Storia dell’arrampicamento – 06

Su stimolo del giornalista Vittorio Varale, durante il biennio 1930-31 Domenico Rudatis pubblicò nella rivista Lo Sport Fascista una fondamentale Storia dell’arrampicamento in nove puntate (nn. 3, 4, 5, 7, 8 e 12 del 1930 e nn. 2, 6, e 9 del 1931). Scritta da uno degli autori di letteratura di montagna più brillanti e affascinanti del Novecento, l’opera costituì il primo tentativo italiano di storia dell’alpinismo, per quanto limitato alle sole Alpi Orientali.

Qui le puntate finora uscite:
https://gognablog.sherpa-gate.com/storia-dellarrampicamento-00/
https://gognablog.sherpa-gate.com/storia-dellarrampicamento-01/
https://gognablog.sherpa-gate.com/storia-dellarrampicamento-02/
https://gognablog.sherpa-gate.com/storia-dellarrampicamento-03/
https://gognablog.sherpa-gate.com/storia-dellarrampicamento-04/
https://gognablog.sherpa-gate.com/storia-dellarrampicamento-05/

Uno degli aspetti più importanti e affascinanti della Storia dell’arrampicamento(anche se oggi la cosa può facilmente sfuggire) è l’eccezionale qualità grafica dell’opera: taglio dell’impaginazione, scelta delle fotografie e disegni originali dell’autore. A questo riguardo è giusto ricordare alcune circostanze. Anzitutto la veste tipografica de Lo Sport Fascista: grande formato, illustrazioni di qualità. Insomma, una rivista abbastanza di lusso, per l’epoca. In secondo luogo il buon gusto e la cura certosina di Rudatis, fotografo, disegnatore, illustratore e arredatore di vaglia, che fu attentissimo a curare assieme a Vittorio Varale tutti gli aspetti non solo informativi e teorici ma anche formali della serie. 

La prima puntata apparve nel marzo 1930 e costituì la prima collaborazione in assoluto di Rudatis con Lo Sport Fascista. In quella sede vennero definiti i principi fondamentali che guidano il giudizio sulla tecnica e sui valori morali e culturali dell’arrampicata. Pubblichiamo qui il sesto dei nove articoli
(Nota a cura di Luigi Piccioni).

Lettura: spessore-weight(4), impegno-effort(3), disimpegno-entertainment(2)

L’estrema progressione dell’arrampicamento (Storia dell’arrampicamento – 06) (06-09)
di Domenico Rudatis (Gruppo Italiano Scrit­tori di Montagna)
(pubblicato su Lo Sport Fascista, dicembre 1930)

In questo sesto scritto, che riprende la serie degli articoli sullo sport dell’arrampicamento, Domenico Rudatis prospetta la sintesi del suo complesso, originale e poderoso lavoro dì indagine e di comparazione svolto tra gli arrampicatori nella viva e presente attività internazionale del dopoguerra, esponendo l’estrema attuale progressione degli sforzi fino al concludersi di essa nelle conquiste ultime più complete ed affermative (la Redazione di Lo Sport Fascista).

Abbiamo visto precedentemente come il biennio 1912-1913 può essere considerato il periodo in cui la tecnica di arrampicamento raggiunge l’apogeo del suo sviluppo, per iniziativa e merito preponderante del giovane bavarese Hans Dülfer, il più geniale degli arrampicatori di ogni tempo e d’ogni paese. Periodo che rappresenta parimenti la formazione e l’affermazione di determinati criteri, di una determinata tecnica, di un determinato stile d’arrampicata, i quali vanno a costituire nel loro complesso l’esistenza e la forza di una vera e propria scuola: la scuola di Monaco.

Ma tale epoca aurea venne subitamente chiusa dalle barriere di morte della guerra mondiale, nella quale lo stesso Dülfer ben presto perdeva la vita, lasciando la scuola di Monaco priva del suo massimo esponente. Né fu solo, che tutte le schiere degli arrampicatori sacrificarono molto sangue validissimo sui campi di battaglia.

