabilità in caso di infortunio all’interno nel loro terreno (con le specifiche già espresse in precedenza, per cui non le ripeto). In montagna (spesso percorrendo un sentiero ben battuto) si passa senza problemi in proprietà altrui, ma solo per disinteresse dei proprietari: magari per questioni ereditarie i proprietari catastali sono oggi 20 o 30 (figli, nipoti, cugini ecc). A mio parere fanno male a disinteressarsi completamente, per il suddetto rischio di responsabilità in caso di infortunio avvenuto nella loro proprietà e conseguenza di loro negligenze. Il disinteresse dipende solo dal fatto che i campi NON sono coltivati: state tranquilli che quei pochi muntagnign che coltivano (a patate o a segala) i loro terreni o li recintano o stanno lì col fucile spianato. E’ ovvio che il singolo escursionista (o cercatore di funghi o alpinista che va all’attacco di una via..) non può stare a verificare le schede catastali di ogni appezzamento che attraversa. Tocca la proprietario tutelare la sua proprietà, mediante recinzione o altri comportamenti idonei. Il giorno in cui si tornerà a coltivare sistematicamente i campi in quota (anche a 2000 m e oltre), ipotesi non così fantascientifica considerato il riscaldamento globale e la necessità di “salire di quota”, state tranquilli che le vallate saranno tappezzate da recinti o di cartelli PROPRETA’ PRIVATA-VIETATO L’ACCESSO. Cambierà completamente la mappa degli attuali sentieri, che dovranno fare lo slalom fra le proprietà private.
SERVITU’ DI PASSAGGIO
La servitù di passaggio è il diritto reale di godimento che consente al titolare di un fondo (detto “dominate”) di passare su un fondo altrui (detto “servente”) per accedere al proprio.
Ovvero: la servitù di passaggio è una limitazione imposta a un fondo (detto fondo servente) per l’utilità di un altro fondo (detto fondo dominante), che appartiene a un altro proprietario.
Un caso tipico è quello di un terreno precluso alla pubblica via.
Il proprietario del fondo “dominante”, per potere entrare e uscire dal suo fondo, è costretto all’attraversamento del terreno di un vicino, sul quale il giudice imporrà una servitù di passaggio.
Le condizioni perché si abbia una servitù di passaggio è che si tratti di immobili di proprietà di soggetti diversi e tra loro vicini (non necessariamente confinanti.
Il titolare di una servitù può agire in giudizio sia per farne accertare l’esistenza ed il contenuto sia per far cessare eventuali impedimenti e turbative, nonché per chiedere la rimessione delle cose in pristino, oltre al risarcimento del danno.
Come si dimostra la servitù di passaggio? Per dimostrare di avere il diritto di servitù di passaggio, il primo e più diffuso modo è la stipulazione di un contratto ovvero un atto pubblico o una scrittura privata in cui risultino l’identificazione del fondo servente, del fondo dominante e dell’utilità che ne deriva.
Come si usucapisce una servitù di passaggio? Da quanto abbiamo detto risulta che la servitù di passaggio si può usucapire se è stata esercitata in modo continuativo, dal proprietario del fondo dominante, per almeno vent’anni in maniera pacifica e incontestata; non, quindi, se il passaggio è stato sporadico o è avvenuto per mera tolleranza del proprietario.
Chi paga le spese di manutenzione e riparazione della servitù di passaggio? L’art. 1069 del codice civile stabilisce che le spese per la manutenzione e conservazione della servitù (una volta acclarata o per sentenza o per accordo fra le parti) sono a carico del proprietario del fondo dominante (=usufruttuario della servitù di passaggio), salvo che sia diversamente stabilito dal titolo di costituzione della servitù.
Crovella sono i privilegi che non devono esistere, non i diritti.
@ 33
Prima di pubblicare un proprio scritto, bisognerebbe rileggerlo con attenzione per eliminare eventuali errori di grammatica o di battitura. Ma, soprattutto, ci si dovrebbe domandare: “Ho scritto scempiaggini?”.
“Se si vuole vivere in uno stato di diritto, la prima cosa da fare non è starnazzare per reclamare altri diritti “
La mente vacilla cercando di comprendere come possa essere concepita una simile contraddizione formale.
Dovessi chiedere il permesso ad ogni proprietario di particella boschiva ogni volta mi metto a cercar funghi mi verrebbe la barba alla Corona.Dalle mie parti(centro Cadore)con gli editti Napoleonici vennero frazionati i vecchi Laudi creando proprieta’ private di tutte le forme e anche a strisce di poche decine di metri quadrati …non recintate. Se lo fossero cacciatori fungaioli ed escursionisti avrebbero si il dovere di chiedere al proprietario di entrarvi ,ma solo in quel caso.
