La chiodatura a spit dell’ultima via classica della Rocca Sbarua, la diretta integrale alla Torre del Bimbo, a cura di Adelchi Lucchetta, equivale all’abbattimento dell’ultima sentinella del cimitero.
Dino Rabbi, Giorgio Rossi, Franco Ribetti e Alberto Marchionni avevano raddrizzato negli anni ’60 una significativa via che Guido Rossa e compagni avevano aperto nel maggio 1956 sul Bimbo, una bella torre al margine della Sbarua, la famosa “palestra” degli arrampicatori torinesi la cui fama in seguito si è allargata ben oltre la sua collocazione. Ne erano risultate tre bellissime lunghezze di arrampicata libera e artificiale che si andavano ad aggiungere alle ultime tre della via Rossa: nome dato, Diretta al Bimbo.
Sbarua
Le generazioni sono passate, la Sbarua è diventata sempre più popolare. Ricordo il rispetto con cui venivano affrontate fessure come la famosa “duelfer” di Giusto Gervasutti o placche tipo la Vene di Quarzo di Gabriele Boccalatte, entrambe assolutamente sprotette (ma la prima oggi ben proteggibile con dadi e friend). Poi sono arrivati nuovi itinerari, nuove capacità sportive: e con essi gli spit. Che presto invasero anche gli itinerari classici e le vie di artificiale.
Rimanevano solo la seconda lunghezza della Fessura Beuchod e la Diretta al Bimbo a testimoniare il valore di altri tempi: con la chiodatura di quest’ultima è davvero finita un’epoca. Anche perché, se continua così, pure la bella fessura di Gabriele Beuchod, da lui aperta in libera nel 1977 e ancora oggi miracolosamente illesa, sarà presto omogenea con il resto di quello che ormai è un rocciodromo come tanti.
Una fessura alla base del Bimbo, già salita in stile classico, poi richiodata e “ribattezzata”.
Adelchi Lucchetta, da tempo puntiglioso chiodatore, anche in questo caso ha agito come se la Sbarua fosse sua, non ha neppure accennato a chiedere ad altri una condivisione. Evidentemente parte dal presupposto che non esiste altro interesse che l’arrampicata sportiva e tutto va sacrificato a questa.
La mania di riattrezzare in ottica sportiva, di “risanare” una via (come diceva Juerg von Kaenel), ricorda l’atteggiamento della maggioranza degli alpinisti “estremi” degli anni ’50 e ’60, quando le vie dei grandi Cassin, Comici, Ratti, Vinatzer, Carlesso, ecc. venivano ripetute e chiodate in modo capillare, tanto che il sesto grado conclamato (e provato) delle prime ascensioni scadeva in uno squallido esercizio, quello che anni dopo si sarebbe chiamato A0. Ma tutti se ne guardavano bene dal protestare, dava lustro fare un cosiddetto sesto grado, iperchiodato o no. Ci sono voluti due decadi prima che Messner, Cozzolino e pochi altri facessero chiarezza e risollevassero le sorti dell’arrampicata libera.
In un ambiente in cui anche i custodi dei rifugi sono conniventi con le chiodature perché notano che il flusso maggiore di arrampicatori si convoglia sulle vie chiodate a spit e quindi “sicure”, come possiamo pensare a un’inversione di tendenza o almeno a una convivenza?
Possiamo chiedere, solo per rimanere in Sbarua, il ripristino di alcune vie (tipo Gervasutti, Rivero, Cinquetti o altre) sperando che qualcuno ascolti? O dobbiamo scatenare una schiodatura selvaggia?
Mi si fa sempre più chiaro che la pacifica convivenza tra arrampicata sportiva e trad stenta a decollare. Mi viene il dubbio che in questi anni sia meglio lottare per avere aree completamente clean, ma già in questo non sappiamo se avremo successo o meno. La via diretta alla Torre del Bimbo è morta, era l’ultima sentinella di quel Cimitero.
Possiamo recitarne solo il de profundis, è il funerale minimo che possiamo farle sui social e sulle riviste. Mi viene in mente che si potrebbe anche confezionare un cartello da mettere alla base della via, tipo quelli che comunicano la morte di uno del paese (facilmente rimovibile). Almeno susciterebbe casino.
La famosa fessura in “duelfer” della via Gervasutti alla Sbarua, oggi protetta a spit
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Egregio Sig. Traficante,
la ringrazio per le sue risposte e per il tono pacato.
Se lei avesse tempo di leggere i commenti, che ho esternato su questo blog sin dall’inizio a difesa del mio operato, non avrebbe difficoltà ad individuare il mio atteggiamento verso le persone e verso l’ambiente. Viviamo in un mondo diventato schiavo dei social, dove molto spesso si possono scatenare linciaggi e veri e propri processi alle intenzioni, spesso basati sulla disinformazione più totale.
Ho scoperto la Sbarua nel 1978, quando vi sono capitato come allievo di un corso. E’ stato amore a prima vista! Da allora l’ho sempre frequentata, ogni anno, in ogni stagione, con gli amici e come istruttore con gli allievi. Posso dire, senza presunzione, di conoscerla come le mie tasche.
Nel tempo vi ho aperto qualche via e con l’inizio dell’arrampicata sportiva ho attrezzato anche alcune vie e monotiri, sempre con la massima attenzione a non toccare vie aperte da altri. Ho sempre cercato di informarmi prima di fare qualcosa, ed ho sempre criticato chi tracciava vie su altre vie già esistenti, o chi riprendeva tratti di vie esistenti senza farne riferimento e senza richiamo ai primi salitori. Chi mi conosce sa che ho anche sempre criticato la mancata segnalazione dello storico sulle ultime guide.
Nelle relazioni di alcune vie che abbiamo aperto ho sempre riportato anche solo la presenza di una traccia, di un chiodo, di un elemento che evidenziasse qualche precedente passaggio. Quando sono risalito all’autore l’ho segnalato. Quando non vi sono riuscito l’ho solo indicato. Dietro la denominazione di “Diedro Appiano” alla Torre del Bimbo, c’è stato il lavoro testardo di decine di serate per risalire all’autore. Nessuno sapeva che fosse stato Enzo Appiano e correttamente gli ho attribuito il nome. Nella guidina che ho compilato sulla” Torre del Bimbo”, ho raccolto e riportato tutti i dettagli e le informazioni che sono riuscito a raccogliere, un lavoro di ricerca con scarsi risultati ma che ha richiesto un lavoro certosino e maniacale.
Dal 2011 ad oggi, ho intrapreso con l’aiuto di un amico, l’iniziativa di ripulire e riattrezzare le vie (una dozzina), che avevo aperto con altri compagni nel passato. In questi giorni stiamo riprendendo l’ultima di queste vie, poi toglierò il disturbo. L’unica via storica che ho riattrezzato è stata la “Diretta integrale” alla Torre del Bimbo con le sue varianti, il tutto in accordo con gli apritori, lavoro che è stato auspicato successivamente anche da Alessandro Gogna (veda il suo blog aperto per spiegare perchè aveva dato l’OK alla richiodotura a resinati della sua via classica al Medale). Numerosi arrampicatori, INA e Accademici compresi, mi hanno chiesto di riattrezzare la Rivero, la Cinquetti, la Manera di destra, …. e altre. A tutti ho sempre detto che mi sarei limitato solo alle mie vie ….
Non credo di aver tappezzato la Sbarua di fix. Le vie erano già attrezzate, alcune lo erano da quasi trent’anni. Tutte necessitavano di un restyling. Nessuna di queste aveva toccato vie di altri, tantomeno “storiche”.
Infine, in buona fede e convinzione, non credo che la “variante al Bianciotto” vanifichi o intacchi principi e finalità del “bidecalogo”.
Ho sempre sostenuto che “POSSONO e DEVONO” coesistere i diversi stili di scalata, e questo mi sembra sia in sintonia con il “bidecalogo”. Concordo altresì, che il perseguimento di tale obiettivo debba passare attraverso la sensibilizzazione degli arrampicatori attraverso un processo culturale e non imposto. Anche questo punto di vista mi sembra in linea con il “bidecalogo”. Se avessi preso visione del contenuto del “bidecalogo” al Rifugio, le assicuro che mai e poi mai mi sarei permesso di attrezzare questa variante, al massimo vi avrei consultato per una vostra opinione, anche se, continuo ad essere dell’opinione che questa variante valorizzi ulteriormente il Bianciotto.
Mi creda, non avevo neanche preso in considerazione l’idea di toccare il Bianciotto se solo l’attrezzatura in posto non si fosse rivelate veramente inaffidabile …. Non potevamo responsabilmente esimerci dal farlo!!!
Sig. Traficante, faccio infine ammenda per le scritte sotto le vie! E’ vero, sono un pugno nell’occhio. E’ stata una provocazione perchè le tante agognate targhette non arrivavano mai e la sensazione percepita è stata quella di un voluto boicotaggio, guarda caso, delle mie vie.
Cordiali saluti,
Adelchi Lucchetta
Adelchi,
il mio auspicio, speravo e mi auguravo fosse un auspicio e che chiudesse definitivamente questa lunga chiacchierata…invece mi accorgo che vuoi, e soprattutto stai applicandoti con tutte le tue energie per avere tu l’ultima parola, dando (e qui scendi proprio di livello) del ridicolo, assurdo e retorico a chi la pensa diversamente da te.
Non conosco personalmente Alberto, e neppure le ho chiesto un suo “aiuto”, è semplicemente intervenuto con i suoi pensieri e soprattutto con le parole di grandissimi capiscuola dell’arrampicata… a dimostrazione che evidentemente non siamo proprio gli unici a pensarla in un certo modo.
Detto questo, non ho più grandi cose da dire e da dirti! Tu ti senti a posto, per tutto ciò che hai fatto alla Rocca, nel bene e nel male; anzi per tua massima convinzione solo nel bene giusto?… Io e molti altri fortunatamente, non la pensiamo allo stesso modo, ma sono ben convinto, che in fondo, questa lunga discussione a qualcosa sia servita sia per te, sia (e son felicissimo) per i diversi ragazzi che mi hanno scritto anche in privato, chiedendomi informazioni, nomi, storia e quant’altro circa nuove riattrezzature, pulizie in corso ecc.
Come ho scritto sulla mia bacheca personale, continuerò a “battermi”, a costo di sbagliare, a costo di sembrare un retorico e ridicolo, paladino delle cause perse, o come hai scritto tu, “per trovare nuovamente il modo di salire sul palco a sentenziare”.. affinché l’approccio alle pareti ed alle vie di Rocca Sbarua e non solo a quelle, possa cambiare rotta; che prima di tappezzare di spit una parete ci si pongano degli interrogativi, che si diventi di principio più rispettosi e meno invasivi e che soprattutto ci sia la volontà di lasciare ancora spazi vergini per far sognare le future generazioni.
Adelchi, magari i tuoi spit resteranno lì per sempre ma non perché la tua variante sia eticamente “giusta”…ma semplicemente perché una volta scarabocchiata e rovinata un’opera d’arte diventa pressoché impossibile farla tornare uguale a prima…
L’altro giorno, ed era molto tempo che non venivo a scalare in quel settore di Sbarua, il mio sguardo è finito su quel bellissimo spigolo indicandolo ad un’amica che era la prima volta che saliva alla Rocca e la prima frase che mi è uscita dalla bocca è stata : ” ma chi è che ha fatto quello schifo?”…e ti dirò, poteva essere un 7a, un 8a (forse avrei preferito)..non m’interessava sapere la difficoltà …semplicemente quel tratto di parete tappezzato dai tuoi spit m’ha fatto rivoltare lo stomaco, perché esteticamente inguardabile. Nessuna logica, nessun senso, e nessun rispetto per quel pezzo di roccia semplicemente pulita…Tutto qui Adelchi, tu ora non rispetti le mie idee ed il mio sdegno, io, e non solo io, rispettiamo la tua azione, quindi, le nostre idee contro i tuoi fatti…Se vuoi a questo punto possiamo proseguire all’infinito.
Ciao
Egregio Sig. Lucchetta,
le rispondo io alle domande poste all’amico Marco.
Punto primo. Il Bidecalogo non è partorito dalla mente di qualche frustato alpinista, ma è “L’esigenza di aggiornare le proprie conoscenze e le proprie posizioni in materia di ambiente è stata avvertita dagli organi direttivi del CAI tra il 2009 e il 2010 e indicato a chiare lettere come obbiettivo nel Piano della performance per il triennio 2011-2013: era necessaria la stesura di un nuovo documento che tenesse conto della Mozione di Predazzo, del Bidecalogo, della Charta di Verona e delle Tavole di Courmayeur. (cit.)”… tutto il resto dell’articolo lo può trovare all’interno di questo blog, dove sono messi in risalto punto per punto pregi e difetti del Bidecalogo.
Quindi il Bidecalogo è consultabile in questo blog, è consultabile sul sito del CAI Centrale. Se non bastasse nei mesi scorsi sono state distribuite copie presso tutte le sedi CAI… compresa la sua. Infine sono state dedicate intere pagine all’interno della stampa sociale (Montagne 360°).
Mancava copia al rifugio Melano/Casa Canada, facciamo ammenda e nelle prossime settimane porterò personalmente copia ai gestori.
Punto secondo. Il comitato non ha potere impositivo e tanto meno è in grado di sanzionare nessuno. Nasce dall’impegno di alcuni soci CAI e Accademici del Pinerolese, appassionati di alpinismo e fortemente legati alle pareti di Rocca Sbarua. Pareti dove abbiamo mosso i primi passi verticali, dove sono nate profonde amicizie, dove abbiamo iniziato a sognare… e dove siamo tornati a piangere i nostri amici.
La nostra volontà, ma forse dovrei dire il nostro sogno utopico, era quello di “riscoprire” e riportare alla luce le tante vie storiche sepolte in parte o completamente da montagne di spit (La Godino-De Servienti al Rivero, la Grassi-Altavilla al Cinquetti, tanto per fare qualche esempio).
Da questo punto di partenza sono nati i nostri principi e finalità:
“- Preservare, recuperare e rivalutare le cosiddette Vie “storiche” ed il loro tracciato originario consegnando alle generazioni future ciò che è stata ed è tutt’ora la storia di questa grande palestra d’arrampicata.
– Conservare le difficoltà originarie (anche psicologiche) delle Vie senza cercare di diminuirle tramite l’aggiunta di ulteriori protezioni intermedie di tipo fisso, qualora ritenute non necessarie.
– Rendere consapevoli gli alpinisti, arrampicatori ed escursionisti che è necessaria un’adeguata preparazione fisica e psicologica per espletare la disciplina sportiva, la quale implica anche e soprattutto l’accettazione, e la gestione in sicurezza, dei relativi rischi.
– Osservare e conservare – anche nella fruizione delle pareti – un’etica dell’arrampicata, a tutela dell’opera e del nome dei primi salitori.
– Uniformare la segnaletica e la tipologia di indicazione all’attacco di ogni itinerario così come quella sentieristica per raggiungere la base delle pareti di arrampicata, consapevoli del fatto che l’orientamento e l’individuazione delle linee fa parte della pratica alpinistica.” ecc ecc
Speravamo con il nostro lavoro di riscoperta e valorizzazione di riportare ROCCA SBARUA ad essere LA PALESTRA di ROCCIA. Il sito di arrampicata dove POSSONO, ma è più giusto il termine POTEVANO, coesistere i diversi stili di scalata: dalla scalata Plaisir al Trad, dal piacere di ripercorrere vie storiche con protezioni veloci al desiderio di cimentarsi in vie moderne protette a spit. Un sito di arrampicata che rispetta il passato e guarda al futuro delle nuove generazioni alpinistiche.
Grazie quindi di averci svegliato dal nostro sogno. Grazie per averci riportato con i piedi per terra… il nostro progetto è realizzabile SOLO attraverso dei fruitori consapevoli. Non può essere imposto ma deve nascere e crescere dal basso. Una generazione di scalatori consci che dietro a “tacche” e “prese” c’è una storia lunga quasi 90 anni. Rocca Sbarua non nasce con la Variante Bianciotto. Si tenga la sua “Opera” noi non smontiamo e rompiamo nulla. Alla prepotenza del trapano, non rispondiamo con il vandalismo fine a se stesso.
Prosegua pure a tappezzare di fix La Sbarua, a chiodare vie storiche ad imbrattare le pareti di vernice… giustamente saranno le generazioni future a giudicarci. Il tempo è galantuomo, vedremo chi di noi sarà riconosciuto come innovatore….
Un grazie a chi a creduto e lavorato a questo progetto.
Giuseppe Traficante
Presidente Sezione CAI di Pinerolo
Adelchi leggi questo.
Si tratti della Sbarua o della n.o. della Civetta ecco perchè la scalata non deve essere preconfezionata e sportivizzata.
“Durante l’arrampicata ci si confronta costantemente con il fallimento. Molti sono gli scalatori che vedono e cercano la propria perfezione solo nei gradi più alti. Peccato che questo sia solo un abbaglio. E’ certamente buona cosa tendere alla perfezione, anche se spesso si perde di vista il fatto che tra i tratti caratteristici dell’essere umano, il più significativo è proprio il saper fallire.”