Cosicché, già tragicamente perito verso la fine del 1913 il grande Paul Preuss, il temerario cavaliere della montagna, precipitando mentre stava per vincere lo spigolo settentrionale del Manndlkogel (uno degli ultimi e più difficili problemi della catena del Gosau nelle Alpi Austriache), morto nel 1915 Dülfer; e morti tanti altri eccellenti arrampicatori come Kurt Kiene e Rudolf Redlich, al termine della guerra parve che, dopo le gravi e numerose perdite, l’arrampicamento più non potesse rifiorire.

Le pessimistìche previsioni furono invece tosto nettamente smentite dai fatti, e fu proprio la scuola di Monaco che raccogliendo la preziosa eredità di Dülfer, trovò in sé nuove energie e nuovi valori da imporre una propria generale superiorità concretandola in una serie di smaglianti vittorie.

Il rifiorire dell’arrampicamento nell’immediato dopoguerra: il biennio 1919-1920
Già nel 1919, nella prima stagione d’arrampicamento che seguì la fine del conflitto mondiale, la ripresa dell’attività degli scalatori si manifestò dovunque, ma fu prevalente per interesse e per importanza nelle regioni bavaresi, dove iniziatori della ripresa stessa sono principalmente: Otto Herzog (del quale già parlammo come esponente dell’arrampicamento di anteguerra), Emil Gretschmann ed Herbert Kadner, i quali sono i primi ad emergere come esponenti della nuova generazione.

L’opera di Emil Gretschmann fu veramente notevolissima in ogni senso. Frequentò diverse zone come il Kaisergebirge, il Wetterstein, il Rofan, il Karwendel, il Rätikon, compiendovi nuove importanti ascensioni e dimostrandosi arrampicatore eccellente.

Herbert Kander, compagno abituale del Gretschmann, fu una di quelle tipiche figure che brillano improvvisamente per presto sparire rapite da morte prematura, perché questo rocciatore meraviglioso per abilità e per intuizione perì in montagna già nel 1921.

Tra le nuove imprese effettuate nel 1919 devono venir specialmente ricordate: la conquista della parete est del Risser Falk nel Karwendel, riuscita a Otto Herzog con J. Koch in 16 ore di arduo e pericolosissimo lavoro di roccia, parete di seicento metri di altezza che per la difficoltà venne paragonata a quella della Lalider; e la scalata del Predigtstuhl per il cosidetto Westverschneidung compiuta da Emil Gretschmann e Otto Leixl.

Il Predigtstuhl, che è forse la più bella e la più grandiosa montagna del Kaisergebirge, balza su a mezzogiorno della valle del Kaiser con una cresta di novecento metri, prospettando verso occidente un poderoso complesso di alte e lisce pareti verticali che fronteggia la parete est della Fleischbank, e dalla quale resta diviso da una profonda gola, la Steinerne Rinne. La cresta forma tre cime: la Cima Principale (Hauptgipfel) che è la più meridionale, la Cima Nord (Nordgipfel) e una cima di poco minore interposta tra le due predette, la Cima di Mezzo (Mittelgipfel). Sulla parete ovest della Cima Principale era già stata aperta una via Fiechtl nel 1910, e una più diretta via Dülfer nel 1912. I versanti occidentali della Cima Nord e della Cima di Mezzo acquistarono invece grande importanza solo nel dopo guerra, poiché – come ora vedremo – in pochi anni si tracciarono su per essi vari nuovi arditissimi itinerari che concentrarono attorno a sé l’interesse dei migliori arrampicatori.

Il primo, cronologicamente, di tali itinerari è appunto quello effettuato nel 1919 da Gretschmann e Leixl lungo il Westverschneidung che è precisamente un diedro inciso sulla parete sud-ovest della Cima di Mezzo e formante una successione perpendicolare di fessure. “Dopo questa impresa – notò lo stesso Gretschmann – avemmo la sensazione di aver proprio fatto una salita più difficile della parete est della Fleischbank”.