Vedere un recinto sull’ isola in questione mi da già tristezza, spero che a Ducembre ci sia del senno in aula.
Crovella, continui a parlare con la consueta spocchia e tracotanza di cose che non conosci.
hai inanellato una serie di scemenze sul diritto civile che neanche uno che studia educazione civica alle medie scriverebbe (cosa centri poi la pietas che infili ovunque come il prezzemolo non si sa…)
nel caso di specie non c’entra nulla ne l’usucapione ne il diritto di accesso al fondo ma semmai l’attitudine di un bene privato a rivestire un interesse pubblico (o, mutatis mutandis la possibilità che un bene di rilevanza pubblica sia o diventi privato), con le conseguenti limitazioni, che è quello che peraltro traspare da quel poco che è riportato da parte dei difensori ( consigliare poi agli esperti di suggerire loro soluzioni mi fa pensare che piu che nei consigli di amministrazione tu abbia passato gli ultimi 40 anni in qualche piana in val di ala… come chiedere di consigliare a cominetti quale sosta è piu adatta su roccia).
il tema è in se interessante, ma se non si ha nulla da dire o peggio se si han da dire solo cazzate, non sarebbe male tacere senza ammorbare il thread con i consueti chilometrici sproloqui
No. Ho scritto tutto più volte, in questa conversazione, per cui ora lo sintetizzò in pochissime righe.
Se si vuole vivere in uno stato di diritto, la prima cosa da fare non è starnazzare per reclamare altri diritti (in questo caso “camminare liberamente per l’isola”), ma rispettare inflessibilmente i già esistenti diritti degli altri.
Il diritto di proprietà privata è uno dei più antichi e più tutelati per legge. Non lo si può violare. Ovviamente il proprietario deve fornire i cosiddetti titoli probanti la sua proprietà, ma mi pare (dall’articolo) che in questo caso sia così.
Quindi non si può camminare in terreni altrui senza l’assenso addirittura contro il parere dei proprietari. Punto. Questo vale dal Brennero a Siracusa , non c’entra Tavolara in quanto tale.
Semmai si possono prendere accordi con i legittimi proprietari per consentire l’accesso di estranei. Ma ciò presuppone la convergenza di intenti delle due parti, cioe’ non lo si può imporre ai proprietari, meno che mai per giustificazioni (“godere pubblicamente dei luoghi di bellezza naturale”) che, giuridicamente, fanno ridere i polli.
Tutta questa faccenda, tecnicamente parlando, è ridicola: la questione nel suoi insieme non esiste neppure sul piano giuridico, stante la proprietà privata neppure contestata nei suoi titoli probanti, e in più il principale attore dell’iniziativa pare essere, dalle segnalazioni di altri commentatori, un individuo che esercita la sua professione in violazione di legge. Ma questo ultimo risvolto è quasi irrilevante, stante l’indiscutibile proprietà in essere.
Ok quindi mi par di capire che il tuo personale assioma possa essere adottato quindi anche giù al mare ;
Più Tavolara per pochi!
O sbaglio?
Se i Marzano sono legittimi proprietari hanno tutto il diritto, tutelato dalla legge, di godersi la loro proprietà in modo esclusivo (cioè NON condividendola con nessun altro). Devono disporre di quelli che, nel diritto, si chiamano i “titoli”, cioè gli atti ineccepibili a prova della loro proprietà (rogiti notarili, denunce di successioni ecc ecc). Se li hanno, nessuno può metter piede nelle loro proprietà.
Il fatto che gli acquisti, come insinuato, siano avvenuto in periodi storici un po’ chiacchierati, nulla rileva sul piano giuridico. Infatti delle due l’una: o gli atti di acquisto sono indiscutibili e allora tutti gli altri individui devono accettarli e soccombere alla loro prevalenza giuridica, oppure sono attaccabili e allora è “lì” che, al limite, si può minare la legittimità del diritto di proprietà. Ma se ci sono gli estremi per un’azione mirata su quello specifico punto, non si comprende come mai non si sia già partiti all’attacco su quell’eventuale punto debole (dalle informazioni non pare in essere una tale azione che metta in discussione gli atti originari di acquisto).
Viceversa fare una azione generica di richiesta di mettere in comune la bellezza naturale di un luogo (che giuridicamente è proprietà privata) non ha nessun fondamento giuridico.
Il diritto è s-pietato: lo è in particolare il diritto civile, che, composto da istituti giuridici ben definiti e tutelati dalla legge, non lascia nessuno spazio ai “sentimenti” o a considerazioni a-giuridiche (morali, umani, compassionevoli). Nel diritto civile il bianco è bianco, il nero è nero. Punto. Molto raramente ci sono spazi per compromessi a livello di norme di legge (“grigio”). Altro discorso è la convergenza extragiudiziale di due controparti nel trovare un accordo che stia “a metà strada”. Ma ciò presuppone la volontà di entrambe le parti, non lo si può “imporre” di autorità. In questo caso mi pare che i Marzano siano (al momento) fermi sulle loro posizioni. Il coltello dalla parte del manico, giuridicamente parlando, lo tengono loro.
