Alpe Devero, 173 milioni di Euro per snaturare un paradiso sostenibile
Turismo bianco, futuro nero – 7 (7-17)
di Andrea Barolini
(pubblicato nel febbraio 2020 sul dossier Turismo bianco, futuro nero di valori.it)
Arrivando all’Alpe Devero, a 1600 metri di altitudine, ciò che sorprende è la calma. Un altopiano circondato da montagne sostanzialmente incontaminate. D’inverno, cime, boschi e roccia gelata circondano una piana innevata. Che si trasforma in prati, ruscelli e verde lussureggiante d’estate. Un paradiso. Soprattutto per chi ama passeggiare, utilizzare le racchette da neve, avventurarsi nello sci alpinismo, vivere la montagna in modo “naturale”.

All’Alpe Devero un investimento da 173 milioni
L’alpeggio potrebbe tuttavia subire un cambiamento radicale nei prossimi anni. Ciò per via del Piano strategico Avvicinare le Montagne proposto dalla provincia del Verbano-Cusio-Ossola e da quattro comuni. Costo dell’intervento: circa 43 milioni di euro per le casse pubbliche, ai quali si aggiungono circa 130 milioni in arrivo da un investitore privato, la San Domenico Ski, società che gestisce gli impianti di risalita nella località omonima. Ovvero nella valle adiacente a quella che porta all’Alpe Devero.
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Un investimento corposo, che comprende il rifacimento di strade malmesse e la costruzione di nuovi parcheggi. Ma anche impianti di risalita – una funivia e due seggiovie a sei posti, con portata oraria di 2.400 persone – bacini idrici per lo sfruttamento della neve artificiale, nuove piste da sci, alberghi e altre strutture. «La nostra paura – spiega uno dei ristoratori locali – è che quello che oggi è un luogo che prospera grazie a un turismo sostenibile sia domani invaso da migliaia di persone. Il che sfigurerebbe il villaggio, comporterebbe la costruzione di infrastrutture e servizi incompatibili con il contesto. E farebbe scappare le persone che oggi invece vengono qui proprio per godere di un alpeggio incontaminato».
VIDEO: Alpe Devero, il progetto Avvicinare le montagne
Andrea Ratti da tempo si batte assieme al Comitato Tutela Devero, che si è costituito proprio per contrastare il progetto, nonostante quest’ultimo sia sostenuto dalla maggioranza della popolazione.
«Uno dei punti centrali del progetto – spiega – è legato alla ristrutturazione di un vecchio albergo, il Cervandone, il cui tetto è andato a fuoco alcuni anni fa. L’idea è non solo di ripristinare una struttura di circa 2mila metri quadrati, che già risultava sovradimensionata per questo luogo. Ma addirittura di ampliarla fino a 5mila metri quadrati. E, come se non bastasse, di aggiungerne un’altra di 2.200 metri quadrati, a fianco».
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Interventi su impianti, strade e infrastrutture
Va detto che il piano “Avvicinare le Montagne” non prevede soltanto interventi su impianti di risalita e piste da sci. Sarà ad esempio rifatta la strada che dalla frazione di Goglio porta all’Alpe Devero, che da anni ha bisogno di essere ristrutturata. «Ma non si capisce per quale ragione non si siano effettuati unicamente gli interventi di questo tipo», si chiede Ratti.
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Andrea Vicini, sindaco di Baceno – uno dei quattro comuni che hanno approvato il piano – spiega che l’obiettivo è di effettuare «più interventi allo stesso momento. Qui fronteggiamo un continuo processo di spopolamento. Lo scorso anno a fronte di più di 30 decessi abbiamo avuto un solo nato, peraltro neppure residente. Dobbiamo superare la logica del turismo mordi e fuggi».
VIDEO: Alpe Devero, il progetto “Avvicinare le montagne”
«Ma da noi – replica un esercente della zona – pur non navigando nell’oro, si riesce a vivere del turismo attuale. Che non farà i numeri delle Dolomiti ma è comunque assiduo». Mentre termina la frase, nella locanda entra un gruppo di appassionati di sci alpinismo provenienti dalla Francia. Completamente ignari del progetto: «Non ne sapevamo nulla, ci sembra assurdo. Ovviamente, se l’Alpe Devero dovesse diventare una stazione sciistica “tradizionale” noi non torneremo più. Cercheremo un altro luogo nelle Alpi che ci consenta di fare i turisti nel modo in cui vogliamo».