Se tuttavia detta conquista, oltre ad essere superiore alla parete orientale della Fleischbank, avesse anche potuto equivalere alle massime imprese d’arrampicamento fino allora compiute, il Gretschmann in quel momento non poteva ancora stabilirlo, poiché nel 1919 erano state bensì ripetute numerose vie di grande e grandissima difficoltà (come appunto la parete est della Fleischbank che in tale anno venne scalata cinque volte) ma le imprese esprimenti fin dal 1913, come altrove specificammo, l’effettivo culminare dei valori della tecnica d’arrampicata non avevano ancora ceduto ad alcuna ripetizione.

Queste imprese culminanti vennero invece tutte ripetute nell’anno 1920. Infatti:

La parete ovest del Totenkirchl per la via diretta, genialmente aperta nel 1913 da Dülfer con von Redvvitz, fu superata da una cordata condotta da Georg Sixt, poi dalla cordata Paul Diem e Karl Schüle, ed ancora da Emil Gretschmann e Herbert Kadner.

La famosa fessura Dülfer sulla parete sud-orientale della Fleischbank (il Dülferriss), la più difficile e la più significativa fra tutte le imprese di Hans Dülfer, per intrinseca difficoltà e per averla egli conquistata da solo, venne vinta dalle cordate Diem-Schüle e Gretschmann-Kadner.

E infine anche la parete sud della Schüsselkarspitze fu superata, per la prima volta dopo di Otto Herzog (suo scopritore), da Heinrich Schneider con H. Theato. Risultò pure che la via del Westverschneidung alla Cima di Mezzo del Predigtstuhl equivale approssimativamente alle suaccennate estreme imprese del 1913.

Dai risultati conseguiti nel biennio 1919-1920 si constata dunque che diversi arrampicatori si sono con esso prontamente elevati all’altezza dei massimi valori tecnici d’anteguerra.

Tutti questi arrampicatori appartengono alla scuola di Monaco la quale, avendo già anteguerra acquisiti con detto livello tecnico un considerevole distacco, una superiorità, rispetto a tutte le altre scuole, viene così nel dopoguerra a riconfermare tale sua superiorità e ad accentuarla ancor più per il fatto che nelle altre regioni l’arrampicamento, già dapprima distanziato nei valori, riprese con molto minor prontezza lasciando aumentare il distacco.

L’intensificazione degli sforzi degli arrampicatori nel periodo 1921-1924
L’arrampicamento entra pertanto in questo nuovo periodo condotto dalla scuola di Monaco che ha ormai completamente assunto la viva attualità dell’estrema progressione dei valori.
L’elevarsi e il diffondersi delle capacità tecniche degli arrampicatori del Kaisergebirge sono chiaramente espressi dal crescente moltiplicarsi delle ripetizioni di percorsi oltremodo difficili. Basta far notare che nel 1921 la parete est della Fleischbank, impresa la cui difficoltà tecnica è pressoché equivalente alle massime scalate dolomitiche di anteguerra, venne salita ben sedici volte! Cifra che poi di anno in anno fu ancora molto aumentata.

Era quindi naturale che il gruppo di testa dei migliori arrampicatori dovesse cercare di affermarsi con nuove imprese e di sorpassare il livello dei massimi valori di anteguerra. E vediamo infatti gli sforzi concretarsi in altre conquiste che da certi particolari punti di vista sovrastano effettivamente tutto il passato.

L’impresa che nel 1921 possiede questi speciali caratteri di emergenza è l’audacissima nuova via aperta da Paul Diem e Karl Schüle sulla parete ovest della Cima Nord del Predigtstuhl, impressionante itinerario che sale in linea diritta tra la Cima di Mezzo e la Cima Nord. Questa scalata contiene delle fessure che richiedono l’impiego totale delle forze da parte dei migliori arrampicatori perfettamente allenati, esige l’applicazione sapiente della moderna tecnica pura e strumentale, presenta una traversata che è tra le più difficili se non addirittura la più difficile fra tutte le traversate che si possono incontrare anche ora nelle arrampicate del Kaisergebirge. Cosicché con la via Diem-Schüle al Predisgtuhl si può ritenere limitatamente ma realmente sorpassato il livello di difficoltà relativo alla diretta via Dülfer-von Redwitz sulla parete ovest del Totenkirchl e alla via Herzog-Fiechtl sulla parete sud della Schüsselkarspitze e, meno sensibilmente e nel senso particolaristico dapprima accennato, anche il livello della fessura Dülfer della Fleischbank.