Francek Knez
E quali sono I “VALORI CHE ANIMANO I NOSTRI TEMPI…”
Adelchi con gli esempi di Mariacher , Corchia Solleder, ect. non sono USCITO DAL SEMINATO. Ti potranno sembrare esageriti perchè qui si parla di Sbarua una falesia. Ma se non è il luogo che conta, non è la dimensione della parete o la lunghezza della via che conta. Quello che conta è il principio.
Ho fatto questi esempi èper ribadire un principio che vale per una via di 1000 metri come un monotiro di 30.
Questo principio, chiamalo anche regola se vuoi, è quello del rispetto storico. Non è tanto il fatto della variante, di varianti ce ne sono a centinaia: varianti di attacco, di uscita, ect. ect.
Quello che trovo sbagliato sono le iniziative di richiodature che si sono attuate alla Sbarua, che per come la vedo io ha portato questo luogo storico a diventare un luna park verticale.
La foto messa sull’ articolo dove si vede una fessura di Casa Canada è emblematica di quanto la Sbarua è diventata luna park verticale: una fessura con 3 fix a meno di un metro l’uno dall’altro con tanto di imbrattatura di vernice alla base .
Questi fix e questa vernice sono la prova della totale mancanza di rispetto della roccia e del totale assoggettamento della natura alle egoistiche esigenze del divertimento dell’uomo arrampicatore.
Con le attrezzature di oggi questa fessura può essere salita benissino senza deturpare la roccia e in sicurezza.
Invece per puro opportunismo si preferisce trapanare.
Inoltre perchè definisci “retorica riodicola” il pensiero altrui? Anche se non condivido il tuo pensiero non mi permetto di dati del RIDICOLO. Questo è mancanza di rispetto delle opinioni altrui.
Opinioni che saranno anche una minoranza, che andranno anche contro i tempi , contro “l’approccio sportivo”, contro i rifugisti (questi pensano solo ai soldi) ma che hanno il diritto di essere manifestate, rivendicate e difese.
“da anni l’approccio all’arrampicata, montagna compresa, è prettamente di carattere sportivo”
E allora? Siccome così fanno tutti, come un branco di pecore, ci dobbiamo tutti adeguare muti e rassegnati? Mi dispiace per te ma io non sono una pecora. Magari sarò pecoro perchè la mia donna mi farà le corna, ma una pecora che segue il zitto zitto quello che fanno tutti, no!
Marco,
non mettere in bocca alla gente cose che non ha mai detto. Io non ho mai detto che “è la quantità di persone che percorrono un itinerario a sancire la bellezza e la notorietà di una via” …. Vai a leggere sul cellulare il messaggio che ti ho inviato prima di cominciare questa sequela di commenti. Ti ho detto che ….. “le ripetizioni servono a tenere pulite le vie e a mantenere attuale la memoria …. mi sembra un pò diverso. Forse hai cancellato il messaggio.
Alla tua domanda …”Pensi che la Cassin al Badile ora con tutte le soste attrezzate abbia lo stesso valore di prima?” …. ti ho risposto “Il vero valore di una via è all’apertura …. poi è tutto più o meno addomesticato …. Certo la Cassin attuale è diversa, ma sono diversi i contesti, i materiali, l’approccio psicologico e sopratutto i valori che animano i nostri tempi …… E poi Marco e Alberto ….scusate, ma cosa centra Mariacher, la Via del Cuore, la Solleder, il Monte Corchia ….. NON USCITE DAL SEMINATO!
Stiamo parlando di una variante diretta di attacco di circa 10 metri attrezzata a fix ad una via classica attrezzata a fix, che per il sottoscritto è particolarmente bella e non offende per niente la storia, anzi la valorizza ulteriormente e la attualizza ancora di più. Chi l’ha ripetuta ne conferma il giudizio e il pensiero. Per altri, a detta di Marco, la offende e quindi va schiodata.
Questa variante è stata fatta nel giugno di quest’anno, ha raccolto solo consensi fino a ieri, quando Marco vi ha posato l’occhio e gridato allo scempio. Tutti quelli che l’hanno ripetuta (tra cui Ina e Accademici) sono evidentemente degli snaturati …..
Marco, nel mio commento del 3/11/15 ore 09.59, ho scritto:
“Da anni l’approccio all’arrampicata, montagna compresa, è prettamente di carattere sportivo. Anche in Sbarua sulle vie classiche. Si può essere d’accordo nel recuperare alcune vie o monotiri dove praticare la salita con protezioni amovibile, ma intestardirsi su una variante di 10 metri, bella, inproteggibile dal basso, nascondendosi dietro la retorica della storia da parte di un comitato che probabilmente ha una unica visione delle cose, proprio non riesco a capirla.
La variante è li. Se volete schiodarla nessuno ve lo può impedire. Pensaci ancora un attimo però. E’ il giudizio dei frequentatori, che sancisce se una via è bella e non l’atteggiamento preconcetto di una persona o di un comitato. Qualcuno potrebbe richiodarla di nuovo, voi rischiodereste e altri potrebbero ulteriormente richiodarla … e così via …. e il Bianciotto diventerebbe una gruviera … allora si che gli si mancherebbe di rispetto ….
Infine, Marco, solo per curiosità, fammi capire alcune cose. Questo bidecalogo perchè non è esposto al Rifugio? E questo comitato, che potere reale di veto ha? E’ in grado di mettere delle multe? E’ in grado di effettuare delle denunce? O è solo un gruppo di persone che stabilisce delle cose anche per gli altri? E quindi ha una finalità impositiva ….Se così è, allora potrebbe nascere anche un altro comitato, o altri comitati ….. con altre finalità? E allora cosa ci potrà essere …… la guerra dei comitati? E tutto per una variante …..”.
ATTENDO TUE RISPOSTE A QUESTE DOMANDE, solo per capire …..
Infine, prendete pure le vostre vie classiche, seguite il pensiero di Mariacher, schiodatele completamente ….. mettete in condizioni chi le ripete di avventurarvisi con chiodi e martello, nuts e friends ….. con l’obbligo di non lasciare materiale in via ….. di lasciarle sempre pulite come le hanno trovate i primi salitori.
Non venirmi poi a dire però che i chiodi rovinano le fessure, che ci vanno le scuole, che la gente si lamenta, che qualcuno si può fare male, che i gestori del Rifugio non sono d’accordo ……Troverete un compromesso e allora ecco che entriamo nella soggettività …… chi decide cosa, come e quanto materiale lasciare in posto lo farà sempre in base alla propria visione delle cose ….. sarà sempre una imposizione per qualcuno ….
Come decidere se una bella variante a fix su una via classica a fix è da schiodare o no, senza sentire l’opinione di che l’ha ripetuta, ma trincerandosi dietro una retorica ridicola!!!!!!!!!!
su versante nord ovest del monte Corchia in Apuane c’è la via ERIK che è la via più ripetuta del Corchia e forse di tutte le Apuane. C’è sempre la coda.
Forse perchè è la via più bella del Corchia? Sinceramente no! Sul montre Corchia ci sono altre vie molto più belle della Erik ma assai molto meno ripetute.
La Erik è così tanto ripetuta semplicemente perchè è strachiodata e con tutte le soste con le catene da dove ti puoi sempre calare.
E’ la chiodatura che fa la differenza non la bellezza.
…e scusate ultima riga ripetuta..
Questo mi auspico veramente…
e soprattutto, non come ha scritto Adelchi, che non sia mai e poi mai il numero di ripetizioni e la quantità di persone che percorrono un itinerario a “sancire” la bellezza e la notorietà di una via… la storia dell’alpinismo e dell’arrampicata dicono esattamente il contrario
Grazie mille Alberto per la “profondità” e il senso che hai dato al mio “scarso” , travisato, modo di esprimermi…sarà dura rispondere alle parole di Mariacher; in fondo questo Blog, non è stato iniziato per una mia invettiva, forse qualcuno se né pure scordato…
Per rispondere a Claudio, ribadisco, e ne sono fermamente convinto, per “reucci” ho inteso chi nel non rispetto totale della storia ha LETTERALMENTE CANCELLATO e RINOMINATO vie come le due vie di Grassi al Cinquetti e la Mellano sempre sul Cinquetti, a chi ha attrezzato settori come Freek-street ed altre schifezze assurde lungo il sentiero di discesa con tre spit ogni tre metri di roccia e mille altre porcate del genere che non sto qui ad elencare.
Adelchi, ma di quali “palchi” stai parlando? Sono fuori dalle scuole da una vita, l’accademico non riesco più a frequentarlo da anni, mi son preso l’impegno di queste linee di autoregolamentazione in Sbarua sulla falsa riga del punto 13 del Bidecalogo del Cai per cercare di “salvaguardare” le sue pareti da altri “scempi” per quanto ci è ancora possibile e che il trapano non venga più utilizzato a destra e manca da mani incapaci ; la Sbarua senza il Melano e senza Casa Canada non sarebbe la Sbarua che tutti frequentiamo e se permetti, il Cai di Pinerolo in primis ed i suoi più attivi rappresentanti ne sono in un certo senso coinvolti ed in parte responsabili.
Quello che ti volevo dire è scritto magistralmente qui sopra da Mariacher, ed io in primis non saprei cos’altro ribattere, ma lui è Mariacher, io non son nessuno.
Ciò che invece mi auspico alla fine di questa lunghissima, infinita discussione, è che i prossimi spit che si affiggeranno sulla “Rocca” siano frutto di una scelta condivisa non dal singolo chiodatore, ma in una visione più ampia, costruttiva e leale nei confronti della storia attuale e passata.
Mi auspico veramente, dopo questa lunga, infinita discussione,
sempre Henz Mariacher
“Meno materiale si usava, meglio era. Rispettare i nostri predecessori ed essere rispettati dagli insider era più importante del pubblico riconoscimento. Raggiungere i gradi più alti al prezzo dello stile non aveva senso. Ricercavamo l’evoluzione partendo dalle stesse premesse dei nostri predecessori e seguire un’etica ancora più severa era la risposta onesta e chiara.”
di Henz Mariacher
“Il mio mondo ideale di arrampicata
Come vedo il mio mondo ideale di arrampicata? Molto semplice, ci sono le montagne e le rocce, e poi c’è l’irresistibile desiderio di arrampicare verso l’ignoto. Il confronto con la parete in fondo è un confronto con se stesso, con i propri limiti, dubbi e paure da un lato, e le proprie doti come coraggio e determinazione dall’altro. Superare le proprie debolezze è la sfida più bella immaginabile.
Abbiamo distrutto i nostri sogni con parole ed etichette e con questo abbiamo perso la sensazione per le meraviglie. Opportunisti sfuggenti del momento sono gli opinion leader di una generazione che ha scambiato i sogni con la realtà del “più alto, più veloce, più lontano”. Il climber attuale finisce sempre di più in un circolo vizioso, nel quale viene spinto da forze esterne e sempre meno dalle proprie idee. Il climber attuale non è più individualista, ma fa parte del branco.
Un modo di pensare condizionato dal collettivo non porta da nessuna parte. Un rinnovamento nasce sempre da spiriti liberi, dall’underground, da gruppi marginali che sono inesistenti per i media, gli sponsor e altre entità ufficiali – e per questo non sono influenzati. Sembra che solo un’arrampicata che è staccata dall’utilità commerciale può tornare ad essere autentica e cool … gli esibizionisti superficiali dovrebbero essere ignorati!
Le montagne e le rocce sono sempre lì, non sono cambiate. È cambiata solo la nostra prospettiva, perché pratichiamo una specie di arrampicata che è “artificialmente” trasformata. In tempi dove la maggior parte vive un lifestyle condizionato e influenzato dall’esterno, ci vorrebbe una contro-cultura, ispirata dalla libertà individuale, come negli anni settanta, quando una nuova generazione, ispirata dal movimento hippie, portava colore nel mondo grigio di un alpinismo antiquato.
Arrampicare e’ liberta’ “
Alberto,
per le scritte ho fatto ammenda sul mio commento di oggi 03/11/15 ore 9.59 indirizzato a Marco.
Per il rispetto, dai una occhiata in sequenza, ai miei commenti del 20/01/14 ore 01.14, del 21/01 14 ore 00.15, del 23/01/14 ore 20.12, del 23/01/14 delle 22.1 e del 26/01/14 ore 20.47.
avere “rispetto della roccia” è essere faziosi?
Nessuno pensa mai al rispetto della roccia? scrivere con pennarelli e vernice i nomi delle vie sulla roccia , mettere catene che pensolano da tutte le parti, impiastrare di resina la roccia è averne rispetto?
Richiodare vie esistenti ribattenzandole con nomi diversi è avere rispetto?
Quindi essere contratri a tutto questo e denunciare tutto questo è fare discorsi avventati e RAGLIARE come ha scritto il Sig. Claudio Battezzati.
FAZIOSO??
Adelchi se hai letto (BENE) la risposta che poco sotto ho dato a Claudio Battezzati, anche se non ci si conosce alpinisticamente ed umanamente, avrai ben compreso come la penso sul fatto di richiodature ed interventi vari di valorizzazione come voi li definite.
Ti sembrano pensieri faziosi i mei ? A me sinceramente no. A me sembrano pensieri di una persona che si pone dei limiti , che mette in primo piano il principio del rispetto a quello del proprio egoismo personale. Che fa del principio della rinuncia un valore a cui ispirarsi per non rovinare le opere d’arte degli altri.
Il fatto di non essere adeguato alla massa rampicante e andare contro corrente e rifiutare una ministra preconfezionata da altri che si sentono in diritto di fartela mangiare come loro vorrebbero è essere faziosi?
Io sono stato ad arrampicare la prima volta alla Sbarua tanti anni fa. Poi ci sono ritornato anni dopo . E l’ultima volta quest’anno con il nostro corso roccia . Dalla prima volta a quelle successive la mia impressione è stata di delusione per essere ad arrampicare in un luna park verticale dove si sono piantati a destra e a manca spit senza il minimo rispetto della storia.
Questo è essere fazioso? Bene allora sono fazioso.
Alberto,
scusami, ma non farmi dubitare sul tuo scarso livello di perpiscacia. Chiunque avrebbe capito che la frase che ho detto “io non sono padrone di niente e per me tutti hanno il diritto di fare quello che ritengono” si riferisce alla tua “Ma se te hai il diritto di piantare fix ci sarà anche chi ha il diritto di togliere”.
O vuoi essere semplicemente fazioso per cui rifuggi i concetti e vai a fare la pulce alle parole? Noi non ci conosciamo, nè sotto il profilo alpinistico e tanto meno sul profilo umano, quindi sarebbe meglio che ti limitassi ad esprimere solo commenti sull’argomento oggetto della diatriba.
Stiamo parlando di una variante diretta di attacco di circa 10 metri (leggi il commento qui sotto) ad una via classica che per il sottoscritto è particolarmente bella e non offende per niente la storia, anzi la valorizza ulteriormente e la attualizza ancora di più. Chi l’ha ripetuta ne conferma il giudizio e il pensiero. Per altri, a detta di Marco, la offende e quindi va schiodata.
Questa variante è stata fatta nel giugno di quest’anno, ha raccolto solo consensi fino a ieri, quando Marco vi ha posato l’occhio e gridato allo scempio.
Hai qualcosa da dire in proposito senza scendere su disquisizioni personali?
Caro Marco,
proprio perchè “amico” da trent’anni, avresti potuto telefonarmi prima di postare la tua disamina su facebook e poi su questo blog. Forse non volevi perdere un’occasione per dare risonanza alla tuo pensiero e per cogliere visibilità. Io non avrei fatto così.
Puntualizziamo alcune cose.
Se vai a rileggere i commenti sottostanti potrai constatare che non ho minacciato nessuno. Ho semplicemente risposto a tono alla tua minaccia al mio operato e non certo alla persona, come d’altronde ho inteso da parte tua.
Ti ho definito paladino, perchè sei sempre in prima fila a dire cosa si deve fare e cosa no, sei sempre in prima fila a criticare e mortificare l’operato di chi ha voglia di sbattersi nel fare qualcosa anche fuori Sbarua (vedi la Via dei passeri alla Figari), una sentinella pronta a cogliere foglia che muove pur di sentenziare.
Vedremo quando sarai anche tu in pensione, quando non ti sbatterai più per 15 ore al giorno, cosa farai per l’amata Sbarua.
Non ho mai cercato visibilità, non ho alcun profilo sui social, non ho nessun nickname, ho sempre mantenuto un basso profilo. Quello che ho fatto l’ho fatto sempre per solo e pura passione. Se sono qui è perchè mi hai tirato in ballo ma il vero motivo è evidentemente, l’averti dato occasione per salire sul palco.
A me non è neanche mai passato per l’anticamera del cervello di far vedere a qualcuno del passato, e non solo, che scalo meglio di lui, anzi ne ho sempre ammirato le imprese pensando al contesto storico in cui venivano fatte. Massimo rispetto per il passato, ma neanche considerare il passato come punto d’arrivo della storia. Per me non hai niente di cui vergognarti per aver attrezzato a suo tempo Flash Gordon. E’ una bella via. Il periodo di Flash Gordon, insieme ad altre vie di De Marchi, ha segnato l’inizio dell’arrampicata sportiva in Sbarua. Le cose possono benissimo coesistere per chi ha la consapevolezza del passato ma non per chi non accetta i cambiamenti, per chi vive di retorica.
