Risposta al Collegio Guide Alpine Liguria
di Riccardo Innocenti
Al Presidente del Collegio Guide Alpine Liguria, Lorenzo Cavanna
c/o Sede Comunale, Via Pertica,29 – 17024 Finale Ligure (SV)
collegioguidealpineliguria@pec-legal.it
e p.c.
Al Presidente del Collegio Nazionale Guide Alpine Italiane Martino Peterlongo
Via E. Petrella, 19 20124 Milano
segreteria@guidealpine. it guidealpine@mypec .eu
ASD Pennavalley
pennavalley@gmail .com
Riferimento A (vedi parte 1 del presente post): lettera del Collegio Regionale Guide Alpine Liguria Prot. Int. N.198_22 del 16 marzo 2022 con oggetto: Vs proposta di accompagnamento in affidamento – esperienza di arrampicata su roccia rivolta ai vostri associati – diffida.

Egregi Signori,
con la lettera in riferimento A) il Presidente pro tempore del Collegio Regionale Guide Alpine Liguria ha espresso una serie di considerazioni sulle attività associative della ASD Pennavalley.
Le considerazioni espresse non sono condivisibili.
Per una corretta comprensione della tematica vi prego di tenere presente le considerazioni che seguono.
Premetto che l’ASD Pennavalley è regolarmente costituita nelle forme di legge ed è iscritta nel registro nazionale del CONI per il tramite dell’Unione Sportiva ACLI quale Ente Nazionale di Promozione Sportiva riconosciuto dal CONI (Allegato n. 1 certificato di iscrizione nel Registro Nazionale del CONI).
Con provvedimento del 14 febbraio 2017 il CONI ha aggiornato l’elenco degli sport di propria competenza ed in particolare delle Elenco delle discipline sportive ammissibili per l’iscrizione al Registro delle Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche (1) (Allegato n. 2).
L’elenco permette di individuare le discipline sportive che il CONI ritiene di sua esclusiva competenza nonché di attribuire dei codici univoci che ne permettono l’identificazione al fine dell’iscrizione delle ASD/SSD nel Registro Nazionale del CONI. “Il Registro è lo strumento che il Consiglio Nazionale del CONI ha istituito per confermare definitivamente ‘il riconoscimento ai fini sportivi’ alle associazioni/società sportive dilettantistiche, già affiliate alle Federazioni Sportive Nazionali, alle Discipline Sportive Associate ed agli Enti di Promozione Sportiva.
Le associazioni/società iscritte al Registro saranno inserite nell’elenco che il CONI, ogni anno, deve trasmettere ai sensi della normativa vigente, al Ministero delle Finanze – Agenzia delle Entrate ” (2).
Tra le oltre 380 discipline incluse nell’elenco figurano:
– L’Alpinismo id. AB001
– L’Alpinismo (Skyrunning) id. AB002
– La corsa in montagna id. AF003
– Il Trail id. AF007
– Lo Scialpinismo id. CU004
– L’Arrampicata Sportiva su roccia (Boulder, Lead) id. AD002
– L’Arrampicata Sportiva su strutture artificiali (Boulder, Speed, Lead) id. AD003
– La Mountain Bike id. AX008
L’ASD Pennavalley, nell’iscrizione al Registro Nazionale del CONI ha dichiarato di svolgere quale attività associativa le predette discipline sportive. In particolare l’Arrampicata Sportiva su roccia (Boulder, Lead) codice identificativo CONI AD002.
L’ASD Pennavalley ha fatto partecipare suoi soci ai regolari percorsi formativi che questo Ente Nazionale di Promozione Sportiva ha organizzato per la qualificazione di tecnici nazionali riconosciuti dal CONI. Alcuni soci della ASD Pennavalley hanno concluso positivamente il corso per Istruttori/Tecnici Nazionali di Arrampicata Sportiva e risultano regolarmente iscritti nell’Albo Nazionale di questo Ente.
Gli Istruttori/Tecnici Nazionali regolarmente iscritti all’Albo Nazionale di questo Ente possono operare all’interno delle realtà sportive che risultano essere regolarmente iscritte nel Registro Nazionale delle Associazioni e Società sportive dilettantistiche del CONI – attraverso l’USacli – e che abbiano indicata come attività, all’interno del registro, una delle discipline seguite dalla USN Sport di Montagna. Gli istruttori in possesso di regolare titolo abilitativo che operano presso ASD e SSD, regolarmente iscritte nel Registro nazionale del CONI, possono godere dei benefici previsti dalle norme agevolative dell’art. 67 del TUIR e percepire fino a 10.000,00 euro annui nel regime fiscale più favorevole previsto per lo sport dilettantistico.
Le attività della ASD Pennavalley sono rivolte esclusivamente ai soci e rispettano tutte le norme vigenti in tema di svolgimento delle attività sociali e quelle del diritto sportivo in tema di promozione sportiva.
La promozione dello sport è il fine primario dell’USacli, quale Ente Nazionale di Promozione Sportiva riconosciuto dal CONI.
La promozione degli sport è il motivo per cui sono stati indette le attività sportiva oggetto della diffida in riferimento A). L’attività di arrampicata sportiva su roccia è pienamente legittimata dall’appartenenza al sistema sportivo che fa riferimento al CONI.
Codesto Collegio, nel formulare le proprie considerazioni, non ha tenuto assolutamente in conto che le Guide Alpine e gli Istruttori/Tecnici nazionali riferibili al CONI sono regolati, e tutelati, da due discipline completamente diverse che hanno piena legittimità di coesistenza reciproca.
Le norme che regolano e tutelano la professione di Guida Alpina appartengono alle norme a tutela delle professioni “turistiche”. Le norme che regolano e tutelano gli Istruttori/Tecnici nazionali fanno parte del diritto “sportivo”.
Per un’analisi approfondita sulla differenza tra i due ambiti giuridici assai diversi, ma pienamente legittimi nella propria diversità, vi rimando alla lettura del “parere proveritate” dell’Avv. Antonella Loconte (Allegato n. 3).
Il parere conferma la piena legittimità della ASD Pennavalley, inserita nell’organigramma al pari di altre molteplici discipline sportive, nell’EPS USacli riconosciuto e legittimato dal CONI e dal diritto sportivo Italiano (3).
Il mondo dello Sport è regolato e tutelato da leggi chiare. Il complesso normativo regola tutti gli sport e quindi anche quelli della montagna, in quanto ricompresi tra quelli nell’Allegato n. 2. Gli sport della montagna sono, sia ontologicamente che lessicalmente, completamente diversi dalle professioni turistiche che si svolgono in montagna.
Due ambiti e due corpi normativi diversi.
Questo Ente aveva già interessato il Collegio Nazionale Guide alpine Italiane con la lettera in Allegato n. 4: relativa a considerazioni simili espresse dal Collegio regionale Guide Alpine Piemonte. A questo documento si rimanda per ogni ulteriore considerazione da noi già svolta.
In relazione alla lettera in riferimento A) si rileva e si precisa che:
– la qualificazione di un reato penale spetta alla Magistratura e non al Presidente di un Collegio Regionale delle Guide Alpine;
– a fronte di numerose denunce penali che i Collegi nazionali e/o regionali delle Guide Alpine hanno proposto nel tempo si annovera una sola condanna, con reato peraltro successivamente caduto in prescrizione e riferita ad un episodio del 2004 non tutelato dalle norme del diritto sportivo, mentre tutte le altre denunce risultano archiviate.
– ogni ulteriore interferenza nell’attività sociale della ASD Pennavalley e, in genere, di tutte le ASD affiliate alla US ACLI, tramite comunicazioni infondate come quella di cui in oggetto, sarà ritenuta lesiva della dignità delle associazioni e di questo Ente Nazionale di Promozione Sportiva.
Si auspica, pertanto, la ripresa di un corretto comportamento da parte di Codesto Collegio Regionale nella ferma convinzione che gli ambiti di azione delle Guide Alpine (tutelati dalla legislazione turistica) e delle Associazioni e Società Sportive riferibili al CONI (tutelati dalla legislazione sportiva) sono diversi e la vostra pretesa di svolgere in esclusiva alcune attività è del tutto infondata.
Roma, 25 marzo 2022
Il Responsabile della USN Montagna Riccardo Innocenti
Note
(1) L’elenco delle Discipline è consultabile al link: urly.it/3my-3
(2) Tratto dal sito https://www.coni.it/it/registro-societa-sportive.html
(3) https://www.usacli.it/discipline/
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Teo mi ha anticipato .
Ma… scusate, andarci da soli in montagna…NO ?!?!?!
Vi ci vuole qualcuno che vi prenda per la manina e si assuma le responsabilità per voi???
Albert, tuo figlio e compagna hanno soldi da spendere, cosa che un ragazzo di 17 anni (e non solo) non ha..E poi, ma questa è una mia opinione personale, fare alpinismo con guida non è fare alpinismo, perché togli il 90% dell’ essenza stessa dell’alpinismo (l incognita, il sapersela togliere, etc.). Continuando ad andare con la guida non diventeranno mai autonomi ma avranno sempre necessità di qualcuno che li porti. Anche io ho sempre meno tempo libero però se davvero credi in questa cosa, il tempo lo trovi. Il corso , al di là di chi lo fa, ti insegna, la guida ti porta. Ricordati il bellissimo libro di Messner “la libertà di andare dove voglio”. Indipendentemente dalle difficoltà che superi.
Mio figlio e compagna hanno scoperto le escursioni con Guida alpina che cura solo loro due e non una mandria di clienti e poichè lavorano entrambi con ritmi giornalieri sostenuti, non avebbero il tempo per frequentare corsi di alpinismo o escursionismo..al massimo si sono comprati vestiario e scarponi in outlet e si tengono allenati andando al lavoro camminando su percorso cittadino in pendenza . eSon soldi ben spesi, anche perche’ devono pure frequentare corsi per aggiornamanto professionale( che p***e!). Quindi, ripensando alle caxxate combinate in mia gioventu’ per intraprendere escursionismo pesante e periglioso alla “carlona” con amici faciloni e sparagnini, li approvo pienamente, almeno in periodi di ferie si godono sensazioni meravigliose,altrimenti finirebbero su spiagge sabbiose iperaffollate ad ustionarsi ed incavolarsi causa assembramenti fastidiosi.Invece mi spediscono foto e tornano soddisfatti…e i genitori stanno tranquilli.Cesare Tomè da Agordo:” Chi togliendosi una volta alle abitudini sempre uguali della vita , desidera ritemprare le forze del corpo e della mente, vada sull’Agner e là assiso ai piedi dell’ometto di pietra da noi costruito il1 8 agosto 1875, spaziando lo sguardo nello stupendo panorama che gli si offre tutto all’intorno, potrà godere delle sensazioni profonde e deliziose.” Pagando una Guida che sa entrare in empatia ( non mestierante frettoloso), si contribuisce al lavoro in montagna, mica tuttipossono essere assunti da fabbriche di occhialeria, gelateria, carpenteria in legno , caseifici, stalle ..ecc.
Alcuni datori di lavoro se le cose filano, offrono premi indanaro, altri bonus wellfare ai dipendenti, io includerei pure tra le offerte opzionali una sana escursione con Guida…e corsetti aziendali preparatori.