Un’altra impresa è necessario ancora rilevare nel 1921: il superamento del HaHe-Verschneidung, il grande diedro di quattrocento metri di altezza che corrisponde alla metà inferiore della parete nord della Dreizinkenspitze nel Karwendel, superamento riuscito a Gustav Haber e Otto Herzog dopo tre giorni di tentativi. Quantunque detta scalata costituisca solamente in parte la soluzione di un problema alpinistico poiché la conquista dell’intera parete non è stata completata che nel 1929 dagli stessi alpinisti con Willy Herzog, ragione per cui dovremo riprenderla in esame ulteriormente, pure anche in sé, il HaHe-Verschneidung, con i suoi numerosi e durissimi strapiombi, emerge distintamente lasciando indietro la difficoltà della nota via Dibona-Mayer-Rizzi sulla parete nord della Lalider che ad essa è vicina, ed iniziando il raggiungimento degli estremi valori della tecnica nel Karwendel.

Si accompagna in ciò la salita alla Cima Ovest della Praxmarerkarspitze per la parete nord, nello stesso Karwendel, che è stata anch’essa compiuta nel 1921. Schneider, Diem, Schüle, Theato, eminenti arrampicatori che già abbiamo citato, la realizzarono. Successive circostanze la rivestirono di speciale interesse tecnico e storico.

Alcuni giorni appena dopo la conquista effettuata da Heinrich Schneider con i suoi compagni, gli innsbruckesi Luis Netzer, Konrad Schuster e Karl Aichner intrapresero la ripetizione della salita. Circa quattordici ore dopo l’attacco, il primo precipitò trascinando il secondo e strappando un chiodo, il terzo della cordata sostenne ambedue ma il materiale d’arrampicata – chiodi e martello – andò perduto nella caduta. Anche poco prima però era avvenuta un’altra caduta. Con la perdita del materiale la discesa divenne loro impossibile e così il proseguimento. Rimasero quindi bloccati bivaccando penosamente durante sei notti finché il settimo giorno furono soccorsi dall’alto e salvati.

La drammatica storia di questi sei bivacchi scatenò apertamente una polemica e una specie di referendum circa l’impiego dei chiodi nell’arrampicamento. Le classiche autorità dell’alpinismo, specialmente a Vienna, biasimarono i tre giovani innsbruckesi giudicandoli come gente non all’altezza dell’impresa, che aveva voluto supplire alla propria deficienza con l’uso di chiodi, e condannarono in generale le nuove estreme arrampicate eseguite con l’aiuto dei chiodi.

Questa condanna però aveva parecchi torti, poiché anzitutto le vecchie autorità alpinistiche non potevano giudicare ciò che non avevano mai provato, né potevano rendersi conto dell’arrampicamento moderno con i diversi criteri dell’alpinismo antico.

Nel nostro primo articolo noi abbiamo già accennato alla legittimità dei mezzi propri dell’arrampicamento e all’uso logico di essi, e in seguito tratteremo a fondo tutta la questione dei mezzi artificiali. Qui basta semplicemente far rilevare come tale questione (che si era allora ormai chiaramente polarizzata nei due aspetti personificati dall’attività di Paul Preuss e di Hans Dülfer e che è altresì strettamente connessa alla precisazione dei caratteri dell’arrampicamento rispetto alla generica indeterminatezza di ciò che è alpinismo) venga in gran parte a risolversi praticamente e definitivamente proprio nel tempo ora considerato. Infatti, da una parte lo svolgimento e il valore delle conquiste dei giovani, come Gretschmann, Kadner, Schneider, Diem e Schüle, dimostrarono il pieno sopravvento dell’indirizzo di Dülfer e della tendenza estremista dell’arrampicamento proteso verso il limite del possibile; d’altra parte la reazione dei classici dell’alpinismo non riuscendo a fare nessuna presa nel procedere dell’indirizzo stesso, rivelò indirettamente ma tangibilmente che la tradizione era ormai priva di vitalità e sorpassata.

