Wild swimming? Forse meglio “spiagge in altura”

Wild swimming? Forse meglio “spiagge in altura”
di Carlo Crovella

Sono un convinto sostenitore che andare in montagna non sia solo salire pareti, sciare in canali ripidi, volteggiare lungo creste e pinnacoli, saltar crepacci sui ghiacciai. Da sempre per me “Montagna” ha un’accezione molto più ampia e comprende una serie di attività alternative che, ai miei occhi, hanno pari dignità rispetto all’alpinismo in senso stretto. Soprattutto, queste attività mi hanno sempre garantito pari divertimento rispetto alle discipline tradizionali, come arrampicata e scialpinismo: per questo, forse, sono così affezionato alla montagna alternativa.

Quindi non sono scandalizzato di fronte al “nuovo” e al “diverso” in termini di attività praticabili in montagna. Lo divento, però, se le attività alternative esprimono un carattere consumistico (“No Limits” amo dire io), come ormai è inevitabile, oppure, peggio, comportano risvolti del tutto commerciali, ovvero “venite, pagate, vi attrezziamo, vi facciamo divertire e poi tanti saluti”. Dal rafting ai giri in MTB (oggi nella versione e-bike) questo approccio mordi e fuggi mi fa venire il voltastomaco, in particolare da parte dei cosiddetti clienti (nel senso che “comprendo” le esigenze professionali di chi ci guadagna la pagnotta, anche se il business non mi affascina in sé).

Foto: www.webeach.com

Un altro dei risvolti, ai miei occhi, disdicevoli della cosiddetta modernità è la propensione a inventare definizioni, in genere in lingua inglese, per catalogare una “nuova” disciplina, nuova del tutto o nuova in termini di diffusione pratica e di relativa informazione mediatica. Chiamare una cosa con un mantra anglofono fa figo, inutile che ce la contiamo: dire torrentismo è da provinciali, dire canyoning sottolinea che pratichi uno sport estremo (?!?) e quindi te la puoi tirare quando ne parli in giro.

Una novità linguistica, in cui mi sono imbattuto di recente, è il cosiddetto wild swimming: nuoto selvaggio. Significa nuotare in luoghi naturali, come laghi o, più propriamente, pozze di torrenti montuosi. Attenzione a non confondere questa attività con il torrentismo/canyoning che prevede la discesa di torrenti e forre superando anche significative difficoltà tecniche (alpinistiche e/o acquatiche), con relativa attrezzatura e abbigliamento adeguato. Qui si tratta di indossare un semplice costume (a volte neppure quello) e di nuotare in vere piscine naturali.

Torrente Trebbia: spiaggia della Chiesetta. Foto: www.piuturismo.it.

Wild swimming??? Io lo pratico da decenni e l’ho sempre chiamato nuoto. Così, con semplicità, come merita. Nuotare in una pozza di torrente o nuotare in mare mi hanno sempre affascinato molto di più che fare vasche e vasche in piscine cittadine. Mi sono allenato a suo tempo (nei miei anni delle scuole medie) come atleta agonista nel nuoto, ma il piacere di nuotare è una cosa diversa dagli obiettivi agonistici: è come sciare in neve fresca rispetto a scendere fra i pali cercando di metterci meno tempo possibile.

Nuotare nei torrenti non sempre coincide (anzi…) con il camminarci dentro, alla ricerca di più luoghi per un successivi bagni. A volte ci si piazza sulla riva, per una giornata di relax, magari con i figli piccoli (da tenere costantemente sott’occhio) o semplicemente per respirare atmosfere naturali, a volte in compagnia di un buon libro.

Parco del Marcarolo (Liguria). Foto: www.escursionismo.it
Foto: www.webeach.com.

Il nuoto nei torrenti trova il suo paradiso in Corsica, dove i corsi d’acqua formano a ripetizione delle vere piscine naturali, in genere verde smeraldo: la loro frequentazione nei mesi estivi smorza l’impatto termico e consente splendidi bagni, che spesso competono, per bellezza e divertimento, con le nuotate possibili lungo le spiagge dell’isola.

Corsica: paradiso del wild swimming

Sul “continente”, il nuoto nei torrenti vede maggiormente esaltati i suoi connotati nei contesti appenninici, grazie alla quota meno elevata rispetto ai corsi d’acqua alpini, dove si registrano temperature più rigide, adatte a un tuffo e via. In Appennino si può sguazzare e, dove la profondità dell’acqua lo consente, fare lunghe bracciate in modo consecutivo.

Ho scoperto una serie di spiagge appenniniche grazie a un libro che oggi risulta esaurito, ma che è stato la “Bibbia” per gli appassionati del wild swimming ante litteram.