Va beh Crovella, allora ti pongo un quesito. Premesso che io ringrazio che esistano le Scuole Cai e le reputo molto importanti (come le ASD) perchè danno la possibilità a molti di imparare a scalare/andare in montagna a prezzi popolari, come la metti la questione che un istruttore (anche regionale) sia di fatto equiparato a una guida, senza averne la sua preparazione? Eppure anche lui porta il suo “cliente-allievo” su una via di roccia (ad esempio), ne è custode e responsabile, però ha una preparazione e una selezione da superare di molto inferiore. Comunque per la 6/89 ragazzi giocate un ambo secco sulla ruota di Napoli.
@188 direi che la vita tutta, da che è apparsa sul pianeta, si esprime in tal modo. Ci ha già pensato Darwin a definire questa legge di natura.
Tuttavia in uno stato di diritto non si può scavalcare, appunto, il diritto. C’è una legge dello Stato, la 6/89, regolarmente in vigore. A fronte c’è un fantomatico elenco redatto unilateralmente dal CONI. Non c’è equilibrio giuridico fra la legge e l’elenco CONI. La legge comanda sull’elenco CONI.
Bisogna ribadire la legittimità in questa situazione sennò non ci sarà argine alla loro invadenza. Per esempio: con che fondatezza, sia sostanziale che formale, si sono messi ad “attivare” i tecnici di scialpinismo??? (Come scritto da Massari).
Se non facciamo chiarezza in tutto questo bailamme, si perde il controllo della situazione. Oltre al tema “remunerazione” (la cui gedtione legale è di competenza delle GA), c’è il problema complessivo di “controllare” come la gente viene portata in montagna. Mi pare pazzesco che il CAI abbia protocolli molto stringenti per le varie sue uscite, sia delle scuole che gite sociali, e possa accettare che, tutto intorno al CAI, ci sia l’anarchia senza controlli che verifichino la fondatezza di ciò che viene fatto. Questo È UN PROBLEMA CHE SI DEVE PORRE IL CAI. Non solo “si può” porre, ma si DEVE porre il CAI.
@192 Tanquillo che in montagna ci vado, roccia o sci alpinismo a seconda dell’umore. Tra l’altro stai dicendo ld stesse cose che dico io (CONI, 6/89, ecc). Se sono fuori dalla realtà io, lo sei anche tu. Forse siamo tutti e due dentro la realtà. Ciao!
@191 hai ragione in effetti quello è il più grave inquinamento. Però anche quello diretto degli spit sta diventando insopportabile. Pochi mesi fa mi è capitato di passare sotto una paretina dalle mie parti. 40 anni fa non c’era niente, 30 anni fa qualche chiodo ritorno, 20 anni fa i primi spot e io stesso, allora, ne ero contento, 10 anni fa già troppi spot e iniziavo ad arricciare il naso. Ora ci sono file di spot a colori diversi, parallele a un metro una dall’altra. Più che Una paretina spietata, sembra una rete metallica. Anche questo è un problema su cui è bene iniziare a riflettere: dobbiamo porre dei freni anchd alla spittatura a manetta. Ovvio che i condomini in cemento o gli impianti sciistici o le ferrate ecc ec sono ancora peggio come fattori inquinsnti. Ms anche lacspittatita selvaggia, nel suo piccolo, lo sta diventando.
Quando si esagera, si scrive sulla roccia, si fissano le targhette con i nomi delle vie, si trapanano clessidre, si scavano prese, si aggiustano le prese con la resina, addirittira si fissano prese multicolori sulla roccia.
Credo ci sarebbe da riflettere…
Teo non mi vergogno affatto perché anch’io chiodo e manutengo vie sportive mettendoci il 90% tempo e materiale di tasca mia. Poche volte il materiale mi è stato offerto, e va bene. Mi riferivo a quelli che si fanno pagare pur non essendo professionisti e ne conosco, ma non voglio andare fuori tema. Volevo solo dire che chiodare è un’attività sempre ben vista anche quando certi lo fanno da malati e quindi esagerando. Un po’ come i volontari delle ambulanze che fanno un’azione buona nei propositi ma (molto) spesso sono degli esaltati e il loro apparente altruismo altro non è che egocentrismo. Spero di essermi spiegato.
Sul tema dell’articolo penso che le GA invece di prendersela con l’UsAcli e compagnia dovrebbero spiegare al Coni che l’alpinismo e lo scialpinismo non sono sport. Una falesia esente da pericoli ed equiparabile a una struttura artificiale indoor o esterna che sia, non esiste, secondo me. In ogni caso il Coni ha agito in contrasto con una legge dello stato preesistente (la vituperata ma attiva 6/89) e probabilmente è per questo che le GA si incazzano.
Sull’estraneità alla realtà di tal Crovella dico che i suoi post si commentano da soli.
Buone arrampicate. Al Crovella no perché non le fa, evidentemente. Ciao.
Paragonare l’inquinamento degli spit con l’inquinamento delle palazzine degli anni ’70 o comunque con la generale antropizzazione della montagna mi sembra quanto meno molto eccessivo e tirato per i capelli.
Una ferrata è molto più impattante sia visivamente che come numero di umani che attira i quali sporcano, inquinano, urlano… come purtroppo fa anche chi arrampica lungo gli spit.
Il vero problema a mio avviso non è dato dall’antropizzazione causata dallo spit quanto dalla progressiva riduzione di pareti ancora libere per i sogni e le ambizioni delle prossime generazioni.
Al grido entusiasta “spittiamo tutto”… il figlio di mio figlio risponde “nonno, avete già spittato tutto voi! e noi non possiamo più aprire una via nuova!”
Caro Teo, se pensi davvero che le scuole CAI siano tecnicamente obsolete, credimi, sei completamente fuoristrada. Ti assicuro che i nostri testi, manuali e metodi sono assolutamente attuali e soprattutto gli istruttori, mediamente, aggiornati ( COVID permettendo). Non per nulla alcuni promotori USACLI provengono da scuole CAI. Tutt’altra cosa sono prese di posizione, riviste etc su cui concordo con te. Resta il fatto che noi delle scuole CAI possiamo, per ora, offrire ai ragazzi che desiderano fare gli istruttori, un buona formazione; nello scenario economico attuale e in special modo nell’ AL , non so se questo sarà sufficiente. Francamente non credo. 10.000 euro esentasse per fare lo stesso lavoro sono molto attrattivi se si desidera magari arrotondare i guadagni. Quella della retribuzione è una cosa importante e occorre che il CAI si dia da fare per uniformare la cosa in un senso o nell’altro.
Francamente non mi pare che la chiodatura/richiodatura sia inquinante. Spesso per farlo si ridà vita a sentieri e luoghi in totale abbandono. Inoltre Teo, dai per scontato che istruttori CAI non facciano manutenzione falesie, cosa di cui non sarei così certo, basta guardare la Sardegna dove un mio collega qualcosina ha chiodato e richiodato.
Riabilitato?
a me importa poco. Io faccio il mio. Se va bene è così, se non va bene, facciano pure.
Crovella, il mondo è in continuo cambiamento, dovresti averlo capito! Come cambia? Cambia secondo come la pensa la maggioranza. In meglio o in peggio? Per chi la spunta è sempre in meglio. Chi sopravvivrà? Non il più forte, neanche il più intelligente e nemmeno il più organizzato, ma solo quello che meglio si adatterà ai cambiamenti.
Dai Benassi sei stato riabilitato…sembra che alle autorità sia sfuggito che in fondo si può anche essere critici nei conronti del CAI senza dovere necessariamente restituire la tessera.
@184-185 di fatti, altro che “ipocrita” a titolo personale. Sull’atteggiamento tenuto io sono molto critico sia con il CAI come istituzione sia con molti soci. Gli ipocriti sono loro: io mi batto esplicitamente, da circa 20 anni, per “più montagna per pochi“, come ho illustrato da tempo anche qui sul blog (vedi: https://gognablog.sherpa-gate.com/piu-montagna-per-pochi-1/ E https://gognablog.sherpa-gate.com/piu-montagna-per-pochi-2/).
Crovella, mi sembri un democristiano anni 80. Sei di un’ipocrisia imbarazzante. Chiudiamo la funivia del Torino, poi vediamo se il rifugio della sezione campa ancora. Inizia ad andare a sciare in treno. Cosa ha fatto il CAI in concreto sull Eliski? Proprio la regione Piemonte ha recentemente legiferato in merito una norma allucinante, non mi sembra che il CAI abbia fatto qualcosa di concreto..
Ricordo a Crovella (182) che non ho mai visto alcuna crociata dei soci CAI contro la costruzione di nuove vie ferrate in barba al tanto decantato bidecalogo. Anzi sono i primi a postare le foto su tutti i social. Per quanto mi riguarda è il motivo principale per il quale mi sono disiscritto dall’associazione. Viva la coerenza.
questo è vangelo!!
Tutti pronti a criticare . Ma di lavorà, di sacrificare il proprio tempo libero, la propria attrezzatura e di mettere mano al portafoglio, pochi ne hanno voglia.
La chiodatura “spinta”, a livello ideologico, è una forma di inquinamento. L’acciaio inquina come il cemento. Siamo arrivati ad un eccesso di chiodature, specie su falesie, a tal punto che dobbiamo iniziare a centellinare questa attività, altro che premiarla con elogi!
Ovvio che, a livello globale, i mc di cemento sono miliardi di volte superiori a quelli dell’acciaio degli spit, ma se restringiamo il focus sulla singola falesia, il tasso di inquinamento antropico è analogo a quello dei condomìnii anni ’70 nelle stazioni sciistiche (vedi articolo di qualche settimana fa su questo blog-Val d’Isere). La posizione del CAI è complessivamente ambientalista. Non possiamo esserlo a piacimento: o lo siamo sempre o non lo siamo mai. Non possiamo, un giorno, lustrarci la medaglia nel firmare la petizione contro i nuovi impianti nel Vallone delle Cime Bianche e, il giorno dopo, esaltare l’opera di spittatura a manetta. Un socio CAI, se coerente con lo spirito dell’associazione cui appartiene, è contrario all’una e all’altra ipotesi. Quanto meno non va in giro a ringraziare “altri” per l’opera “meritoria” (?!|?) di spittatura a manetta. Quest’ultima va soppesata molto attentamente e riportata sotto un generale controllo, altrimenti è un grave fattore di inquinamento.
Sono intervenuto solo per sottolineare uno degli aspetti che differenziano l’ideologia CAI da quella del sottobosco di queste sigle. Chissà quanti altri ce ne sono. Per cui, al di là del tema chiave sulla retribuzione (che va affrontato legalmente dai vertici delle GA), esiste proprio tutta una incompatibilità esistenziale con questo mondo. L’intero popolo CAI dovrebbe contrastare questo “altro” mondo: per esempio è un fattore di destabilizzazione per l’ambiente naturale. Finché restano nel chiuso delle sale indoor, cementificate, è un conto. Ma se, come afferma Massari, la loro attività è – al momento – legittima anche outdoor, allora il problema non è solo più quello della remunerazione (di competenza legale delle GA), ma comprende una serie di corollari che coinvolgono ogni singolo socio CAI. Ecco perché occorre fare muro e contrastarli.