La gioventù avanza creando da sé e per sé i propri principi e i propri valori, liberandosi arditamente dall’insegnamento tradizionale di ciò che si deve e si può osare in montagna.

La stessa scalata alla Cima Ovest della Praxmarerkarpitze per la parete nord dei primi salitori venne criticata, nel senso che, avendola essi compiuta in due tempi con un giorno di intervallo in causa delle avverse condizioni atmosferiche, si pose in dubbio la possibilità di effettuare la salita completa direttamente.

Diem e Schüle, per smentire ciò, ripeterono l’ascensione nel 1922 superando in meno di otto ore i settecento metri dell’asperrima parete.

Le nuove scalate del 1922 non rivelano tuttavia alcun spostamento nella progressione dei valori.

Nel 1923 culmina la scalata diretta alla Cima Nord del Predigtsthul per la parete ovest, compiuta da Franz Weinberger di Kufstein e Hans Fiechtl, nuova via ideale di salita che si svolge in piena parete, alquanto a sinistra dell’itinerario Diem-Schüle alla medesima Cima.

Questa arrampicata (che è la più difficile tra tutte quelle compiute da Fiechtl) nell’esperienza concorde degli arrampicatori risultò, nel suo complesso, di maggior difficoltà della famosa fessura Dülfer della Fleischbank; però non tutti concordarono nel ritenerla superiore alla sua adiacente via Diem-Schüle. Ciò dimostra – come preciseremo in altro studio – che la superiorità delle varie imprese va successivamente restringendosi, con una evidente progressione asintotica verso un limite.

Nello stesso anno veniva superata per la prima volta con un itinerario diretto, tutta la parte superiore della parete nord dello Hochwanner nel Wetterstein (muraglia di 700 metri d’altezza), per opera di un’altra valentissima cordata monachese: Ludwig Bauer e Georg Gruber, la quale aveva già ripetuto le più difficili scalate di Dülfer.

La diretta parete nord dello Hochwanner è una affermazione che, pur non arrivando all’estremo limite dei valori della sua epoca, si eleva alquanto dal livello della via Herzog-Fiechtl sulla parete sud della Schüsselkarspitze, risultando perciò la più difficile arrampicata del Wetterstein fino al 1923, ed estendendo così anche a tale regione il predominante livello tecnico raggiunto nel Kaisergebirge.

Una nuova ascensione avvenuta pure nel 1923 e degna di nota quantunque non abbia importanza tecnica da competere con le sue contemporanee e nemmeno con altre sue anteriori della scuola di Monaco, è la scalata dello spigolo nord del Manndlkogel nella catena del Gosau. L’arduo problema che, come dicemmo, costò la vita nel 1913 a Paul Preuss, venne brillantemente risolto dieci anni dopo da Karl Schreiner ed E. Hein, ambedue di Graz, completando proprio il percorso che Preuss aveva seguito e in gran parte superato.

Questo successo è notevole in quanto è una bella dimostrazione dell’aumento del livello tecnico presso arrampicatori non appartenenti alla scuola di Monaco.

Le nuove imprese del 1924 non esprimono determinatamente nessun ulteriore avanzamento nella estrema progressione dei valori. Ma le scalate di maggior difficoltà diventano sempre più, preciso desiderio e campo d’azione degli arrampicatori, la fessura Dülfer della Fleischbank, ad esempio, venne ripetuta ben tre volte in tale anno, e due volte perfino la recente via Fiechtl-Weinberg al Predigtstuhl: i criteri tecnici della scuola di Monaco vanno diffondendosi nelle altre scuole, e a poco a poco, in diversi centri, gli scalatori esauriscono il distacco che Dülfer aveva creato anteguerra con le sue imprese culminanti.