L’Appennino Ligure e la confinante parte occidentale dell’Appennino Tosco-emiliano offrono una innumerevole serie di affascinanti “spiagge d’altura”. Così le chiamo io per differenziarle dalle spiagge marine vere e proprie, ma ovviamente l’accezione “altura” è esagerata, data la quota appenninica. Tuttavia si tratta di luoghi incantevoli che si propongono come alternativa meno caotica e, magari, meno costosa alle tradizionali spiagge liguri e versiliane.

Torrente Borbera (Cabella ligure). Foto: www.meteogenova.it.

In effetti il fenomeno sta delineandosi come una nuova attività outdoor con un numero crescente di praticanti e, di conseguenza, maggior informazione mediatica (vedi primo articolo in calce), ma anche maggiori opportunità di business, con tutto ciò che tale risvolto comporta sia ne bene che nel male.

L’eventuale coinvolgimento anche delle spiagge dei torrenti nel gorgo dell’assegnazione di concessioni per stabilimenti (intesi come ombrelloni, sdraio, bar, ecc.), tratteggiata dal secondo articolo, intaccherà la wilderness dei luoghi, anche se offrirà delle opportunità imprenditoriali a chi, magari, sarà tagliato fuori dalle concessioni sui litorali, come pare che si possa profilare in un futuro non lontanissimo. Infatti la direttiva Bolkestein rimescolerà l’assegnazione delle concessioni in riva al mare e le nuove gare d’appalto potrebbero essere aggiudicate da tour operator con significativa potenza finanziaria, spodestando le storiche gestioni familiari cui eravamo abituati. Da questo punto di vista, i piccoli imprenditori potrebbero trovare nelle spiagge appenniniche un’alternativa alla concessione persa in riva al mare. Personalmente non faccio salti di gioia (pur rispettando le esigenze professionali dei soggetti coinvolti), perché l’industrializzazione dell’attività su queste spiagge comporterà il rischio di archiviazione del loro carattere selvaggio e quindi affascinante.

Da anni frequento con assiduità e piacere le spiagge dell’Appennino Ligure, ma ho recentemente scoperto che anche in altre regioni, e in particolare in Friuli-Venezia Giulia, esistono luoghi comparabili per caratteristiche e bellezza.

Foto: www.webeach.com

La scoperta consegue all’incontro con la comunità We Beach (www.webeach.com), cui indirizzo gli interessati per ulteriori approfondimenti. Mi limito a riportare un paio di stralci dalla partizione “Chi siamo” del loro sito: “weBeach sta, ad un tempo, perwildecoBeach, le selvagge ed incontaminate spiagge fluviali, e we, la comunità consapevole che le frequenta e protegge… Siamo amanti della natura, alla ricerca di esperienze ecoturistiche autentiche. La nostra missione è condividere la nostra filosofia e le nostre spiagge, facendo crescere una comunità consapevole in grado di proteggerle”.

Chi mai può pensare di ostacolarli? Anzi occorre sostenere il più possibile questo approccio naturale ai torrenti naturali. O li perderemo per sempre.

Fiume Isonzo. Foto: www.webeach.com

Esotici e incontaminati
(viva i torrenti dietro casa)
di Marco Belpoliti
(pubblicato su la Repubblica, luglio 2018)

Questa è stata l’estate dei fiumi e dei torrenti. In alternativa ai lidi marini, alle piscine e persino ai famosi laghi italiani, moltissime persone hanno cercato refrigerio alla calura estiva lungo i corsi d’acqua che scendono dalle Alpi e soprattutto dagli Appennini. In un’area che comprende Piemonte, Lombardia, Emilia e anche Veneto, sono stati in tanti che hanno risalito il corso dei fiumi ad andamento torrentizio, la maggior parte dei quali si getta nel Po. Sono ventitré; il numero più alto è quello che scende dalle falde degli Appennini sul lato destro del fiume: Trebbia, Nure, Riglio, Arda, Stirone, Ceno, Taro, Baganzo, Enza, Crostolo, Neviglio, Tresinaro, Secchia, Tiepido, Panaro, Samoggia, Reno, Idice, Quaderna, Sillaro, Saterno, Senio, Camone. Alcuni versano in uno stato comatoso, altri, come il Trebbia, l’Enza e il Secchia, nella parte alta del percorso sono invece molto belli. Poi ci sono i torrenti che dall’Appennino ligure scendono verso il mare, più brevi e meno conosciuti. Dal lato delle Alpi, versante sinistro del Po, ci son grandi fiumi: Adda, Oglio, Mincio. E quelli più piccoli: Tione, Tartaro, Menago, con una maggior portata d’acqua, ma anche questi frequentati. E il Ticino, un fiume molto apprezzato tutto l’anno da escursionisti e da molti bagnanti.