Il discorso della responsabilità dei proprietari è un altro problema ancora, non c’entra nulle con la legittimità della proprietà. Se la proprietà è legittima, è inattaccabile. In parallelo, però, la proprietà si porta appresso la già descritta responsabilità, sulla quale non ritorno. Che poi, in caso di incidente, sia complicato andar a prendere un risarcimento dal legittimo proprietario… questo è un altro discorso ancora e non riguarda il diritto, inteso come “norme di legge”. C’entrano altre variabili, fra cui l’abilità del legale del danneggiato e la snellezza operativa o meno dello specifico Tribunale cui ci si è rivolti. In effetti i tempi sono lunghissimi e le procedure complesse. Spesso l’azione giuridica è antieconomica e quindi non la si affronta, a meno di incidenti veramente molto gravi e con evidentissime cause di negligenza dei proprietari.
Grazie per la sua cortese sollecita risposta e spiegazione e analisi di s-pietato.
Per il resto del post utto molto corretto , logico e legale.
Ma non viene mai il dubbio che la questione dei trekker sia solo pretesto per godere proprio in toto di quella amata proprietà e riservandosi gelosamente il proprio patrimonio?insomma cose vecchie come il mondo. Che qualcuno si sloghi una caviglia o possa anche nel peggiore delle ipotesi lasciarci la pelle sarà ben difficile imputare qualcosa ai Marzano ,realisticamente parlando.Diversa la questione accompagnamento da parte di soggetti patentati o meno ,qui le responsabilità sono molto più chiare e nette.
Chi ha imparato a leggere i miei scritti (non solo qui, ma anche qui) sa che utilizzo il termine “spietato” nell’accezione originaria e più corretta, ovvero “s” privativa della “pietas” latina. Cioè è necessario ragionare e agire senza farsi prendere da considerazioni “emotive” e di “compassione”. Per esempio i fatto che il Putzu della situazione sul piano professionale magari sia capace, bravo, simpatico o semplicemente che campi di una certa attività (svolta, a quanto pare, senza presupposti di legge) NON deve farci essere indulgenti nei confronti di chi viola la legge.
Per quanto riguarda le condizioni di esproprio pubblico di proprietà private (sempre a fronte di indennizzi, sia chiaro) la legge definisce con precisione le ipotesi, fra queste rientra l’eventuale esproprio per esigenze militari (di sicurezza). Quindi il fatto che ciò sia avvenuto on passato e/o in altri luoghi, NON incide sul caso in questione, da voi citato, di “esproprio per far condividere a tutti un luogo di particolare bellezza naturale”: NON è fattispecie prevista dalla legge. D’altra parte se fosse strada giuridicamente percorribile, probabilmente sarebbe già stata percorsa dagli interessati.
Ineccepibile, invece, il paragone che ho fatto su differenti tipologie di proprietà, accomunate dal fatto che sono, giuridicamente parlando, tutte delle proprietà private. Infatti il diritto di proprietà è uguale a prescindere dal fatto che riguardi un appartamento cittadino o un terreno su un’isola pressoché disabitata. Poiché l’istituto giuridico del diritto di proprietà è uguale, non si possono ipotizzare delle differenze di comportamento/ragionamento nei suoi confronti. Cioè NON si può ragionare diversamente fra la proprietà di un appartamento e la proprietà di un terreno alla Tavolara o nelle Alpi Apuane. Sempre “proprietà” sono.
Rilevante invece il discorso delle responsabilità giuridiche che gravano sul proprietario in relazione a opere e manufatti presenti nella sua proprietà, affissi anche da altri soggetti e a insaputa del proprietario stesso. Questo principio è l’altra faccia della medaglia del diritto di proprietà: da un lato la legge tutela particolarmente la proprietà privata (in primis dall’intrusione e/o dal godimento di estranei), dall’altra però la legge dice al proprietario “Sei obbligato alla manutenzione di tutto ciò che sta dentro la tua proprietà e, se un estraneo, anche intromessosi a tua insaputa, riporta dei danni (es buca nel terreno, caduta e gamba rotta), tu proprietario sei responsabile di tali danni e devi risarcire il danneggiato”. Ovviamente ci deve essere quello che, nel diritto, si definisce ilnesso causale, cioè il rapporto causa-effetto fra negligenza del proprietario e danno riportato. Ovvero non tutte le cadute, ancorché verificatesi ni un terreno di proprietà privata, comportano inequivocabilmente la responsabilità del proprietario.