Devo fare ammenda per le scritte sotto le vie. E vero, sono un pugno nell’occhio. E’ stata una provocazione perchè le tanto agognate targhette non arrivavano mai e la sensazione che avevo colto era quella di un voluto boicotaggio ……. guarda caso, di alcune vie.
Da anni l’approccio all’arrampicata, montagna compresa, è prettamente di carattere sportivo. Anche in Sbarua sulle vie classiche. Si può essere d’accordo nel recuperare alcune vie o monotiri dove praticare la salita con protezioni amovibile, ma intestardirsi su una variante di 10 metri, bella, inproteggibile dal basso, nascondendosi dietro la retorica della storia da parte di un comitato che probabilmente ha una unica visione delle cose proprio non riesco a capirla.
La variante è li. Se volete schiodarla nessuno ve lo può impedire. Pensaci ancora un attimo però. E’ il giudizio dei frequentatori che sancisce se una via e bella e non l’atteggiamento preconcetto di una persona o di un comitato. Qualcuno potrebbe richiodare di nuovo, voi rischiodereste e altri potrebbero ulteriormente richiodarla … e così via …. e il Bianciotto diventerebbe una gruviera … allora si che gli si mancherebbe di rispetto ….
Infine, Marco, solo per curiosità, fammi capire alcune cose. Questo bidecalogo perchè non è esposto al Rifugio? E questo comitato, che potere reale di veto ha? E’ in grado di mettere delle multe? E’ in grado di effettuare delle denunce? O è solo un gruppo di persone che stabilisce delle cose anche per gli altri? E quindi ha una finalità impositiva ….Se così è, allora potrebbe nascere anche un altro comitato, o altri comitati ….. con altre finalità? E allora cosa ci potrà essere …… la guerra dei comitati? E tutto per una variante …..
E dai con “RIVALORIZZATO”
Ma cosa da “VALORE ” ad una via? Secondo Claudio Battezzati evidentemente il numero delle ripetizioni. Quindi tante ripetizioni uguale tanto valore.
Richiodandola alla portata di tutti e mettendola nella massima sicurezza si favoriscono le ripetizioni e se ne aumenta il valore.
In poche parole il Sig. Gervasutti se avesse usato più chiodi, allora si che avrebbe aperto una via di valore. Invece salendo quell’ultimo diedro praticamente sprotetto ha fatto un grande troiaio. Ha aperto una via per pochi, senza valore , da dimenticare.
Un pò come dire che tutta l’attività di un certo Lorenzo Massarotto è un vero schifo. La sua via del CUORE all’Agner è praticamente senza alcun valore visto che su 1200 metri ci saranno 10 chiodi, zero spit e ripetizioni che si contano sulle dita di una mano.
Forza allora RIVALORIZIAMO la via del Cuore.
Ma non è che il valore di un itinerario è invece dato dal problema che risolve in base allo stile adottato e non tanto dalla bellezza della scalata.
Mi spiego meglio.
Prendiamo la SOLLEDER alla N.O. della Civetta. La roccia è friabile, è bagnata, è una scalata interna per camini e canali con detriti. Quindi alto pericolo di scariche di sassi. Secondo questi parametri non è una via di valore.
Ma la grande impresa di Solleder e Lettembauer che con una manciata di chiodi risolvono quasi d’un fiato il problema della muraglia della Civetta , salendo quasi sulla verticale della vetta, quindi quasi una diretta, non conta?
Non è forse questo a definire la Solleder una via di immenso valore?
Ora il paragone tra la Sbarua (falesia) e la Civetta o la via del Cuore potrà sembrare anche esagerato. Ma in realtà non lo è.
Non lo è perchè quello che conta non è la lunghezza dell’itinerario, la difficoltà oppure se questo è su una parete o cima famosa .
Quello che conta è la storia che è legata a questo itinerario e lo stile come è stato aperto e chi lo va a ripetere dovrebbe cercare di percepire il più possibile le sensazioni di chi li è passato per primo.
Vogliamo rivalorizzare un’itinerario. Bene, ripercorriamo la via, togliamo qualche erbaccia, sostituiamo i chiodi eventualmente consumati dal tempo (senza dimenticarci che oggi ci sono anche i fr.) , diamo una buona relazione portandola a conoscenza del mondo arrampicatorio. Ma non stravolgiamo quello che in precedenza era.
IO STO CON ADELCHI
Io sto con Adelchi e con tutti i “reucci” che hanno rivalorizzato la Rocca, con l’apertura di nuove vie, riprendendo e riattrezzando a spits i vecchi itinerari poco frequentati o in abbandono.
Grazie ai “reucci” la Sbarua è diventata un centro di arrampicata Internazionale, il “puttanaio”, così ingenerosamente definito da Marco, è diventata una moderna palestra internazionale frequentata da arrampicatori di livello, oltre che da scuole di alpinismo provenienti da tutta Italia.
Le palestre di arrampicata – e quindi anche la Sbarua DEVONO essere luoghi in cui, nella maggiore sicurezza possibile, la performance del gesto atletico si coniughi con la levità del puro divertimento.
Spits , Nuts , Friends possono e devono coesistere : all’arrampicatore la libertà di scegliere quale protezione utilizzare.
E….per favore….. lasciamo perdere gli “scempi storici” : come dice un mio amico, le affermazioni avventate rischiano di diventare ragli che non vanno in cielo.
“io non sono padrone di niente e per me tutti hanno il diritto di fare quello che ritengono.”
Quello che ritengono…. ??
Adelchi, il diritto di fare quello che ritengono, cioè quello che che pare, non esiste! Caso mai esiste il dovere del rispetto.
Se ti vuoi esprimere, se vuoi dire qualcosa di tuo vai su terreno nuovo ad aprire una via nuova, fai una prima solitaria, fai una prima invernale, una prima solitaria invernale. Hai voglia te!!
Non è certo andare a mettere spit su itineratri aperti da altri senza spit che dici qualcosa di nuovo e di tuo. Così facendo fai solo scempio della storia.
Carissimo Adelchi,
ci conosciamo da una vita pertanto t’inviterei a mantenere dei “toni” consoni al nostro rapporto di amicizia e per prima cosa, come anche ti ha detto roberto a rispettare o per lo meno prendere in considerazione i pensieri di chi magari non la pensa semplicemente come te su certi argomenti. Premetto e ribadisco con tutto l’animo che non sono e non mi sono mai sentito il paladino di nulla, e se di getto ho fatto delle esternazioni, altrettanto di getto ho fatto le mie scuse. Non mi piace questo sentirti “minacciato”, non mi piace questa “difesa” ad ogni costo e con ogni mezzo del tuo operato; non mi piace questa “sicurezza” con cui difendi ogni tuo pensiero nell’assoluta convinzione di essere nel giusto; non mi piace questo tuo trincerarti nel lavoro gia’ fatto e in tutto il tempo che hai dedicato a farlo ( encomiabilissimo come stamattina ti ho ripetuto piu volte a colazione) per “sbatterlo” in faccia a chi magari fa 15 ore di lavoro al giorno e gli resta a malapena la domenica per venire a scalare; non mi piace il tuo “trincerarti” dietro gli infiniti complimenti ricevuti dagli altri per rafforzare ancorpiu la convinzione che tutto cio che fai in sbarua sia giusto. Sai cosa ti dico? Che con le tue convinzioni e col tuo modo di pensare , rocca sbarua e’ diventato negli anni il “puttanaio” per eccellenza delle nostre palestre; dove i vari “reucci” che si sono avvicendati hanno snaturato e cancellato la bellezza di almeno 10 itinerari storici, tra cinquetti, rivero e sbarua superiore; che le gigantografie e le incisioni a caratteri cubitali ai piedi di molte vie sono un vero scempio per i nostri occhi e per chi verra’ dopo di noi; nessuno ti ha minacciato; le linee programmatiche sono state scritte nel rispetto del punto 13 del bidecalogo del cai; il comitato permanente si e’ riunito; sono state prese alcune decisioni, nessuna minaccia; la zona e’ stata considerata satura e probabilmente gli spit verranno tolti; non ti va? Pazienza Adelchi, con tutto il cuore , nessuno ce l’ha con te ; e’ una scelta che fara’ discutere, arricciare il naso ma anche riflettere sul futuro; non confonderlo con un atto vandalico xche’ non sara’ quello, sia ben chiaro! Lo spazio per le varianti, per le vie nuove e’ altrove; noi trent’anni fa caro Adelchi , leggi bene, 30 anni fa! eravamo dei ragazzi di vent’anni, che noncuranti della storia ci siamo calati dall’alto x far vedere a Bianciotto che scalavamo due gradi piu di lui…se riguardo Flash Gordon adesso mi vergogno nei suoi confronti…e tu invece, nel 2015, nell’era del trad, nell’era dove in tanti siti che tu ben conosci chiudono addirittura l’accesso alle pareti, ti senti cosi’ a posto? Un caro saluto
Alberto,
io non sono padrone di niente e per me tutti hanno il diritto di fare quello che ritengono.
E’ proprio nel rispetto di questo principio che non mi sono MAI permesso di minacciare qualcuno per il suo operato e mi aspetto che anche gli altri si comportino cosi’ con me. Di qualsiasi argomento si parli ci saranno sempre diverbi, divergenze di opinioni, discussioni …. ma il tutto tutto non deve sconfinare nelle minacce. Di fronte ad una minaccia tu cosa avresti detto?
“…. sei forse anche il paladino delle minoranze violente e impositive? Vuoi fomentare gli animi? Finchè argomentiamo con opinioni diverse è un conto …. se passiamo alle minacce, occhio, …. e come dice il proverbio …. “chi semina vento raccoglie tempesta”
Anche questa mi sembra una bella minaccia.
Ma se te hai il diritto i piantare fix ci sarà anche chi ha il diritto di togliere. Non ti pare? Oppure sei te il padrone?
Le minoranze non hanno diritti?
L’antefatto.
stendo una breve premessa anche per quelli che ci leggono e che possono così eventualmente esprimere un loro commento conoscendo l’antefatto.
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Giugno 2015. Nel prosieguo dell’opera di restyling delle mie vie aperte in Sbarua nel passato, arrivo nel settore del Bianciotto, settore in cui sono presenti 3 miei monotiri.
Uno di questi inizia dalla sosta 2 del Bianciotto, sosta in comune con Flash Gordon. Poichè sarebbe stato oggettivamente poco estetico accedere a questo tiro ripulito e riattrezzato a fix-inox risalendo la parte bassa di Flash Gordon sporca e con attrezzatura obsoleta (dimostratasi poi anche pericolosa), ho chiesto a Marco Conti – autore con De Marchi e Cavagnero della via, il permesso di riattrezzarla. Marco è d’accordo e noi ripuliamo e riattrezziamo Flash Gordon. I fix presenti in via sono risultati essere assolutamente inaffidabili. Sono saltati di schianto appena sollecitati, compresi quelli di sosta.
Il Bianciotto e attrezzato a fix, arruginiti. Non avevo intenzione di toccarlo. Però, vista l’inaffidabilità del materiale presente su Flash Gordon, provo a sollecitarne uno. Questo salta immediatamente … da paura … da non credere!!!! A questo punto non potevamo responsabilmente esimerci dal riattrezzarlo. E così, ripuliamo e risistemiamo anche questa bella e storica via.
Avevo ripetuto più volte il Bianciotto nel passato, quando era ancora attrezzato a chiodi (il chiodo ancora presente all’inizio del traversino e un mio chiodo di 33 anni fa). Poi non più. Avevo già allora intravisto la possibilità di un attacco diretto: anzichè risalire lo zoccolo che porta alla sosta sul terrazzone all’inizio della via vera e propria, si poteva partire direttamente dal sentiero alla base del terrazzone. Questa variante avrebbe richiesto lo spit in quanto improteggibile e poichè la via era attrezzata a chiodi non mi sembrava il caso. Oggi con il Bianciotto così riattrezzato ecco che le cose assumono un altro aspetto. Provo l’attacco diretto e ne esce una bella variante di circa 10-12 metri che conferisce al Bianciotto un primo tiro di circa trenta metri, bello e più impegnativo. La battezziamo “Diretta Bianciotto”. Non potevamo chiamarla diversamente!!!
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Ed ora veniamo al “DELITTO”!
Caro Marco, le tue affermazioni sulla variante che definisce la “Diretta Bianciotto” …… “che snatura la logica bellezza della via” ….. “il peggior scempio degli ultimi venti anni”…. mi lascia semplicemente esterefatto, incredulo! Quando ho letto il tuo post ho pensato che ti riferissi alla riattrezzatura del Bianciotto …. Ho pensato che forse non sapevi che era già attrezzata a fix, ma quando mi hai detto che lo scempio si riferiva alla variante stentavo a credere alle mie orecchie … sta scherzando mi dicevo …. ma poi ho capito in che groviglio mentale ti arrabatti, un misto tra un passato romantico e un tuo sognare presente che dovrebbero costituire legge per i frequentatori della Sbarua ….. forse ti senti il paladino depositario dei valori, delle cose fare e di quelle da non fare ……… Guarda, in questi giorni non ho smesso di pensare a questa cosa. Mi son detto che forse mi trovavo in una condizione mentale da non capire ….. Ho chiesto a destra e a manca, ad Accademici tuoi pari, ad INA tuoi pari ed ad altri ex grandi alpinisti ….. scusa sai ma tutti hanno detto che caro Marco proprio non ci siamo … e guarda che non ti dico cosa veramente pensano di quello che dici …. Un conto è sostenere delle posizioni sul recupero delle vie storiche …., di qualche via da recuperare per dare spazio ad una arrampicata su cui proteggersi con protezioni amovibili ….. un altro conto e l’oggetto dei tuoi strali, una variante di 10 metri su una via, anche se classica!!!!!
Il Bianciotto e la sua Diretta sono già stati ripetuti da qualche Accademico e INA, tuoi pari, e tutti hanno espresso un parere positivo complimentandosi per il lavoro svolto. Sono questi degli imbecilli che sputano sulla storia?
Quello che dici nel tuo post ….. “cerca di rimediare perchè se non lo farai tu in prima persona lo faranno altri con il completo appoggio di tutti quelli che come me amano la Rocca” …… SUONA MALE E MINACCIOSO! ….. non va bene Marco …. sei forse anche il paladino delle minoranze violente e impositive? Vuoi fomentare gli animi? Finchè argomentiamo con opinioni diverse è un conto …. se passiamo alle minacce, occhio, …. e come dice il proverbio …. “chi semina vento raccoglie tempesta”.
IO …. caro Marco, IO amo la Rocca! E l’ho dimostrato con spazzola d’acciaio e olio di gomito, con giornate di lavoro, impegno economico, mangiando polvere e lichene …. qualcun altro no ….. solo a tavolino a discutere sul bidecalogo, sulle cose da fare …. sulle decisioni da prendere …. su chi deve farle …. il risultato? A tutt’oggi? Immobilità totale!
Ma se qualcuno fa qualcosa ti prodighi subito a esternare critiche a destra e a manca …. vedi la via dei Passeri alla Figari …. le tue esternazioni alla Gaido ai Denti …. ma fai qualcosa anche tu anzichè fare l’inquisitore ….. Ma scusa, qualche Ente superiore ti ha delegato a questo controllo? O ti sei autodelegato? Fatti un esame di coscienza …. di unto dal Signore ne abbiamo già avuto uno …..
Avrei una proposta da fare sulla Sbarua …. forse l’avete già presa in esame e scartata ….. forse no. Chiamami una di queste sere.
Marco per come la vedo io la parola SCEMPIO è più che giusta. Rende ottimamente l’idea di certe inizitive passate sotto il segno della “valorizzazione”altra parola che andrebbe cancellata dal vocabolario degli arrampicatori. Parola in uso negli uffici tecnici pubblici che porta spesso e volentieri al degrado ambientale, allo sfruttamento del territorio e alla corruzione.
Le vie sono l’espressione di chi le apre e tali devono rimanere. Un pò come un’opera d’arte che è l’espressione dell’artista che l’ha pensata e poi realizzata.
Spittare dove prima non c’era è un errore storico. Eè cancellare il passato, cancellare l’evoluzione storica, è arrogarsi il diritto di cancellare quello che gli altri sono stati capaci di fare.
Pochi mesi fa sono stato alla Sbarua dopo tanti anni che non ci ritornavo, eravamo con il corso roccia. Bello il rifugio, deprimente l’esagerata spittatura, sopratutto dove prima gli spit no c’erano.
Con un paio di allievi abbiamo ripetuto la Gervasutti, naturalmente senza usare gli spit che andrebbero tolti!
A specifica, e chiarimento del post precedente, tengo a precisare che non si tratta dello Spigolo Bianciotto, ma della variante diretta allo stesso, aperta recentemente che a mio parere e non solo mio snatura la già logica bellezza dell’itinerario originale.