Mi piacerebbe sapere cosa intende Prati con “volontariato chiodatorio spesso a pagamento”. Sei vergognoso. Ma tu sai quanto costa chiodare?? tra fix, punte, batterie del trapano, corde che si consumano..senza contare il tempo, il gasolio, i rischi, la terra che si mangia..Almeno per il materiale credi che non sia giusto raccogliere dei fondi? fosse anche con un corso di arrampicata? tutti i chiodatori che conosco, me compreso, non sono pagati da nessuno e anzi, ci hanno sempre wrimesso di tasca propria, per fare divertire anche quelli come te, che pontificano solo e sono dei parassiti del verticale. Quelli che sui social scrivono “sarebbe da cambiare il maillon alla sosta”..e perchè non lo cambi tu???
Ditemi se un personaggio che dice che un ragazzo che ha un tatuaggio o un orecchino non può entrare in una sede CAI non è fuori dal tempo e dallo spazio. Mi piacerebbe sapere se sul braccio si tatuasse il logo CAI, cosa direbbe..
Nessuna leccata di culo. Mi chiedo inoltre che praticità possa avere il tuo commento, soprattutto nella seconda parte, un condensato di paroloni senza alcun senso logico. Io da ragazzino avevo frequentato una prestigiosa scuola di alpinismo del CAI e sono grato di ciò, perché mi ha permesso, unitamente alla mia voglia di andare in montagna, di poter compiere tante belle salite. Oggigiorno però il CAI non è più al passo con i tempi che cambiano, e si vede dai Crovella di turno e dai loro discorsi, anacronistici e agganciati a una realtà che non rispecchia più quanto succede nella “società” di coloro che vogliono arrampicare e andare in montagna. Ci saranno anche tanti giovani nel CAI, ma l’alpinismo e l’arrampicata ormai è cosa quasi estranea al sodalizio, i giovani scalano e vanno in montagna al di fuori dal CAI. Questa è la realtà. Nessuno, in tanti anni, mi ha mai chiesto “di che CAI sei?” se non qualche escursionista o qualche anziano. Il CAI deve modernizzarsi e aprirsi, basta guardare la rivista Montagne 360, ci sarà il 10% che parla di alpinismo e arrampicata. Io francamente, la prendo, la sfoglio e la butto nel recupero carta. Un gran peccato. Su quella rivista si parla solo di burocrazia, intenti, regolamenti, convegni..è questo che avrebbe voluto Quintino Sella? E’ per questo che vedo con favore queste ASD, soprattutto se “capeggiate” da gente del livello di Massari, che potrà essere antipatico a qualcuno, ma è indubbiamente uno scalatore preparato sul lato tecnico e storico. Il CAI dovrebbe meditare perchè si è fatto scappare uno così. Queste ASD sono una bella novità e scusate se lo ripeto, ma la questione chiodature è importante, direi fondamentale. Siamo tutti bravi a mangiare, ma se non c’è il cuoco che cucina, degli ingredienti ce ne facciamo ben poco. E queste ASD stanno portando avanti un lavoro a 360 gradi e bisogna riconoscerlo. Del CAI faccio parte, però i vari Crovella dovrebbero avere la capacità e l’umiltà di capire che hanno fatto il loro tempo (sempre che l’abbiano fatto..). Sulle guide..io ho rispetto per la figura della guida, perchè coloro che lo sono diventati, tranne qualche sporadico caso, hanno indubbie capacità (anche se oggi le giovani guide tendono a vedere questa professione come un’attività commerciale, conosco giovani guide che hanno fatto giusto le poche salite necessarie per il CV e poi, una volta acquisito il brevetto, solo più Vallee Blanche..). Quello che non tollero è l’ingerenza e l’essere portatori della verità assoluta da parte del Collegio. E i casi, in tal senso, sono tanti.
@174 io sono socio CAI dal 1968 e istruttore titolato dai primi anni ’80. La necessità di ribadire le cose deriva dall’esistenza di teste quadre come Teo ecc. che, a loro volta, continuano a imperversare.
Non del CAI dobbiamo essere tutti compatti sul trema, sia come “amici” (e consoci) delle GA, sia come soci CAI che respingono ingerenze nella vita del sodalizio (mi riferisco a certe affermazioni di tal Teo, che non conosce nulla degli scopi statutari del CAI ecc).
Dispiace che un accademico come te non sia in prima linea in tale opera. Dovresti esserlo molto più di me. Ribadisco che, a livello legale, dovrebbero muoversi i vertici nazionali delle GA (con un’azione che miri a obbligare il CONI a cancellare le voci in questione dal suo elenco: fatto quello, si spazzano via tutte le ASD dalla montagna, nel senso che le ASD possono esistere ma si occuperanno di “altro”). Tuttavia noi soci CAI siamo chiamati per consorziativismo a fare muro e dare sostegno alle GA. Iniziando proprio dai più quotati fra i soci CAI, cioè dagli accademici. Se non ci attiviamo a sanare la situazione, non lamentiamoci poi che i giovani non vengono al CAI. Qui a Torino NON abbiamo questo problema, che non sappiamo dove metterli, i giovani, tanti ne abbiamo di “nostri”. Ma forse in altre realtà il problema esiste e va quindi gestito.
Bella leccata di culo Teo. Hai dimenticato di darne una anche alle GA per manifestare una non presa di posizione politicamente corretta dall’effetto pratico totalmente insignificante. Attrezzare le falesie fa bene di certo all’arrampicata ma non è tutto. Chi attrezza è sempre benvisto ma solo perché gli arrampicatori hanno mediamente poco cervello. Molto volontariato (spesso a pagamento) chiodatorio cela psicopatologie da penetrazione che sconfinano nel patetico e che andrebbero seguite dal medico.
E inoltre grazie a Massari e alla sua ASD per il lavoro di chiodatura e richiodatura delle falesie. Come anche la ASD Val Pennavaire. Una ventata di novità che ci voleva e potrà essere anche di stimolo al CAI per migliorarsi e fare sempre meglio.
Per tornare sull’argomento di partenza, e cioè la diffida di Cavanna per la giornata in falesia, la famigerata giornata dell’ASD Pennavaire è stata comunque portata a termine e sono previsti nuovi corsi per cui vedremo se a questa farà seguito la tanto minacciata denuncia.
Inoltre caro Marcello, sono veramente curioso di vedere se, e soprattutto come e quando, questa battaglia verrà combattuta ma temo che ne’ io ne’ te ne vedremo la fine per come vanno queste cose in Italia…o se la vedremo saremo già abbondantemente pensionati…
intanto io, come ho sempre fatto, mi godo il momento e continuerò felicemente ad operare con la nostra Arrampigranda ASD.
Crovella, anche a te ribadisco che, piaccia o non piaccia, per ora noi dell’Usacli siamo liberi di operare (con i compensi previsti dalle regole che normano tutte le ASD) nelle nostre falesie praticando lo sport climbing (che è anche outdoor e non solo su “cemento” come dici tu che sei piuttosto disinformato…) per tutti i motivi che ho descritto tant’è che, al momento, non ci è arrivata nessuna denuncia ne’ a noi per lo svolgimento di corsi ne’ all’Usacli Montagna per la formazione di nuovi tecnici (di arrampicata e di sci alpinismo) per cui continueremo sicuramente e sarò certamente felice e sarà un bene per tutti se il CAI si adeguerà e anche lui è proporrà lo sport climbing outdoor in maniera più evoluta come sicuramente qualche sezione fa già.
Un saluto.
Sono socio del CAI dal 1970 e del Caai dal 1989, ci tengo anch’io al CAI, crovella, nei tuoi commenti scrivi sempre le stesse cose. Per me anche basta, credo di averle capite. Ti prego basta!!
Commento dopo commento, il discorso generale è passato su temi paralleli. Limitandoci a quello principale, la situazione è chiara: nessuno può farsi pagare in attività outdoor se non le GA. Punto. devono pensarci le GA a fare le adeguate azioni i tutela.
Aggiungo che non si capisce (a maggior ragione sulla base dei dati segnalati da Raffa) come i soci CAI possano schierarsi dalla pae delle sigle. Le GA risultano nostri consoci all’80% e qualche socio CAI parteggerebbe per gli altri? Ma come potrebbe essere possibile?
In più: già ci sono collaborazione locali CAI-GA? Bene. Basta estenderla a livello nazionale. Non è un problema insormontabile. Non c’è bisogno di nessuna collaborazione con le sigle. Abbiamo già tutti gli ingredienti in casa: ruoli titolati (IAL e INAL), molti corsi AL già attivi presso diverse Scuole CAI, molte collaborazioni attive CAI-GA, l’80% delle GA sono soci CAI… ma di cosa possiamo aver ancoa bisogno? C’è già tutto, basta cucinarlo a dovere.
Effettivamente è un mondo che non frequento per nulla e non ci tengo proprio a frequentare, per cui ho solo delle sensazioni. Ma spesso le mie sensazioni sono fondate e il tempo le conferma. Tutta sta storia che queste entità si infilano nell’interstizio fra GA e CAI sulla base di un elenco stilato unilateralmente dal CONI (in violazione della legge 6/89 tuttora vigente) mi fa storcere il naso. Con gente così io preferisco non avere a che fare. Meglio fare le cose “pulite” e non pasticciate.
Esistono le GA, no? Bene che il CAI collabori a fondo con le GA. Su un eventuale progetto “creare la branca CAI per l’AL”, io preferisco sapere che il CAI istituisce una collaborazione strutturale con le Guide. ben vengano le GA, godono di stima cristallina, sia come figura professionale astratta che come singole persone.
Quelle altre entità, ammesso che la loro legittimità sia davvero sopra ad ogni sospetto (io dubito, per questo le definisco “opache”), lasciamole per conto loro, non carichiamocele in pancia. Come CAI di rogne ne abbiamo già da vendere, perchè dobbiamo cercarcene altre?
Sono d’accordo con Teo. Il punto è che non si tratta più di “entità “opache” e cmq piccole e irrilevanti”, come sostiene Crovella. Non tenere conto di questo significa non guardare la realtà.
A parte che non c e una conclusione, ma quella di Crovella mi sembra delirante. Sembra che abbia letto niente del post. Le ASD sono una realtà a se stante che non cerca la sponda di nessuno, al di là di eventuali collaborazioni che potranno esserci.
Tanto per mettere i puntini sulle i: la collaborazione tra Cai e Guide Alpine già esiste ed ha numeri importanti. E’ però lasciata quasi interamente alle iniziative di singoli individui/sezioni. Sicuramente si potrebbe fare di più e meglio, ma il fatto che gli utlimi dati disponibili indichino l’80% delle guide e amm come soci Cai credo sia indicativo di una realtà molto diversa rispetto a quella che uno potrebbe immaginarsi dalle controversie legali in corso.
fonte: https://www.guidealpine.it/associazione-nazionale-guide-alpine.html (grassetto e sottolineato sono miei)
CONCLUSIONE. La testimonianza di Dino conferma che, se il CAI vuole imbastire e far crescere una branca strutturalmente dedicata all’arrampicata libera (AL), è perfettamente in grado di farlo da solo, senza bisogno di consorziarsi con “sigle” che (nella migliore delle ipotesi) sono più “piccole” e quindi meno corazzate e prestigiose. Nel CAI esiste già la figura di Istr titolato di AL, molte scuole organizzano da tempo i rispettivi corsi, gettonati e con successo (almeno a Torino è così).
