L’Osservatorio per la Libertà in montagna
a cura della Redazione e di Alberto Rampini (presidente CAAI)
I punti fondamentali
1) Premesse culturali su pericolo e libertà
Non si può confondere l’attività sportiva con l’attività alpinistica o scialpinistica.
Dobbiamo diminuire il numero degli inconsapevoli, non aumentare il numero dei dissuasi o dei puniti.
2) L’Osservatorio per la libertà in montagna ieri
Nel tempo è diventato sempre più chiaro che, approfittando del manifesto interesse dei soci del CAI verso le questioni relative alla libertà, l’unica strada percorribile per una gestione efficiente dell’iniziativa sarà quella del coinvolgimento diretto dei soci CAI, cosa possibile solo attraverso le vie istituzionali.
3) L’Osservatorio per la libertà in montagna oggi
Con il CAI già oggi occorre:
– studiare il tipo di struttura istituzionale;
– stilare lo Statuto;
– accrescere il numero degli aderenti;
– interfaccia con i Gruppi Regionali;
– documento base;
– rapporto con i sindaci;
– rapporto con i proprietari di terreni nell’ottica di eliminare la loro responsabilità;
– operare per una modifica dell’Articolo 426-449 del Codice Penale (1930).
4) L’Osservatorio per la libertà in montagna domani
– Gli scopi della TAM (Commissione Tutela Ambiente Montano) possono essere coniugati con quelli dell’Osservatorio? Opportunità e perplessità al riguardo;
– Concettualmente più facile appare l’abbinamento al CAAI che però, essendo visto dai più come élitario, potrebbe non essere in grado di catalizzare le energie di tutti;
– La creazione di una struttura operativa in ambito CAI appare oggi in contrasto con la politica di attuale snellimento di commissioni e strutture.
In dettaglio
1) Premesse culturali su pericolo e libertà
Probabilmente la prima impugnazione importante in merito fu del procuratore della Repubblica di Sondrio in occasione della valanga del Vallecetta (inizio anni 2000). Nessuna vittima, nessun ferito, neppure allertato il servizio di soccorso, ma otto mesi di reclusione ai cinque sciatori che erano nei paraggi (non solo a chi ha provocato la slavina, certamente uno solo).
Risulta evidente e alla luce delle conoscenze attuali che la norma è a dir poco obsoleta e andrebbe certamente rivista.
Bisogna far passare il concetto che scendere un pendio innevato lungo una pista da sci o lontano da essa sono due cose culturalmente opposte, certamente compatibili tra di loro, ma da non confondere.
Non si può confondere l’attività sportiva con l’attività alpinistica o scialpinistica.
Dunque dobbiamo spendere ogni energia nel campo della formazione e dell’informazione corretta, non nel campo del divieto e della punizione.
Dobbiamo fare in modo di essere informati sulle modalità di quella grande parte di incidenti che si sono auto-risolti (senza intervento di soccorso esterno) ma che per paura delle conseguenze penali vengono tenuti nascosti dai coinvolti.
Dobbiamo diminuire il numero degli inconsapevoli, non aumentare il numero dei dissuasi o dei puniti.
2) L’Osservatorio per la libertà in montagna ieri
E’ nato a Porretta Terme il 19 maggio 2012.
I firmatari erano Carlo Bonardi, Maurizio Dalla Libera, Alessandro Gogna, Pier Giorgio Oliveti, Claudio Picco, Erminio Sertorelli, Giacomo Stefani, Renato Veronesi e Carlo Zanantoni), presenti in quanto esperti del settore e/o rappresentanti del Club Alpino Italiano, dell’Associazione Guide Alpine Italiane, del Club Alpino Accademico Italiano, del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico, della Commissione nazionale scuole di alpinismo, scialpinismo e arrampicata del CAI.
Visti i continui e crescenti attentati alla libertà in montagna e richiamandosi ai principi enunciati nella CARTA del Club Arc Alpin, l’Osservatorio è nato con lo scopo di:
– affermare e tutelare la libertà e la gratuità di accesso alla montagna;
– proteggere il patrimonio culturale dell’Alpinista che è per definizione essenza di libertà;
– evitare regolamentazioni unilaterali e limitazioni della pratica alpinistica da parte delle autorità e dei privati;
– assicurare e promuovere il libero e responsabile accesso alpinistico in montagna come forma di un’esperienza unica che va garantita anche alle generazioni future.