La parola “scempio” può sembrare esagerata, ma sicuramente evidenzia una logica di approccio alla roccia che non ha più senso di esistere in questi tempi e che sicuramente invoglierà a nuovi precedenti, togliendo la voglia e il senso di scoperta alle nuove generazioni.
Sotto il Colle Aragno, nella Sbarua superiore esiste un’infinità di roccia, torrioni e piccole pareti ancora tutte da scoprire, questa è la strada… Le vie cosiddette “storiche” come più volte ribadito, vanno preservate da ogni tipo di “snaturamento” se non, come detto da molti in questo forum, addirittura riportate alle origini.
…Caro Adelchi,
avrei voluto condividere subito, coi miei amici una due giorni particolare..bellissima da una parte, e tristemente malinconica dall’altra.. dove sabato ho “navigato” e chiacchierato ininterrottamente, scalando con un grande amico tra i bonsai naturali dei Meano..e ieri, forse per la duecentesima volta, “regalando” ad un amica quelle che sono le due linee più “semplici” della nostra tanto amata rocca Spaventa.. Il luogo dove ogni volta che torno, che tornano tutti quelli che sono da molti anni sul “campo”, si corre inevitabilmente indietro negli anni, alla nostra giovinezza, ai sogni e ai progetti più grandi rincorsi su questa bellissima pietra che non conosce lo scorrere del tempo..
Ho visto, in oltre trent’anni di frequentazione svariati “scempi” alla rocca, spit infissi senza logica, la nascita di vie che ricalcavano e che cancellavano con un nome diverso itinerari già tracciati e con una propria identità, una propria storia..
Ho seguito i tuoi ultimi, encomiabili restiling alla torre del Bimbo, ed in altri settori..ma aimè, ieri, mentre il sole ormai volgeva al tramonto in cielo lattiginoso che smorzava i bellissimi colori dell’autunno, il mio sguardo è volato al simbolo per eccellenza della rocca..scoprendo che la firma del peggior scempio degli ultimi vent’anni portava il tuo nome..
Non è servito sottoscrivere un bidecalogo per il rispetto e il recupero delle VIE STORICHE” della Rocca Sbarua, non sono servite le decine di riunioni, di convegni, di telefonate e di litigi sui blog per farti capire l’importanza di preservare questo genere di itinerari..
Ora che hai fatto lo scempio, caro Adelchi, cerca di rimediare, perchè se non lo farai tu in prima persona lo faranno altri, con il completo appoggio di tutti quelli che come me amano la Rocca..dopo il tuo scempio ne seguiranno altri, che saranno esempio per le nuove generazioni…pensaci Adelchi, rileggendoti queste poche righe…”Gigione” Bianciotto e tutti quanti te ne saranno grati…di sbagli infondo, nella vita ne facciamo tutti quanti..
“…dotato di un equilibrio fuori dal comune, raggiunse in quegli anni la fatidica soglia del 6° grado e forse più..sono bastate una manciata di salite, qualche passaggio d’eccezione e il suo nome è giunto sino a noi, vivo, nel ricordo di una serie di ascensioni indimenticabili, che definiranno in segiuito un altro pezzo importante di storia alpinistica..Alla Sbarua ci regalerà il suo capolavoro più bello, lo spigolo affilato e tagliente che sovrasta il primo salto della Rocca e che oggi porta giustamente il suo nome..Un passaggio arditissimo di rara eleganza ed equilibrio, salito quasi per gioco, una serie di movimenti di estrema difficoltà fatti tutti d’un fiato ed in un’unico incredibile tiro, una serie di movimenti di estrema difficoltà con le braccia a “croce”, le gambe divaricate che scaricavano su due fessure un pò svasate ai limiti della caduta..un unico chiodo di protezione in quaranta lunghissimi metri…”
Era il 1949, a diciotto anni “Gigione” Bianciotto entrava nella storia delle nostre pareti e della nostra sezione con l’impeto e la spensieratezza di quegli anni, con la grazia di quei gesti unici e precisi che sempre lo contraddistinsero.
Non sarai certo tu Adelchi, a “rovinare” irreparabilmente questo pezzo di museo, questa linea meravigliosamente disegnata sulla roccia patrimonio artistico ed ambientale per le future generazioni
cacchio che palle,……………..
Non entro in merito a discussioni trite e ritrite, del resto il mio punto di vista l’ho espresso già numerose volte in questi anni nonchè partecipato attivamente a fin troppe risse. Apprezzo quindi un atteggiamento meno rissoso ma più propositivo come quello di Marco, anche se la paventata regolamentazione toglierà un po’ di anarchia alla nostra attività preferita. Ma se ci sono idee troppo contrastanti dovremo pur raggiungere una mediazione! Nell’incontro di Casa Canada avvenuto la sera prima del meeting era venuta fuori l’interessante proposta (o provocazione, chiamatela come volete) : riportare allo stato originario almeno 5 classiche. A me non sembrava una cattiva idea, anche se erano più i contrari che i favorevoli. E in più si era parlato di individuare qualche via che poteva restare (o ridivenire) trad per la gioia di chi ama fare questo, oggi. E per trad non intendo quello alla Piola, che trad non è, ma la scalata con nut e friend per la totalità della lunghezza. A me sembra una cosa scontata, ma mi accorgo che non lo è per tutti. Vedo ora che alcune di queste proposte sono state riprese da Marco Conti e allora dico: bene! Finalmente si arriva a qualcosa di concreto e non ci si azzuffa solamente! Caro Giuseppe e caro Alessandro. Anche io ho spesso pensato che la Sbarua ormai fosse persa, un’inutile (per me, sia chiaro) centro commerciale. Ma pensare in questo modo ci vede perdenti nei confronti del futuro e delle nuove generazioni. Non c’è nulla di definitivo, tutto può essere rinnovato e, allo stesso modo di quando si pensava di far bene a spittare tutto, oggi si può mostrare una nuova consapevolezza e prudenza nel farlo. E, se non altro, arrivare a capire che lo stesso terreno può interessare ed essere fruito in maniera diversa da chi non la pensa come te. Paradossalmente, quando ho realizzato (con mia enorme soddisfazione) la Motti-Grassi in green point (ovvero senza utilizzare spit nè chiodi presenti sulla via, ma solo con i friend) ho percepito un grosso gelo intorno a me, particolarmente nell’ambiente piemontese: l’unico a farmi i complimenti è stato Marco Bernardi, cioè non solo colui che l’aveva liberata, ma il massimo promotore dell’arrampicata sportiva nel tempo che fu. E, sorridendo sotto i baffi, mi ha detto: a quando la schiodatura? Un saluto a tutti. Maurizio
Buonasera a tutti,
non sono qui per venire difendere nessuno, ma nemmeno fare la parte un po’ ambigua di Ponzio Pilato…e lavarmene le mani.
Come in quasi tutti forum, l’utilità degli stessi, che è ovvio, spesso partono da una “provocazione”, vanno poi via via degenerando per finire poi inevitabilmente sul personale se non nel litigio puro.
Conosco Adelchi… direi da sempre e posso garantire per tutti che rispetto a molta gente passata sulle pareti di Rocca Sbarua in veste di scopritore, chiodatore o futuro “rinnovatore” è fra quelli che ha preso sempre molto a cuore il luogo e ciò che faceva, cercando per lo meno di avere il massimo rispetto per la storia, ed il solo fatto che ora uscirà una sua “produzione” sulla Torre del Bimbo stà a dimostrare l’enorme lavoro e passione per il sito; questo bisogna darne atto.
Occorre però fare un saltino indietro nel tempo e andare a rivisitare alcuni passi importanti nella storia della Rocca Spaventa che a mio avviso sono fondamentali per capirne la sua evoluzione fino ai giorni nostri e che bisogna essere sinceri con se stessi, non hanno poi così badato a preservarne la sua futura “sepoltura”. I primi a commettere degli “errori” se così vogliamo chiamarli, fu proprio il nostro gruppetto, capitanato dal compianto e fortissimo Marco Demarchi, che insieme a Guido Cavagnero e Parodi (non quello ligure) iniziò a forare sistematicamente lo gneiss di rocca Sbarua. Nei primi anni ’80, si volle imitare i grandi apritori del tempo, Piola, Vogler e C. , mentre sulle vecchie vie di artificiale, sull’onda ricreativa del mitico libro di Gogna “Cento nuovi mattini”, i forti arrampicatori del periodo iniziarono a provare la “libera”, proteggendosi coi chiodi già infissi nei tratti in artificiale ed in un secondo tempo, sostituendo questi chiodi (ormai vetusti e poco affidabili) con gli spit di ultima generazione. Perché? Perché semplicemente per provare a salire in libera i primi 6a, poi il 6b e via via a salire, si provava a tirar la libera fino a cadere, e a nessuno piaceva prendere voli sui chiodi arrugginiti. La sequenza della “sfida” a quei tempi fu poi il passaggio a provare le stesse lunghezze in libera ma proteggendosi autonomamente con protezioni veloci (friends e spit). Ma dove si poteva fare ciò? Non certo su tutte le vie artificiali esistenti, la Sbarua di primo acchito non aveva certo la fessurazione delle pareti dell’Orco o di Mello… Fu così che dopo un fugace passaggio di Bernardi (proprio in occasione delle foto per il libro Cento Nuovi Mattini) che si venne a sapere che lo Spigolo Centrale e la Motti-Grassi in Sbarua (due vie simbolo di allora) erano “cedute” sotto le sue dita …e pensate, con “solamente” dei brevi tratti di 6b…Fu lì che schioccò la scintilla e prima sullo Spigolo, e poi su altre vie come la Motti-Grassi ( dove il contributo della riattrezzatura fu opera del CAAI) si cominciò a vedere i vecchi itinerari misti con occhi diversi, per arrivare poi al capolavoro in placca di Voyage e dei primi tentativi di libera sulle Gialle (prima dell’arrivo di Vaio, Rebola e Lella) ma vorrei sottolineare che in quel periodo la parola “trad” manco esisteva, perché la scala della difficoltà pura era ancora tutta da scoprire e chi in quel periodo faceva il 7a era già considerato un mostro. Accaddero poi parallelamente alcuni incidenti mortali sulle superclassiche più facili della Rocca, uno sul Cinquetti, uno sulla normale ed uno sul Rivero che scossero la nostra sezione del Cai, tanto da deliberare una parziale sovvenzione per la riattrezzatura parsimoniosa delle stesse e sollevando già allora non poche polemiche anche all’interno dello stesso direttivo. La seconda ondata di spit (se così vogliamo chiamarla) che mise insieme da una parte l’esigenza di creare nuovi itinerari (soprattutto in placca, viste le enormi possibilità che offrivano le pareti di Rocca Sbarua) dall’altra la voglia di restare al passo coi tempi, la si deve più che altro alle prime più sporadiche apparizioni di Adelchi, con l’allora mitica Bon Ton e delle altre sue vie sul Bimbo e delle numerose vie di Carbone e compagni…Nacquero così le prime vie “plasir” della Sbarua, un po’ sulla falsa riga di ciò che Cambon stava facendo in Francia; vie sicuramente belle, piacevoli e alla portata di molti, ma inferiori come standard a quanto fece Demarchi e C. in Sbarua con le ultime realizzazioni Voyage, Bauhaus e le successive di Vaio e Rebola… Negli nni ’90 e successivi, nulla di nuovo, anzi un passo indietro, se vogliamo essere severi, salvo qualche bella chiodatura di Scarca e le “combinazioni” di Michelin. La Sbarua sembra non reggere il passo con le alte difficoltà e quindi viene un po’ snobbata dai big; anche i francesi le dedicano un magnifico articolo su carta patinata, poi si torna a quella gran bella palestra adatta più ai corsi, agli affecionados e ai gradi classici, che non ad una pura falesia per l’alta difficoltà come invece è accaduto al vicino Monte Bracco. Vuoi per la sua storia, vuoi soprattutto per le caratteristiche della sua roccia. In Sbarua non ci sarà il Trionfo dei Puffi…ma neppure al Bracco c’è un “Gerva” o una Motti-Grassi…quindi nessuna concorrenza ma la Sbarua resta destinata ai grandi “classici” e alle difficoltà moderate.
Per venire ai giorni nostri, e nel pieno di una crisi economica, ora che la valle dell’Orco sembra più distante, che le fessure del Bianco sembrano più care delle Maldive, c’è l’esigenza di cercare vicino a casa nuovi stimoli, e nuove avventure, ed ora che finalmente c’è un presidio fisso tutto l’anno è forse arrivato il momento di pensare nuovamente alle pareti e vengo ora a rispondere ad Enrico e spero a tutti gli interessati; il direttivo Cai di Pinerolo prima, e poi i soci tutti insieme, con le osservazioni successive, sottoscriverà un “Decalogo di autoregolamentazione” in specifica al Bidecalogo emanato dal Cai, voluto e spinto dal sottoscritto con il contributo dell’accademico e di altri appassionati che hanno particolarmente a cuore la palestra, per il recupero e la fruizione delle pareti di arrampicata di Rocca Sbarua e collaterali, allegato di un primo elenco di “vie storiche di notevole pregio” antecedenti gli anni ’50, un secondo elenco di vie “storiche” antecedenti gli anni ’80, un terzo elenco di possibili vie da dedicare alla scalata “trad”, e soprattutto l’elenco di alcune vie ( documentabili da relazione) di cui si è persa traccia o letteralmente ignorate o cancellate dalle nuove chiodature; il Decalogo prevede poi la costituzione di un gruppo di lavoro permanente con riunioni periodiche all’interno del quale si decideranno le linee e gli indirizzi per riportare in vita le vie sparite e i nomi dei primi salitori, limitare e/o indirizzare l’utilizzo del trapano verso settori nuovi o per richiodare vie già spittate con materiale di qualità scadente, individuare alcune linee per la scalata “trad” e se necessario ripulirle completamente dagli spit; dare la possibilità su un paio di itinerari di sperimentare la scalata artificiale con protezioni veloci; individuare un settore per la scalata dei bambini, uniformare la segnaletica ai piedi delle vie e per raggiungere i settori. Tutte cose che un forum non potrà mai realizzare e che ci vorrà parecchio tempo, ma questa è l’unica strada.
Ci sarà sempre chi storgerà il naso, ma sulla lunga sono convinto che questo nuovo atteggiamento gioverà sia alla nostra cara, vecchia Sbarua, sia sulle generazioni future, “correggendo” se possibile gli scempi e gli errori del passato e restituendo ai nostri figli lo stesso patrimonio di storia ed emozioni.
Sbarua, vie clean da restaurare:
– Gervasutti-Ronco;
– Motti-Grassi;
– Rabbi;
– Bechoud;
– Ave Maria;
– Diedro Genero;
– Diedro Appiano;
– Fessura del Nero;
– Fessura del Belvedere;
– Anguilla Crack;
Nel settore Mont Blanc ve ne sono altre come le vie di Manera, gli ultimi due delle Perle di Granito, e altre ancora sparse tra i torrioni. Vi sono inoltre diversi tiri di placca comunque proteggibili, perché il tradclimbing non è solo crackclimbing…
Ecco che su tutti gli itinerari della Sbarua una riserva indiana clean potrebbe coesistere.
Siamo onesti, l’arrampicatore che ama le placche plaisir di 5c/6a max 6a+ non cercherà mai itinerari più duri, più fisici e più rudi. Non ho mai visto nessuno scalare sulle placche da weekend e poi andarsi a divertire nelle fessure di mano o peggio su blocchi con micro-protezioni.
Inoltre esiste anche un fatto educativo sull’andare in montagna, sul seguire un sentiero con gli ometti e non con i bolli a 3 metri, sul saper leggere le relazioni e cercare l’attacco di una via anche senza le indicazioni autostradali del Nuovo Bimbo di Lucchetta.
Anche chi scala in fessura alla fine passa dal rifugio e beve il caffé, fa merenda o magari si ferma a dormire due giorni . . .
Due anni fa per il Concorso clean Climbing di Mountain Wilderness e del CAAI proposi una relazioni provocatoria su questi itinerari ora a spit, ma venni sconsigliato perché io non ero nessuno . . .
Chi mi aiuta?
Richard:
1) “Casa Canada” è stata attrezzata nel 2007 e non nel 2013 e allora, nonostante le ricerche, non risultava essere mai stata salita da nessuno, per cui le abbiamo dato noi il nome. Ora ne sappiamo di più, grazie ad Enrico Perassi. La guida riporterà le correzioni dovute. Nessuno si è appropriato di vie fatte da altri in malafede;
2) SI DIA UNA REGOLATA! NON SONO QUI A PERDERE TEMPO PER FARMI INSULTARE DA LEI, CHE PIU’ PARLA E PIU’ DIMOSTRA DI NON CONOSCERE I FATTI!!!! RILEGGA IL TUTTO PARTENDO DAI PRIMI COMMENTI IN SUCCESSIONE, DOPO AVER LETTO L’ACCUSA DEL SIGNOR GOGNA!
Il discorso si sta spostando su un piano ideologico e a questo punto non se ne uscirà più.
Prima che la situazione precipiti, è meglio CHIUDERE!