Molti proprietari di campi e terreni sottostimano il risvolto della responsabilità a loro carico e “tollerano” la sistematica intromissione o il passaggio altrui (anche di sconosciuti), ma fanno molto male, perché quando succede qualcosa (purché collegato alla negligenza sulla manutenzione) ne sono responsabili.
Pertanto non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. Per questo motivo il problema alla Tavolara è molto più “grave” di quello che possa sembrare alla semplice lettura. A prima vista sembra il contrasto fra i capitalisti “cattivoni” e un onesto lavoratore che “suda” ad accompagnare gente per portare a casa la pagnotta. Giuridicamente non è solo questo il quadro, ma molto di più. Per esempio se un ente pubblico si accorda (a fronte corrispettivo economico) per ottenere dai Massano il diritto di passaggio degli escursionisti, i Massano dovrebbero blindare il tutto in un contratto in cui caricano sull’Ente pubblico la responsabilità della manutenzione del sentiero e tutto ciò che ne consegue in caso di negligenza. Se non si cautelano un questo modo, il giorno in cui un escursionista si rompe una gamba per colpa di una buca non aggiustata né segnalata, l’obbligo di risarcimento è a carico dei proprietari. Il tema è quindi molto delicato e bene fanno i proprietari, nell’incertezza generale (acuita dal fatto che il Putzu – a quanto pare – lavora senza i dovuti requisiti di legge), a esser rigidi.
Corretto distinguere le due questioni come dice Crovella. Intervengo sul punto 2 con una richiesta di informazioni, se qualcuno le ha. Come è regolata la questione nelle cave delle Apuane spesso attraversata da sentieri? Ci sono state denunce o delibere comunali? Qui da me abbiamo il problema delle cave di ardesia nella zona di Lavagna. Per ora non ci sono state questioni, tranne la minaccia di denuncia, poi lasciata cadere, di un proprietario verso una guida escursionistica ambientale che aveva messo le foto di una escursione su FB. Però la questione è aperta. In alcune situazioni i proprietari hanno messo segnali di pericolo e di proprietà, ma in molti casi i sentieri ci passano di fianco e i siti sono completamente aperti. C’è stata ultimamente un’opera meritoria di restauro dei sentieri che ha aumentato la frequentazione, anche se non certo come a Tavolara. Per ora non è successo niente,per fortuna, però…..
A parte la parola spietati che fa venir brividi sono d’accordo quasi su tutto .
Ricordo comunque un esproprio Nato proprio nell isola e che un conto è il proprio appartamentino magari misero ai Parioli di 400m2 un’altra un isolone di 5000m2 acquisito in epoca corporativa a sfavore dei locali.
Ci sono due problemi, uno dentro all’altro. Concettualmente vanno tenuti completamente separati, sennò si fa un minestrone da cui non si capisce niente.
1) Il problema dell’esercizio abusivo della professione di guida alpina (problema che prescinde dal terreno geografico su tale abuso viene concretizzato: irrilevante se sin tratti di Tavolara o Monte Bianco): chi è fuorilegge, è fuorilegge. Occorre essere spietati al riguardo, altrimenti tanto vale eliminare la figura di guida alpina disciplinata dalla legge 6/89.
2) il problema del pubblico accesso (irrilevante se di professionisti con clienti o di liberi cittadini) in luoghi di provata proprietà privata. Anche qui occorre essere spietati a difesa del diritto di proprietà: il diritto di proprietà è definito e garantito per legge, la bellezza naturale dei luoghi non rileva a tal fine. Se accettiamo che il diritto di proprietà sia aggredibile, allora non si può non estendere tale azione a tutte le proprietà sul territorio nazionale, compresi gli appartamenti in cui vivete. Sareste contenti di trovarvi casa vostra invasa da altri individui? Credo di no e quindi va rispettata la o le proprietà sull’isola di Tavolara. L’ipotesi di “esproprio” per pubblica utilità non si applica ai luoghi di particolare bellezza, ma per alrtre cause disciplinate per legge (es occorre un terreno per farci passare una strada statale…). Si potrebbe pensare di acquistare i terreni in questione (per poi renderli di pubblico accesso), ma non ci sono principi di legge che contengano i prezzi: il controvalore dalla compravendita deriverebbe quindi dall’accordo fra le parti e, stante il clamore su qui terreni (che sul piano immobiliare valgono una cippa) è probabile che la proprietà esiga un prezzo alto.