Il 19 ottobre 2012 il Club Alpino Italiano:
– ha riconosciuto l’Osservatorio, dichiarando di condividendone le finalità;
– ha manifestato l’intenzione di collaborare con esso “attraverso le proprie competenze e strutture;
– ha invitato tutti coloro che si riconoscevano nei più generali principi di libertà a fornire il proprio sostegno.
Erano presenti:
Umberto Martini, Presidente CAI
Luca Calzolari, Responsabile Comunicazione del CAI
Giacomo Stefani, Rappresentante CAAI
Renato Veronesi, Rappresentante CNSASA§
Valerio Zani, Rappresentante CNSAS
Erminio Sertorelli, Esperto del settore
Carlo Bonardi, Esperto del settore
Alessandro Gogna, Esperto del settore
Claudio Picco, Esperto del Settore
Carlo Zanantoni, Esperto del settore
Da quel giorno l’attività dell’Osservatorio è proseguita con riunioni assai rade e saltuarie, mentre si rafforzava la convinzione di quanto fosse difficile avviare un’attività da parte dei firmatari con i soli propri mezzi e con il solo proprio scarso tempo a disposizione. Dal febbraio 2014 è attivo il sito internet www.osservatorioliberta.it. Nello stesso tempo diventava sempre più chiaro che, approfittando del manifesto interesse dei soci del CAI verso le questioni relative alla libertà, l’unica strada percorribile per una gestione efficiente dell’iniziativa sarebbe stata quella del coinvolgimento diretto dei soci CAI, cosa possibile solo attraverso le vie istituzionali.
3) L’Osservatorio per la libertà in montagna oggi
Siamo praticamente fermi al verbale di riunione del 7 marzo 2015 (presenti: Dalla Libera, Gogna, Picco, Stefani, Zanantoni e il nuovo Presidente del CAAI Alberto Rampini). Come allora, anche oggi è necessario:
– che il sito dell’Osservatorio divenga auditorium di tutti e perda immediatamente quella caratteristica troppo personalizzata dalla pur utilissima opera di Alessandro Gogna. Aprire dunque il sito alla collaborazione di tutti i soci CAI, facendolo conoscere come necessaria premessa;
– dare ulteriore promozione al contenuto del recente manuale del CAI Montagna da vivere, montagna da conoscere, che contiene in varî capitoli elementi interessanti per le considerazioni a cui l’Osservatorio si rivolge, per esempio il Nuovo Bidecalogo.
– accrescere il numero degli aderenti all’Osservatorio, perché mettano a disposizione dell’Osservatorio le proprie competenze. In questa ottica è ovvia l’utilità della presenza di numerosi esperti di questioni legali;
– prendere in considerazione, per l’eventuale accorpamento dell’Osservatorio al CAI, la versione di “struttura operativa”, scartando quella della “commissione”, i cui membri sono soggetti al ricambio ogni tre-sei anni.
– dare uno Statuto all’Osservatorio;
– anche se non si sa come, interfacciarsi con i locali Gruppi Regionali (GR), su cui spesso il CAI ha poca autorità. Bisogna cercare la loro collaborazione;
– svolgere una ricerca in campo giuridico a proposito degli interventi dei sindaci, per sapere fino a che punto un sindaco sia legalmente tenuto a esporre avvisi locali di pericolo;
– definire una strategia per agire rapidamente in seguito alle ordinanze dei sindaci;
– preparare un documento base (ci si auspica prodotto a nome del CAI), di applicabilità generale e di presa di posizione sui principî della libera frequentazione della montagna, un protocollo di azione che contenga linee guida a beneficio di chi localmente dovrà intervenire in difesa della libertà e suggerimenti per l’azione dei sindaci. Questi non dovranno più sentirsi “colpevoli” di fatti tragici, al contrario dovranno essere spinti verso il concetto del “no divieto”, cioè sull’opportunità di avvertire dell’esistenza di un pericolo piuttosto che porre divieti di accesso dopo che un incidente si è verificato o un pericolo si è manifestato;
– preparare linee guida per l’intervento nei confronti dei proprietarî dei terreni che contengono pareti utili per l’arrampicata;
– per i terreni interessati produrre un catasto dei proprietarî, che di solito non è disponibile (con l’esempio del lavoro fatto da Fabrizio Miori per il Comune di Arco, al tempo in cui ne era assessore);
– prendere posizione sul metodo, adottato in qualche comune, di togliere al proprietario del terreno la responsabilità di incidenti, dare il terreno in affitto alla locale sezione del CAI, con successiva delega da parte di questa a professionisti per sorveglianza/mantenimento del terreno di arrampicata;
– operare per studiare il metodo per giungere a una modifica dell’Articolo 426-449 del Codice Penale (1930) che riguarda le responsabilità per procurata valanga.