Se si percepisce che questa è un’area sociale da rafforzare, ebbene si prenda, ai massimi livelli, la decisione di procedere strutturalmente per tutto il sodalizio e su tutto il territorio nazionale. Il CAI ha da solo tutte le capacità, nonché la capillarità sul territorio, per poter diventare il player primario del settore.
Viceversa diffiderei di accordarmi con entità “opache” e cmq piccole e irrilevanti, perché sono queste ultime (e non il CAI) che hanno tutto da guadagnarci da tali eventuali accordi. In particolare l’istinto mi “dice” che l’obiettivo mascherato di questo sottobosco di “sigle” (chi più, chi meno) è quello di agganciarsi alla corazzata CAI per costruire un polo principalmente basato sulla forza e sulle dimensioni del CAI e contrapporsi così alle GA sul tema “soldi”. In parole povere cercano uno scudo istituzionale contro le GA. C’è il rischio che la diatriba fra qualche anno non sia più “GA vs sigle”, ma “GA vs CAI (capofila di un polo dove fra gli interstizi si annidano le sigle)”.
Preferisco che il CAI sia “alleato” con le GA (che sono naturale contraltare del CAI) piuttosto che con il sottobosco contro le GA. Occhio alla penna, quindi.
in effetti in questi ultimi anni il CAI, seppur lentamente e prudentemente, si è mosso nella direzione che noi vorremmo. Ha incentivato le Sezioni nella costruzione di palestre d’arrampicata, ha istituito la figura dell’Assistente di Sala per incentivare alla gestione, ha autorizzato corsi d’arrampicata indoor pura sempre molto richiesti e frequentati. Certo si muove con prudenza forse anche troppa; tuttavia si muove. Occorre sicuramente continuare con più energia su questa strada cercando di non far troppo caso a chi del CAI parla male, molti x partito preso. Siamo in tanti Soci con idee ed esperienze diverse e occorre far tesoro dell’esperienza senza però paura di andare avanti con tutta la potenza organizzativa disponibile.
@165 interessante l’allegato che non conoscevo e ho letto con piacere. Segnalo il penultimo punto delle conclusioni: già allora, 2014 mi pare, si sottolineava l’invadenza della FASI (per estensione oggi possiamo aggiungere le tante altre sigle). Io sono il primo a riconoscere che non sono minimamente interessato a tutto il tema dell’arrampicata “moderna” (la chiamo ginnastica sul cemento…). Non la considero facente parte dell’andar in montagna e quindi la ritengo estranea agli interessi del CAI. Tuttavia non metto ostacoli, ma dico subito che non credo in un’onesta collaborazione fra CAI e varoe sigle. Questo per due motivi: al CAI tendenzialmente non ha nessun tornaconto istituzionale dall’ impelagarsi nell’attività in questione, mentre esso è esposto al rischio che il sottobosco delle sigle gli si attacchino come cozze per acquistare maggior legittimità e contrapporsi alle GA sul tema soldi. Attenzione quindi a non farvi strumentalizzare dalle sigle per loro biechi fini economici. Mi spiacerebbe molto sd il CAI facesse la figura del fesso. Tutto qui.
@DinoM in effetti nel Cai è almeno dal 2014 che si evidenzia la necessità di coinvolgere anche gli “arrampicatori di palestra” e vede nelle sezioni con una palestra di arrampicata uno dei possibili sbocchi per aumentare il coinvolgimento dei giovani. La strada è lunga per far cambiare mentalità a quelli più tradizionalisti (chi ha orecchie per intendere…) però è tracciata.
http://www.cnsasa.it/storage/wcms_f/alleg/documenti/RELAZIONE%20INAL%20ARCO%206%20SETTEMBRE%202014.pdf
E non parlo di frange di ribelli e anticonformisti, ma di un convegno della CNSASA…
Per quanto attiene la chiodatura delle falesie, per quanto ne so, non esistono ancora norme. Tuttavia esistono le “linee guida alla chiodatura” redatti dalle GA e le “linee di chiodatura” riportate dal manuale CAI di arrampicata. I due testi sono allineati. Pertanto chi chioda dovrebbe attenersi a questi criteri poichè allo stato attuale costituiscono gli unici ( recenti) criteri. Tra l’altro le GA hanno depositato presso il ministero del turismo ( mi pare) il documento. Per quanto riguarda l’arrampicata libera del CAI, l’ambiente tradizionalista ( scuole incluse) non ha mai ben digerito il settore che, invece , esercita una richiesta fortissima. Ciò che di positivo esiste nel corso CAI è una buona metodologia didattico pratica. Personalmente non mi disturba affatto che altri organizzino corsi, anzi. L’unica cosa che mi disturba è il limitare l’attività degli istruttori CAI ai corsi organizzati; questo limita tantissimo l’attività nell’arrampicata che ha tantissimi e differenti risvolti rispetto ad altre attività montane. Perchè non ci sono comparti stagni. Molti top climbers scalano fuori, indoor, outdoor, a volte si cambia a seconda delle condizioni meteo o personali di tempo e voglia. Tutti ormai si allenano indoor e nelle falesie quindi non capisco quale possa essere il problema. Sarebbe bello poter organizzare qualche garetta in ambiente CAI o poter gestire una palestra; molte Sezioni già lo fanno però sempre borderline. Anch’io condivido alcune idee espresse da Teo e spero che il CAI si evolva definitivamente.
Massima stima per lo spirito con cui il quasi omonimo Teo reagisce a Crovella.
Mi sembrava un grande idea quella di distillare i nomi delle vite dai verbosi interventi: perché è sparito il post?
Era decisamente il meno offensivo…
Si potrebbe addirittura lanciare il concorso per i nomi migliori e intitolato al Gran Cajano
Teo non ho mai affrontato il problema della normativa sulle falesiee non sono un avvocato ne’ mi diletto in tale campo.
Di fatto però tutti i giorni ho a che fare con il rispetto di norme varie e con la loro intepretazione.
E’ indubbio che la sostituzione di un fix arrugginito non possa che essere un miglioramento rispetto allo stato dei luoghi.
Il problema però potrebbe essere a monte.
Se la via è pericolosa e mal realizzata nel suo insieme, finchè tu non ci metti mano non è tua la responsabilità.
Nel momento in cui tu intervieni, con i migliori intenti di questo mondo, metti la tua “firma” su un qualcosa che nel complesso è pericoloso e mal fatto.
Un domani su quella via succedesse qualcosa potresti essere, anzi molto probabilmente saresti, ritenuto corresponsabile.
Per questo ti hanno consigliato di farlo di notte…..
Però scusa Simone, se cambi uno spit arrugginito con un fix inox, il miglioramento c’è..poi chiaro che il fix devi infiggerlo bene. O se rendi un passaggio meno pericoloso è oggettivamente un miglioramento (lasciando da parte le eventuali polemiche sull’accorciare la chiodatura). Altrimenti se più nessuno chioda o richioda, nessuno scala più.
@ Teo non sposo la tua teoria che il richiodare sia necessarimaente un miglioramento.
Nel momento in cui metti mano su qualcosa che potrebbe essere fatto male, anche se puntualmente hai realizzato un piccolo miglioramento, diventi però corresponsabile di un’opera che nel suo complesso è mal realizzata e quindi ti cacci nei guai.
@157 e 158 A mali estremi, estremi rimedi. Come con le zanzare, vale la legge della ciabatta. Quando una zanzara mi ronza introno, per più volte cerco “deliacatamente” di farla uscire dalla finestra, la “inviti” in tutti i modi, la spinge con un asciugamano. Ma quella niente, continua a starmi addosso e a darmi estremo fastidio. A un certo punto mi scoccio, prendo la ciabatta e la spiaccico contro il muro. A maggior ragione chi mi conosce già, dovrebbe averlo memorizzato. Se ve ne state lontani da me, non vi corro dietro per infastidirvi. Se mi infastidite, inizialmente vi invito, fra le righe, a farvi da parte. Se aguzzate l’ingegno, lo capite al volo e fatevi da parte. Se perdurate, a un certo punto impugno la ciabatta e spiaccico contro il muro. Non ho tempo da perdere. Con nessuno
Grazie Fabio, ma credo che le offese siano più per coloro che le fanno che per coloro che le subiscono. Non sono d’accordo a cancellarle perchè dimostrano quanto una persona riesca davvero ad argomentare le proprie convinzioni. E Crovella ha dimostrato, con i suoi toni ed i suoi modi, che non è capace a farsi capire se non insultando e cercando di imporre il suo punto di vista. Di fatto, dimostrando che ha torto. Inoltre togliergli la possibilità di dare del rimbambito alle persone lo svuoterebbe del suo significato pittoresco e unico, che mi ha fatto tanto divertire. Un personaggio davvero unico, degno di Samivel 🙂
“Te l’ho spiegato, più volte, a prova di rimbambito, se non riesci a capire sei davvero un rimbambito.”
Tipica “dialettica” di Crovella…
… … …
Caro Alessandro (Gogna), le offese vanno bandite dal forum. Tu già censuri le piú astiose, ma io ritengo giusto che debbano esserlo pure quelle al livello dell’esempio riportato sopra, il quale comunque non è cosa da poco!
Nel caso in questione potresti magari eliminare solo le righe che contengono offese e conservare il resto, avvertendo eventualmente i lettori. Riflettici.
140 e 147. Per quanto riguarda le falesie in Toscana preferisco per ora non dire (scrivere) niente in attesa di sviluppi in itinere che spero positivi.
Ancora una riflessione: nello stesso modo di Barbolini che attrezza, liberamente, una falesia ci potrebbe essere domani uno che la disattrezza perchè afferma che è più divertente la salita trad. Si entra in un ginepraio dal quale è praticamente impossibile uscire. A me è capitato di togliere degli spit in itinerari che erano stati aperti con chiodi normali e protezioni veloci e l’ho fatto con la convinzione che fosse la cosa giusta, per me. Ognuno si crea la propria etica ed è convinto che sia quella corretta ma qui si entra in un discorso di una complessità notevole.
@154. Su questo sono assolutamente d’accordo. Mai farsi distrarre dalle apparenze, soprattutto oggi, in società mescolate come le nostre. È un atteggiamento provinciale che non consente di capire il mondo. La classe non è acqua si diceva una volta. Tutto sta a vedere dove sta la vera “classe” senza farsi ingannare dalle astuzie del marketing sia dei “dominanti” sia degli “emergenti” e questo “A l’e’ ben dur”. Mi sembra che sia anche il nome di una via ma non mi ricordo dove.
@152 stai tranquillo che siamo in molti. Io non gestisco più la scuola in prima persona (da tempo), eppure “tatuati” (nella mentalità) continuano a non presentarsi. La Ivy League è sempre la Ivy League, chignon o non chignon
@146 guarda siamo talmente “espliciti” nel nostro modo di essere, almeno nella specifica scuola cui appartengo,. che i tatuati manco si presentano. Se per caso qualcuno con la testa non coerente dovesse iscriversi, alle prime uscite sul terreno già si capisce che non va bene e crea problemi. gli si dice con pacatezza la prima volta di adeguarsi, la seconda con maggior severità, la terza gli restituiamo la quota e lo “invitiamo a lasciare il corso” (siglia ILC) cancellandolo dirtettamente. nel nostro regolamento è previsto, ma ti dirò che è successo molto raramente proprio perché c’è una implicita selezione naturale a monte (scusa il gioco di parole).