Nulla osta che si possa giungere invece ad un altro tipo di accordo in cui i Massano, a fronte corrispettivo periodico, concedono il diritto di accesso (nelle loro proprietà di cui restano proprietari) o a tuti i cittadini (a tal proposito, la controparte dell’accordo è intuitivamente di natura pubblica: Regione Sardegna o Comune di Olbia) o a singoli professionisti esclusivamente quando accompagnano i loro clienti. Ovvio che il contratto in oggetto, se stipulato con detti singoli professionisti, non può che prevedere, a priori, che tali professionisti siano ineccepibilmente in regola con le norme di legge che disciplinano la loro attività professionale. Se Putzu NON ha qualifica di guida alpina (come emerge dai riferimenti citati da Cominetti) di sicuro non può proporsi come controparte contrattuale di questo eventuale accordo. Anzi Putzu dovrebbe mettersi in regola a prescindere dal tema Tavolara, perché l’esercizio abusivo di professione di guida è violazione di legge ovunque esso venga realizzato.
Il problema non è il sig. Putzu e con cosa sbarca il lunario più o meno legittimamente, o meglio lo è solo temporaneamente, lui e solo di passaggio.
Il problema sta nella storica cazzata fatta in quel nero periodo con la compravendita dell isola.
La regione dovrebbe riaproppiarsene,punto!costi quello che costi …!
Per ora mi rallegra il rosicare del proprietario che non può sbarrare e “sbarare” ai camminatori e che mi auguro siano sempre più numerosi(entro i limiti posti da quell’ecosistema).
Darebbe comunque un tono chiarificatore alla discussione un chiarimento del maggior interessato il sopracitato sig.Putzu
Forse è sfuggito questo articolo. Lo ripropongo:
https://gognablog.sherpa-gate.com/esercizioabusivo-in-montagna/
Allora dovremmo requisire tutte le ville della Costa Smeralda
beh, però, in effetti…
Due annotazioni conclusive.
1) Se vogliamo vivere in uno stato di diritto, dobbiamo rispettare tutte le tipologie di diritti, non solo i diritti che ci fanno comodo. Il diritto di proprietà è particolarmente definito e tutelato per legge. Se Marzano ha i titoli che attestano le sue proprietà sull’isola (o su “pezzi” di isola), questi diritti vanno tutelati al di sopra di ogni altra considerazione. Il fatto che si tratti di un “sito naturale di incomparabile bellezza” è, giuridicamente parlando, del tutto privo di fondamento. Allora dovremmo requisire tutte le ville della Costa Smeralda….
2) Cosa più importante. Alla mia prima lettura dell’articolo, ho dato per scontato che il Sig. Putzu (nel testo più volte definito esplicitamente come “guida olbiese”) abbia i requisiti giuridici per esercitare la sua attività a pagamento. L’ho dato per scontato perché mi pareva incomprensibile che un avvocato assumesse la difesa tecnica di Putzu (contro la resistenza di un proprietario, che pare invece legittimato nel suo ruolo di proprietario) senza aver verificato la legittimità giuridica di Putzu nell’esercizio della sua attività commerciale. Su questo specifico punto, allo stato attuale, non abbiamo elementi né per attestare né per smentire la legittimità professionale di Putzu. L’unica annotazione proviene dai commenti di Cominetti che, fra le righe, fa emergere la tesi che Putzu non sia ufficialmente una guida alpina, neppure nelle declinazioni previste per le attività escursionistica. Se è così, Putzu non può farsi pagare neppure per accompagnare delle persone lungo il marciapiede di corso Buenos Aires a Milano. Questo punto è rilevantissimo: io (che NON sono guida) sono però uno strenuo sostenitore dell’applicazione “teutonica” e inflessibile della legge 6/89. Chi non ha i requisiti formali NON può farsi pagare per accompagnare gente nei percorsi outdoor. Questa mia pappardella è rilevante anche con riferimento a questo articolo perché, alla luce di quanto sopra (cioè se davvero Putzu non ha i requisiti per esercitare attività a pagamento), l’analisi della questione si evolve ancor più a svantaggio di Putzu. Emerge il sospetto che l’iniziativa di Putzu sia in realtà finalizzata a innescare una specie di “sollevazione di popolo” (come nel commento 18) per reclamare il diritto di godere “pubblicamente” di una bellezza naturale (cosa cmq infondata – vedi punto 1), ma tutto ciò in realtà servirebbe a Putzu per legittimare la sua attività commerciale. In pratica cerca una autorizzazione specifica per potersi far pagare quando accompagna gente sulla vetta di Tavolare. Ripeto: allo stato attuale non abbiamo elementi oggettivi per propendere né in un senso né nell’altro. Tuttavia questa sensazione disturba assai il lettore e la prima cosa che Putzu dovrebbe chiarire pubblicamente è proprio se egli disponga o meno dei requisiti di legge (ai sensi della 6/89) a farsi pagare dai clienti, a prescindere che li accompagni o meno sui sentieri di Tavolara. Solo “dopo” si andrà a verificare la fondatezza o meno della pubblica percorribilità di sentieri che attraversano proprietà private…
Sicuramente il proprietario del terreno ha anche approfittato della momentanea carenza di governance del parco. Mi stupisce anche la cecità del proprietario al sacrosanto diritto di tutti di poter godere di un monumento naturale di incomparabile bellezza. Bastava un po’ di buon senso da parte di tutti, la legge non risolve tutti i problemi… (dura lex, sed lex). Risultato? Tutti scontenti.