Il partner privato segreto
Il Comitato Tutela Devero ha lanciato una petizione sul sito change.org, chiedendo alla Regione Piemonte di rifiutare il piano. A sostenerla sono state già 92mila persone. «Per via dell’impatto ambientale – aggiunge Ratti – ma anche per ragioni finanziarie. La società San Domenico è infatti di proprietà al 100% dei una società anonima svizzera, della quale non si sa nulla». Lo stesso Vicini, in effetti, conferma a Valori.it di non conoscere le identità degli investitori.

Per questo, secondo il comitato, «oltre ai danni ambientali derivanti dalle nuove infrastrutture, in una area tra le più integre delle Alpi, ciò che dobbiamo evitare è il rischio di un fallimento economico. Che, senza alcun garante, ricadrebbe sulla spesa pubblica e lascerebbe ulteriori scheletri abbandonati sul territorio. Come è possibile che le istituzioni approvino un importante progetto con impatti enormi sul tessuto economico della zona con un partner “anonimo”?».
Alpe Devero, il paradiso che vuole fare la transizione al contrario
GognaBlog per l’Alpe Devero
27 novembre 2017
https://gognablog.sherpa-gate.com/riqualificazione-dellalpe-devero/
23 dicembre 2017
https://gognablog.sherpa-gate.com/comitato-tutela-devero/
2 settembre 2018
https://gognablog.sherpa-gate.com/alpe-devero-avvicinare-le-montagne/
18 ottobre 2019
https://gognablog.sherpa-gate.com/beni-comuni-e-alpe-devero/
2 dicembre 2019
https://gognablog.sherpa-gate.com/alpe-devero-bene-comune-1/
3 dicembre 2019
https://gognablog.sherpa-gate.com/alpe-devero-bene-comune-2/



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Concordo con tutti i commenti precedenti. Valorizzazione è la parola magica, che serve a trasformare, pardon a stravolgere e rovinare, con adeguato ritorno pecuniario per pochi, le poche aeree ancora incontaminate o almeno non ridotte a dei luna park per turisti mordi e fuggi. Le nevicate degne di tal nome si fanno sempre più rare, ormai queste stazioni possono solo vivere con la neve artificiale, con tutti i danni collaterali. La speculazione finanziaria prevale su una sana e solida programmazione che può avere nel turismo ecosostenibile un valido supporto per l’economia locale e non solo per l’ambiente. Tornando all’Alpe Devero ho il ricordo di una fantastica, tranquilla Pasqua scialpinistica di quasi quarant’anni fa.
Giù gli impianti dall’Alpe Devero.
Giù le mani dall’Alpe Devero.
Buongiorno a tutti
aggiornamenti costanti sulla situazione dei progetti in corso a Devero sono visibili sulla pagina facebook del Ciomitato Tutela devero, sorto per opporsi alla scellerata iniziativa.
Ricordiamo che su change.org e presente la petizione “salviamo l’alpe devero” che ha raccolto circa 95.000 firme.
Se non l’avete firmata potete farlo e diffonderla presso i vostri conoscenti.
Anche il FAI si propone di preservare l’Alpe Devero: puoi dare una mano votando l’Alpe Devero Luogo del cuore sul sito del FAI
Devero è un bene comune, non lasciamolo distruggere da speculazione, miopia e ignoranza!
È un tema che abbiamo già affrontato. Come il vallone delle Cime Bianche. Per me, che sono di origini ossolane, è un dispiacere ogni volta la constazione che gli indigeni e i loro leader sono in maggior parte favorevoli a questi interventi e siamo noi stranieri o emigrati a condurre certe battaglie. Visto che abbiamo parlato su altri argomenti di cultura, come insieme di valori e punti di vista che si esprimono nelle opere, possiamo dire che non sempre la “cultura” del luogo è allineata alla natura del luogo stesso: esistono “culture” del consumo, dell’avidita’, dello sfruttamento a breve termine che si affermano anche in comunità che vivono in ambienti meravigliosi e producono manufatti che lasciano purtroppo un segno spesso indelebile. Non ci sono garanzie che il bello produca una cultura del bello.
Concordo con i sig.Daidola e Crovella di cui riscrivo l’ultima frase con parole mie: le stazioni sciistiche ormai sono talmente tante che si rubano i clienti a vicenda. Oppure sperano che dalla Russia e dalla Cina arrivino orde, ma letteralmente orde, di turisti smaniosi di sciare sulle Alpi?