Sul resto: hai le idee estrememente confuse, mescoli non solo la ginnastica sul cemento con l’andar in montagna, ma anche cosa dovrebbe fare il CAI. leggiti lo statuto del CAI, si trova in rete. L’obiettivo del CAI NON è spingere l’alpinismo, né coltivare l’alpinismo di punta. Al limite quello dovrebbe essere l’obiettivo del CAAI (l’accademico), di cui non faccio parte e quindi non mi permetto di esprimermi. Il CAI cura la produzione di serie, non la squadra corse di F1. Produciamo berline tranquille, non auto nervose da 300 km/h. Ecco perché di tutta quella roba che citi tu non ce ne frega una beata mazza, è come se non esistesse neppure. Riopeto ciò non toglie che a titolo personale alcuni soci siano interessati e anche io nel mio piccolo ho frequentato Finale, le Calanques e ho perfino fato qualche puntata in Verdon. ma non c’entarno nulla con il coinvolgimento istituzionale. allora tiro di scherma e faccio canottaggio sul Po, ma mica ha rilievo sul CAI…
Se non ti pulisci il cervello di queste confusioni ideologiche, mescoli pere e patate. Se ti interessa arrampicare, fai benissimo, ma “andar in montagna” è altra cosa (arrivo a dire, estremizzando, che nel concetto di “andar in montagna” non c’entra neppure la difficoltà tecnica o atletica, è una categoria dello spirito…). Te l’ho spiegato, più volte, a prova di rimbambito, se non riesci a capire sei davvero un rimbambito e quindi non mi interessi. Guate dai pè!, diciamo a Torino.
Ho capito Crovella, sei uno di quegli istruttori che va ancora a sciare con il camicione Carlo Mauri, che guarda con ribrezzo lo spit in montagna, ma mette le staffe sul V+. Che pensa che fare la Biancograat al Bernina sia alpinismo di punta. Sono basito che ci siano ancora personaggi così, indietro anni luce e con una visione totalmente miope di quella che è stata l’evoluzione sulle pareti alpine. Se l’arrampicata sportiva non si fosse sviluppata, l’alpinismo di punta sarebbe rimast0 al palo. Mi turba che tu sia fermo a Gervasutti, e mi turba che instradi con queste idee molti giovani.
Però meno male che esisti, perchè sei pazzescamente pittoresco e divertente.
Attenzione a leggere il presente con gli occhi del passato. Oggi il tatuaggio (maschi e femmine), l’orecchino e il capello lungo maschile raccolto a forma di chignon sono un simbolo di conformità e non di anticonformismo ribelle. Basta andare negli spogliatoi di una palestra generalista alla moda o farsi un giro nei locali della movida urbana o osservare i giovani operai/professionisti/artigiani che si incontrano sul lavoro. Molta acqua è passata dal look & feel di Cento Nuovi Mattini e “una vita è già quasi trascorsa” come disse il poeta.
Pasini. Innanzi tutto anche se non hai “abitato” negli USA conosci la loro quotidianità intelletual-ideologica: infatti fosti proprio tu, in una conversazione di qualche anno fa qui sul GB, a ricordarmi le Università della Ivy leage (concetto di cui mi ero momentaneamente dimenticato), ecco perché ho detto di rivolgersi a te se qualcuno ha piacere di farselo spiegare.
Per il resto, è corretto che la “concorrenza” possa anche stimolare il CAI a migliorarsi, ma la domanda è: su quale terreno? terreno ideologico intendo. Ovvero in quale “attività”? Se i vari Teo continuano a mescolare da un lato ginnastica sul cemento (come io definisco l’arrampicata indoor) con l’ “andar in montagna”, dall’altro, fanno un minestrone che crea solo confusione. Che c’azzeccano l’una con l’altro? Nulla, oggi come oggi. L’arrampicata è nata come una costola dell’alpinismo (anni ’70-80), ma poi ha preso la sua strada divergente e ora è una “cosa” che non c’entra più nulla con l’andar in montagna.
Questo non significa che debba sparire in quanto indegna, semplicemente che chi è interessato all’andar in montagna (nelle sue diverse specializzazioni, dall’alpinismo allo scialpinismo all’escursionismo) non è minimamente interessato alla ginnastica verticale, anche in falesia 8untendo alle performance di punta). E viceversa. L’errore concettuale dei vari Teo è pensare che il futuro dell’alpinismo sia Ondra o i tatuati che fanno il 7c: quella è altra roba, non c’entra con l’alpinismo, come non c’entrano le bocce, il ciclismo su pista o le partite a tre sette sul tavolo della bocciofila. Quindi il CAI non deve minimamente preoccuparsi di reclutare i tatuati delle sale indoor, perché essi praticano una attività che non ha niente a che fare con il CAI stesso.
Ciò non toglie che, a tale attività, diversi soci CAI siano legittimamente interessati a titolo personale, come altri soci CAI sono interessati alle gare di scialpinismo o alle gare skyrunning, ma queste attività NON sono di interesse istituzionale del CAI come sodalizio. Per cui quanto succede in questi sport non ci tocca minimamente. non è lì, in ogni caso, il nostro futuro. Il nostro futuro ce lo costruiamo prendendo i ragazzi da giovani (anche età delle medie) e accompagnandoli nella loro crescita personale e alpinistica. Finché i vari Teo confondono il futuro dell’arrampicata con il futuro dell’alpinismo (e quindi del CAI) si generano tutti i misunderstandig di questa conversazione.
Percorrete pure la vostra strada, appoggiatevi di volta in volta ai Massari della situazione, ma tale strada non si interseca minimamente con quella di chi crede nell’ “andar in montagna” e nel CAI.
l’asticella in montagna volevo dire..
PS: Ti ricordo che sei non fai un grado alto in falesia, nessuno avrebbe alzato l’asticella in falesia. Gullich, il 9a di Action Directe, Eternal Flame, Separaty Reality in slego..solo per citare un grande.. che andava in Verdon e scalava su Papi on Sight..era un energumeno, non tatuato in effetti..
@Crovella: quanta sicumera nell’affermare la palese violazione della 6/89… nonostante un impianto giuridico davvero complesso da valutare nel suo insieme. Affermazioni così lapidarie me le aspetterei da persone meno avezze alla complessità del mondo del diritto, ma da chi è “quasi avvocato” per passione sarebbe apprezzabile una maggior cautela, non credi? 😉
Sulla responsabilità del chiodatore, purtroppo la soluzione più semplice ed economica è proprio quella suggerita da Barbolini: ignoti che non si sa quando agiscano, finanziati da chissà chi. E lo dico pur essendo d’accordo con Teo (che mostra sì una certa familiarità con concetti giuridici) sul fatto che il chiodatore non possa certo essere considerato responsabile a vita della propria opera. Però già essere chiamato in causa potrebbe essere una “seccatura” (con relative spese) che magari preferirebbe evitarsi. E poi i Giudici sono imprevedibili: potrebbe anche decidere che che siccome i materiali corretamente posizionati (a regola d’arte, ma quale arte?) hanno una vita di (dieci? venti?) anni, per tale lasso di tempo sarebbe ipotizzabile una corretta conservazione e quindi -salvo cause esterne che interrompano il nesso eziologico- una loro rottura in tarco temporale sarebbe ascrivibile a una posa imperita… fantadiritto, ma nemmeno troppo. Sarebbe bello che si prendesse consapevolezza che non esiste un obbligo di manutenzione a vita, eppure… sul punto mi sono piaciuti molto due contributi di cui lascio il link a eventuali interessati:
https://www.wildclimb.it/2017/12/28/una-monetina/
https://climbook.com/articoli/2244-i-paradossi-dell-olandese-volante
Crovella sei un Grande. Mi sto spanciando. Ti voglio presidente generale del CAI.
Ok, la domenica gli energumeni sono in Verdon e il week successivo su Vojage al Capucin. Anche Vojage è una via per energumeni tatuati?
Meno male che parli a titolo personale, perchè da come lo descrivi il CAI sembrerebbe un’organizzazione paramilitare. Ma quindi se arriva un ragazzo a iscriversi alla scuola di scialpinismo lo fai denudare per vedere se è tatuato? Mi ricordi quel film..il fascino discreto della borghesia..
Crovella, mica ho detto che mi fa ribrezzo il CAI ?!?!?
Si sta dicendo che ci sono delle cose che andrebbero cambiate. Siamo dei soci CAI mica delle pecore, avremo pure il diritto di critica.
Nel mondo dell’escursionismo, che pure ha dimensioni quantitative ed economiche ben maggiori, mi pare si sia realizzata una maggiore “convivenza pacifica” tra Cai, Gae e varie associazioni turistiche/sportive. È vero che il tema della sicurezza/responsabilità è infinitamente minore nel caso dell’escursionismo (finché non succede nulla) però è una dimostrazione che si può forse convivere nella correttezza dei rapporti. Bisognerebbe però sgombrare il campo da interessi camuffati, furbizie, arroccamenti, disprezzi e delegittimazioni reciproche. Forse sono un inguaribile ottimista della volontà. Non c’entra (forse) anche questo ma ho letto stamattina che sta per finire il monopolio del Telepass in autostrada grazie a Unipol. Riflettete gente, riflettete. Il nuovo che avanza? Gli elefanti imparano a volare (sui chiodi ? 😀 i miei istruttori alla Parravicini dicevano “mai vula’” in dialetto milanese).
@141 dicevano le tue stesse cose negli anni ’80 al tempo della scoperta del Verdon ecc. Che saremmo spariti, noi caiani. Invece eccoci ancora qua, più in salute che mai, ben saldi in sella e con talmente tanti ragazzi giovani (con le “nostre” idee) che non riusciamo a seguirli tutti, putroppo. Tu mi fai ridere davvero, nel senso che non sei molto sveglio: meglio non averti fra i piedi. Chi se ne frega se fanno il 7c, quello NON è andar in montagna. Ormai è un’attività che ha preso la sua strada, divergente dall’andar in montagna. Ha tutta la legittimità di esistere, ma chi è interessato all’andar in montagna se ne strafotte del 7c , del 9z e perfino di Ondra (che difatti io conosco esclusivamente perché citato da voi). Eppure, nonostante siamo così vecchi e bacucchi, alle iscrizioni ai corsi dobbiamo purtroppo lasciar fuori ogni anno da 10 a 20 persone (per ogni corso, figurati quanti sono)… se mai avremo problemi di numeri (non penso proprio), ci preoccuperemo degli energumeni tatuati, per il momento meglio che se ne stiano alla larga…
Per inciso, e parlo a titolo strettamente personale perché non voglio compromettere nessun altro (ma sotto sotto sono convinto che molti altri soci CAI condividano questi miei pensieri), se incontrassi i tatuati nella nostra sede sarei il primo a sbatterli fuori a pedate, senza tante remore.