Parco del Marcarolo (Liguria). Foto: www.escrusionismo.it.

Cos’è esattamente un torrente? La risposta si trova in un testo di geologia citato giustamente anche in Wikipedia: “corso d’acqua permanente o temporaneo, dotato di alta velocità media, di regime variabile e caratterizzato da forti piene e da estremi magre. Il torrente è un organismo idrologico di carattere giovanile che provoca nel suo alveo profonde e continue trasformazioni morfologiche (Hoepli)”. Le piogge quest’anno sono state assai abbondanti nel corso dell’anno, perciò durante l’estate i corsi d’acqua erano ben alimentati. Il fiume e il torrente sono più vicini dei mari alle città del Nord, e meno frequentati, almeno sino a ora. Il pubblico non è più quello popolare degli anni Cinquanta e Sessanta, piuttosto quello “ecologico” attuale, sensibile ai luoghi incontaminati o presunti tali. Del resto, non passa settimana che nel web non venga pubblicato un video su un torrente dalle acque cristalline dove potersi tuffare con gusto come se si trattasse di un mare caraibico. Funziona la visione esotica dei luoghi di casa nostra, per quanto oramai la scoperta o riscoperta dei corsi d’acqua italiani si è conclusa grazie a passaparola, pubblicazioni a stampa, guide e soprattutto social. Quasi nessuno si trattiene dal pubblicare su Instagram un selfie che lo ritrae lungo i greti di torrenti, tra rocce e pozze d’acqua, cascatelle, con relativo dato di riferimento geografico, e a volte persino geologico. La ricerca dell’incontaminato è oggi un genere visivo, oltre che comunicativo, e funziona più di un ente turistico vero e proprio. Promozione inclusa.

Parco del Marcarolo (Liguria). Foto: www.escrusionismo.it.

Stabilimenti sui fiumi
(la Liguria scappa dal mare)
di Michela Bompani
(pubblicato su Venerdi di Repubblica, 5 luglio 2019)

Spiagge marine troppo affollate e troppo care? I liguri si sono spostati in riva a fiumi e laghetti. Sostituendo l’acqua salata con quella dolce. Così la Regione sta lavorando a una proposta che organizzi «la balneazione fluviale e dei laghi», come indica il testo del consigliere leghista Giovanni De Paoli. L’obiettivo è autorizzare la nascita di stabilimenti vicino ai piccoli laghi e ai corsi d’acqua, sempre più frequentati nei line settimana. «Puntiamo a organizzare un servizio che dia risposte a una domanda già esistente e in forte crescita. Dalla Val di Vara, nell’entroterra di Savona fino all’Imperiese, ci sono tantissime persone che, soprattutto nel fine settimana, con la famiglia, vanno in campagna per fare un bagno, anziché al mare» spiega De Paoli.

Parco del Marcarolo (Liguria). Foto: www.escrusionismo.it.

La legge determinerà le concessioni da affidare agli stabilimenti che gestiranno piccoli punti di ristoro, affitteranno sdraio, ombrelloni e canoe. Essenziale sarà la presenza di bagnini, così da trasformare molte “spiagge” improvvisate in aree attrezzate e soprattutto sicure. E, come già avviene sui grandi laghi lombardi, o nell’interno di regioni come l’Emilia-Romagna e il Lazio, la proposta ligure disciplina anche la balneabilità: «Non tutti i tratti sono sicuri» ha spiegato De Paoli, «indicheremo con chiarezza le zone dove si potrà fare il bagno e dove no, proprio come accade per le spiagge. Sarà un modo per valorizzare il territorio, stando attenti all’ambiente perché la manutenzione degli stabilimenti garantirà la cura di aree che ora sono in balia di un crescente turismo incontrollato». Dai laghetti del Gorzente al Brugneto, alle spalle di Genova, al lago delle Noci, in provincia di Imperia, molte di queste “nuove spiagge” si trovano in territorio protetto, dal parco regionale dell’Aveto a quello del Beigua.

Secondo l’assessore regionale al Turismo Gianni Berrino, la nuova legge potrebbe avere ricadute positive sull’occupazione: «Sono favorevole al recupero di corsi d’acqua per attività ludiche o sportive. Già nel torrente Vara è possibile fare rafting e, da un anno, abbiamo autorizzato la navigazione a remi e a vela nel lago del Brugneto. Inoltre le nuove strutture potranno offrire, oltre che servizi, anche posti di lavoro». Un aspetto, in questo momento, certo non secondario. 

