La montagna di luce

Il Monte di Sainte-Victoire visto da Lauves è un olio su tela, di 60 x 73 cm, conservato al museo A. S. Puškin di Mosca. Datato 1905 o 1906, il dipinto è probabilmente l’ultimo che Paul Cézanne dedicò alla grande ossessione della sua vita, la Montagne de la Sainte-Victoire.

Il Monte di Sainte-Victoire visto da Lauves è un olio su tela, di 60 x 73 cm, conservato al museo A. S. Puškin di Mosca. Datato 1905 o 1906.
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Il grande pittore raffigurò quella montagna, stabile quanto cangiante riferimento nel mare delle colline provenzali, in maniera quasi ossessiva. Il paesaggio è dipinto con colori chiari, pieni di luce, con regolari pennellate quasi quadrate. Nell’opera non v’è pace, quella pace che spesso una montagna così ispira ad altri. L’artista è ormai diventato cosa unica col monte e questo sembra esplodere dello stesso dinamismo dell’artista, concentrato in un mondo di immagini che del presente non ha più nulla.

Gli alpinisti e gli arrampicatori vanno volentieri in Provenza. In questo non differiscono dagli altri viaggiatori. Ma per i primi è più facile la sensazione di riscoprire qualcosa nell’aria, nelle forme e nei colori.

Credo che ciò sia dovuto all’ambivalenza di questa terra che mescola linee verticali ed orizzontali in modo così dissimile dalla montagna vera e propria. La sensazione di deserto che emana da una cresta quasi evaporante nella calura di un pomeriggio di agosto è forte quanto la violenza del mistral che spazza la stessa cresta nella stagione invernale: ecco che il vento azzera le foschie, i contorni più lontani si stagliano, si chiarisce che siamo al centro del grande mistero provenzale, nella danza di mille odori di erbe, di fiori e perfino di roccia.

Calura e mistral, vuoto e paesi abitati, muraglie e colori sempre diversi esprimono un’appartenenza a un mondo che non è il nostro. Eppure il paesaggio è semplice, le linee sono poche, come pure le fughe.

Paul Cézanne, autoritratto
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In questo angolo di terra provenzale camminare è una ben antica tradizione. L’arrampicata è invece molto più recente. Oggi, il visitatore che vuole scoprire Sainte-Victoire avrà tendenza a conoscere pietra, terra, cielo e paesaggi. A quello scopo si butterà subito nelle escursioni o nelle arrampicate. Ma qui l’elemento più importante è la luce, non bisogna dimenticarlo. Le luci, di cui sono disegnati forme e volumi della montagna, danno finalmente al viaggiatore ciò che qui v’è di più bello: Densa, fluida cola e si espande, quasi palpabile, tra gli altri pilastri rocciosi della montagna, incide i rilievi delle pareti con le sue penombre. Luce nuova… Luce dell’inizio del mondo (Jacques Lacarrière).

Leggere la natura significa saperla vedere sotto l’apparenza di un’interpretazione di macchie di colore, accostate armonicamente. Queste grandi tinte possono essere scomposte attraverso la modulazione tonale. Dipingere significa registrare le proprie sensazioni colorate. Così scriveva Paul Cézanne nel 1880. Attraverso tante gite in compagnia dell’amico naturalista Fortuné Marion, che gli fece conoscere le bellezze ed i segreti della montagna, Cézanne gradualmente entrò nell’essenza di quelle forme ardite, così diverse nelle varie ore della giornata. Vagabondare alla base delle grandi pareti calcaree, tra campi di papaveri e di lavanda, salire per i suoi versanti non troppo rocciosi, cavalcarne le creste nei vapori della calura e nelle folate di mistral furono il mezzo per l’artista di penetrare a tal punto la Sainte-Victoire da abolirne la distanza sulla tela perché quella non era più “altro da sé”, uno sfondo decorativo ma forse superfluo. Era una forma pura su cui concentrarsi e dipingere, un tema di esplorazione esteriore ma anche interiore. Sulle tele la montagna fu zoomata come unico oggetto importante di ricerca.

Di posa in posa, la Sainte-Victoire domina ormai la sua pittura in esterno, con la sua mole solidamente collocata tra il cielo e la terra, con la sua “calvizie” palpitante di vibrazioni luminose. Cézanne vaga intorno a quella montagna, elaborando con lentezza – con l’estenuante lentezza con cui essa, geologicamente, si è costituita – le sue immagini. Da quell’insieme di immagini emerge la presenza silenziosa e semplice, ma allo stesso tempo misteriosa, di un modesto rilievo della terra di Provenza che la pittura trasforma in un simbolo magico.

Il Monte di Sainte-Victoire, Paul Cézanne.1900 ca. Acquerello su schizzzo a matita cm 31,1 x 47,9. Parigi, Louvre
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Sono più di trenta, alla fine, le tele che ci dicono della Sainte-Victoire: dipinta in uno stato di totale evanescenza, quasi una nuvola indistinta rispetto al restante paesaggio (come nelle versioni conservate a Basilea ed a Filadelfia); oppure pervasa da una luminosità accecata, dissolta in un’albedo che de-struttura i profili incerti dello stesso paesaggio (come nella tela del 1902 conservata al Louvre); oppure, ancora, incendiata, come una bocca di fuoco che divora la terra (come nel caso dell’opera esposta a Baltimora) (Bruno Bandini).

Montagne de la Sainte-Victoire e fioritura di papavero
Veduta (papaveri) dalla fattoria di Subéroque sulla parte orientale del massiccio della Montagne Sainte-Victoire (Provenza)

postato il 24 aprile 2014

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La montagna di luce ultima modifica: 2014-04-30T07:54:00+02:00 da GognaBlog

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3 pensieri su “La montagna di luce”

  1. Un buon articolo!
    Paul Cézanne, un grande Maestro Post-Impressionista che ha influenzato le avanguardie artistiche pittoriche del ‘900.
    Precursore del Cubismo e dell’Astrattismo.

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