@139 se ti fa così ribrezzo il CAI perché continui a farne parte. E’ più sensato che ti cerchi la tua strada.
In generale, l’oggetto del contendere NON è il maestro di arrampicata, ma il giochetto subdolo di costoro che tentano mettere un piedino legittimandosi come maestri di arrampicata, per poi estendersi alle altre attività (vedi conferme da parte di Massari). Lì la violazione della Legge 6/89 è palese. Si limitino a fare i cani pastori nelle sale indoor (roba che NON è andar in montagna). nessuno avrebbe nulla da dire, né le GA né il CAI.
Crovella, non te la prendere, ma sto ancora ridendo adesso 🙂 sei un personaggio meraviglioso, bellissimo il passo “energumeni tatuati che salgono sul cemento” :). Ti voglio bene. Peccato che questi energumeni probabilmente la domenica in falesia si scaldano sul 7b e il week end dopo sono su Les Rideaux de Gwendal a vista! se ragioni in quel modo, stai sicuro che le ASD prenderanno il sopravvento nel mondo della montagna ben prima di quanto tu possa credere.
Carlo, sicuramente è fondamentale chiedere il permesso al proprietario del terreno. Per il resto non vedo come si possa certificare una falesia in assenza di norme. Anche l’obbligo manutentivo lo vedo tirato per i capelli: un conto è un appalto pubblico di un sito di arrampicata censito, un conto se viene fatto da privati. Ti faccio un esempio: il costruttore di una macchina, certifica, sotto la propria responsabilità, che la macchina è stata costruita a regola d’arte perchè ha seguito le norme uni, en, cei, etc. ma l’obbligo di manutenzione è in capo all’utilizzatore. Ergo, se attrezzo una falesia (magari richiodandola e quindi apportando un miglioramento) sarà il fruitore che dovrà cambiare il moschettone di calata se lo vede usurato. Sarebbe interessante sapere che tipo di problemi hai avuto in Toscana.
Poi però nella storia ci sono stati i Pell e Oss, il Nuovo Mattino, i Sassisti della Val di Mello un Guido Rossa e ci voglio mettere anche gli sconosciuti Tafani delle Apuane.
Solo per citarne alcuni che adesso mi vengono in mente.
Roberto è proprio così come hai scritto!! quello che posso dirti è che se chiedi a qualcuno di questi fruitori chi era Edlinger difficilmente avrai una risposta. Ma credo che se gli chiedessi anche chi era Kennedy non saprebbero darti una risposta! 🙂
E’ chiaro che GA e CAI abbiano tutti gli interessi a mantenere lo status quo (il che, ovviamente, non esclude che al loro interno vi siano singoli, più o meno numerosi, che vedono di buon occhio, o si sono impegnati a vari livelli, per l’istituzione della figura di “maestro di arrampicata”).
Il mondo però va avanti indipendentemente da GA e CAI, e infatti chi è veramente interessato alla figura del “maestro di arrampicata” si è dato da fare e ha trovato delle soluzioni.
Arroccarsi su posizioni di difesa non sempre è una scelta vincente. Vedremo come andrà a finire.
Crovella. Per la precisione. Non ho abitato negli USA. Ho avuto sulla testa come capi e azionisti gli americani per molti anni. A proposito,anche se non c’entra apparentemente, ma io sto ormai lontano per scelta dalla palude tossica di Totem e Tabù, mi permetto di segnalare l’articolo di Bill Clinton sull’Atlantic (la rivista di riferimento dei progressisti americani) tradotta oggi sul Corriere. Interessante. Ognuno, inevitabilmente, interpreta il presente alla luce della “narrazione” del suo passato e questo passato influenza e come influenza l’approccio anche ai problemi della contemporaneità. Sia i grandi che noi piccolini. Sia la grande Storia, sia la storia minore di un piccolo ma non tanto settore della società come la comunità della montagna.
@128 appunto è proprio quello il problema: in genere gli alpinisti forti non hanno veramente voglia di fare gli istruttori, lo fanno più che altro per blasone non per “vocazione”. Spesso, quando entrano in una scuola, non sanno resistere alla tentazione di dare precedenza alla soddisfazione del loro piacere personale. Quanti di costoro ho visto tirar su a parancate (sosta dopo sosta) gli allievi da vie affrontate solo per il “piacere” personale dell’istruttore “forte”, mentre erano vie esplicitamente non adatte agli allievi del momento. Oppure nello scialpinismo, istruttori che portano allievi su pendii troppo ripidi per costoro ecc ecc ecc. Quelli sono pessimi istruttori: lo dico senza peli sulla lingua.
Non sono tutti così, i “forti”, ci mancherebbe. Ho conosciuto di persona fulgidi esempi di alpinisti/scialpinisti “forti” che sono (o sono stati) ANCHE ottimi istruttori. Ma in genere i “forti” non sono ottimi istruttori, perché antepongono le loro esigenze personali a quelle degli allievi. Fra un alpinista forte che si macchia di tale peccato e un alpinista medio che invece si dedica con passione agli allievi, preferisco il secondo. E’ molto più utile alla causa didattica. E’, lato direttore, è molto più facile da gestire: è affidabile, non pianta casini, non ha capricci da prima donna (come spesso capita ai “forti”).
@126 Ridi pure che la mamma ha fatto gli gnocchi. Il fatto che tu “non capisca” è conferma di quanto tu saresti distonico nel CAI: meglio perderti che trovarti. Far parte del CAI è un valore etico che prescinde addirittura dall’andar in montagna (che a sua volta è un volare etico e non un semplice sport). Questi deu valori etici, se uno li “sente” dentro e allora è individuo ideale per il CAI, oppure non li sente e allora molto meglio che stia alla larga. E’ come iscriversi ad una università della cosiddetta Uvy Leage (fatevi spiegare da Pasini, che ha abitato negli USA, cosa siano le università della Ivy Leage). Se ti poni il dubbio fra iscriverti ad Harvard o ad un’altra università, che so? es El Paso, vuol dire che non hai la testa e e la mentalità giusta per Harvard: lascia perdere e iscriviti da un’altra parte. Fuor di metafora, noi non solo non corriamo dietro a ‘sti ragazzotti delle sale indoor(neppure alle tutine del cosiddetto scialpinismo agonistico), ma se possiamo cerchiamo di non non coinvolgerli proprio. In genere è difficile che accada. Ripeto che a Torino possiamo permettercelo: abbiamo le due scuole più importanti d’Italia (o cmq fra quelle 4-5 che si giocano tale ruolo), una decina di scuole nel complesso (fa alpinismo, scialpinismo, arrampicata, escursionismo ecc ecc ecc), più le scuole dell’hinterland (anche loro importanti e ben corazzate), abbiamo, contati spannometricamente, dai 10.000 ai 15.000 soci CAI, di tutte le età, abbiamo attività di gite sociali che a farle tutte non bastano 10 vite, abbiamo due rigogliosi “gruppi giovanili” (che accettano ragazzi fin dall’età delle medie e e li formano adeguatamente per farli entrare a 18-20 anni nelle nostre scuole da maggiorenni), abbiamo attività sociale ricchissima sia sul terreno che in termini culturali (serate, biblioteche ecc), abbiamo una pletora di personaggi carismatici di rilievo (vai ai Cappuccini per bere una birra e trovi sempre qualche accademico; vai al CAI Uget e trovi schiere di scialpinisti con le pelli di foca già attaccate sotto la pianta dei piedi)…. ecc ecc ecc. quindi quando parlo di Torino come una delle isole felici, tutto questo intendo.
Con una situazione di questo genere, che ci importa di correr dietro agli energumeni tatuati che salgono sul cemento??? Non solo non corriamo dietro a costoro, ma se si profilano facciamo capire che aria tira da noi e cerchiamo di smistarli altrove…
Evidentemente la nostra è una situazione molta particolare, che ci permette di ragionare in modo “snob”. In altre realtà, di sezioni piccole o di località piccola, probabilemte la situazione è diversa, ma, come ho già detto, io opero (da 54 anni!) all’interno della realtà CAI del torinese, per cui tale realtà per me costituisce il CAI nella sua totalità.
Tutto ciò premesso, riflettendo di prima mattina mentre bevevo il caffè, devo dire che il sottobosco di questi iniziative (di cui non ricordo neppure le sigle tanto sono irrilevanti ai miei occhi) ha il pregio che costituisce il conteso in cui si indirizzano, di loro volontà, quegli individui che probabilmente creerebbero solo dei problemi in seno al CAI. Quindi ben vengano.
Resta però da parte mia il fastidio per questa specie di “colpo di mano” in cui i soggetti in questione prendono in giro le GA in modo diretto e il CAI in modo indiretto, giocando di sponda fra questi due: alle GA dicono che loro sono “assimilabili” al CAI, al CAI dicono che loro fanno concorrenza alle GA, ma in realtà ciò che a loro interessa è cavar soldi infrangendo l’esclusività riconosciuta alle GA. Se io fossi nei vertici massimi nazionali delle GA non ci penserei due volti a spianarli letteralmente, obbligando il CONI a cancellare le voci dal suo ridicolo elenco. Una volta cancellate quelle voci, il problema è risolto alla radice.
E’ vero, non esistono norme particolari per le falesie mentre per le palestre al chiuso esistono norme precise ma questo non vuol dire che si può fare quello che ci pare in un luogo che non è nostro ed anche se fosse nostro. Non lo può fare il singolo ne tantomeno un’associazione. Se vuoi costruire una ferrata non puoi liberamente stendere centinaia di metri di cavo con i relativi ancoraggi ed accessori, devi redigere un progetto ecc. ecc. come costruissi una casa. Lo stesso vale teoricamente per l’attrezzatura di itinerari in falesia. Ne ho la prova in questi giorni per alcune falesie in Toscana. Una volta che hai attrezzato, sempre che tu abbia il permesso di farlo, ne assumi la responsabilità con tutti i relativi problemi giuridici in caso di incidente. In una palestra al chiuso la cosa è molto diversa perchè la palestra è gestita, delimitata e non di libero accesso e uso. Date retta a me: come ho già scritto fatelo pure ma fatelo di sabato notte possibilmente piovoso e con nebbia
Teo. Grazie della risposta. Avere un quadro attendibile dell’andamento della domanda sarebbe a mio parere importante anche per il tema offerta di formazione/accompagnamento e sua “regolamentazione”. Purtroppo, a differenza di altri paesi, non disponiamo di rapporti fondati su dati quantitativi e possiamo solo basarci su dati qualitativi a livello locale. Manca anche una storia dell’evoluzione delle palestre indoor e dei loro frequentanti. Magari prima o poi qualcuno pubblichera’ qualcosa. Nel frattempo mi sembra che alcuni elementi siano abbastanza certi : 1. Un aumento significativo della domanda complessiva 2. Un peso non indifferente del relativo business: iscrizioni alle palestre, attrezzature, abbigliamento, indotto delle falesie 3. Un aumento della componente femminile 4. Un aumento della diffusione tra bambini e pre-adolescenti attraverso iniziative scolastiche e non solo, anche legate a temi di consapevolezza psico/motoria 5. Un legame indoor-outdoor (falesia) che esiste, anche se difficile da stimare: qualcuno parla del 30%, altri del 50%. Altri potrebbero aggiungere dati di cui hanno disponibilità. Avevo fatto anche una domanda sui dati Cai al candidato ma non c’è stata risposta. Mi rendo conto che è un po’ una deformazione professionale, ma mi sembra difficile trovare risposte realistiche senza un quadro dei fenomeni/tendenze relativi al problema che si cerca di risolvere.
