Verso la fine d’ottobre 2016, si diffuse la notizia che dal 2017 ci si sarebbe potuti sposare alla Capanna Margherita, in cima alla Punta Gnifetti del Monte Rosa. Per approfondimento vedi il post che MountCity pubblicò il 20 ottobre 2016.
La capanna più alta d’Europa, già al centro di giustificate polemiche per via della location (punto d’arrivo invece che punto di partenza), si è trovata dunque ancora di più nell’occhio del ciclone, tra le proteste dei molti che giudicavano la delibera del comune di Alagna un ulteriore passo verso il luna park generalizzato.
“Non basta dunque avere trasformato le vette in luna park permanenti con passerelle di cristallo che attraversano abissi, fantascientifiche stazioni funiviarie d’arrivo con cabine rotanti – scriveva Roberto Serafin – ora in cima al Monte Rosa si fanno anche, a pagamento, ricevimenti di nozze. E in un rifugio che è anche in vetta alle classifiche delle strutture che creano maggiore impatto sull’ambiente. Come si deduce da un dossier del CAI firmato da Simone Guidetti e disponibile in rete, si tratta di “una struttura unica nel suo genere, la quale, in virtù della sua posizione, è stata spesso al centro di polemiche”.
Sara Cappellaro e Salvatore Cassanelli al taglio della torta all’interno della Capanna Margherita, settembre 2016
Il 4 settembre 2016 il quotidiano La Stampa aveva già dato notizia della celebrazione in rifugio di un matrimonio “valido per metà”, regolarizzato più tardi con la firma degli sposi nel municipio di Alagna Valsésia. Vedi http://www.lastampa.it/2016/09/04/edizioni/vercelli/alla-capanna-margherita-il-matrimonio-pi-alto-deuropa-COwVy5TdoBEv7IhZhqiEnL/pagina.html. E’ da osservare che gli sposi, gli amici e il delegato al matrimonio, la guida alpina Maurizio Ambrosino, in totale nove persone, sono tutti saliti e discesi a piedi.
Proprio perché la Capanna Margherita non era adibita a locale per la celebrazione di nozze religiose o civili, presa dall’entusiasmo la giunta del comune di Alagna ha dunque deliberato in questo senso, facendo chiaro riferimento anche alla possibilità di raggiungere con l’elicottero il rifugio.
La capanna è di proprietà del Club Alpino Italiano e questo, prima della delibera, non era stato neppure informato di quanto si stava decidendo.
Dopo una serie di contatti telefonici tra il sindaco di Alagna e il presidente del CAI, sembra proprio che la vicenda si stia avviando a una conclusione senz’altro più ragionevole.
Matrimoni in quota
di Vincenzo Torti (presidente del Club Alpino Italiano)
(testo della mail inviata al Sindaco di Alagna il 26 gennaio 2017 alle ore 9.41)
Egregio Signor Roberto Veggi, Sindaco di Alagna, riprendo i contatti precorsi con l’intenzione di affrontare e risolvere l’argomento dei matrimoni civili alla Capanna Margherita.
Come avevo anticipato, il Direttivo Centrale aveva condiviso l’ipotesi di formalizzare una Convenzione per l’individuazione, all’interno della Capanna Margherita, di uno spazio per valide celebrazioni (ben inteso: con l’imprescindibile adesione di chi ha in gestione la struttura).
La Capanna Regina Margherita in vetta alla Punta Gnifetti 4554 m
Nelle premesse vorremmo che fossero riportate le seguenti indicazioni:
a) che il CAI è attento a considerare aspettative possibili di alpinisti che desiderino suggellare, in alta quota, un significativo momento di vita;
b) che il rifugio è un luogo dello spirito e della idealità, di potente immedesimazione con la montagna, dove sperimentare anche altre significative emozioni;
c) che il rito dovrà avere un carattere essenziale e consono al senso del rifugio, simbolo della struttura più in quota d’Europa, e alla sua funzione di presidio;
d) che la presenza culturale e fisica dell’uomo in alta quota è ammessa nel rispetto dei limiti e il CAI è comunque aperto a conciliare ogni occasione di crescita sociale ed emozionale con il rigore e la tutela richiesta dagli ambienti montani, in particolare d’alta quota, con messaggi di responsabilità e rischio nell’avvicinamento e vulnerabilità dei luoghi;
e) che questa particolare fruizione di rifugio e montagna presuppone sempre aspetti etici e comportamenti coerenti, in una esperienza da non banalizzare, ma da conciliare con un percorso interiore di avvicinamento e scoperta della montagna e dei suoi valori.