Ringrazio tutti quelli che hanno espresso il loro punto di vista anche se non condivisibile. In particolar modo Alessandro Gogna, che a fronte di una informazione errata o in malafede fornitagli da qualcuno, non ha esitato a sparare su qualcuno che non conosce, senza prima aver approfondito le cose. Il blog di Gogna condannava la richiodatura della “Diretta integrale” ….. “la richiodatura a spit dell’ultima via classica della Sbarua” …. Chi ha riferito la cosa ha accompagnato l’informazione inviando la foto di “Casa Canada”, creando l’equivoco che fosse l’attacco della “Diretta integrale”, e che avessi preso anche l’iniziativa di cambiarle nome!!! Bene, ho già esposto i fatti nei vari commenti precedenti.
Dopo di che vorrei ricordare a Gogna, che non mi sembra che egli abbia fatto fuoco e fiamme per impedire la richiodatura “a resinati” della sua via classica al Medale! Allora, si predica bene e si razzola male? Quel che va bene a chi ha un nome non va bene per la plebe? E non ricordo di aver sentito qualche mugugno quando il CAAI ha commissionato la richiodatura a spit, di alcune vie tra le più classiche della Sbarua (Gervasutti, Spigolo centrale, Rivero, Motti-Grassi …..). Forse perché la richiodatura, che era stata attuata piazzando gli spit al posto dei chiodi, era stata condivisa dalla maggior parte dei frequentatori della Sbarua?
O forse sono i mezzi di comunicazioni di oggi, che amplificano la visione delle minoranze violente e impositive?
Non ho mai messo le mani su vie di altri. Ho cercato di informarmi sempre prima di fare qualcosa. Il progetto di riattrezzare tutta la “Torre del Bimbo” è nato da una pura iniziativa personale verso una struttura che mi ha sempre attratto. Ci avevo aperto quattro vie, la prima 30 anni fa, e ottenuto il pieno consenso di tutti gli apritori delle altre vie, storiche e non, ci siamo tirati su le maniche e siamo partiti.
Al Bimbo non ci sono praticamente tiri di fessura. L’unico, bellissimo, quello del secondo tiro della “Beuchod” aperto con protezioni veloci, è rimasto tale e quale. Quello che abbiamo denominato “Casa Canada”, è stato volutamente attrezzato a fix in quanto inserito in un contesto di nove monotiri di arrampicata sportiva. Per il puro divertimento. Chi non capisce questo è volutamente fazioso e persegue un integralismo veramente cieco e fuori posto.
E vi assicuro che tutto ciò è stato fatto per pura passione. I lavori sono stati supportati da tantissimi arrampicatori che ci hanno ulteriormente stimolati…. Che piaccia o non piaccia a tutti!
Nessuno sprechi più tempo per rispondere a questo ultimo commento! Adelchi Lucchetta non è più qui!
Buone salite a tutti.
Per Richard e per Enrico.
Solo per conoscenza.
Volevo solo comunicarvi un’ulteriore aggiornamento. La fessurina del monotiro denominato ora “Casa Canada” era stato salito in artificiale da Alessandro Beglio, nel 1987, durante un tentativo arenatosi poco sopra l’intersezione con la via attuale denominata “Diretta Osteria del viandante”.
Richard, nella guida che uscira’ fra poco ci sono 30 tra vie, varianti e monotiri con nomi e cognomi di tutti quelli che hanno lasciato traccia. C’è una cronologia storica e anche un paragrafo che riporta le traccia visibili (chiodi vecchi) di cui non è stato possibile risalire agli autori nonostante l’impegno. Di altri è stato possibile ed è stato riportato.
Lucchetta,
le ricordo che lei ha spittato nel 2013 una fessura. Fessura che dopo aver spittato e rinominato per poter inserire il suo nome nella pagina della storia, è venuto fuori che era già stata aperta da minimo due cordate. Ma stiamo scherzando?!?
Qual’è la sua reazione?
Quella di dire che lei ha rispetto e gli altri no?
Ma lei è fuori di senno, oltre che evidentemente falso.
Lei vuole solo chiodare, chiodare e chiodare, come un animale che deve marchiare il territorio, per quella tipica missione che colpisce alcuni di quelli che comprano un trapano.
Rifletta, risponda alla mia affermazione riguardo allo schiodare.
Ricordandosi che gli altri “presunti” apritori l’hanno già nobilmente relegata in una posizione per la quale da gente come lei non vogliono neanche essere citati.
E la smetta con questi toni di falsa cortesia! Io non sono cortese o cafone. Io dico le cose, le dica anche lei senza girarci intorno. Non invoco ideali. Parlo di fatti e soluzioni.
Risponda con il cuore, non siamo qui a fare politica, le stiamo dicendo che ha fatto delle porcate, e non tiri in ballo paroloni come etica e rispetto, cacchio!
Lucchetta sa cosa le dico?
Io non ho mai imposto nulla a nessuno, lei si, ma come sostiene quelli come lei fanno la storia e quelli come me no.
Miserie umane…
Si tenga le sue ragioni tanto non ha neanche provato a seguire i discorsi degli altri.
Che disgusto.
Richard,
legga il commento che ho espresso a Enrico Perassi poco fa.
Dopo di che se lei ritiene di avere il diritto di imporre il suo modo di veder le cose ad altri deve anche accettare che gli altri le impongano il loro modo di veder le cose.
Di questo passo non se ne esce e non finiremo mai di discutere.
Caro Enrico Perassi,
se non le interessa la paternità della salita di quella fessura come di altre, avrebbe fatto bene a tenerselo per se. E non si preoccupi, non scriverò certo il suo nome associato a nessun tiro. Anche perché, nel frattempo, ho appurato che nel 1992 qualcuno aveva salito con i chiodi la stessa fessura. Se nessuno lascia traccia di quello che fa, chi viene dopo non ha riferimenti storici. A questo punto, se tutti facessero come lei non ci sarebbe passato, non ci sarebbe storia, non sapremo chi era Tizio e chi era Caio, non sapremo dove collocarci, non conosceremmo il legame tra l’uomo e le cose, non avremmo niente e nessuno con cui confrontarci, non ci sarebbero le guide, non staremmo a parlare di niente e di nessuno. “Casa Canada” è un tiretto inserito nel contesto di un settore dove esistono nove monotiri, tutti attrezzati per l’arrampicata sportiva. Che senso avrebbe avuto lasciare un’ulteriore possibilità di salita se non si fosse saputo che quel tiro era già stato salito con protezioni veloci e pertanto, in rispetto a quanto fatto dai primi salitori (sconosciuti o ex Enrico Perassi e C.) lasciarlo così? Lo avremmo semplicemente pulito per renderlo attualmente fruibile con nut e friend. Anch’io pratico il trad, spesso in montagna nella stagione estiva e qualche volta nelle falesie dove impera il trad. Negli anni ’80 c’era una certa scuola di alpinisti-scalatori che diceva di aprire le vie per sè, per il proprio senso di avventura e per lasciare la possibilità ad altri di trovare la propria avventura. Peccato che lasciava un paio di chiodi in via per testimoniare il passaggio di qualcuno. Alla prima ripetizione saltavano fuori i primi salitori. Miserie umane.
Come ho già riportato nel mio commento del 23 gennaio, a fronte del commento di Giuseppe Penotti, ognuno misura le cose che fanno gli altri con il proprio metro. Si è mai chiesto cosa pensano altri del suo modo di vedere le cose? O, pensa che a lei nessuno può dire niente perché il suo modo di vedere le cose è quello giusto? Poiché non ci sono regolamenti e poichè arrampicata e alpinismo sono sempre stati sinonimi di libertà individuale è giusto lasciare spazio a tutti. Imporre la propria visione delle cose vorrebbe dire semplicemente soffocare la libertà di altri. Il rischio che ne può derivare sono gli eccessi, sopratutto in mancanza di una etica, quale non si sa.
Ma stiamo nel concreto. Come ho già detto più volte in questo via vai di commenti, mi sono sempre imposto nei miei 36 anni di attività alpinistica-arrampicatoria una etica: quella di rispettare l’operato dei primi salitori, sia che si tratti di una via attrezzata a spit o di una via aperta con protezioni veloci. Se tutti avessero questo atteggiamento sarebbe già una bella cosa. Non sono d’accordo con chi attrezza vie aperte con protezioni veloci e non sono d’accordo con chi vuole schiodare vie aperte a spit. Posso capire che un mio modo di veder le cose non possa essere condivisibile, ma lei deve accettare che un suo modo di vedere le cose non possa essere imposto.
Caro Adelchi,
lasci da parte la cortesia. Non le ho mostrato tanta cortesia e non chiedo di essere trattato coi guanti. Chiedo riparo a errori sicuramente fatti in buona fede, e soprattutto chiedo a lei come ad altri il fatto, già ben espresso da Perassi, di riflettere più con la testa che col trapano. Di guardare cosa succede in giro. Anch’io ho il trapano, ma quando si parla di granito per me trapanare non è una missione. È una sconfitta. Di solito se devo mettere uno spit, torno indietro, chiudo il progetto per me e aspetto che qualcuno di più bravo trovi una soluzione. Due i semplici principi che ho desunto in 20 e rotti anni di girovagare per monti farlesie: non si scava, MAI, e se c’è una fessura non si spitta, MAI.
“Detto ciò, se lei avesse aperto una via e dopo anni avesse piacere di vederla attrezzata ma non ne avesse voglia di farlo, non sarebbe contento se qualche amico gliela attrezzasse al posto suo?”
Sinceramente, mi espongo io per primo: che domanda è?
Se ho capito male me ne scuso e lascio questo mio pensiero non rivolto a lei, ma a sottolineare ciò che reputo sia corretto. Diversamente uno spunto in più per riflettere.
Dicevo: che domanda è? Perché dovrei modificare una mia via o farlo fare a un amico? Nessun mio amico mi chiederebbe mai una cosa simile!!! Vale l’esempio dello stupro!
1) se apro una via, così è stata aperta e così rimane, salvo porcherie etiche o materiali dubbi. Ma se sono passato con 3 spit e con un friend, gli altri faranno il piacere di provarci con 3 spit o 1 friend, se ci stanno più friend, meglio. Se non ci stanno, nessuno deve neanche pensare ad aggiungere uno spit.
2) NON SI CHIEDE DI MODIFICARE UNA VIA! Per svariati motivi tra i quali il fatto che l’apritore può non essere più lucido, o può non aver inteso cosa si voglia fare. E con vie degli anni ’50 o ’60 può succedere. E non secondario per il rispetto di quelli che sono venuti dopo a fare quella via!!! Per fare un riferimento pratico di 2 vie “simbolo” le cito: Fessura della Disperazione e Polimagò.
Uno non si deve neanche sognare di modificarle!!! Né di chiamare gli apritori per chiederlo! Anche s gli apritori avessero cambiato idea! Ormai l’hanno fatta, ci avessero pensato prima. Deve essere chiaro che aprire una via è un gesto di grande responsabilità e di esempio anche nei confronti degli altri!
Al massimo è buona norma chiedere se si possono cambiare i chiodi, e non di certo per rimpiazzarli con spit , sia chiaro! Si chiama retroblting ed è pratica decisamente poco apprezzata, per essere eufemistici…
Ma soprattutto, e finisco questa mia, non posso vedere nel 2014 una fessura “perfetta” così drammaticamente crivellata da spit. Ma Perasso ha già espresso fin troppo bene i motivi.
Quindi le dico, in tutta serenità e poca cortesia, che al di una visione personale, quella via va schiodata immediatamente e rinominata con le indicazioni dei signori che qui sotto le hanno fatto notare lo status quo!
Saluti
Entro anche io nella discussione:
io arrivo nel mondo della scalata, ed in particolare alla Sbarua, dopo gli anni 2000.
Molte vicende si sono susseguite là, diciamo chè io ho trovato la Sbarua dopo l’era “Carbone”.
La mia prima via è stata la Cinquetti – Burdino, una classica iniziazione alla roccia, mi portò un amico, io la scalai tutta da secondo, non sapevo nulla di spit, chiodi e materiale vario, per me iniziava tutto in quel momento.
Gli anni passano, si migliora, si scoprono altri mezzi di protezione, si conosce Andrea Mellano che racconta la storia dell’arrampicata moderna (dalle scalate alla Sbarua come palestra di allenamento per vie più importanti nel resto delle Alpi, fino alle prime gare di sportroccia), si leggono articoli, arrivano sottomano le vecchie guide, ecc…
Poi si torna in Sbarua e si scopre che tutte le vie, un po più o un po meno sono tutte spittate, e va be fin li uno dice che c’è di male?
Si però, sempre per quanto mi riguarda, arrivano i primi friends, dove li uso?
Bè in Sbarua, no? Granito = fessure! e poi soprattutto sopra casa!
Eh no! sono tutte a spit!
Che senso ha andare a mettere queste protezioni su una via già protetta?
Mi è stato suggerito più volte che se io amo scalare, come si dice oggi TRAD, posso farlo tranquillamente su una via a spit, basta ignorarli!
Non so voi, ma solo per il fatto che esistono e li vedo, come posso far finta di niente?
E così ti rendi conto che in un posto come la Sbarua è stato omogenizzato tutto, senza dare la possibilità ad altri che pensano in maniera diversa alla scalata.
Il “TRAD” non si può fare, quasi per nulla, vie in artif (praticamente sparite)!
Io che sono della “Nuova Generazione”, che cosa posso fare?
Mi hanno insegnato all’università a pormi queste domante:
1) Da dove vengo?
2) Dove sono?
3) Dove voglio andare?
Se penso alla Sbarua:
1) Leggo un pò di storia e so da dove vengo.
2) Dove sono lo so, sto vivendo in un caos incredibile, più di 200 itinerari, che spesso si incrociano, nessuna alternativa a vie spittate, eppure in un posto già saturo si aprono ancora nuovi itinerari, senza badare a restaurare ciò che ce già!
Insomma una scalata per forza per tutti, o meglio tutti devono poter salire e uscire su tutte le vie, al di là del grado che gli compete!
3) e dove vogliamo andare così?
Se continuiamo di questo passo sicuramente invece andiamo indietro e non lasceremo nulla di buono a chi verrà dopo!
Bisogna riflettere, e forse ora è arrivato il momento di dire basta, recuperare un po di storia e risistemare gli itinerari esistenti, dare la possibilità a tutti di esprimersi secondo il loro interesse, badando però a rispettare qualche regolina, che saremmo in grado di darci?
A me hanno insegnato, che per affrontare un problema (nel nostro caso una difficoltà arrampicatoria) mi devo applicare e allenare, e se poi provo e non riesco vuol dire che non ho fatto abbastanza.
Ci riproverò solo dopo essermi allenato ancora…
Ricordiamoci che la sconfitta è una parte essenziale in questo sport dalle mille sfaccettature.
Saluti a tutti!
La mia provocazione ha ottenuto l’effetto desiderato e reso evidente il diverso approccio sul quale stiamo discutendo.
Non mi interessava la paternità della salita di quella fessura come di altre, non mi interessava quindici anni fa e non mi interessa ora, il punto èproprio questo.
Gentile Lucchetta laprego di non scrivere su nessuna guida il mio nome associato a nessun tiro.
Riflettiamo invece sul fatto che salendo clean chiunque, ancor più se poi lascia poche tracce e relazioni vaghe o proprio non le scrive, lascia la parete come l’ha trovata e soprattutto lascia a chi verrà dopo un terreno di avventura sul quale provare emozioni e incognite analoghe a quelle che può provare qualsiasi primo salitore.
Se iltiro avrà un nome, una sosta e un grado vi saranno meno incognite ma andrà comunque salito, interpretato e protetto.
Con questa discussione abbiamo reso evidente l’approccio moderno dell’arrampicata da quello dell’alpinismo applicato all’arrampicata. Le differenze non sono nella tecnica di protezione in sé, queste differenze sono un portato dei differenti approcci.
Dove un arrampicatore contemporaneo pensa alla sostenibilità poiché non vuole che le protezioni tolgano ai salitori, lui compreso, la possibilità di trovare il terreno naturale un arrampicatore di stampo “classico” pensa alla paternità della salita. E’ un discorso di sostenibilità, di consumo di risorse, è la differenza tra chi vive al di sopra delle proprie possibilità consumando risorse che dovrebbero essere delle generazioni future e chi limita il proprio consumo ad un livello tale che possa essere mantenuto e ripetuto per sempre.
La sostenibilità è infatti la caratteristica di un processo o di uno stato che può essere mantenuto ad un certo livello indefinitamente, che non consuma risorse che andrebbero destinate alle generazioni future.
Per quanti anni potrete ancora spittare falesie in Europa?
Per quanti anni si potranno spittare, rispittare e così via per mantenere efficienti le protezioni?
State facendo col trapano ciò che in Yosemite si faceva col martello e coi chiodi, prima o poi le falesie saranno colme di fori e monconi di vecchi tasselli e di nuovi.
Il metodo funziona, funziona così bene che il monotiro Casacanada e i primi due del Viandante sono stati spittati credendoli mai saliti, perché chi era passato prima era stato leggero e reversibile.