In realtà Carlo quella della certificazione delle falesie è un po’ una leggenda metropolitana, perché la certificazione di un qualcosa (prodotto, macchina, processo) deriva dal rispetto di una legge e delle norme tecniche associate (le famose uni, Eni, iso, din, Cei, etc.). Al momento che io sappia non esistono norme o leggi che regolino questo aspetto né persone con requisiti di legge specifici (forse chi si avvicinano di più sono coloro con l abilitazione per lavori in fune, che non è detto siano guide). Ad esempio nelle palestre indoor mi hanno detto che esiste una norma per la lunghezza e larghezza dei materassi da mettere, per non cadere fuori. In arrampicata outdoor che io sappia queste norme non esistono. Altra cosa..un conto è chiodare falesia ex novo e un conto richiodato: la richiodatura sarà sempre un miglioramento.
APPUNTO!!
Mi correggo: sono solo 30 gli anni in scuola centrale. Spero di finire sul podio o per lo meno nella “top ten”
Un’unica nota: occhio ad attrezzare (ufficialmente) delle falesie. Farlo significa prendersi la responsabilità di quella falesia e di quello che si è fatto. Ci sarebbe la necessità di un progetto firmato da un tecnico o da più tecnici abilitati, ditta incaricata ecc, regolare autorizzazione da parte del proprietario e/o del comune e/o eventuale parco. Non esiste un luogo “libero” , è comunque sempre di qualcuno: demanio, demanio militare, privato e/o società e non si può fare quello che ci pare. Gli aspetti giuridici sono innumerevoli. Se lo si vuol fare come singoli, come associazione o altro facciamolo un sabato piovoso di notte come dei fantasmi.
Infine: visto che facciamo a chi la fa più lontano (avrei potuto anche dirla in po’più volgarmente), personalmente il prossimo anno, se ci arrivo, (2023) saranno 50 (cinquanta) anni che faccio parte di una scuola CAI ed anche (contemporaneamente) 35 anni in scuola centrale. Credo di averne viste diverse e credo anche ci possa essere spazio per tutti ovviamente facendo le cose a “modino”, come direbbe Benassi.
Comincio a sentirmi vecchio
A proposito di alpinisti forti/istruttori:
averne di alpinisti forti ai quali interessa fare gli istruttori!!!
Riccardo innocenti, qualsiasi cosa dica gli darei sempre torto, anche se avesse la ragione più assoluta. Ho conosciuto troppo bene questo personaggio, che è dovuto sparire dal CAI e ora è emigrato nelle ASD. Non c’è persona meno stimata nell’ambito del Cai di Roma e nel mondo alpinistico in centro Italia.
https://www.lastampa.it/montagna/2022/02/14/news/settant_anni_con_le_pelli_sotto_gli_sci_orgogliosi_di_essere_la_prima_scuola_di_scialpinismo_in_europa_-2855200/
“Se vedo anche da lontano uno scialpinista capisco subito se è stato un nostro allievo: da come si muove, da come è vestito».
Scusami Crovella ma ho trovato questo articolo e questa frase mi ha fatto troppo ridere..omogenizzi anche il modo di muoversi e vestirsi?😂
È cambiato tutto. Io ti posso parlare degli ultimi 30 anni, anno in cui sono entrato ufficialmente nel mondo verticale. Classica scuola CAI, e ben venga, timori reverenziali, sogni di salite, ingestione di riviste e libri di alpinismo, allenamenti nella palestra cittadina dove trovavi solo scalatori che poi incontravi fuori la domenica. Ora le sale boulder sono diventate il fitness del 2020, arrivano le persone più improbabili, per età, peso, vestiario:l altra sera è uscito uno con il kimono🙄 questi ragazzi, molti dei quali fortissimi soprattutto in palestra, manco sanno da dove è nata l arrampicata, e manco sanno cosa è il CAI! Siamo di fronte a un fruitore diverso del mondo verticale, che vuole divertirsi e scalare, non gliene importa nulla dei 70 anni di omogenizzazione didattica citati da Crovella. L importante è divertirsi in modo spensierato. Meglio o peggio, non lo so, però è un mondo già cambiato ed è destinato ancora a farlo, e in questo le ASD hanno colto questo nuovo spirito, un vento nuovo e moderno di approcciarsi alla scalata quasi come evento ricreativo ma in primis sportivo. Lo stesso CAI, a cui comunque sono affezionato, dovrebbe prendere spunto per modernizzarsi seguendo queste nuove tendenze.
Ma tu hai presente chi sono i giovani scalatori di oggi? chi frequenta oggi le palestre? Teo. Me lo sono chiesto più volte anch’io ma le mie osservazioni/informazioni sono superficiali e limitate. Qual è la tua opinione? Vedi somiglianze differenze rispetto al passato? Hai eventualmente dati? Anedotto personale. Sempre nella mia ultima visita alla palestra milanese ho visto arrivare due ragazzi in Porsche Carrera. Subito è scattato il pre-giudizio. Poi mi sono ricordato che anche Gogna ha raccontato qui che si era giocato gran parte dei soldi ricavati dalla vendita della casa mi pare della nonna per comprarsi una BMW rossa o un’altra auto tamarra simile non ricordo bene in pieno periodo “anni di piombo” e allora mi sono detto “occhio alle apparenze”. Per questo mi piacerebbe conoscere il tuo punto di vista o quello di altri con maggiore consuetudine con la nuova generazione di arrampicatori dentro/fuori/in basso/in alto….
@120 parlo a ragione veduta di arrampicata sportiva, cioè “sport”, cioè agonismo. Come aagonismo anche per scialpinismo o agonismo skyrunning. Queste attività, sportive perché esclusivamente agonistiche, non interessano al CAI. Come lo sci di pista agonistico: mica il CAI prepara i futuri atleti da Olimpiadi, ci pensa la FISI, non il CAI. Anche le competizioni di scialpinismo (che infatti io considero erroneamente chiamate cosi, andrebbero chiamate in modo diverso) rientrano sotto la FISI. L’agonismo a noi CAI non interessa (in modo istituzionale, se poi uno lo pratica a titolo personale è altro discorso) e credo anche che ci sia precluso statutariamente. Non ho voglia di andare ora a controllare, ma credo che sia così, quanto meno in termini di non esplicita indicazione nel ns statuto a poter fare agonismo. Il CAI si occupadj altro, cioè dell’andar in montagna, non del fare gare. Ecco perché se un potenziale allievo mi pone la citata domanda, ne deduco che non abbia capito niente; non sa distinguere fra “agonismo” e “andar in montagna”. Se non sa distinguere, vuol dire che non ha afferrato il vero significato dell’andare in montagna. Per esperienza 40ennale da istr e dir so che è inutile caricarsi di gente che non ha chiaro tale concetto. Premetto che questi discorsi li può fare chi opera in scuole grandi e blasonate, in genere di grandi centri metropolitani, dove la domanda è tale che normalmente si lasciano fuori anche 20-25 richieste ogni stagione (per ogni corso delle principali discipline). Scuole più piccole e/o di località collaterali forse sono costrette a ragionare diversamente. Ma non penso che in località piccole queste iniziative “para CAI” esploderanno in dimensioni e importanza.
Lo stesso per i giovani. Qui a To abbiamo una lunghissima tradizione di “gruppo giovanile”, a sua volta prodromico per le ns scuole: inoltre spesso i ragazzi/e sono figli di soci di lunga tradizione. Mai e poi mai andrebbero in montagna fuori dal CAI. Piuttosto cambiano completamente interesse sportivo, ma immaginarli in montagna fuori dal CAI qui da noi è fantascienza. Invece può darsi che in altre città la situazione sia differente. Ma io vivo qui e opero nel CAI To per cui questo è l’orizzonte delle mie riflessioni.
Vorrei capire invece un’altra cosa. Mi rinfacciare che confondo arrampicata sportiva (gare) con arrampicata libera (no gare ma su strutture naturali). Non è una confusione. È distinzione voluta. Lì (nell’arrampicata libera) sì che state invadendo campo riservato alle GA (se percepite in qualche forma una retribuzione). Se non è rintracciabile una restribuzione, entrate però in un terreno in cui dovete avere i requisiti formali per accompagnare gente su roccia (gratis). Non nel senso che fate un danno al CAI (sai che danno, ce ne facciamo un baffo di queste iniziative), ma nel senso che un’uscita “organizzata” in ambiente (tale è anche una falesia naturale) presuppone delle responsabilità che non possono non essere accompagnate preventivamente da requisiti di idoneità. Complessivamenteil quadro che proponete resta un gioco delle tre carte che non dà un’immagine di qualità.
Effettivamente siamo molto legati a Gercasutti, nel senso bello del termine. Qualche giorno fa qui è stata inaugurata una targa in suo ricordo e fra le persone chiamate a dire due parole (tra cui il sottoscritto) c’erano personaggi del CAI, mica di queste iniziative collaterali. Se uno “capisce” la differenzan ha nessuna esitazione e “sa” a che campo appartiene. Se uno e indeciso, vuol dire che non ha capito che cosa significhi far parte del CAI. Io non gli corro dietro e credo che nessuno qui sia interessato a farlo.
Scherzi a parte, io comunque vedrei bene Crovella a fare l istruttore di una ASD.
Bertoncelli. Sfondi una porta aperta. Chi non ama l’ironia non ama Gesu’, diceva un noto teologo partenopeo. Come succede a Draghi, che tu chiami con disprezzo il “cabarettista” (disprezzo ingiustificato trattandosi di nobile professione, anche se non certificata da apposito albo e percorso formativo come la GA ) a volte capita a tutti di farla fuori dal vaso e soprattutto in direzione sbagliata. Non preoccuparti: succede in particolare a chi ha guardato sempre le cose dall’alto dei grattacieli di Francoforte o dalla cima delle montagne raggiunte con vie estreme. Poi è piuttosto frequente ad una certa età, per i ben noti problemi di flusso di noi maschi anziani. Infatti anche Draghi, come tanti altri anche in ruoli meno prestigiosi, dovrebbe farla da seduto, ma capisco che questo sarebbe un grave colpo da accettare per una virilità alfa e si ostina, anche qui in buona compagnia, nelle vecchie abitudini, con grave disappunto di familiari e cameriere. Come non solidarizzare e comprendere empaticamente? Chi è senza peccato…….saluti
D’accordo con Massari. E infatti, Crovella, si parla di “arrampicata sportiva”, non “arrampicata libera” come dici tu (intervento 104). E non credo che ci sia un “pericolo” per il CAI…
Comunque a me manca Cominetti.
Caro Roberto, che sarebbe della nostra vita se non potessimo neppure scherzare e, scherzando, sorridere? Credo che ormai tu mi conosca: mi piace farlo, come tra amici, e al contempo desidero stemperare gli animi quando la discussione minaccia di diventare aspra.
Comunque, se non apprezzi, lo eviterò.
Con simpatia.