Lunga vita alla famiglia Bartoleoni e alle sue discendenze…
L’articolo parla di “guida olbianese”. Se Putzu NON possiede le caratteristiche per svolgere attività retribuita, ovviamente non può neppure chiedere l’ufficializzazione della sua attività “sul terreno”. Personalmente non conosco questo Putzu e non so dire se sia oggettivamente guida alpina o meno. Se non lo è, la sua azione giuridica parte zoppa. Inoltre viola la legge, a prescindere da dove operi.
Riallacciandomi a quanto nel mio commento precedente, c’è stato un articolo anche qui sul blog che trattava l’argomento: https://gognablog.sherpa-gate.com/esercizioabusivo-in-montagna/
Mi ricordo di un caso in cui un ladro veniva sorpreso dai Carabinieri a rubare e veniva preso ma costui sporse denuncia perché il furto rappresentava il suo mezzo di sostentamento.
Certo che di personaggi originali ne girano.
Premessa (che per molti sarà ridondante, ma ci sono sempre dei lettori che si aggiungono di recente, per cui è utile ripeterla): io NON sono un avvocato, ma un consulente di strategia aziendale per aziende industriali. Però in 40 anni circa di attività professionale, ho trattato molti casi che hanno delle analogie con questo (quanto meno a livello di istituti giuridici: proprietà, usucapione, contrattualistica, responsabilità ecc). Non voglio insegnare nulla a nessuno, ma penso di poter dare un contributo di pensiero al dibattito. Il caso specifico mi interessa poco (anzi nulla), invece mi intrigano la fattispecie giuridiche coinvolte. Riporto alcune mie riflessioni, i giuristi puri intervengano a migliorare eventualmente il discorso.
1) USUCAPIONE: con tutta la buona volontà, qui proprio non ci sono gli estremi. L’usucapione deve essere riferita a uno soggetto ben individuato che abbiano utilizzato “uti dominus” la proprietà altrui per almeno 20 anni senza messa in mora da parte del proprietario. I soggetti possono anche essere più di uno, ma sempre ben individuabili. Ovvero NON vale il fatto che una moltitudine indistinta di escursionisti (molti dei quali irrintracciabili e che magari hanno percorso l’itinerario una volta sola) abbaino avuto accesso al sentiero. Il soggetto può essere il Sig. Putzu oppure una collettività di operatori, ma occorre che chi reclama l’usucapione depositi specifica istanza presso il tribunale competente e ottenga sentenza che gli riconosca l’usucapione. Non basta quindi che ci siano “a tavolino” i requisiti per l’usucapione (anche in casi dove l’usucapione è molto più eclatante di questa), perché l’usucapione, giuridicamente, non è efficace se non dopo la sentenza. Ha voglia Putzu di imbarcarsi in un procedimento legale, lungo complesso e costoso? E se ha voglia, perché non lo ha ancora fatto?
2) ART 842 C.C. principio cacciatori possono introdursi in proprietà private. NON penso, anzi escludo, che sia automaticamente estendibile agli escursionisti. Altrimenti andrebbe riconosciuto a qualsiasi cittadino (devo lavare l’auto e lo faccio nel campo del vicino…). Occorre o una specifica aggiunta nell’articolo del C.C. (e credo che Governo e parlamento abbiano ben altri problemi da sbrigare…) o, forse, potrebbe essere utilizzato come elemento rafforzativo di un’eventuale sentenza di usucapione, fermo restando che devono esserci prove oggettive primarie per l’usucapione (testimonianze, foto, scritti provanti ecc).
3) REQUISIZIONE DEI TERRENI PRIVATI PER PUBBLICA UTILITA’: non è questo il caso, riguarda finalità oggettive (es farci passare una strada statale) e non finalità turistiche o commerciali. In ogni caso prevede un indennizzo per il proprietario.