4) L’Osservatorio per la libertà in montagna domani
Per l’ottenimento dei suddetti obiettivi, ciò che è rimasto dell’Osservatorio è disposto a discutere costruttivamente con il CAI, nella sicurezza che sia davvero opportuno valutare tutte le possibili forme di collaborazione/affiliazione con il CAI, come già si è cominciato a fare nella riunione del 15 febbraio 2017 (Torti-Rampini-Gogna).
In attesa di un incontro con la TAM, rimane sul tappeto la perplessità che gli scopi di quest’ultima possano non essere gli stessi dell’Osservatorio, dunque potrebbe essere difficile la coniugazione, sia a livello formale che dal punto di vista dell’adesione individuale.
Assai più facile concettualmente appare l’abbinamento al CAAI, che però ai più appare una congrega un po’ elitaria, dunque non in grado di catalizzare le energie di tutti a proposito della difesa delle libertà.
Infine, la creazione di una struttura operativa in ambito CAI appare oggi in contrasto con la politica di attuale snellimento di commissioni e strutture.
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Condivido pienamente il pensiero di Carlo Alberto Pinelli.
Tema molto, molto interessante, ma anche irto di trabocchetti. Non c’è libertà senza regole. Però entrambe ( libertà e regole) hanno un senso solo se filtrate dall’intelligenza. Un “oggetto” questo di cui sempre più si sente la mancanza… Carlo Alberto Pinelli
@Paolo Panzeri quoto : “Ormai per “farsi belli” si è abituati a discutere sulle parole e non sui fatti, anzi è meglio se si censura chi li racconta, forse perché non si è mai stati capaci di farne…”
In direzioni opposte, qualunquistiche e riguardanti ben altri tipi di libertà, i “fatti” invece, purtroppo si sono ben visti…
Secondo me la strada maestra è quella della depenalizzazione. In Italia ci sono ancora troppe fattispecie di reato a cui, peraltro, non segue spesso nessuna punizione al di fuori dello sbattimento per i processi (che già di per costituisce una punizione) e dei soldi spesi per l’assistenza legale.
Senza depenalizzazione tutte le iniziative rimangono lettera morta.
Caro Alessandro,
non preoccuparti, il mio commento è ben centrato, ma è rivolto ai quei tuoi vicini che pensano solo “a farsi belli”.
Magari si impadroniranno in toto del tuo progetto.
Comunque qua e là ne ho scritto qualche volta.
Caro Paolo, potresti essere più chiaro? Francamente, non si capisce a chi ti riferisci quando parli di “gestione fatta da incapaci e ignoranti”.
Chi si fa “bello”?
Chi censura fatti raccontati?
Quali “strutture di amici raccomandati e compiacenti”?
Sembra che il tuo commento sia stato postato qui per errore…
Dice: “Dobbiamo diminuire il numero degli inconsapevoli, non aumentare il numero dei dissuasi o dei puniti.”
Ma non dice chi ha le capacità e le conoscenze per farlo.
E non si può dire che non siano evidenti i risultati di una gestione fatta da incapaci e ignoranti.
Ormai per “farsi belli” si è abituati a discutere sulle parole e non sui fatti, anzi è meglio se si censura chi li racconta, forse perché non si è mai stati capaci di farne, e allora si continua a costruire strutture di amici raccomandati compiacenti.
Peccato.