Il «Vecio» e il mare

Il relitto recuperato nei fondali di Pantelleria apparteneva ad Alvise Andrich, pilota da caccia impegnato nella Liberazione. Il figlio Renato era alla presentazione del restauro dell’aereo: «Papà morì che avevo cinque anni, non sapevo nulla delle sue imprese».

Il «Vecio» e il mare
(l’incredibile storia del relitto trovato in mare dell’aereo di Alvise Andrich)
di Alessandro Fulloni
(pubblicato su corriere.it il 24 marzo 2024)

«Caro Renato, ma lei sapeva che suo padre, Alvise Andrich, tra le tante cose della sua avventurosa vita da pilota è stato anche un asso della Regia Aeronautica, uno di quelli con più abbattimenti?». Renato, uno schivo signore di 77 anni, allo storico Giovanni Massimello replica arrossendo: «No, che fosse un asso non lo sapevo. Purtroppo di papà ho rimosso ogni ricordo, morì in un incidente aereo il 17 ottobre 1951. Aveva 38 anni, io cinque. Di lui non ho ricordi diretti, so solo quel che mi raccontò mia madre Gisella, compreso ciò che decise nell’inverno tra il 1943 e il 1944 quando andò in montagna per raggiungere mio zio Giovanni, un partigiano. Il resto viene da quanto emerso ora, da questo incontro».

Il pilota Alvise Andrich
Gisella, Renato Andrich da bambino e Alvise Andrich

Un dialogo che risale al pomeriggio del 19 marzo 2024, all’auditorium di Palazzo dell’Aeronautica a Roma. Qui è stato presentato il progetto di restauro di un aereo italiano della seconda guerra mondiale, un Macchi C. 205, il «Veltro», per l’epoca uno dei caccia migliori. Nello scorso novembre 2023 il relitto (motore, longheroni alari con carrello e mitragliatrici) è stato recuperato pezzo dopo pezzo dai fondali di Pantelleria. Era stato individuato 16 anni prima, nel 2007, dai sub dell’OTS Green Divers, a trenta di metri di profondità. L’Aeronautica ha deciso di farne un monumento statico che troneggerà all’hangar Nervi dell’aeroporto dell’isola, lo stesso da cui il caccia operava durante il conflitto.

Alvise Andrich e il suo aereo “firmato” (vedi commento n. 1)
Altra immagine di Alvise Andrich (a sinistra)

Ma da qui in poi la storia del «Veltro» s’intreccia con quella, da romanzo, del suo pilota, il sottotenente bellunese Alvise Andrich, detto il «Vecio», alpinista che oggi definiremmo freeclimber, aviatore, un’infinità di duelli contro gli Spitfire e i Curtiss P.40. E, dopo l’8 settembre, antifascista. Raggiunse il fratello Giovanni, nella Resistenza, e restò sulle Dolomiti, nella valle del Biois, per qualche mese, con le formazioni di Giustizia e Libertà. Poi, con un viaggio che deve essere stato rocambolesco e di cui non si sa nulla, attraversò la linea Gotica presentandosi il 19 luglio 1944 al suo comando a Roma, intanto liberata. «Voleva tornare a volare. I colleghi di Andrich del vecchio 1° Stormo aderirono tutti alla Rsi, dunque quella di Alvise fu una scelta controcorrente. E le sue opinioni sono evidenti».

Il relitto dell’aereo Macchi pilotato da Alvise Andrich abbattuto nei pressi di Lampedusa l’8 giugno 1943
In arrampicata sulla via Andrich-Faè alla Punta Civetta, 2007. Foto: Nicola Tondini.

A raccontarlo è proprio Massimello, ex ingegnere Ibm e storico del volo dilettante, ma preparatissimo, che ha ricostruito, intrecciando libretti e diari delle squadriglie conservati all’Ufficio storico dell’Aeronautica, le biografie sconosciute di decine di piloti italiani. Da un numero ancora visibile sul motore, ha stabilito che il Macchi fosse quello di Andrich, «buttato giù l’8 giugno 1943 da una quelle Fortezze volanti che picchiavano duro su Pantelleria». «Stando ai racconti di mamma, quella volta — dice il figlio dell’aviatore, Renato, professore universitario di Anatomia a Tor Vergata — a papà andò bene, dopo qualche ora di permanenza in acqua venne avvistato e soccorso da una motovedetta tedesca». Se la prima parte della guerra di Alvise fu contro gli alleati (cinque gli abbattimenti, il numero minimo per diventare asso), la seconda lo vide impegnato in missioni di bombardamento — spesso in coppia con Giorgio Bertolaso, il «bocia», papà dell’ex capo della protezione civile Guido — contro obiettivi nazisti sui Balcani.

Alvise Andrich
In arrampicata sulla via Andrich-Faè alla Punta Civetta, 2007. Foto: Nicola Tondini.

Nel frattempo il fratello Giovanni fu protagonista in missioni da 007 finalizzate a salvare gli impianti industriali che i tedeschi volevano distruggere. Riabbracciando poi Alvise, vennero a sapere che Emilio, il fratello di mezzo, un alpino, era morto nello stalag di Goerlitz il 23 aprile 1944, probabilmente per malattia, dov’era stato internato dai tedeschi. Quanto allo schianto del pilota, fu in Abruzzo, durante un volo con condizioni meteo proibitive. L’asso era l’aiutante di volo — una sorta di primo collaboratore, un aiutante di campo — del generale Giuseppe Gaeta. Prima di precipitare, ordinarono all’unico passeggero di lanciarsi e manovrarono il Beechcraft da trasporto evitando che centrasse l’abitato di Introdacqua, nell’Aquilano. Due anni fa nel paesino hanno deposto una stele a ricordo dei due aviatori.

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Il «Vecio» e il mare ultima modifica: 2024-04-26T05:53:00+02:00 da GognaBlog

4 pensieri su “Il «Vecio» e il mare”

  1. 4
    antoniomereu says:

    Bello e importante  …altro che “7 anni in Tibet”…questo Bellunese illustre merita un film , fatto come si deve per onorare e preservarne la memoria …dalle pareti di casa “impossibili”ai duelli aerei altrettanto impossibili viste le disparità numeriche.
    Passando poi per la scelta di campo tra le meno probabili e sicure,ed ultima ma non ultima sacrificare la propria giovane esistenza per scongiurare una tragedia imminente su un paesello degli Appennini. 
    What else?
     

  2. 3
    Alberto Benassi says:

    e riguarda una dei migliori rocciatori che prende finalmente il dovuto spessore. 

    La sua grande via alla nord ovest della Civetta e lì ha dimostrarlo. Più impegnativa della adiacente Aste-Susatti.

  3. 2
    andrea gobetti says:

    Grandissima storia di cui dovevano essere molto pochi a conoscenza e riguarda una dei migliori rocciatori che prende finalmente il dovuto spessore. Prima sapevo solo che era “scomparso nell’azzurro.”

  4. 1
    Marco Panvini Rosati says:

    Bellissima storia! Solo una precisazione: l’aereo della foto, con la scritta “El vecio” è un Bell P-39 Airacobra, non un Macchi 205.
    Le due foto devono essere state scattate dopo l’8 Settembre 1943, probabilmente nell’estate del 1944.
    I P-39 erano macchine già usurate, con decine e decine di ore di volo alle spalle, e non particolarmente prestanti, questo perché gli alleati non si fidavano troppo dei piloti italiani, nemici fino a poche settimane prima.
    Nel 1944 arrivarono gli Spitfires, ma erano dei Mk V, superati da almeno un anno e anche loro spremuti come limoni, ma questa è un’altra storia…

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