MORALE: CHE SI PUO’ FARE? Non vedo che la strada dell’accordo fra le parti, strada che confluisce in un contratto. Mi spiego con parole semplicissime, non storcano il naso i giuristi puri: in pratica si “affitta” il sentiero (o i pezzi di sentiero che attraversano la o le proprietà private) a fronte di un corrispettivo periodico. Occorre naturalmente che le due parti condividano questo accordo, non lo si può imporre al propietario. Chi può affittarlo? Due ipotesi: o un ente pubblico-territoriale (es Regione Sardegna o comune competente) o un soggetto privato, che può essere sia persona fisica (il Sig. Putzu) sia persona giuridica (es una srl o una cooperativa che vi svolge attività turistica). La differenza è: nel primo caso, il sentiero sarà a disposizione di tutti; nel secondo caso, chi affitta avrà possesso (attenzione “possesso” e non “proprietà”) esclusivo e potrà mettere un cancello iniziale con chiavi solo per sè o per suoi collaboratori (accesso escluso ai i normali escursionisti “privati”). In tutti e due i casi, nel contratto (che sarà evidentemente redatto da legali) è interesse del proprietario (anche se teoricamente ridondante) specificare che la manutenzione del tratto affittato è a carico di chi affitta, da cui deriva che le relative negligenze saranno imputabili a costui (se ci apre buco e non viene chiuso, chi cade e si rompe una gamba fa causa all’affittuario e non al proprietario).
Se io fossi il proprietario, (nonostante il contratto ben scritto, in vigore e depositato) metterei a mie spese una recinzione sul bordo del sentiero (appena dentro i campi privati) con tanto di cartelli a distanza standard PROPRIETA’ PRIVATA, in modo tale che nessun escursionista possa “confondersi” (fra sentiero accessibile e i miei campi) e venirmi in un domani a fare causa per eventuale infortunio accaduto dentro ai mie campi.
Cominetti. Sono d’accordo al 100% anche sulla parte assicurativa. Ho appreso recentemente che, ad esempio, la polizza Cai sugli infortuni che si accende con la tessera e che copre solo le attività sociali, tra cui la manutenzione dei sentieri, (per le private bisogna farne un’altra che costa nella versione Premium 244 €) rimborsa la morte e l’invalidita’ ma le spese sanitarie solo fino a 2000€, che non sono niente se uno, come spesso succede ormai deve rivolgersi al privato visti i tempi del pubblico. Meglio farsi una polizza propria con maggiori coperture. Ma non basta bisogna anche comunicare che si ha anche una polizza Cai, altrimenti le due assicurazioni fanno casino in sede di rimborso. C’è da sperare, come dici tu, che tutto fili liscio.
La confusione sembra regnare sovrana tra leggi regolamenti e responsabilità. Facendo l’avvocato del Diavolo mi viene da dire che il Sig. Putzu quando sarà di fronte al giudice dovrà rispondere di abuso di professione di guida alpina, perché per salire alla punta del Cannone si arrampica, al di là che ci siano cavi e installazioni varie. Io auguro il meglio a tutti ma penso sempre che finché va tutto liscio non ci sino problemi ma in caso di incidente sono cazzi acidi per tutti. Il proprietario del terreno perché responsabile delle installazioni anche poste a sua insaputa e la guida se non munita dei titoli previsti dalla legge. Più che altro in termini assicurativi sappiamo bene che le compagnie spalancano le braccia a gruppi e associazioni quando questi ultimi vogliono stipulare polizze infortuni ma poi spaccano il capello in 4 quando si tratta di risarcimenti. E in ultima analisi bisogna vedere quanto pretende l’infortunato/i e/o la sua famiglia. Io ci penserei due volte prima di affidarmi a pure teorie discusse sl bar perché nei tribunali ci sono stato e ho visto che non si scherza d rovinarsi l’esistenza è un attimo…
Ho affrontato questo problema personalmente nell’attività di volontariato ambientale. Ci è stato detto che il proprietario del terreno e’ responsabile per cio’ che è sul suo terreno: scale, attrezzature, passaggi assistiti….anche costruiti da altri a sua insaputa. A meno che ci siano delle servitu’ di passaggio. Poi sarà lui eventualmente a rivalersi su chi ha costruito senza autorizzazione. Ecco perché i proprietari a volte sono così rognosi e perché è molto rischioso andare ad operare sul loro terreno senza autorizzazione. Magari non dicono nulla perché sono lontani e assenti ma se vengono a saperlo (spiate varie di paese) sono cavoli. Ormai nel dubbio noi facciamo sempre visure catastali e spesso desistiamo per l’impossibilità di contattare tutti i proprietari/ eredi.
Sono due problemi distinti: la violazione di un’eventuale proprietà privata e la responsabilità in caso di incidente avvenuto all’interno dell’eventuale proprietà privata. Prima di arrivare al secondo caso, occorre chiarire il primo. Chi rivendica una proprietà deve produrre un titolo idoneo (rogito di acquisto, denuncia di successione, ecc) e visura catastale che confermi la proprietà. Se ci sono i titoli, la proprietà privata è ineccepibile: con tali presupposti le considerazioni che quel “luogo” è troppo bello per essere privato è del tutto priva di fondamento. Se non ci sono i titoli, allora la posizione del presunto proprietario è fallace.