Nelle condizioni dovrà essere previsto che:
1) il Rifugio dovrà essere raggiunto a piedi da sposi, familiari, invitati e celebrante;
2) che per l’accesso è tassativamente escluso l’uso dell’elicottero, con la sola eccezione per gli eventuali nubendi che non potessero accedere a piedi per le particolari condizioni psicofisiche, fermo restando, in ogni caso, che l’eccezionale l’uso dell’elicottero sarà limitato ad essi soli;
3) che la violazione del predetto divieto costituisce causa espressa di risoluzione della Convenzione.
Confido che quanto sopra coincida con ciò che ci siamo detti e attendo una bozza della possibile convenzione in modo da poterla formalizzare nei più stretti tempi consentiti.
….. (omissis)
Sentiamoci appena possibile. Un cordiale saluto
Avv. Vincenzo Torti
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ma almeno l’imbracatura, mentre si taglia la torta, visto che siamo dentro al rifugio e non sul ghiacciaio, penso si possa togliere.
Oppure fa parte del vestito da sposa da indossare nella cerimonia…?
E per cresime e prime comunioni?
E neppure un bel funerale con l’elicottero? Qui si discriminano i morti! Razzisti!
Alessandro, ben detto!
Egr. dr. Spagnolli, Lei afferma “mi risulta che andarci in elicottero, per i privati cittadini, sia comunque vietato”. Forse non appare chiaro nell’articolo, ma è proprio qui il punto: la delibera comunale, prima dell’intervento del CAI, lo rendeva possibile.
Quanto alle altre lotte, Le asssicuro che sappiamo ben distinguere le iniziative che provocano grossi danni all’ambiente da quelle che invece non lo fanno. Se continuerà a seguire le nostre pagine lo constaterà. Ma siccome non bisogna essere affetti da “benaltrismo”, non ci risparmiamo neppure sulle lotte di principio, quelle che vorremmo vincere più che altro perché esemplificative dell’andazzo della nostra società. Anche se sono tante, forse troppe per le nostre forze.
Premesso che la legge italiana consente di celebrare matrimoni civili nella “casa comunale, in una sala aperta al pubblico”, e che la Capanna Margherita, in quanto di proprietà del CAI, non può essere del Comune, non è chiaro quale arzigogolo giuridico abbia portato a far nascere questa vicenda. Accade peraltro anche altrove che al matrimonio istituzionale in Comune partecipino pochi invitati, e che il grosso venga invece ad un ricevimento successivo, o antecedente, dove il momento del sí viene ripetuto, non ufficialmente, per i presenti che non erano presenti a quello vero. Mi pare comunque che si tratti di un falso problema: anche ammesso che la moda di sposarsi sul Rosa prenda piede, quante volte accadrà? 5 all’anno? 10? moltiplicate per (ottimisticamente) 20 persone alla volta, danno rispettivamente 100 o 200 persone in più che ogni anno arrivano a piedi – mi risulta che andarci in elicottero, per i privati cittadini, sia comunque vietato – alla Capanna Margherita, e che quindi, mi pare di poter dire, non cambiano di una virgola l’impatto sulla montagna della medesima. Pensiamo invece alla decine di migliaia di persone che, nelle domeniche invernali, si concentrano nei pochi ettari di piste (e negli esercizi ricettivi prossimi) delle grandi stazioni sciistiche, che arrivano e ripartono contemporaneamente, che producono rumore, rifiuti, liquami, e consumano strade, energia, acqua, eccetera. O alle decine di migliaia di “appassionati” che seguono le tappe alpine del Giro d’Italia bivaccando ovunque e lasciando spesso rifiuti sparsi in quantità. Trattasi di situazioni che portano reddito o che fanno pubblicità alla montagna, per cui ben vengano: ma, se si vogliono limitare gli impatti, si cominci in quei contesti a porre dei limiti alla libertà umana di agire, e lasciamo stare i neosposi della Capanna Margherita che hanno, almeno, inequivocabilmente manifestato, in tal modo, un amore genuino, anche se non da tutti compreso, per la montagna. Personalmente ritengo che un alpinista che a seguito di un incidente sia costretto in carrozzella (quanti sono? mica migliaia…), se vuole sposarsi in quota, abbia il diritto di chiederlo e di ottenere i permessi necessari senza che ci siano a monte convenzioni o regole inutili: il vecchio buon senso di un buon Sindaco basta e avanza. Fermi restando i dubbi giuridici espressi all’inizio.
Certo che solo un avvocato potrebbe riuscire a concepire il caso di “nubendi che non potessero accedere a piedi per le particolari condizioni psicofisiche” ma che ciononostante vogliano celebrare al Margherita…
Comunque, mi pare che l’unica ragione di fare un matrimonio a 4590 m possa essere sparagnare sul ricevimento!