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Wild swimming? Forse meglio “spiagge in altura” ultima modifica: 2021-08-01T05:50:00+02:00 da GognaBlog

8 pensieri su “Wild swimming? Forse meglio “spiagge in altura””

  1. 8
    Agnès says:

    Crovella sempre all’avanguardia!
    Grazie per queste perle di saggezza che ci fanno riflettere sul buon utilizzo delle nostre risorse. Stiamo attenti.

  2. 7
    Placido Mastronzo says:

    Contrariamente a Crovella, iniziative come quella di webeach.com NON mi entusiasmano affatto. Da un lato apprezzo la volontà di divulgare un tipo di turismo leggero, dall’altro però mi chiedo se, facendo conoscere alcuni luoghi ad una platea ampia come quella del web, non si corra in realtà il rischio di ottenere l’effetto opposto. Come purtroppo ben sappiamo, il successo (frequentazione) di un posto è l’anticamera per la sua “valorizzazione”. Apprezzerei quindi molto di più se webeach.com si limitasse a far conoscere la “filosofia” del c.d. wild swimming, senza però pubblicare (per di più a pagamento) tutte le indicazioni per raggiungere i vari posti.
    Le spiagge libere e senza servizi sono sempre più rare (specialmente quelle marine) e andrebbero preservate ad ogni costo.
    A prescindere, mi chiedo poi perché mai un privato dovrebbe poter trarre vantaggio da un bene comune, ma questa credo sia ormai purtroppo una battaglia persa.

  3. 6

    Dimenticavo, mi auguro che non si creino stabilimenti balneari anche sui torrenti nostrani e che tutti si resti liberi anche di annegare come meglio ci piace. 

  4. 5
    antonio mereu says:

    Articolo e opinioni al seguito stracondivisibili.l’onnivoracita’del sapiens attuale si propaga e consuma tutto…speriamo solo non usino saponi e affini.Anche i torrenti hanno i loro abitanti.Non pagano ICI ma non hanno alternative ,a differenza nostra. Un saluto a tutti.

  5. 4

    Ogni attività assume un significato convincente e gratificante quando viene codificata. Darle un nome è la cosa più semplice da fare. Così come il camminare è divenuto fare trekking, arrampicarsi fare climbing o sguazzare sottocosta fare snorkeling.  
    Come guida, per farmi capire, devo proporre sempre qualcosa che sia codificata, ma ce n’è una, almeno in montagna, che non si è ancora uniformata alla lingua inglese ed è la Via Ferrata. In ogni lingua si dice così. Poi che le vie ferrate (non tutte però) siano delle stronzate è un altro discorso, ampiamente trattato in altri post.

  6. 3
    bruno telleschi says:

    Propongo di suddividere il territorio della repubblica in due zone: una zona verde aperta al pubblico ai sensi dell’articolo 16 della costituzione  (“Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale”) e una zona rossa sottoposta a qualche genere di restrizione. Per ragioni commerciali sono in espansione le zone rosse dove la libertà dei cittadini viene ostacolata dall’avidità dei commercianti. Vale a maggior ragione sulle spiagge del mare, ma il virus contagia anche i fiumi ed i laghi.
     

  7. 2
    Enri says:

    Spero che tutto questo non accada, mi riferisco al fatto che si creino stabilimenti o cose simili in luoghi come i laghetti di Praglia, come noi genovesi chiamiamo la zona del Parco di Marcarolo. Con la scusa di valorizzare si fa sfruttamento. Da una vita i liguri vanno in Praglia per rinfrescarsi in alternativa al litorale marino. Sanno che al sabato c’e’ gente, alla domenica di piu’, che parcheggi l’auto e poi fai 3 km di strada per arrivare ai sentierini che poi ti portano ai torrenti…. chi arriva prima meglio alloggia, personalmente mi capita di arrivare a meta’ pomeriggio, quando molti stanno andando via e rimanere fino a sera. Ora dovrei pensare che trovero’ stabilimento, bagnino…? Ma perche’? conoscendo i miei conterranei, se questa proposta di legge dovesse passare, sara’ un fallimento qui in Liguria, la gente frequenta questi posti esattamente per non avere alcun servizio che spesso corrisponde a costrizione. I liguri sono gia’ restii a pagare per andare in spiaggia, figuriamoci per i laghetti. E se anche saranno zone attrezzate gratis potete immaginare la folla… si occupassero di cose importanti.

  8. 1
    albert says:

    In anni’70 lo si faceva senza divieti  in localita’ del Primiero-pale san Martino..o lago sanPellegrino..come attivita’ connessa al campeggio libero ma anche praticata da chi risiedeva in alberghi.La si pratica anche in pianura in riva al Piave o  in fiumi di resurgiva, ma ogni tanto succede la disgrazia.

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