In caso di incidente durante un’escursione all’interno di una proprietà privata, la situazione è piuttosto variegata. Se c’è una guida professionista (prezzolata), essa è responsdabile, ma come in qualsiasi uscita anche in terreno libero. Se si tratta di uscite anche senza guide, ma ufficiali (es gita sociale CAI, uscita di scuola CAI ecc), scattano le stesse responsabilità a carico degli organizzatori, come in qualsiasi gita in terreno aperto (non privato). Se è uscita fra amici, non ci sono responsabilità, almeno allo stato attuale dell’orientamento giurisprudenziale.
Questo in caso di incidenti, come dire?, di percorso: una caduta del partecipante, disattenzione varie dei partecipanti, qualche altro ha fatto partire scariche di pietre ecc ecc ecc
La responsabilità del proprietario potrebbe scattare in caso di sue negligenze particolari, es c’è un pozzo, un buco, una scala pericolante e lui non ha fatto manutenzione e non ha messo avvisi specifici di pericolo. Cose così, elencarle tutte sarebbe sconfinato. Questo vale se il proprietario “tollera” le escursioni di estranei nella sua proprietà o le autorizza dopo esplicita richiesta. Fermo restando che, se la proprietà privata è incontestabile (vedi punto soprastante), gli estranei che vi si avventurano senza autorizzazione commettono violazione di proprietà privata e quindi quanto meno c’è un loro concorso di colpa (rispetto ad una eventuale negligenza del proprietario) o addirittura (secondo me) prevale la gravità della violazione di proprietà rispetto alla negligenza del proprietario: se infatti l’estraneo NON avesse violato la proprietà altrui, non si sarebbe trovato nella situazione di pericolo. Ad abundantiam (come dicono i giuristi), il legittimo proprietario potrebbe affiggere un cartello generico all’inizio della proprietà: PROPRIETA’ PRIVATA VIETATO L’ACCESSO
In caso di incidenti risponde la “guida”.
La questione della responsabilita’ in caso di incidenti e relativi distinguo mi pare seria e per me il proprietario ben fa se vuole chiedere chiarezza. Se poi abbia altri scopi non so ma fuori luogo mi pare la levata preventiva di scudi , cosa c’entra poi il governo? ( ..where money talks nobody walks…)
“E’ un po’ come se avessero messo in vendita il Colosseo (e non vorrei sbagliare, ma qualcuno ci aveva pensato).
Totò vendette la Fontana di Trevi.
Ma a quei tempi si trattava di umorismo surreale.
@Matteo
Sono d’accordo… ma Tavolara – nel mio immaginario – è un patrimonio naturale e culturale inestimabile. Sono sicuro di essere nell’errore io, ma la mettevo sullo stesso piano di isole come Caprera o l’Asinara. E’ un po’ come se avessero messo in vendita il Colosseo (e non vorrei sbagliare, ma qualcuno ci aveva pensato)
Andrea, non capisco dove sia lo scandalo che ti sconvolge: è pieno di isole (o parti di esse) private, dove è vietato lo sbarco.
Piuttosto, mi chiedo quali siano le intenzioni di Marzano. Potrebbe essere solo che richieda una manleva circa la sua responsabilità su eventuali incidenti o sulla manutenzione di manufatti o sentieri come potrebbe essere che punti a imporre un pedaggio
Anni fa sulla palestra di Rocca Pendice un corsista cadde. La facoltosa famiglia fece causa al cai, all’istruttore e al proprietario della parete ove, appunto, è insediata da oltre 100 anni la palestra. La zona fu interdetta per un lungo periodo. Poi credo sia intetvenuto l’ente parco colli euganei a tutela del proprietario che ha cosi permesso la riapertura della palestra s dei corsi. Al solito, in italia, ci deve scappare il morto a che sia fatta chiarezza 😔
concordo con Parmeggiani. Quello che è grave che Tavolara sia privata. Come del resto è assurdo che una montagna sia privata, o sia fatta passare tale per sfruttarla a proprio piacimento. E qui ritorno alle cime apuane!!!
Quello che mi sconvolge è che un luogo come Tavolara sia privato: non lo sapevo, e penso che sia allucinante. Quando inizieremo a privatizzare anche il sole?
Io credo che il signor Marzano abbia ragione se è proprietario del territorio. Non è vero che tutto è di tutti e che si possa fare tutto su territori privati. Quanto meno si debba chiedere il permesso. Poi per le Leggi??? Lasciamo perdere siamo in Italia.