Il punto non è nel rispettare la tal fessura poiché aperta prima in un certo stile mentre nelcaso di terreno vergine si è liberi di fare cosa si vuole, perché questo è un approccio vecchio, positivista, da uomo che violenta la natura. Il nocciolo della questione è imparare a vivere senza lasciare tracce, anche a costo di lasciare il proprio ego privo di compiacimento.
Non fate la raccolta differenziata a casa per poi venire a scaricare sulla roccia il vostro approccio da uomo nel XIX secolo.
Prima ancora che di etica e di audacia o di sogni pensate al peso di ogni vostro gesto in termini profondamente ecologici, forse lascerete spesso il vostro tassellatore a casa.
Buona sera Richard,
le rispondo solo per cortesia.
Rilegga bene la frase precedente di quella che lei menziona. Dopo di che se non ne capisce il senso o lei non è in buona fede o, non si offenda, ha qualche problema con l’italiano.
Detto ciò, se lei avesse aperto una via e dopo anni avesse piacere di vederla attrezzata ma non ne avesse voglia di farlo, non sarebbe contento se qualche amico gliela attrezzasse al posto suo?
E lasci perdere lo stupro. Anche se solo per esempio non calza per niente con quello che voleva dire.
Buon week-end!
Caro Enrico Perassi,
questa è una informazione!
Lunedì mattina va in stampa la guida della Torre del Bimbo, completa di cronologia storica.
Ho già aggiornato il file di “Casa Canada”, che apparirà come segue:
*************
( 03 ) CASA CANADA
(Enrico Perassi e ……….. – Aprile 1998)
Monotiro/ Sviluppo: 15 m /6a/ 6 fix-inox/
Sosta in comune con la S1 dell’”Osteria del viandante”. Monotiro attrezzato da …….…. Il 16/03/07.
**************
Se hai piacere di fare delle variazioni tipo, schiodarla, cambiarle nome o non chiamarla per niente fammelo sapere entro domenica sera. Fammi anche sapere il nome del tuo compagno/i.
Si, è proprio bello arrampicare.
Buon week-end.
Comunque nell’aprile 1998 avevamo salito quella che chiamate “casa canada” ma chissenefrega…
Oggi ero in cantiere, domani farò blocchi ma se domenica mi va prendo hattori hanzo e via…
Buona serata a tutti
p.s. Ma quant’é bello arrampicare !!!
Buongiorno Adelchi,
non voglio aprire polemiche già trite e ritrite, ma trovo il suo atteggiamento “pacatamente scandaloso”! Con buoni toni e belle retoriche lei dice delle cose incredibili. Che non ci si può credere che qualcuno ribalti il fronte con tanta spudoratezza!!!
Se uno ha aperto una via, non si può neanche arrivare pensare quanto lei dice: “Al massimo gli avrei chiesto se fosse stato d’accordo.” Ma è come vedere una bella donna, stuprarla, salvo poi dire con estreme belle parole “se avessi saputo che era sposata, avrei chiesto al marito se fosse stato d’accordo”. È tutto sbagliato!!!
Io sono disarmato e impreparato a dialogare con chi parte da delle basi di dialogo e ragionamento che non mi appartengono, mi dispiace.
Cordialmente
Richard Felderer
Ciao Marco (Bernini),
per le stesse regioni che ho espresso a Giuseppe Penotti, spero che la Via X o la Disperazione o la Mellano-Perego restino così, anche se mettere un fix alle soste o al posto dei chiodi non lo vedo per niente dissacrante.
Spero che la rabbia nel vedere richiodata a fix una via trad non si riferisca al monotiro “Casa Canada”. Altrimenti rileggi il mio commento del 21 gennaio. Non mi sarei mai permesso di attrezzarla se qualcuno l’avesse aperta precedentemente. Al massimo gli avrei chiesto se fosse stato d’accordo.
Se ti riferisci alla “Diretta integrale” anche qui ti rimando al mio commento del 20 gennaio.
Dopo di che il trad. Cosa vogliamo intendere per trad? L’arrampicata su vie con fessure non protette, da proteggere con protezioni veloci, fix sulle placche e alle soste? Bene sono d’accordo. Sono le vie che facciamo da trent’anni stile Piola! Oppure intendiamo le vie classiche, da affrontare con chiodi e martello e altri amenicoli? Bene, non ho niente in contrario a che restino così, ma se qualcuno ci mette un tassello al posto del chiodo non mi dispiace per niente. L’importante è non mettere un tassello dove gli apritori sono passati senza. Questo è “il fattore principe” che risponde alla mia etica.
E’ un mio modo di vedere le cose, che non coinciderà con quello di altri. A qualcuno garba ravanare sul lichene? Accetterai spero, che a qualcun altro invece non garbi affatto. Ma anche questa è una mia opinione. Spesso i sogni di alcuni non coincidono con quelli degli altri, come il modo di vedere e sentire le cose della vita.
Penso che concorderai se dico che quello che ti spinge a fare qualcosa è la passione, l’entusiasmo, la voglia di realizzare quello che magari altri non vedono o non sentono. E se questo non viene condiviso da altri è inevitabile la critica.
Ma è bene che sia così. L’importante è il rispetto degli altri e del loro operato.
A presto, Adelchi.
Caro Giuseppe Penotti,
anch’io sono vecchio. Ho ho vissuto il tempo della salita del Rivero ancora con gli scarponi, come altre vie in Sbarua. Ho assistito all’evoluzione (o involuzione?) dei valori e delle etiche alpinistiche. Ho anche visto amici morire per questi valori. Ne valeva la pena? Credimi, proprio no! Nell’arco di 36 anni di attività in montagna e falesia ho sempre cercato di restare fedele ad una etica: il rispetto di quello che hanno fatto gli altri. La tua via dei “Quattro dell’Ave Maria” l’ho salita anch’io un paio di volte con protezioni veloci quando era ancora da proteggere e per me, doveva restare così, come l’avevate aperta. Ritengo, come ho già scritto nel commento del 20 gennaio, che le vie non dovrebbero per principio essere stravolte rispetto a come sono state aperte. Ho riportato l’esempio della Vena di quarzo. Il fattore psicologico fa parte della prestazione e se non me la sento, non ci vado: vado a farne altre. La Beuchod è stata aperta con protezioni mobili? E’ giusto che resti così. E’ una questione di rispetto verso chi l’ha fatta. Se qualcuno nell’aprire una via nuova ci mette dei tasselli anche dove ci potrebbero stare delle protezioni mobili, trovo che anche questo qualcuno meriti lo stesso rispetto. E se qualcuno mugugna perchè non condivide lo stile della via, non ci vada: vada a farne altre o si cerchi il proprio spazio per esprimere la propria visione delle cose, così come hanno fatto gli altri.
In questo mondo siamo in tanti e non tutti abbiamo la stessa capacità, la stessa visione del rischio, lo stesso concetto del divertimento. Chi stabilisce cosa e come? Poiché non ci sono regolamenti e poichè arrampicata e alpinismo sono sempre stati sinonimi di liberta individuale è giusto lasciare spazio a tutti. Guai ad essere talebani! Vorrebbe dire semplicemente soffocare la libertà di qualcuno. Quelli che si lamentano per le vie chiodate troppo corte e azzerabili sono gli stessi che si lamentano di quelle chiodate troppo lunghe. Ognuno misura le cose che fanno gli altri con il proprio metro. Qualcuno sparla e sparge veleno nell’ambiente … spesso senza un minimo di autocritica.
Quello che qualcuno definisce “porcherie”, in questo caso fatte in Sbarua, non devono essere riportate allo spit, ma alla mancanza di una etica che l’ambiente alpinistico con i suoi Enti e Organizzazioni in primis non hanno saputo trasmettere ai propri praticanti, lasciandoli in balia di una totale anarchia che ha portato spesso anche a calpestare l’operato di altri.
Pochi fanno e tanti parlano. Qualsiasi cosa tu faccia ci sarà qualcuno cha avrà qualcosa da dire. Vien da chiedersi se non è meglio fare niente, ma subito ci si rende conto che l’inerzia, come nella vita, non porta a nulla. E nel nulla nessuno avrebbe da dire ma è anche vero che non avremmo niente. Meglio le discussioni e le critiche.
Quanto segue lo scrissi nel ’98…
“…Spits si, spits no…spits dove?
Nella notte dei tempi furono corde di canapa, spuntoni, sicure a spalla. Arrivarono poi i primi e rozzi chiodi, e tutto iniziò. Fu subito guerra, ideologica ovviamente, in seguito arrivarono chiodi di varia foggia e diversi materiali e poi i “pressione”, i killer dell’impossibile (ma furono mai presi i mandanti?! ) e giù altre botte. Poi, a cavallo tra gli anni ’70 e ’80 arrivarono nuovi termini e nuovi abbigliamenti, nonché nuovi mezzi d’assicurazione veloce, ma, in contrapposizione, ecco far capolino gli spits e fu scissione di forma e costume.
S’iniziò a parlare di “LIBERA” e qualcuno si domandò – libera da cosa? –
Insomma nell’alpinismo/arrampicata ogni evento tecnologico ha sempre scatenato discussioni, interrogativi e polemiche: l’alpinismo è morto, l’avventura è finita, ecc.
Io ho iniziato ad arrampicare nei primi anni ’80, avevo vent’anni, e devo dire che provo nostalgia per quegli anni; anni in cui il limite delle proprie capacità era dentro se stessi.
Si parlava per la prima volta apertamente di separazione, di differenze, d’arrampicata sportiva e d’alpinismo come forme a se, ognuno aveva la sua scelta, c’era questa possibilità.
Ricordo, ad esempio, che mi ci voleva mezza giornata a salire la Motti-Grassi in Sbarua uscendone fuori, a sera, bello pesto, ma felice, eppure arrampicavamo intorno al 6b, ma bisognava proteggersi, bisognava saperlo fare.
Esistevano ancora i miti e le vie mito, era bello sognare di riuscire a salire quella tal via, dove non era necessario il solo sforzo muscolare o una buona tecnica, ma anche la conoscenza e la coscienza dei propri limiti; la selezione era quindi naturale, esisteva ancora. Poi qualcuno, il C.A.I.-U.G.E.T. se non erro, decise che li, alla Sbarua, non si doveva più sognare, che era pericoloso, e fece spittare sia la Motti-Grassi che la Barbi, altra classica dell’epoca. Un’epoca, come quel gesto mi fece capire, destinata al declino. Una pietra era stata scagliata.
E’ più facile riattrezzare una via già esistente che cercarsi il proprio spazio e, forse, una notorietà un po’ inflazionata. Vennero poi altri, in altri luoghi e di nuovo decisero per me, e per chi come me, ogni tanto amava poter realizzare un sogno, o perlomeno provarci. Furono molti i miti a cadere, i sogni che si frantumarono e fu molto il rispetto che venne a mancare.
Tengo a precisare che non ero, e non sono, contro lo spit, per me era, ed è, solo un evento tecnologico, e non disdegnavo, come non disdegno oggi, le vie spittate. Avrei voluto e vorrei, tuttora, solo poter continuare a scegliere.
Oggi ho 34 anni, e continuo ad arrampicare sulle stesse difficoltà, su quelle non sono cresciuto, non amo allenarmi “a secco” così come non amo le strutture artificiali, questione di scelte semplicemente, amo ancora sognare però. Intendo dire con questo che ci sono vie che sogno, un giorno, di poter salire, per quello che rappresentano o che hanno rappresentato, o per la loro estetica, e non sono solo le grandi vie di montagna.
Sono le vie che hanno mitizzato gli anni ’80, come quelle della Valle dell’Orco (ma non solo) per intenderci. Ho provato alcune volte, ad esempio, a ripetere in libera L’orecchio del pachiderma al Caporal, un paio di volte mi sono arenato a metà, un’altra ancora sono caduto con la testa nella Via dei camini, eppure la danno “solo” 6a+, un giorno, quando sarò pronto la salirò, forse! Se domani la spittassero riuscirei di sicuro, ma non avrei ripetuto le gesta di Gabriele Beuchod, né L’orecchio…. Ecco la spinta, la motivazione, che manca oggi, la differenza tra l’incognita e la sicurezza di riuscire. In fondo non è imposizione salire un tal Via piuttosto di un’altra…alla nostra portata. Oggi, quindi, ormai più o meno accettata la protezione fissa, la questione non è più: “spit si o spit no” ma “spit dove ?”.
E non mi si venga a fare discorsi sui tempi che cambiano, diciamo che sono gli arrampicatori a cambiare, e in peggio! e che altri si sentano maturi per fare il lavoro sporco!…”
Sedic’anni…è nulla è variato! Si continua a discutere delle medesime cose, perché? Perché c’è sempre qualcuno con il vizietto…
Questo…lo scrivo ora, e molti pensieri non sono cambiati, neanche a 50’anni suonati.
Ciao Adelchi…
Quello che segue è il “mio” pensiero sull’arrampicata, il mio motivo, il mio perché personale:
“Credo che ognuno di noi viva con effetti diversi le stesse situazioni, scalo da circa 30’anni e non ho mai pensato di conquistare nulla, solo il momento, quello in cui entri nell’intimità della materia semplicemente carezzandola…come quando fai l’amore e pensi unicamente alla bellezza del gesto, agli equilibri che ti permettano di salire godendo appieno di ciò tocchi…vivere il vuoto ha tante similitudine con il quotidiano…non devi pensare a ciò che lasci, ma a dove devi arrivare e nel modo migliore.”
Vero che ne faccio dunque un fatto più personale che generale, e forse la mia “rabbia” nel veder richiodata a spit una via trad va oltre il valore reale della cosa, proprio per le similitudini con la vita che c’è oltre la scalata, forse perché in questi ultimi 30’anni ho vissuto più la roccia che il quotidiano. Ora ho una figlia è sento il peso della responsabilità, inizio ad avere paura, gli ultimi incidenti che ho avuto mi hanno dato da pensare, cambiato il modo di vedere un attività per me, sino a ieri, inscindibile dal gioco/rischio. Ho iniziato ad accorciare le distanze (a volte) tra le protezioni quando apro una via nuova, a pensare, oltre che a me, che anche gli altri hanno il diritto di potersi divertire senza rischiare. Ma nonostante tutto ciò non riesco davvero ad estraniarmi dal pensiero (analogia con il quotidiano) che qualcosa te lo devi pure guadagnare, ma che soprattutto abbiamo tutti il diritto scalare sul terreno che ci piace di più, per cui ci siamo preparati, ci sono vie che non ripeterò più perché spittate, perché qualcuno si è arrogato il diritto di decidere con quale sicurezza io devo arrampicare.
Ecchisenefrega se una via viene ripetuta anche solo una volta ogni 10 anni e bisogna ravanare nel lichene…c’è a chi gli garba. Per ognuna di queste ce ne sono altre decine perfettamente asettizzate…
Togliere gli spit non è forse la soluzione giusta, credo non sia corretto verso i segni di decadenza che lascia tanto chi leva che chi mette; io l’ho feci anni fa su “Tempi Moderni-Itaca nel Sole”, oggi non lo farei più, ma non mi sento davvero di giudicare male chi lo fa, che se lo facesse in silenzio sarebbe ancor meglio….
Oggi tocca alla Via X domani alla Disperazione o alla Mellano Perego, chi fermerà dunque il declino, e come? La vedo dura. Davvero non parlo da vecchio scarpone CAI, o da ottuso conservatore, è che pur non essendo l’uomo giudicabile per i suoi sogni, io voglio continuare ad avere la possibilità di mantenere i miei vivi, cosa impossibile se tutto venisse “omologato”, così come se tutto mi venisse regalato…
In amicizia,
Marco
Perdonate se intervengo, di certo a sproposito, in questo simposio di Accademici, apritori, valorizzatori e forti scalatori.
Sono vecchio, grasso, brutto, e pure “pippa”.
La mia prima volta da primo è stata la via Rivero allo sperone omonimo nel…1979. Avevo 17 anni. Ed il viaggio fra un chiodo e l’altro, il traversino sprotetto li rammento ancora ora. Fu un viaggio.
Una figlia malandrina, nel 2008 interrompe una pausa nella pratica dell’alpinismo e dell’arrampicata di 15 anni. La ripartenza avviene proprio in Rocca Sbarua. Vi posso garantire che è stato un trauma; un altro paio di visite successive mi hanno fatto comprendere che la Sbarua non fa più per me.
Non sono un vecchio trombone. Anzi vecchio si, ma non trombone. Ho salito, nella mia “seconda volta” vie a spit moderne bellissime ed altre orride, così come ho salito vie trad (anche se il termine mi infastidisce un po’..) bellissime ma anche schifose.
La Sbarua è perduta. Mettersi a dibattere su cosa ripristinare, cosa preservare in un luogo che poteva essere realmente “diverso”, e dare la possibilità a tutti di poter scegliere uno stile di scalata congeniale (spit, trad o misto) ha lo stesso significato delle cure compassionevoli ad un malato terminale.
La Sbarua è un prodotto commerciale. Così com’è serve (spiace dirlo ma è così) ai gestori del rifugio, al CAI che trova nuova occasione di inutile (nel caso specifico) dibattito ma soprattutto alla massa arrampicatoria che sale ma non vede, che scala ma non conosce e che soprattutto “pretende” un risultato positivo dalla sua uscita domenicale.