Così nelle Dolomiti – dove J. Hruschka di Bressanone e S. Buratti di Innsbruck furono tra i primi e i più meritevoli a iniziare il risveglio dell’arrampicamento nell’immediato dopoguerra – con la vittoria riportata sulla parete nord del Pelmo da Roland Rossi di Innsbruck e Felix Simon di Lipsia nel 1924, viene finalmente colmato il predetto distacco, il quale però, dato il livello delle migliori scalate dolomitiche dello stesso Dülfer e di Dibona, era effettivamente abbastanza limitato. Precisò il Rossi che le difficoltà della parete nord del Pelmo – qualora naturalmente venga seguita la via Rossi-Simon con fedeltà, poiché risultò in appresso che molte difficoltà si possono evitare con varianti – sono paragonabili con la diretta via Dülfer-von Redwitz sulla parete ovest del Totenkirchl e con la via Herzog-Fiechtl sulla parete sud della Schüsselkarspitze, con l’aggravante ancora della friabilità in alcuni punti.

La scalata di Rossi e Simon rappresenta quindi l’apertura del periodo moderno dell’arrampicamento dolomitico, il principio della categoria estrema dei valori nelle Dolomiti.

In linea generale però la conquista più difficile nel 1924 è verosimilmente quella dello spigolo nord della Spritzkarspitze nel Karwendel compiuta da L. Bauer e Georg Gruber.

L’anno conclusivo: il 1925
Perché e fino a che punto il 1925 possa chiamarsi, in rapporto all’intero periodo del dopo guerra che abbiamo considerato, un anno conclusivo, apparirà ancor più chiaramente dai confronti con le massime realizzazioni degli anni successivi. Due scalate stabilirono nel 1925 la maggior misura dello sforzo di avvicinamento al limite del possibile fino allora compiuto: quella della parete sud-est della Fleischbank, e quella della parete nord-ovest della Civetta.

Tra la liscia muraglia orientale della Fleischbank vinta nel 1912 da Dülfer con Schaarschmidt e il notissimo Dülferriss, la Fleischbank prospetta una parete ancor più liscia e compatta di quella orientale: la parete sud-est. Il suo aspetto sembra escludere assolutamente ogni possibilità di salita. Pure, anche questo muro interamente verticale e repulsivo quanto mai venne tentato da Dülfer, ma egli non riuscì nel suo intento, o, per precisare, fu costretto a deviare a sinistra lungo la fessura tra la Fleischbankspitze e il Christaturm, quella che poi fu denominata Dülferriss, e per mezzo di essa giunse in vetta alla Fleischbank, con un itinerario che sale per il versante sud-est ma che non è diretto.

Nel dopo guerra parecchi dei migliori arrampicatori si sforzarono di aprire una via diretta ma fino allora erano stati tutti respinti. La parete tuttavia doveva cedere. I tentativi guadagnavano in altezza e si comprendeva che la resa completa era ormai imminente.

Nell’estate del 1925 la parete venne ostinatamente assalita da Roland Rossi e Fritz Wiessner di Dresda. Durante la prima giornata superarono, con largo impiego di chiodi, un terzo della parete, vale a dire un centinaio di metri appena, e poi fecero ritorno. Due giorni dopo risalirono riuscendo a superare circa un altro terzo dell’altezza, fino ad un gruppo di tre chiodi piantati da altri in precedenti tentativi. “Per lunghe ore – raccontò il Rossi – tentammo di sorpassare i tre chiodi, ma non riuscimmo ad avanzare che per qualche metro”. Furono quindi costretti a rinunciare. Passarono diversi giorni. Ma infine nuovamente riattaccarono e alternando il comando della cordata, risalirono, sorpassarono il gruppo dei tre chiodi e con lungo e asperrimo lavoro di chiodi e di roccia, per strapiombi e fessure proseguirono fino in cima. La parete sud-est della Fleischbank era vinta!

L’esperienza stessa dei primi salitori e poi le conferme dei successivi fecero risultare nettamente che questa arrampicata è – se non la più geniale – certo la più difficile e la più faticosa in tutto il Kaisergebirge. Progressione di difficoltà però molto limitata e ristretta a certi fattori che vanno a integrarsi nel concetto della difficoltà complessiva; ma di ciò tratteremo in seguito.

Il primo a ripeterne la scalata fu Emil Solleder di Monaco, nel 1926, con un compagno monachese, il Kobl, morto per caduta poco dopo. Essi procedettero assai rapidamente impiegando soltanto ore 4 e mezza.