Non capisco questo astio feroce da parte di Crovella. Nessuno mette in dubbio la professionalità delle guide alpine o la serietà del CAI, che ha dato e dà la possibilità a molte persone di imparare a scalare. Semplicemente il mondo e le esigenze stanno cambiando, in tutti i settori della nostra vita. E Crovella è ancorato a un modello anacronistico, destinato a cambiare. Ne è prova l’esempio del giovane che gli chiede che scuola di arrampicata fare. Ma tu hai presente chi sono i giovani scalatori di oggi? chi frequenta oggi le palestre? Crovella ha letto troppo Gervasutti ” e al giovane scalatore, alle prese con i primi duri cimenti, ricorderò il motto dell’amico scomparso sulla grande montagna..osa osa sempre e sarai simile a un Dio”.
Caro Carlo, infatti ski alp race e sport climbing su strutture naturali attrezzate a spit per lo sport climbing sono esattamente le attività che facciamo con gran successo e piacere di chi ci segue e condivide le nostre passioni, le nostre idee e la nostra impostazione associativa.Oltre naturalmente ad occuparci di attrezzare nuove strutture naturali adatte allo scopo a alla libera fruizione di tutti gli altri.
Ai posteri l’ardua sentenza ma per ora noi andiamo avanti così.
110. No Bertoncelli, non ho capito perché mi hai tirato in ballo con quel riferimento che nulla c’entrava con le domande che ho posto e con l’interscambio civile con Teo. Evidentemente ti andava e ti diverti così. Contento te. Te saludi.
@111 sei tu che non conosci me (strano, impazzito su questo blog!). Oltre alla montagna frequento storicamente il mondo dello sport cittadino, della scherma al canottaggio al basket, volley, ecc. So benissimo cos’è il mondo delle ASD, sono anche dentro quelle “robe” lì (in citta’). Ma il punto è quello toccato anche da te: andare in montagna NON è un semplice sport. L’unica parziale eccezione riguarda l’arrampicata sportiva, quella delle gare, e forse le gare di corsa skyrunning e le gare cosiddette di scialpinismo: in pratica l’agonismo. Il resto dell’andar in montagna non è un semplice sport come il calcio o il tennis. Per cui il coinvolgimento di quelle voci nell’elenco CONI è frutto di un errore o, più probabilmente, di una manovra per accreditare l’estensione di competenza per le ASD. Fino ad oggi non ne ero al corrente: ora che l’ho scoperto, dico senza peli sulla lingua che questa situazione generale mi irrita moltissimo. Per i motivi che ho esposto più volte: volete fare fessi sia il CAI che soprattutto le Guide. Pur non temendo nulla da voi, in quanto istruttore CAI (la vs potenziale concorrenza ci fa un baffo), la situazione va chiarita alla radice. Per cui spero che le GA facciano cancellare le voci dall’elenco del CONI. Purtroppo (per una volta dico perfino questo) non sono una GA, sennò agire in prima persona a tal fine e senza perdere tanto tempo.
Io invece a un giovane che vuole iniziare a scalare direi semplicemente di andare dove lui vede, ai suoi occhi, un vero “Maestro” in cui credere e di seguirlo sia esso guida, tecnico Usacli o istruttore CAI perché nella mia esperienza di atleta, allenatore e formatore mi sono accorto che la patacca, i metodi didattici più evoluti e gli allenamenti più elaborati non contano nulla se davanti a te non hai qualcuno che ti vede come una specie di modello è che soprattutto si fida di te al di là del titolo.
Buona serata a te Carlo
Massari. Ho capito Perfettamente. State cercando di costruire un CAI-2 che si insinui fra il CAI e le GA, giocando di sponda fra gli uni e gli altri. Ho già detto che è un male, perché cercare di fare sesso le GA con sta panzanata dell’elenco CONI. Io conto che le GA riescano a zittire, obbligando il CONI a cancellare le voci dal suo elenco. Circa il CAI ho già detto che probabilmente non ci sono ostacoli giuridici per impedirvi di organizzare uscitebin rdgimrvdi volontariato. Dubito però che non cercherete di cavar soldi, ma rientriamo nel primo problema, quello della concorrenza alle GA e c debbono pensare loro. Per il CAI non vi sono problemi in termini di concorrenza, sempre in regime di volontariato, perché abbiamo numeri tali che non partiamo minimamente. Dubito che j veri affezionati al CAI abbiano piacere di collaborare con una CAI-2 mascherato, per cui immagino che i vs spazi di crescita saranno limitati. Per il “poveretti”” deriva dalla conteapposizionevfea una struttura didattica testata da decenni, come quella del CAI, con corsi di formazione nati praticamente dal nulla… Al momento se un giovane mi dicesse “sai sono indeciso fea scuola CAI e scuola alternativa”, io gli risponderei “guarda se non capisci da solo la differenza di preparazione, di blasone, di importanza, non hai la testa giusta per frequentare unz scuola CAI, quindi vai nell’altra”. Chi ha la testa sul collo non ha esitazione. Buona serata.
Crovella, scusa se te lo dico, tu conoscerai il mondo CAI ma non conosci per niente il mondo dello sport.
Tutto lo sport dilettantistico(le guide e voi CAI siete in serie A come i professionisti, cosa avete da temere da noi?) in Italia funziona in questo modo le ASD USacli o altre affiliate CONI lavorano con tutti gli altri sport (Calcio, Tennis, Basket, ecc…) come stiamo facendo ora con sport climbing e ski alp da quando sono inseriti nell’elenco CONI; per cui se 1500 guide riusciranno, bontà loro, a far togliere questi sport da quelli di interesse CONI dal famigerato elenco creando un pericoloso precedente per i 500000 mila soci ACLI che fondano su questo le loro attività tutto questo che noi ora facciamo finirà.
Altrimenti tutto proseguirà…e io per ora mi godo questo bel momento perché la vita è breve e io sono già in là con gli anni…
Ti dico anche la mia opinione del tutto personale: io l’alpinismo non lo vedo bene negli sport di interesse CONI perché uno sport non è ma tant’è che ora è in elenco e se lo volessimo proprio fare sotto forma di corso saremmo attualmente liberi di farlo.
Pasiní, mon cher ami, excusez-moi. Vous n’avez pas compris la blague? 🙂🙂🙂
E aggiungo che i ragazzi che fanno attività con noi sia di ski alp che di sport climbing non sono affatto “poveretti” ma sono molto contenti.
Tra l’altro si sta svolgendo un corso per tecnici Ski Alp che fornirà alle associazioni nuovi tecnici e, guarda caso, gli istruttori sono nazionali o ex nazionali CAI evidentemente stanchi…
Sul percepire compensi essi sono certamente previsti sia dall’Usacli per i formatori che per i tecnici per i corsi agli associati
Spero tu abbia finalmente compreso
Ma allora non hai letto nulla…non siamo FASI siamo Usacli e siamo formati come tecnici grazie al famoso codici CONI che ci consentono dì operare in questo modo
Leggi bene la lettera di Innocenti poi magari parliamo con cognizione di causa.
Lo possiamo fare e lo facciamo e infatti non è arrivata nessuna denuncia; se non potremo più farlo non lo faremo più…
Tutto qui
@91 Appunto vedi che è lì che puntate? Mi prendete in giro, ma il mio istinto mi ha fatto annusare giusto. Ora mettete un piedino ma sperate di consolidarvi e.dk lavarci soldi in barba alle GA da un lato e al CSI dall’altro. In che termini collaborare allo stato attuale? Intendo dire: voi FASI percepite retribuzione anche sulle gite scialpinistiche? Allora è un problema delle GA. Se invece lo fate in regime di volontariato, vorrei capire con quale legittimazione tecnica. Accudite gente durante una gita di scialpinismo con quale preparazione? Voi istruttori FASI, testati sulla sola arrampicata sportiva, vi mettete a fare gli istruttori/accompagnatori di scialpinismo? Ma se per formare un istruttore scialp in seno al CAI ci vogliono dal 5 ai 10 anni… come fate a vendervi per istr di scialp??? Dai vedi che è tutto solo un “magna magna”, un gioco delle tre carte… Poveretti quelli che si affidano a voi. Mi preoccupo per loro, non in termini di concorrenza alle scuole CAI. Queste hanno un blasone tale che nessuno riuscirà a scalfirle: c’è sempre la fila fuori per iscriversi. Piuttosto mi preoccupo per quel neofiti che non sanno distinguere fra offerta CAI “testata” e nuove offerte alternative (abborracciate) e finiscono in mani di chissà chi… poveretti loro.
Bertoncelli 101. Che te stai a dì? Philippo ?
Ragazzi (il Benassi e il Raffa), guardate che il Crovella dai colleghi è soprannominato Caterpillar (o qualcosa del genere). Ce ne ha informati lui stesso. Carlo, dico bene?
Se non disponete di missili anticarro Javelin, vi consiglio di prepararvi a un assedio come quello di Troia.
@92 confesso che non comprendo cosa Intendi. Nonostante io non sia d’accordo (,nel limite dell’opinione di un semplice socio CAI), l’arrampicata libera è già presente nell’offerta didattica del CAI: ci sono validi corsi con gradimento dei rispettivi allievi. Che cosa dovremmo fare di più? Inoltre se il CAI, per scelta strategica, scendesse in massa in quello specifico settore… addio ASD…chi se le filerebbe più? quindi i vari Massari & C. hanno tutto interesse chd il CAI restk lontano da quel settore.
Il problema immediato è che nessuno, tranne le GA, può farsi pagare in attività outdoor di montagna. Giustamente ci devono pensare le GA a difendersi. Stiamo a vedere cosa faranno. Se si limitano a inviare comunicazioni al fulmicotone, tutto finisce lì. Io fossi in loro agire sul CONI, obbligandolo a cancellare le voci dall’elenco delle attività. Cosi si depitdnzisno le ASD alla fonte. Però ci sono mille altre scelte. Vedremo. Buona serata!
@97 guarda che hai equivocato. Mai detto e mai pensato che NON si debba fare attività personale, anzi. Dovresti rileggere, anche perché non ho voglia di riscrivere il tutto. Il succo è: bisogna saper cambiare cappello fra le uscite private e quelle ufficiali delle scuole. Chi non cambia cappello e, anche nelle uscite della scuola, antepone la ricerca del proprio divertimento personale all’accudinento degli allievi, rischia di non essere un buon istruttore, anche se, come alpinista, magari è fortissimo. Ciao!
@95 seconda parte. Con gli organi predisposti. Come ogni istruttore CAI In primis Il direttore della scuola di appartenenza, poi la Commissione regionale e la Scuola regionale, infine la Commisione Nazionald e la Scuola Centrale. Si vede che dove opero io abbiamo prassi molto diverse ms mi risulta che siano valide sull’intero territorio nazionale. Conosco alcuni componenti della Scuola Centrale: se sentono discorsi comd quelli che fai tu, ti strappano i gradi seduta stante. Cmq l’accenno è che non mi devo preoccupare io, per fortuna, se sei allineato perfettamente o no con le direttive centrali. Ciao!
Pasini! Che cos’è ‘sto Philippo?
Roba che si mangia? Un dolce delle tue parti? E tu l’hai mai assaggiato? Ti è andato di traverso?