D’accordo con Crovella.
Al Devero poi assolutamente nessun impianto!
Concordo pienamente con Daidola. Neppure io sono a favore della wilderness assoluta nelle Alpi (ma anche altrove, ormai non esiste luogo al mondo dove regni la wilderness assoluta). Sono per una scrematura numerica e una selezione cultural-intellettiva dei frequentatori delle Alpi, attraverso la netta riduzione degli elementi di comodità, specie come li intende la società di massa dei nostri giorni. Quindi: No ai caroselli Superski e sì, invece, ad un turismo dolce e responsabile. La Val Maira, nel cuneese, è la dimostrazione che una valle, desertificata solo pochi decenni fa, può invece rifiorire proprio grazie al turismo dolce: oggi è inserita nei cataloghi turistici del Nord Europa e attira molti curiosi dai paesi nordici, oltre che dalle regioni italiane (e molti cittadini sono tornati a viverci proprio grazie alle opportunità del nuovo modello turistico). Il problema è che c’è sempre il rischio che, appena offri un’unghia, ti prendano altro che il braccio… Non voglio riaprire qui il dibattito sui bivacchi, ma quello è – da solo – un punto chiave di base. Occorrono nuovi punti d’appoggio per alimentare un circuito virtuoso di turismo dolce? Bene, si facciano, ma in primis ristrutturando manufatti già esistenti (baite abbandonate, casermette diroccate ecc) e, in secundis (come diceva Totò), se è proprio necessario porre costruzioni nuove di zecca, lo si faccia con sobrietà (es chlalet in legno di colore armonico con l’ambiente o, in alta quota, forme che si mitigano con il circondario, senza tutti i voli pindarici tecnologici che innescano le “nuove” idee). Da questa considerazione di base (sui punti d’appoggio come bivacchi e piccoli rifugi) il passo fin verso i grandi comprensori è concettualmente molto breve, e quindi stroncare sul nascere ogni velleità anche sul “nuovo” strampalato bivacco da 8-10 posti, significa sgomberare il campo da ogni rischio di megaimpianti sciistici ecc. A latere occorre fare un lavoro molto faticoso per far cambiare la mentalità dominante, privilegiando la filosofia (e le sue applicazioni) del turismo dolce e rispettoso. Ci può stare il bivacco “qui”, ci può stare la falesia attrezzata “là” e quindi ci sta anche la stazione di sci, ma con pochi impianti, poche piste battute (e NON tirate come biliardi) e molto fuoripista lasciato brado (facile da dire, ma politicamente arduo da realizzare: comporta un cambio “copernicano” di modello turistico). In ogni caso, per concludere, di impianti sciistici sulle Alpi ce ne sono già così tanti che, senza arrivare a prevedere la l’estirpazione di quelli esistenti, di nuovi io non ne metterei. A prescindere, come diceva Totò.
gli studi di architettura e ingenegneria già si fregano le mani per tutta la cultura che dispenseranno in questo luogo.
Il Devero era quello che per raggiungerlo si partiva a piedi da Goglio.
tranquillo ci penseranno gli ARCHITETTI a fare tutto bene e a lasciare un SEGNO della cultura.
Non c’è niente da fare, la razza umana si è impegnata e continua ad impegnarsi per distruggere tutto, compreso ovviamente se stessa. Attraverso progetti indecenti come questo che, addirittura nella spudoratezza del nome, richiamano l’ennesima costruzione di “città in montagna”. Nemmeno la pandemia sembra frenare tanta tracotante ignoranza e supponenza. Arriverà, dicono, il vaccino a salvare il formicaio umano e le stazioni di ski total che ne sono una delle tante tristi espressioni. Il grosso pericolo di investimenti del genere è anche quello di screditare, rendendoli pochi credibili, progetti virtuosi di valorizzazione della montagna nel senso buono del termine, attraverso lo sviluppo di un turismo morbido, l’unico che può garantire redditi dignitosi, ricchezza spirituale e culturale agli abitanti ed evitare così lo spopolamento. Tali progetti sono avversati da chi vorrebbe una montagna all’insegna di una wilderness totale, e vede in essi un primo passo verso la realizzazione di vergognose porcate. Peccato che i montanari del posto, come sembra in maggioranza, non se ne accorgano e sognino le Dolomiti, Patrimonio dell’Umanità Unesco, con la ragnatela del suo Superski, come l’Eldorado da raggiungere. Che tristezza.