Emil Solleder fu anche il conquistatore della diretta parete nord-ovest della Civetta, impresa alla quale egli fece precedere un altro magnifico successo di poco inferiore, la parete nord della Furchetta, cui ora brevemente accenniamo.

La Furchetta – superba cima delle Dolomiti di Gardena – ha il versante settentrionale costituito da una non molto larga ma elevata e precipitosa parete di ottocento metri d’altezza, che fu lungamente e molteplicemente assediata dagli arrampicatori. La celebre cordata Dibona-Mayer-Rizzi abbandonò il suo tentativo dopo circa trecento metri. Nel 1914 Hans Dülfer con Luis Trenker sispinse ulteriormente innanzi fino ad un caratteristico risalto – ora noto appunto come il Pulpito Dülfer – situato circa duecento metri sotto la cima, ma poi non riuscì a proseguire e fu costretto a ritirarsi.

Subito dopo la guerra gli assalti alla parete nord della Furchetta si moltiplicarono ma invano. La valente guida J. Verrà di S. Ulrico in Val Gardena precipitò in un tentativo perdendovi la vita; e in un altro tentativo, con S. Buratti, cadde e morì il noto alpinista H. Weingand. Il problema della Furchetta venne giudicato come insolubile, e si dichiarò che solamente col cemento armato se ne avrebbe avuto ragione.

Al principio d’agosto del 1925 Solleder e Wiessner, raggiunto in pochissime ore il Pulpito Dülfer, con geniale tecnica di traversate lo oltrepassavano e lottando a lungo e durissimamente con le estreme difficoltà della parte superiore della parete, oltremodo friabile, pervenivano sulla vetta dopo tredici ore di arrampicata.

Ancora una volta la pura tecnica d’arrampicamento aveva risolto il problema dimostrando il valore della scuola di Monaco.

Intanto un altro sogno – la diretta parete nord-ovest della Civetta – attendeva l’imminente realizzazione. Solleder aveva già parlato di ciò con Fiechtl, ma Fiechtl, che pur tutto provava, riteneva che su tale parete, così pericolosa per la caduta di pietre e così interminabile, non si dovesse por mano, poiché Preuss, Dibona e una fila di inglesi con scelte guide erano già stati prima vanamente.

Si può anzi aggiungere che sulla diretta parete nord-ovest della Civetta nessuno era ancora riuscito a trovare un attacco.

Subito dopo la conquista della Furchetta, scese Solleder in Val Cordevole dove i fantastici appicchi occidentali della Civetta regalmente si rivelarono alla sua stupefatta ammirazione. Sei chilometri di larghezza e milleduecento metri di altezza, possiede la facciata occidentale di questo prodigioso edificio dolomitico.

Io non avevo ancora visto mai nelle Alpi una parete come questa”, affermò Solleder. Eppure, trainer olimpico per lo sci e rinomata guida alpina di roccia e ghiaccio, egli conosceva bene tutti i più celebri colossi della catena alpina.

Il 4 agosto 1925 assieme a due compagni monachesi Solleder fece un primo tentativo. In un giorno riuscì a superare i primi trecento metri circa della parete, ma il giorno seguente il tempo avverso e un compagno ferito in una caduta costrinsero tutta la cordata al ritorno. Due giorni dopo, 7 agosto 1925, Emil Solleder e Gustav Lettenbauer in quindici ore di continua arrampicata raggiungevano la cima principale della Civetta lungo la parete nord-ovest. Con essa era caduto l’ultimo più grande problema di roccia delle Alpi Orientali.

Questa scalata e quella della parete sud-est della Fleischbank emergono sopra tutte quali espressioni culminanti dell’arrampicamento in generale, più aderenti praticamente al limite del possibile.

Il senso esatto di tale limite e degli avvicinamenti ad esso, dal livello estremo di Dülfer alle predette ultime conquiste, sono risultati dai confronti che le ripetizioni di queste imprese hanno reso ora possibile e confermati dagli ulteriori sforzi nelle varie regioni d’arrampicamento, come particolarmente vedremo.

9
Storia dell’arrampicamento – 06 ultima modifica: 2019-05-01T05:18:22+02:00 da GognaBlog

Scopri di più da GognaBlog

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.