Per me andrebbe demolita tutta, smantellata sasso per sasso ed appendere un cartello con scritto: “qui una volte sorgeva un posto bellissimo dove migliaia di scalatori, indipendentemente dal loro valore e dalla loro capacità hanno costruito i loro sogni.”
Nessun personalismo. Alcuni commenti li condivido, altri meno.
Solo una cosa per Lucchetta, che certamente legge con attenzione. Se ha un attimo di tempo nel suo processo di “valorizzazione”, può tranquillamente andare a levare gli spit messi sulla Fessura dell’Ave Maria che al tempo battezzammo comunque diversamente. Io ed altri tre amici, persi nello spazio e nel tempo, la aprimmo con un bong, due nut e una camma. Friend nessuno per carenze economiche. D’altronde è un misero monotiro di 15 metri in fessura, un po’ di muschio non può che fargli bene.
Polemica vecchia, tristezza nuova: riporto un mio intervento in discussione analoga, fatto nel 2009 in seguito alla polemica aperta dal buon Giorda sul Diedro Atomico…
Un po’ arrogante, lo riconosco.
“non mi addentro nelle polemiche sterili del tipo: tu parli di friend ma poi hai chiodato, e via dicendo. Tutti sbagliano, tutti possono cambiare idea, il punto io lo farei sull’oggi per un domani. Rinvangare il passato mi pare inutile in questa discussione (non in assoluto).
Non sono piemontese, ma frequento l’orco da 20 anni e scalo molto in fessura (anche se male, ma questo è un problema mio)!
Per me l’arrampicata è avventura e ricerca, oltre che divertimento. E mi piace pensare che sia così. Ben vengano quindi le fessure non spittate, anzi, quelle spittate le schioderei tutte. L’idea di fare una linea e non lasciare tracce del mio passaggio se non un po’ di magnesite la trovo meravigliosa, personalmente ed eticamente: lascio quello che ho trovato ai posteri, senza modificarlo. Ci penserà il ponte sullo stretto a far capire quanto siamo coglioni alle generazioni future.
Non me ne fraga niente se non riesco a fare una via che tecnicamente è al mio livello, anzi, mi da lo stimolo. Se per conquistare una linea devo per forza chiodarla e magari scavarla, cambio sport e vado dallo psicologo.
Detesto i ragionamenti “finto comunisti” sul fatto che “tutti devono poter…” . Tutti possono! Ma non per forza subito, che cacchio! Palle, allenamento, passione, se no tutti a fare i quarti gradi appoggiati, che non c’è niente di male! Anzi, ma non vedo proprio perché si debba chiodare la Disperazione per farla scalare a quelli che in falesia fanno il 6b. Che si inculino! (scusate, ma ogni tanto…) Quando avranno trovato la motivazione (e anche i friend) se la faranno, e quando l’avranno fatta, avranno provato qualcosa di più che tirare quattro prese per arrivare in sosta.
La soddisfazione di fare incastromania (per fare un esempio) è 100 volte superiore a quella di fare dei tiri al mio livello massimo prootetta a spit.
Sono favorevole alla schiodatura esattamente come sono per l’abbattimento degli ecomostri: se uno ha fatto una cagata, non vedo perché io debba stare zitto e non fare niente. Una fessura chiodata ha solo “tolto” qualcosa, non ha aggiunto niente (esattamente come un ecomostro).
Quelli che dicono che bisogna arrampicare in sicurezza 100% con spit ascellare, beh, che stiano un una palestra indoor o che si attrezzino per fare i tiri top rope, per loro la componente “esperienza” è pari a zero. Se uno la vede solo dal punto di vista fisico (posizione che rispetto, ci mancherebbe) cosa gliene frega di fare un tiro da primo o da secondo, anzi, non ha la rogna di doversi proteggere ogni 20 cm! Però perché questo deve spittare una fessura privandomi della possibilità di vivere la mia esperienza? Io se non metto niente rispetto a) la natura, b) chi verrà dopo
Chi dice che puoi salire una via spittata senza usare gli spit ha un approccio dialettico-logico disarmante alle cose. Non mi esprimo e non ribatto a persone che ragionano così.
Ricordo che l’uomo, oltre che di guide le Oviglia ha anche il cervello, pure in valle dell’Orco non rimane in macchina con la tenda! Se anche va e trova che una via è stata schiodata, ha diritto di incazzarsi per la mancata informazione (su questo concordo con alcuni interventi precedenti, comunicare una schiodatura è fondamentale e non farlo è grave quasi quanto chiodare una fessura!), ma poi ha anche il cervello per capire che se non ha l’attrezzatura e le conoscenze tecniche, deve tornare indietro. E anche incazzato perché ha perso una giornata!
“mettere in sicurezza”. Metti in sicurezza quello che devi fare nella cosiddetta società civile (un’automobile, un palazzo). Non metti in sicurezza l’arrampicata (non fatemi dire “l’avventura”), che cacchio vuol dire?
e per finire: statistiche; i tiri e le vie in fessura saranno meno dell’1% del totale delle vie in Italia ed Europa. Ma perché l’homus raumericus deve per forza spittare tutto? Che si cimenti la dove lo spit serve, e lasci questi poveri animali in via d’estinzione nelle loro piccole riserve! Ce n’è per tutti i gusti, dal verdon al wenden passando per finale, arco, lecco e il muzzerone. perché devono scassare i maroni? Se va in astinenza da spit, che vada da un’altra parte, ci sono miliardi di spit in Italia… Non mi si dica che non possono scalare se gli hanno schiodato il Diedro Atomico!
Concludendo, sono contento che si sia liberato del terreno, come lo sarei se avessero chiodato una bella linea in placca altrimenti improteggibile. Due cose che, a mio modo di vedere, “danno” qualcosa a chi verrà.
Bon, questo è quanto, non so se ho aggiunto nulla alla discussione, ho detto la mia.”
Caro Marco, sono perfettamente d’accordo con quanto hai scritto, ed ho letto perfettamente ogni rigo della tua osservazione così come quella di tutti gli altri…
Probabilmente la parola “FINALMENTE” (nei confronti del Cai) ed il pronome personale “IO” (nei confronti di quanti hanno lottato nel passato e tutt’ora) hanno suonato un pochino male alle mie orecchie… ma il punto non è né individuare la paternalità di un tema e di un problema a cuore di tanta gente e neppure quello di lapidare quanto di sbagliato sia stato fatto in Sbarua.
Magari è semplicemente arrivato il momento, dopo la grande avventura di Casa Canada, di occuparsi seriamente anche di quel “contorno” e di quelle pareti che fondamentalmente sono il lustro e il richiamo a questo bellissimo sito.
Ripeto però, che al di là delle mille proposte, delle mille idee che potranno arrivare da tutti, il tutto dovrà essere convogliato in un comitato, chiamiamolo come si vuole che raccolga le idee, prenda delle decisioni e dia delle linee o per lo meno degli indirizzi precisi, piacciano o non piacciano a qualcuno e senza dimenticare di essere fondamentalmente cauti e circospetti su certe terminolgie, su certi verbi di utilizzo. perché la Sbarua (cartacanta) e le pareti annesse ricadono su delle proprietà private…la parola “manutenzione” implica poi delle responsabilità a carico di qualcuno… (chi ?). Siamo purtroppo in italia ed ogni iniziativa sembra sempre accartocciarsi su se stessa trasformandosi inevitabilmente in lana caprina in cui è difficile uscirne fuori…La Sbarua è molto vasta, occorre dare la possibilità a tutti di sviluppare i propri sogni, ai bambini, agli amanti del “plasir”, del trad, dell’artificiale, ma soprattutto quello di restituire alle generazioni future la storia della Rocca il più possibile a quella veritiera, nomi e date originarie, limitazione delle aperture e uso “controllato” del trapano, nomenclatura omogenea di tutte le vie, e tante altre cose utili da portare avanti sia nella pratica e sia nella mente della gente; la Sbarua non è un cimitero e neppure deve diventare un puttanaio; altri siti, altre valli ce l’han fatta non vedo perché la Rocca, così piena di storia e di nomi importanti non possa anche lei farcela
Caro Marco,
forse nel tuo ultimo intervento non ti sei nemmeno accorto, trovare un accordo tra di noi spesso e’ sembrato impossibile, ma in realta’ ho letto qualcosa che e’ gia’ un passo avanti..
Non dico che non siano state fatte in passato battaglie e non dico di voler essere io il propositore della discussione, ma la stessa cosa la facciano anche gli altri.. il mio maggior interesse si sa, deriva dalla nuova gestione del nuovo rifugio, e da quel momento mi sono interessato di piu’… il fatto di non essere nato prima non vuol dire che la storia non la possa aver studiata, ed il fatto di fare proposte 20 anni dopo non vuol dire che non se ne ha piu’ il diritto.. Ho fatto plauso alla nuova iniziativa, chiunque la porti avanti, di discussione e di ripristino alle vie storiche, ma penso che sia possibile allargare a piu’ persone ed i motivi li ho scritti nel post precedente. Si tratta d’altronde di gestire un passaggio.. che sia questo un andare avanti o un ritorno al passato, sarebbe importante avere il contributo di quelli come te che la storia della Sbarua l’anno vissuta prima, di quelli come me che la vivono grazie agli spit che hanno messo dagli anni ’80 e da quelli piu’ giovani e magari amanti delle palestre che la vedono in un ottica ancora diversa… non escludere che da idee molto diverse non si possa trovare soluzioni migliori, spunti diversi, momenti di riflessione… Considerare un problema da diversi punti di vista secondo me e’ il modo migliore per trovarne una soluzione il piu’ vicino possibile ad essere una soluzione che venga riconosciuta come “giusta”.
D’accordo x affidare ai gestori, presenti e futuri, il diritto di sorveglianza e divulgazione delle decisioni prese, se non altro perche’ sono li sul territorio e lo possono fare fisicamente; d’accordo, per quanto secondo me risultera’ spesso impossibile, provare a riesumare vie completamente perdute e rimaneggiate. D’accordo a considerare le vie nate in modo “moderno” che non hanno rovinato nulla e magari hanno bisogno di un restiling.. ribadisco solo che come ben sai, il lavoro da fare e’ immane e soprattutto infinito.. perche’ se si arrivera’ alla fine sara’ gia’ ora di ricominciare con le manutenzioni; per questo sono convinto che, anche per un discorso di opportunita’, condividere puo’ essere utile per fare un progetto a lunghissimo periodo e trovarne anche forza lavoro disponibile a metterlo in atto.
Ben vengano quindi le proposte di tutti, ma nel rispetto della storia e di quanti ci hanno preceduto; nessuno di noi ha potere decisionale, nessuno di noi ha intenzione di togliere gli spit già messi (purchè di ottima qualità), ma un passo indietro occorre che lo facciano tutti qualcosa si può ancora salvare, e/o recuperare, anche nel “cimitero” di Rocca Sbarua.
Alcune vie, che si andranno poi ad elencare nel decalogo, sono in fondo i nostri “monumenti” da salvaguardare…quei gioielli per i quali ogni nuova generazione passerà alla Rocca; da lì si deve partire e da lì si deve andare avanti…anche col rischio eliminare qualche piccolo-grande errore del passato
Ciao Adelchi, alcune puntualizzazioni mi vengono ora spontanee a leggere i vari interventi, e nel rispetto di quanto espresso da tutti vorrei chiarire alcuni concetti partendo semplicemente dalla definizione “rispetto della storia”… Sì, perché è da qui che si deve partire, che sia la Sbarua, che sia la valle dell’Orco, che sia il Grand Capucin, a mio avviso il principio del rispetto deve essere uguale per tutti. Tali principi poi andrebbero insegnati a scuola e fin da piccoli… Il titolo di Alessandro è sì un po’ provocatorio…ma và in effetti a toccare e riaprire abilmente una ferita che non vuol guarire, o meglio una “piaga” che nessuno ha mai voluto rimarginare. Qualcuno qui nel forum, non ricorda e probabilmente non immagina minimamente quante “battaglie” ha fatto il Cai, il direttivo ed il sottoscritto in prima persona sulle problematiche e sulla riattrezzatura delle vie sulla Rocca, sbagliando a volte anche in prima persona, chi di noi non ha mai commesso errori?…dai primi spit sulla Cinquetti-Burdino con l’autore in direttivo che “fumava” e sbottava dalla rabbia…agli ultimi spit di Adelchi sul Bimbo. Con Demarchi, Cavagnero, Parodi e Bocci siamo stati i primi nell’80 a piazzare spit e ad aprire vie nuove in placca sull’onda dei Piola, dei Remy e dei mostri sacri di quegli anni…poi è arrivato qualcun altro, forse un po’ scarso di “vista” e di rispetto anche verso la storia ed alcune vie hanno cominciato a cambiare nome e tracciato sparendo via via nell’oblio. Se il problema è ritornato in auge in questo periodo non è certo per volere di un singolo, e nemmeno perché qualcuno dopo 20 anni che se ne discute ha proposto una tavola rotonda…E’ arrivato il momento in Sbarua, ora che esiste finalmente un presidio fisso tutto l’anno, di darsi una regolata, o meglio un autoregolamentazione per salvaguardare quello che è in fondo un nostro patrimonio prezioso. Nessuno nel decalogo ha parlato di DIVIETI, ma l’autoregolamentazione li individua, una persona intelligente che sa cos’è la storia, i nomi dei primi salitori, l’etica di arrampicata lì sa vedere eccome! Nel parco degli Écrins anche al signor Cambon sono stati messi dei “paletti” e lui lì rispetta; se la tal parete viene considerata “satura” non si aprono più delle vie; se al rifugio del Salbit sali col trapano, il gestore ti chiede, dove vai, quali sono le pareti libere, e dove puoi andare a piazzare spit nuovi nel rispetto di tutto ciò che già esiste…la libertà non vuol dire fare ciò che ti pare, anche alla Rocca Sbarua ed anche nella vita di tutti i giorni. Se non si rispettasse questo semplice principio avremmo già annientato il nostro vivere e ciò che ci circonda. Nel nostro piccolo le vie son di tutti ma come “piccole opere d’arte” , nessuno ha il diritto di cambiargli nome, modificarle o alterarne il senso etico dell’apertura. Chiudo con una domanda un po’ provocatoria ad Adelchi, che paludo per il suo immane e costante impegno di recupero delle sue vie (vecchie e nuove). Ti piacerebbe che un ragazzino di oggi armato di trapano venisse su una tua via ed aggiungesse quattro o cinque spit in più per tiro? e ancora, accetteresti di trasformare in “plasir” una qualsiasi via del Piola o del Motto perché magari al Dalmazzi la gente non ha più voglia di “trovare lungo” su quel genere di vie? Le tavole rotonde possono servire a parlare di queste e tante altre belle cose ma se non si possiede una cultura adeguata e soprattutto se chi sul territorio, sul luogo di lavoro non sa vigilare e sensibilizzare i fruitori delle pareti.. lo scempio è allora sull’angolo di casa.
Accidenti ragazzi, “L’arrampicata trad non è qui” è intesa in questo settore dove da anni esistono questi tiri di arrampicata sportiva. Il trad mi va benissimo su altri posti, in altri settori, in altri contesti … definiteli come volete ….
E’ bello vedere che FINALMENTE il CAI si cura dell’argomento dopo che io ed altri avevamo chiesto di aprire un tavolo di discussione sull’argomento ma, naturalmente, essendo semplici iscritti paganti non siamo stati minimamente considerati. Prendiamo la cosa positiva che quanto meno qualcosa si stia muovendo. Inoltre, per quanto condivida l’idea generale di scrivere delle linee guida, rimango dubbioso sulla possibilità di vietare ad altri di metterci le mani.. Chi puo’ vietare Mister X ad alzarsi una mattina, salire con un trapano, e rispittare una via come gli pare e piace? Per quanto possa fare un’opera criticabile spererei che la risposta sia NESSUNO! La montagna, e la Sbarua, sono di tutti… o no?
Detto questo, speriamo che si trovi un’idea quanto possibile condivisa e che si metta fine alle inutili polemiche…ma questa e’ un’utopia.
Spero che venga riservata la possibilita’ di dare suggerimenti a riguardo e di intervenire sull’argomento e che non venga tutto deciso da poche persone perche’ questo succede gia’ in politica, ed è molto fastidioso.. di modi ce ne sono molti (internet, cassetta suggerimenti al rifugio, riunioni aperte) e se non si coinvolgono le persone sara’ anche difficile averne il sostegno e trovarne di disposte a lavorarci.
ADELCHI LUCCHETTA, 21 gennaio 2014 at 00:15 : “L’arrampicata trad non è qui.”
E’ una sentenza definitiva o posso appellarmi?
Negli anni dal 1995 al 2000 circa, per me e per alcuni miei amici il Bimbo era quella torre della Sbarua più isolata, lontana dalle vie di placca plaisir, il luogo dei sogni, dove sperimentammo le prime vie di artif, la torre dove, con la prima serie quasi completa di friend “Ande” acquistati in due provammo il clean, il mio primo volo sul friend arancio…
In quegli anni salimmo quelli che divennero i primi due tiri di Osteria del Viandante, e anche la fessura vicina, sporca si ma non abbastanza. Quella che si chiama Casa Canada pensavamo fosse un tiro di qualche arrampiatore anni ’80 e così non dicemmo nulla a Piergiorgio.
Per noi il trad e l’avventura erano lì, con 15.000 Lire dovevamo far stare la benzina in due, la merenda al rifugio e magari una piccola bionda la sera prima per sognare con la guida di arrampicata in birreria l’avventura del giorno dopo. L’avventura del giornop dopo che ci faceva sentir bene anche senza soldi, che ci faceva sentire diversi da quelli che si devastavano in discoteca. A me è servita quella torre, quel bosco, ma soprattutto ho indelebile il sapore di quelle piccole avventure.
Chiedo scusa se mi appello, ma per quanto mi riguarda al “Rocciodromo” vado in settimana a Cantalupa, dove si allenano gli atleti Fasi, dove si scala sulla plastica, al Bimbo, anche se è solo un torrione della Sbarua semi abbandonato non vado a far ginnastica.
Purtroppo ora questo non si può più fare, la sentenza è già stata emessa e resa esecutiva a suon di catene, tasselli e bolli bianchi: “L’arrampicata trad non è qui.”
Però noi volevamo solo arrampicare.
“Il risultato del lavoro di recupero dell’intero “Bimbo” è il frutto di una grande passione che che ha richiesto un impegno molto più grande del previsto.” Già, il disgaggio però la prossima volta fatelo in settimana e avvisando chi si avvicina al cantiere, perché anche se ho nello zaino due camalot e mi piace l’avventura non ho l’abitudine alle scariche di sassi nei boschi sopra casa…
“Infine, per chiarire le idee a chi è poco informato, vorrei ricordare che “Casa Canada” è inserito in un contesto “falaise” di nove monotiri presenti alla base della parete Sud della Torre e quindi attrezzato, come gli altri, per l’arrampicata sportiva. L’arrampicata trad non è qui.”
Infine, per chiarire le idee a chi sa ogni cosa, vorrei ricordare che “sitting bull” in Valle dell’Orco è inserito in un contesto “falaise” di otto monotiri presenti. Sempre in Orco “La fissure du panetton” è su un masso sulla strada di fianco al deposito di sale e sabbia dei cantonieri, è forse più indicato per il trad?
Umiltà ha la stessa radice semantica di Humus, forse la fessura di Casa Canada non era così sporca e ricca di humus per far capire che si poteva lasciar un po’ spazio per tutti…
ADELCHI LUCCHETTA, 21 gennaio 2014 at 00:15 : “L’arrampicata trad non è qui.”
Desidero fare ulteriori precisazioni al precedente commento.
Il risultato del lavoro di recupero dell’intero “Bimbo” è il frutto di una grande passione che che ha richiesto un impegno molto più grande del previsto. Lavori di disgaggio e di pulizia hanno interessato tutte le vie esistenti, classiche e moderne, varianti comprese. Tutte le vie esistenti sono state riviste e attrezzate nel pieno rispetto degli apritori e del loro stile di chiodatura. A giorni sarà disponibile una guida compilata con la massima cura che riporta anche una cronologia storica. Sono stati attrezzati anche sei nuovi tiri.
Nessuno si è voluto riappropriare di vie aperte da altri e tantomeno ribattezzarle! Del “Diedro Appiano” non si conosceva l’apritore. C’è voluta una vera e propria indagine con decine di telefonate per risalire all’autore. Enzo Appiano è anche venuto sul posto per l’opera di riconoscimento. E’ stato quindi doveroso attribuirne il nome.
“Casa Canada” è un monotiro di 15 metri attrezzato nel 2007 cha ha la sosta in comune con il primo tiro dell’”Osteria del viandante”. Il vecchio rifugio era già stato smantellato. Quello nuovo è stato inaugurato nel settembre 2011. Quindi nessun nesso con i gestori ma una semplice dedica fatta un po’ in anticipo. Che se ne parli adesso è quantomeno sorprendente. Prima di attrezzarlo e “battezzarlo” ho cercato di sapere se era già stato salito da qualcuno: non ne ho trovato traccia né sui libri del vecchio rifugio né tra le persone contattate. Evidentemente a nessuno interessava salire una fessura di pochi metri. Dubito comunque che sia stata precedentemente salita perché, primi metri a parte, il prosieguo della fessura era letteralmente impraticabile per la presenza di terra, muschio e lichene. Se tuttavia qualcuno è in grado di fornire informazioni su chi ha salito per primo quel tiro lo faccia sapere. Avremo modo di raccogliere ulteriori informazioni di carattere storico e daremo a Cesare quel che è di Cesare. Infine, per chiarire le idee a chi è poco informato, vorrei ricordare che “Casa Canada” è inserito in un contesto “falaise” di nove monotiri presenti alla base della parete Sud della Torre e quindi attrezzato, come gli altri, per l’arrampicata sportiva. L’arrampicata trad non è qui.
L’attrezzatura presente sulla “Diretta integrale” richiede la posa di qualche protezione veloce. Per la cronaca, la via finita di attrezzare il 9/01/14, è stata già liberata. Due cordate l’hanno ripetuta con grande soddisfazione manifestando giudizi lusinghieri.
In quest’ottica mi auspico quindi che molte vie “storiche” possano ritornare alla luce e se lo si ritiene opportuno, alla loro veste iniziale per lo meno nel rispetto del nome e cognome dei primi salitori.
Che il pur rispettabilissimo lavoro di Adelchi possa essere rivisto e valutato in ottica di recupero e non per forza di cose nel soddisfacimento della “moda” o delle esigenze che vanno oggi per la maggiore: il plasir o il trad a tutti i costi, ma in primis il rispetto di una linea ed il nome dato dai primi salitori; la prima guida di Gianpiero deve essere il punto di partenza da cui iniziare per ridare un volto ed un lustro a quella che è una delle “palestre” storiche più belle d’italia
Ciao a tutti,
volevo far presente ad Alessandro e tutti i partecipanti alla discussione che il tema è già oggetto di accese discussioni da tempo; alla penultima assemblea di gruppo dell’accademico occidentale (svoltasi peraltro proprio a Casa Canada) portai una prima bozza di osservazioni circa il “recupero e la manutenzione” delle vie cosiddette “storiche” della Rocca, rammaricato dalla odierna situazione e dagli errori del passato, primi fra tutti : la scomparsa di alcune vie della guida blu di Gian Piero Motti come per es. la Grassi-Altavilla al Cinquetti, la Mellano sempre al Cinquetti, la Gogna sulle Gialle e diverse altre vie ancora. Ora, nel direttivo del Cai di Pinerolo del 15.01. tale bozza è stata ampliata dal sottoscritto con la collaborazione tecnica del presidente Avv, Lazzari estendendo l’iniziativa a tutto il direttivo ed ai soci della nostra sezione in presenza degli attuali gestori.
Eccone uno stralcio, tralasciando ovviamente la parte introduttiva sulla differenza tra una via storica ed una via moderna…:
“…..Linee di indirizzo e di autoregolamentazione per la fruizione delle pareti di Rocca Sbarua e collaterali
Scopi e principi generali
Il presente documento nasce con lo scopo di salvaguardare l’interesse storico e il patrimonio alpinistico-culturale rappresentato dalla Rocca Sbarua e dalle pareti e i torrioni collaterali ad essa collegati, sotto la spinta e il volere collettivo della sezione C.A.I. di Pinerolo e su proposta del socio accademico Marco Conti.
Regole per le attività di arrampicata
Vie d’arrampicata cosiddette “storiche”
1) Oltre al materiale di assicurazione tradizionale per l’attrezzatura delle soste possono essere utilizzati chiodi a espansione (spit, golfari, ecc.), per evitare danni alla roccia con le continue chiodature e schiodature. In tal caso il numero di ancoraggi tra le soste deve restare limitato al
minimo indispensabile.
2) L’adattamento delle Vie cosiddette “Storiche” con le metodologie moderne per il mantenimento
delle condizioni di sicurezza non deve comportare un deterioramento ambientale e
paesaggistico, deve salvaguardare l’interesse sportivo senza denaturare o sminuire
l’aspetto e l’interesse storico delle vie.
Vie d’arrampicata moderne
1) Gli itinerari sono attrezzati in maniera da ridurre al minimo il rischio di incidenti in caso
di caduta che, per le difficoltà elevatissime che si cerca di superare, ha una elevata
probabilità di verificarsi. Il fine è di mettere in condizioni di tranquillità l’arrampicatore, il
quale può sentirsi sicuro nel portare i propri gesti ai limiti.
2) La rivisitazione e la manutenzione delle vie moderne deve essere fatta nel rispetto e nel rigore utilizzato dai primi apritori, in particolare per quanto concerne quelle concepite e realizzate “salendo dal basso”, quindi mantenendo inalterata la distanza delle protezioni così come concepite dai primi salitori. La protezione considerata vetusta o non più affidabile dovrà essere rimossa e sostituita con una nuova e posizionata nello stesso punto e con la stessa distanza di quella precedente.
3) Nella ripetizione di itinerari di scalata in arrampicata libera devono essere rispettate o ripristinate le protezioni disposte dai primi salitori o quelle riconosciute accettabili dopo un certo numero di ripetizioni.
Finalità, principi e modalità condivisi
1) Preservare, recuperare e rivalutare le cosiddette vie “storiche” ed il loro tracciato originario
consegnando alle generazioni future ciò che è stata ed è tutt’ora la storia di questa grande palestra d’arrampicata.
2) Conservare le difficoltà originarie (anche psicologiche) delle vie senza cercare di diminuirle
tramite mezzi artificiali.
3) Rendere edotti gli alpinisti, arrampicatori ed escursionisti che è necessaria un’adeguata
preparazione fisica e psicologica per espletare la disciplina sportiva, la quale implica anche e soprattutto l’accettazione, e la gestione in sicurezza, dei relativi rischi.
4) Creare un comitato consultivo, a cui possano partecipare apritori/manutentori che abbia condiviso il presente decalogo che, con cadenza almeno semestrale, prenda in esame le attività di attrezzatura, rivalutazione e recupero delle vie d’arrampicata di Rocca Sbarua e collaterali.
Esso comitato sarà composto da almeno due membri del direttivo Cai Pinerolo, un tecnico, un gestore del rifugio Melano-Casa Canada.
In tale sede si cercheranno di coordinare le attività, su base individuale e volontaria, di manutenzione, riattrezzatura e rivalutazione delle vie di arrampicata a Rocca Sbarua e pareti collaterali, stilando un programma annuale delle vie da recuperare, riattrezzare, ecc. e vagliando le eventuali proposte di nuove aperture, ferma restando l’ascrivibilità delle successive attività di manutenzione a chi materialmente se ne abbia a curare…..”
A quanto abbozzato si deve poi far fronte al cosiddetto Bidecalogo emanato dal Cai centrale e dalla recente Legge regionale non ancora attuativa che delega ai comuni i compiti di manutenzione delle vie ferrate, dei sentieri e dei sti di arrampicata…i cui comuni dovranno a loro volta delegare dei professionisti o persone autorizzate per l’attuazione di quanto sopra
Che la Sbarua non sia un terreno a vocazione “clean climbing” o “new trad” mi pare chiaro. E’ però sicuramente è un luogo “trad” secondo l’accezione nostrana che è stato progressivamente votato all’arrampicata sportiva, direi anche malamente a giudicare da certi itinerari che prevedono scavi, cross-over di vie esistenti e clamorosi cambi di nome. Un terreno portato progressivamente alla saturazione dove, senza recriminare troppo su quello che è stato fatto, sarebbe però stato possibile dire “basta” preservando in ottica trad alcuni itinerari. E per “trad”, lo si capisca, intendo pochi spit alle soste ed al posto dei vecchi chiodi, lasciando il proteggibile interamente da integrare. La Sbarua inoltre non ha mai rischiato l’oblio per la scarsa frequentazione, a diversità di altre zone dove uno spit ragionato è stato determinante per la “memoria”. Tra le pochissime aree deputate al clean climbing – new trad e le “falesie” propriamente dette, vi sarebbe stato insomma un mondo di roccia che poteva essere lasciato nella condizione trad-izionale, limitando lo spit in sostituzione del chiodo dove non si poteva fare altrimenti. Uno spit che la nostra storia ha sempre legittimato sulle placche come mezzo di collegamento tra lunghezze diversamente proteggibili. Si è pensato invece, il più delle volte, di richiodare integralmente badando bene a lasciare tutto “azzerabile”. Il fatto che i guai fossero già stati combinati in passato, poi, non significa che ci si debbe mettere d’impegno per peggiorare la situazione. Ho molta stima per Adelchi ma proprio perchè è un “chiodatore storico” potrebbe rivedere le cose in ottica diversa, forse meno votata ad un fantomatico “bene collettivo dell’arrampicata”. Questo soprattutto in un luogo ormai rocciodromico come la Sbarua dove di operazioni orribili se ne sono già viste parecchie (Armandone docet!)
Due piccole osservazioni…
Se fra molti anni qualcuno contattasse Piola chiedendogli il parere di spittare plaisir Voyage, e lui, a decenni dall’apertura lo ritenesse fattibile, sarebbe corretto distruggere la sua opera di decenni prima? O forse quell’opera una volta realizzata più non gli appartiene e appartiene alla comunità tutta degli arrampicatori che la debbono preservare?
Qualcuno ricorderà il restauro di un pregiato affresco raffigurante Gesù Cristo, Ecce Homo di Elias Garcia Martinez, avvenuto per mani di un volontario indubbiamente armato di volontà e altrettanta buona fede, che però rovinò completamente l’opera…
Infine, se alcuni anni addietro non era proponibile, siamo sicuri, anche in un’ottica di mero interesse turistico, che il mantenimento di un’area tradizionale sprotetta, non incrementi l’offerta del sito anziché diminuirla? Forse anche chi pensa prevalentemente al proprio lavoro potrebbe rivedere le proprie posizioni.
Cominciamo col dire che i superstiti della cordata di Rossa e gli apritori delle varianti Rabbi e Ribetti sono stati contattati per l’approvazione alla richiodatura, così come gli apritori di tutte le altre vie. La “Diretta integrale” è rientrata nel progetto del totale recupero della Torre del Bimbo, che era praticamente abbandonata al muschio e al lichene. Se ci fosse stato un vero interesse a questa via sarebbe stata un po’ più ripetuta e di conseguenza più pulita e praticabile. Richiodare una via non significa sempre cancellarne la storia, ma spesso significa farla rivivere, dando anche la possibilità, a chi è in grado di farlo, di salirla in arrampicata libera. I chiodi sono stati lasciati a testimonianza dell’audacia dei primi salitori. Ora il “Bimbo” è completamente recuperato. Tutte le vie sono state ripulite e riattrezzate. E’ stata compilata una guida che ne documenta anche la cronologia storica, frutto di una accurata ricerca basata sulle testimonianze che è stato possibile raccogliere. Ma poi, di cosa stiamo parlando? La “Diretta integrale” è costituita praticamente da quattro tiri. I primi due erano già stati attrezzati a spit nel 1989. La prima parte del quarto tiro ha in comune un tiro corto della “Osteria del viandante”, via spittata del 1998. Restavano il terzo e la seconda metà del quarto attrezzati con chiodi arrugginiti e inaffidabili. Ritengo che le vie non debbano essere stravolte con l’aggiunta di spit dove i primi salitori sono passati senza (come ad esempio Sulla “Vena di quarzo”). La “Beuchod” è stata aperta con protezioni veloci ed è giusto che resti così. Ritengo invece ammissibile sostituire un chiodo con un tassello. Il tutto in un contesto da “Rocciodromo” quale la Sbarua realisticamente ormai è.
Personalmente non ho nulla contro le vie a spit o affini e malgrado preferisca di gran lunga ripetere o aprire vie con stili ben diversi, mi è capitato a volte di farlo, cioè aprire vie di tipo sportivo che rispettassero gli attuali canoni di sicurezza e quindi di spensieratezza nel salirle.
Questo però su terreno vergine, là dove nessuno avesse già imposto il suo stile personale e quindi la mia venuta non potesse in alcun modo offendere precedenti apritori o successivi ripetitori privando i secondi del gusto della scalata non solo sulla parete ma anche nella più o meno lunga storia della stessa.
Sono convinto, e spesso ho esternato ciò, che dibattere su “spit sì spit no” sia assolutamente una sterile ed arida polemica in quanto su questo pianeta volendo abbiamo pareti per arrampicare con i tanti diversi stili come minimo per i prossimi 5000 anni…
Sicuramente però come già detto no mi permetterei mai di cancellare o stravolgere ciò che altri prima di me hanno creato, il farlo sarebbe soltanto ignoranza, arroganza e stupidità.
Non ci sarebbe alcun gusto a stravolgere ciò che già c’è e perdura specie poi appeso su una corda col trapano in mano. Quale bravura?
Piuttosto di un cartello alla base stile annuncio mortuario, personalmente toglierei tutte le piastrine taglierei e resinerei gli spit ed a quel punto potrei anche appendere un cartello riportante la seguente frase: “Salita guarita dalla brutta malattia dell’imbecillità umana!”